"Rischio Vesuvio e Protezione Civile" di MalKo
Una certa bufera si è abbattuta sul dipartimento della protezione civile e sul suo capo Guido Bertolaso, a proposito di poteri straordinari, grandi eventi, appalti, ecc… Nulla di nuovo sotto il cielo della corruzione dilagante, squarciato ogni tanto da indagini giudiziarie che mettono in luce reati o quantomeno un diffuso malcostume.
C’è un aspetto che riguarda la protezione civile però, che non ci convince e non già da adesso. Abbiamo l’impressione che sul rischio più grande che abbiamo in Italia, quello vulcanico afferente all’arcinoto Vesuvio, si mantenga una qualche sostanziale omissione sulla famigerata pianificazione d’emergenza e vi spieghiamo il perché.
Il piano d’emergenza nazionale Vesuvio intanto porta quest’aggiunta nazionale perché una possibile ripresa eruttiva verrebbe identificata come un evento di tipo (C ), classificazione evincibile all’art.2 della L.225/1992 che istituisce il servizio nazionale della protezione civile. Cioè, …eventi che, per intensità ed estensione, debbano essere fronteggiati con l’impiego di mezzi e poteri straordinari. Appare del tutto evidente quindi, che, questo famoso elaborato rientri a pieno titolo nelle strette competenze e, oseremmo aggiungere, responsabilità, del dipartimento della protezione civile.
Il motivo di questa gestione centralistica è da ricercarsi non solo nell’elevato rischio in esame che coinvolgerebbe immediatamente 600.000 mila persone, ma nel fatto tutt’altro secondario che, in caso di emergenza, sarebbero implicate direttamente e indirettamente, molte regioni e strutture e mezzi e organizzazioni statali e no. Un ambito così vasto insomma, da richiedere un coordinamento di livello nazionale.
Il piano d’emergenza Vesuvio quindi, a ragione è possibile inquadrarlo come un immediato strumento di prevenzione. Proprio quella famosa prevenzione di cui parla con enfasi Bertolaso, quando rimprovera e bacchetta taluni comuni inadempienti su altri rischi come quello idrogeologico
Il piano d’emergenza nazionale Vesuvio, nella sostanza dovrebbe contenere il piano d’evacuazione, cioè l’atto di prevenzione ultima (fuga), da adottare per porsi in salvo da un pericolo non arginabile come un’eruzione esplosiva. Possiamo quindi affermare che la pianificazione e l’attuazione di un piano d’evacuazione, da un certo punto di vista rappresenta il fallimento di tutte le tecniche di prevenzione che, nel nostro caso, potevano consistere unicamente nell’assicurare un’adeguata distanza fra popolazione (Valore esposto) e vulcano (Pericolo). Una distanza che inevitabilmente e all’occorrenza, dovrà rendersi concreta nel giro di alcuni giorni attraverso una titanica operazione di trasferimento della popolazione. Il piano d’emergenza allora, ha un’importanza non certo residuale ma addirittura maledettamente vitale.
Il dramma di questa straordinaria pianificazione “invidiataci” da tutto il mondo, è che non esiste. Nella bozza depositata abbiamo le disquisizioni geologiche, la suddivisione delle zone, i quattro livelli di allerta, ma nessuna pagina contiene alcunché di istruzioni utili per andarsene dall’area a rischio in caso di necessità, in modo ordinato o quantomeno con una logica direzionale condivisa.
Il dipartimento, pensiamo, ripeterà che il loro compito è di tracciare le linee guida… è che quindi la colpa è dei comuni che sono inadempienti. I comuni diranno che aspettano l’aggiornamento del piano e così via…. Nel frattempo entrambi si dedicano ad altro… Deontologicamente parlando riteniamo ingiusto spacciare per piano d’evacuazione delle semplici linee guida. Così come ci sembra naturale che, chi ha la responsabilità di una pianificazione d’emergenza, abbia anche il diritto dovere di assicurarsi che tutti gli attori coinvolti si impegnino nei tempi previsti.
Vorremmo appena ricordare che se si destituiscono sindaci perché non effettuano la raccolta differenziata, a giusta ragione potrebbero commissariarsi comuni se inadempienti sui grandi temi della sicurezza.
Di questo piano avremo, così dicono, l’aggiornamento a breve. Le novità contemplerebbero tempi d’evacuazione misurati in tre giorni e un uso massiccio di autovetture private per allontanarsi dall’area vulcanica, rinunciando a treni e bus indicati genericamente in un primo momento.
Il comune di Portici nella bozza di piano d’emergenza comunale, redatto a fronte del rischio Vesuvio nel 1999, scrisse a pagina 15 :
… impossibilitati a trasportare masserizie o altri beni ingombranti, molto probabilmente i cittadini che dovranno sfollare tenteranno nella maggior parte dei casi di sfruttare l’unica unità mobile da carico a loro disposizione : l’autovettura.
L’autovettura ha una serie di funzioni molto importanti; innanzitutto è il primo modulo abitativo che consente di permanere all’asciutto e in strada per un tempo anche prossimo alle 48 ore; l’autoveicolo inoltre, garantisce una sufficiente ed autonoma mobilità pure in un momento successivo all’emergenza e fuori dal perimetro a rischio.
Non è assurdo ipotizzare che la maggior parte delle famiglie utilizzerà questo vettore per spostarsi dall’area vesuviana in caso di emergenza,molto verosimilmente alla stregua di quanto avviene in occasione degli esodi estivi.
Ed ancora a pagina 20 del testo porticese leggiamo : analizzando quello che potrebbe essere il comportamento della popolazione in seno ad una emergenza vulcanica, possiamo ritenere probabile un esodo :
1) prevalentemente a mezzo autovettura privata;
2) minimo a mezzo treno o traghetto veloce;
3) presumibilmente in maniera continuativa 24 ore su 24 dal momento in cui scatta la fase di allarme;
4) spontaneo già durante le fasi I e II se dovessero incalzare gli eventi sismici;
5) mediamente massivo a mezzo treni o traghetti in caso di perdurante e totale blocco del traffico.
L’aggiornamento come detto al piano nazionale ancora non è stato pubblicizzato o pubblicato. Possiamo solo desumere, quindi, e dalle anticipazioni, che il dipartimento e chi con esso, forse è arrivato alle stesse conclusioni di Portici ma con qualche anno di ritardo… al momento undici. Diciassette in totale … e non è ancora finita.
articolo pubblicato su hyde park il 3 marzo del 2010.
RispondiEliminahttp://www.rivistahydepark.org/rischio-vesuvio-campania/rischio-vesuvio-e-protezione-civile-di-malko/