Il Vesuvio da Trecase |
"Rischio Vesuvio: intervista alla Prof. Lucia Pappalardo" di MalKo
Negli anni novanta, presso le sedi comunali della zona rossa, arrivavano periodicamente delle note via fax diramate dall’Osservatorio Vesuviano, circa gli eventi sismici di magnitudo superiore a una certa soglia minima (2,5 Richter) che avvenivano nel distretto vulcanico del Somma-Vesuvio.
Oltre all’energia registrata, veniva segnalato l’ipocentro del sisma. Ricordiamo bene che alcuni di questi “fuochi” energetici avevano origine a una profondità di alcuni chilometri. Molti ritenevano che la superficialità degli ipocentri, rispetto a una camera magmatica posta a circa dieci chilometri di profondità, lasciasse presagire una risalita del magma in superficie.
Nell’immaginario collettivo la camera magmatica è una sorta di pentola ribollente posta a una certa profondità al di sotto del camino vulcanico. La gente del vesuviano più addentro alla materia, ha quindi sempre arzigogolato disquisendo sia sulla profondità sia sull’estensione di tale struttura geologica, azzardando ipotesi varie sulla pericolosità del Vesuvio. Una pericolosità che molti esperti correlano agli anni che passano tra un’eruzione e un’altra, lasciando intendere che il sistema di “ricarica” energetica del vulcano è direttamente proporzionale al fattore tempo (T). Tant’è che nella determinazione degli scenari eruttivi del Vesuvio è stato indicato come eruzione massima di riferimento, nel breve e medio termine, quella del 1631 (EMA).
La Dott.ssa Lucia Pappalardo |
a) Gentile Dott.ssa, potrebbe chiarirci che cos’è una camera magmatica? Il concetto della pentola che contiene lava è verosimile?
Una camera magmatica è un’area al di sotto della superficie terrestre in cui il magma si accumula per tempi anche relativamente lunghi. Non è una cavità ma un volume di roccia solida (chiamata roccia incassante) attraversata da una fitta rete di fratture riempite di magma (roccia fusa ricca in silice che può contenere anche gas e cristalli) ad altissima temperatura, generalmente tra 800 e 1200°C.
Le camere magmatiche sono molto difficili da identificare anche con le moderne tecniche di indagine, e generalmente si trovano nei primi 10 km di profondità al di sotto dei vulcani attivi della Terra. La camera magmatica è, quindi, la roccia serbatoio che contiene il magma, quest’ultimo si trasforma in lava quando, risalendo in superficie attraverso il condotto vulcanico, erutta in modo effusivo (senza esplosioni). La lava, infatti, ha la stessa composizione del magma da cui deriva, senza però i gas che si liberano durante l’eruzione.
b) I dati più aggiornati cosa dicono in termini di ubicazione ed estensione della camera magmatica del Vesuvio?
La camera magmatica del Vesuvio è estesa 400 chilometri quadrati e si trova a circa otto chilometri di profondità al di sotto del vulcano, cosi come indicato dai dati della tomografia sismica (che è una tecnica di indagine simile alla Tac in medicina). In particolare, vengono generate onde sismiche attraverso delle esplosioni, poi misurando la velocità e direzione delle onde sismiche viene ricostruita una immagine della crosta terrestre al di sotto del vulcano. Questo tipo di indagine ha rivelato quindi che un esteso volume di magma potenzialmente in grado di eruttare in qualsiasi momento è già presente al di sotto del Vesuvio. Tuttavia il magma modifica continuamente le sue caratteristiche chimiche e fisiche poiché raffredda e cristallizza, dal momento che scambia calore con le rocce incassanti più fredde. Solo quando il magma raggiunge un valore critico di viscosità e contenuto in gas sarà in grado di produrre eruzioni fortemente esplosive. I nostri studi sulla velocità di crescita dei cristalli nelle camere magmatiche indicano che i magmi vesuviani raggiungono tali condizioni critiche anche dopo brevi periodi di riposo del vulcano (dell’ordine di alcune decine di anni), e quindi la camera magmatica del Vesuvio potrebbe già contenere magma ricco in silice e gas in grado di produrre anche eruzioni pliniane. Se una eruzione esplosiva di questo tipo dovesse verificarsi, un’area estesa fino ad almeno 15 km dal vulcano sarebbe a rischio di distruzione; questo territorio include anche l’area metropolitana di Napoli fino ad oggi non inserita nel piano di emergenza e abitata da circa 3 milioni di persone. Lo studio di passate eruzioni pliniane al Vesuvio ha infatti dimostrato che il territorio oggi occupato dalla città di Napoli fu distrutto dal passaggio delle cosiddette nubi ardenti. Queste sono valanghe di lapilli e gas vulcanici ad elevata velocità e temperatura, che scorrono lungo i fianchi del vulcano distruggendo ed incenerendo qualunque cosa incontrino sul loro percorso. I depositi di cenere vulcanica lasciati dal passaggio di queste nubi ardenti dell’eruzione pliniana di 4000 anni fa (detta eruzione di Avellino) li abbiamo ritrovati al di sotto del Maschio Angioino al centro della città di Napoli, a testimonianza di questa antica catastrofe .
c) La pericolosità del Vesuvio è correlata in modo direttamente proporzionale al tempo di quiete?
No, oggi sappiamo che per i vulcani simili al Vesuvio non esiste alcuna correlazione tra il tempo di riposo e l’entità della futura eruzione. Un esempio è la famosa eruzione pliniana del 1980 al Monte Saint Helens nello stato di Washington (USA) che si verificò dopo un breve periodo di riposo del vulcano.
d) Lo studio della camera magmatica potrebbe essere all’origine della previsione di eventi vulcanici?
Per eruttare il magma, presente nella camera, deve aprirsi un passaggio verso la superficie fratturando le rocce al tetto della camera magmatica. Questo insieme di fratture che mette in comunicazione la camera con la superficie viene chiamata condotto vulcanico. Durante la formazione del condotto e la risalita del magma in superficie si originano terremoti, rigonfiamenti del suolo, variazioni della composizione chimica e temperatura dei gas fumarolici. Questi fenomeni sono i cosiddetti precursori delle eruzioni e possono manifestarsi mesi, giorni, o ore prima dell’eruzione; se registrati in superficie dalle reti di monitoraggio possono permettere ai vulcanologi di prevedere l’avvicinarsi di una nuova eruzione.
I nostri studi sulla tessitura delle rocce vesuviane indicano che la risalita dei magmi dalla camera alla superficie può essere molto rapida. In particolare nel caso di eruzioni pliniane il magma potrebbe raggiungere la superficie in meno di qualche ora. I tempi di risalita sono invece più lunghi e variabili nel corso delle eruzioni effusive. La presenza di un condotto centrale individuato dalla tomografia e i tempi di risalita calcolati con gli studi tessiturali su rocce di passate eruzioni indicano che una eventuale futura eruzione pliniana al Vesuvio avrà luogo in corrispondenza del cono vulcanico e che una volta fratturato il tetto della camera magmatica, il processo eruttivo potrebbe svilupparsi anche in poche ore, con un breve pre-allarme.
e) I tre distretti vulcanici campani, Vesuvio, Campi Flegrei e Ischia non hanno nessuna interconnessione in termini di lava e magma?
I nostri studi basati sulle caratteristiche chimiche delle rocce eruttate nelle passate eruzioni da questi vulcani, indicano che il serbatoio magmatico a 8-10 km di profondità potrebbe essere esteso al di sotto dell’intera area vulcanica campana.
f) Nei famosi bollettini informativi citati in precedenza, che valore interpretativo bisogna dare agli ipocentri che si verificano più o meno in superficie ?
Oggi sappiamo che i terremoti superficiali di bassa magnitudo (inferiore a tre) sono legati alla presenza di antichi condotti magmatici estesi per km sotto il cratere e riempiti di magma ormai solidificato. Vengono chiamati terremoti vulcano-tettonici, e si ritiene che siano generati dai forti sforzi gravitativi dovuti al peso del vulcano stesso, che si focalizzano intorno all’asse craterico a causa delle forti variazioni di rigidità in quella zona.
g) Un’ultima domanda: i piccoli terremoti registrati nel camino vulcanico non potrebbero essere originati dalle masse terrose e rocciose che gravano nel condotto e che periodicamente si assestano?
Come indicato prima, i dati sismici hanno mostrato la presenza nella parte centrale del vulcano fino a circa 5 km di profondità, di un antico condotto vulcanico attualmente non più attivo e riempito da magma solidificato. Intorno a questa area si generano ogni anno un centinaio di terremoti di bassa magnitudo generalmente non avvertiti dalla popolazione vesuviana, ma registrati dai sistemi di monitoraggio. Questi terremoti sono legati principalmente al peso dell’edificio vulcanico e alla concentrazione degli sforzi gravitativi in corrispondenza dell’antico condotto, e non possono essere considerati quindi come fenomeni precursori di una ripresa dell’attività vulcanica. Tuttavia a questi eventi si sovrappone una sismicità di origine diversa legata a variazioni della dinamica interna del vulcano, principalmente dovuta alla migrazione del magma, che può generare crisi sismiche con grande numero di eventi per anno, come accaduto ad esempio nel 1989, 1995-’96, 1999. Questi terremoti indicano che anche se il Vesuvio è in quiescenza dall’ultima eruzione del 1944 è tuttavia ancora un vulcano attivo; come abbiamo detto la sua sorgente, l’area cioè in cui il magma continua ad accumularsi è stata identificata intorno a 8-10 km di profondità, dove i dati sia sismici che chimici evidenziano una zona di accumulo di magma molto estesa e probabilmente comune anche agli altri vulcani attivi della Campania cioè i Campi Flegrei e l’isola d’ Ischia.
(La redazione di Hyde Park ringrazia la Dott.ssa Lucia Pappalardo per la gentile collaborazione e per la chiarezza con cui ha affrontato gli argomenti proposti).
articolo pubblicato su hyde park il 08 luglio 2010.
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