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domenica 26 maggio 2013

Rischio Vesuvio e Protezione Civile



"Rischio Vesuvio e Protezione Civile" di MalKo
Una certa bufera si è abbattuta sul dipartimento della protezione civile e sul suo capo Guido Bertolaso, a proposito di poteri straordinari, grandi eventi, appalti, ecc… Nulla di nuovo sotto il cielo della corruzione dilagante, squarciato ogni tanto da indagini giudiziarie che mettono in luce reati o quantomeno un diffuso malcostume.
C’è un aspetto che riguarda la protezione civile però, che non ci convince e non già da adesso. Abbiamo l’impressione che sul rischio più grande che abbiamo in Italia, quello vulcanico afferente all’arcinoto Vesuvio, si mantenga una qualche sostanziale omissione sulla famigerata pianificazione d’emergenza e vi spieghiamo il perché.
Il piano d’emergenza nazionale Vesuvio intanto porta quest’aggiunta nazionale perché una possibile ripresa eruttiva verrebbe identificata come un evento di tipo (C ), classificazione evincibile all’art.2 della L.225/1992 che istituisce il servizio nazionale della protezione civile. Cioè, …eventi che, per intensità ed estensionedebbano essere fronteggiati con l’impiego di mezzi e poteri straordinari. Appare del tutto evidente quindi, che, questo famoso elaborato rientri a pieno titolo nelle strette competenze e, oseremmo aggiungere, responsabilità, del dipartimento della protezione civile.
Il motivo di questa gestione centralistica è da ricercarsi non solo nell’elevato rischio in esame che coinvolgerebbe immediatamente 600.000 mila persone, ma nel fatto tutt’altro secondario che, in caso di emergenza, sarebbero implicate direttamente e indirettamente, molte regioni e strutture e mezzi e organizzazioni statali e no. Un ambito così vasto insomma,  da richiedere un coordinamento di livello nazionale.
Il piano d’emergenza Vesuvio quindi, a ragione è possibile inquadrarlo come un immediato strumento di prevenzione.  Proprio quella famosa prevenzione di cui parla con enfasi  Bertolaso, quando rimprovera e bacchetta taluni comuni inadempienti su altri rischi come quello idrogeologico
Il piano d’emergenza nazionale Vesuvio, nella sostanza dovrebbe contenere il piano d’evacuazione, cioè l’atto di prevenzione ultima (fuga), da adottare per porsi in salvo da un pericolo non arginabile come un’eruzione  esplosiva. Possiamo quindi affermare che la pianificazione e l’attuazione di un piano d’evacuazione, da un certo punto di vista rappresenta il fallimento di tutte le tecniche di prevenzione che, nel nostro caso, potevano consistere unicamente nell’assicurare un’adeguata distanza fra popolazione (Valore esposto) e vulcano (Pericolo). Una distanza che inevitabilmente e all’occorrenza, dovrà rendersi concreta nel giro di alcuni giorni attraverso una titanica operazione di trasferimento della popolazione. Il piano d’emergenza allora, ha un’importanza non certo residuale ma addirittura maledettamente vitale.
Il dramma di questa straordinaria pianificazione “invidiataci” da tutto il mondo, è che non esiste.  Nella bozza depositata abbiamo le disquisizioni geologiche, la suddivisione delle zone, i quattro livelli di allerta, ma nessuna pagina contiene alcunché di istruzioni utili  per andarsene dall’area a rischio in caso di necessità, in modo ordinato o quantomeno con una logica direzionale condivisa.
Il dipartimento, pensiamo, ripeterà che il loro compito è di tracciare le linee guida… è che quindi la colpa è dei comuni che sono inadempienti. I comuni diranno che aspettano l’aggiornamento del piano e così via…. Nel frattempo entrambi si dedicano ad altro… Deontologicamente parlando riteniamo ingiusto spacciare per piano d’evacuazione delle semplici linee guida. Così come ci sembra naturale che, chi ha la responsabilità di una pianificazione d’emergenza, abbia anche il diritto dovere di assicurarsi che tutti gli attori coinvolti si impegnino nei tempi previsti.
Vorremmo appena ricordare che se si destituiscono sindaci perché non effettuano la raccolta differenziata, a giusta ragione potrebbero commissariarsi comuni se inadempienti sui grandi temi della sicurezza.
Di questo piano avremo, così dicono, l’aggiornamento a breve. Le novità contemplerebbero tempi d’evacuazione misurati in tre giorni e un uso massiccio di autovetture private per allontanarsi dall’area vulcanica, rinunciando a treni e bus indicati genericamente in un primo momento.
Il comune di Portici nella bozza di piano d’emergenza comunale, redatto a fronte del rischio Vesuvio nel 1999, scrisse a pagina 15 :
… impossibilitati a trasportare masserizie o altri beni ingombranti, molto probabilmente i cittadini che dovranno sfollare tenteranno nella maggior parte dei casi di sfruttare l’unica unità mobile da carico a loro disposizione : l’autovettura.
L’autovettura ha una serie di funzioni molto importanti; innanzitutto è il primo modulo abitativo che consente di permanere all’asciutto e in strada per un tempo anche prossimo alle 48 ore; l’autoveicolo inoltre, garantisce una sufficiente ed autonoma mobilità pure in un momento successivo all’emergenza e fuori dal perimetro a rischio.
Non è assurdo ipotizzare che la maggior parte delle famiglie utilizzerà questo vettore per spostarsi dall’area vesuviana in caso di emergenza,molto verosimilmente alla stregua di quanto avviene in occasione degli esodi estivi.
Ed ancora a pagina 20 del testo porticese leggiamo : analizzando quello che potrebbe essere il comportamento della popolazione in seno ad una emergenza vulcanica, possiamo ritenere probabile un esodo :
1) prevalentemente a mezzo autovettura privata;
2) minimo a mezzo treno o traghetto veloce;
3) presumibilmente in maniera continuativa 24 ore su 24 dal momento in cui scatta la fase di allarme;
4) spontaneo già durante le fasi I e II se dovessero incalzare gli eventi sismici;
5) mediamente massivo a mezzo treni o traghetti in caso di perdurante e totale blocco del traffico.
L’aggiornamento come detto al piano nazionale ancora non è stato pubblicizzato o pubblicato.  Possiamo solo desumere, quindi, e dalle anticipazioni, che il dipartimento e chi con esso, forse è arrivato alle stesse conclusioni di Portici ma con qualche anno di ritardo… al momento undici. Diciassette in totale … e non è ancora finita.

 

sabato 25 maggio 2013

Rischio Vesuvio parte quinta.



"Rischio Vesuvio parte quinta" di MalKo
Il piano d’emergenza a fronte del rischio Vesuvio, di fatto dovrebbe tradursi in un piano d’evacuazione che scatterebbe nel momento in cui il vulcano incomincerebbe a manifestare incontrovertibili segnali di pericolo.
La necessità che fosse redatto un piano d’emergenza venne fuori un bel po’ di anni fa. Esattamente nel 1986, data in cui la Prefettura di Napoli sulla base di una relazione del direttore dell’Osservatorio Vesuviano, evidenziava alla Presidenza del Consiglio dei Ministri DPC e al Ministero dell’Interno, la urgenza  di predisporre  appunto un piano d’evacuazione.
La pianificazione compete al dipartimento della protezione civile, poiché quello del Vesuvio è un piano di livello nazionale. Nell’evenienza, infatti, la complessità delle azioni di difesa e di assistenza alla popolazione sarebbero veramente di portata storica.
Per avere un’idea precisa della situazione dei piani d’emergenza Vesuvio, potremmo approfittare di un interrogativo parlamentare presentato nel 2007. La relativa risposta del Ministro per i rapporti con il parlamento comprendeva un excursus, che qui riassumiamo e solo per la parte che ci interessa.
1)… nel settembre 1995 a seguito di approfonditi studi e confronti con gli enti locali, è stato presentato il piano nazionale d’emergenza dell’area vesuviana.
2) …e alle variazioni urbanistiche e antropiche sono stati messi a punto gli aggiornamenti del 1996 e del 2001.
3)… successivamente nel marzo 2003, è stata attivata la commissione nazionale per l’aggiornamento del piano d’emergenza dell’area vesuviana e dei Campi Flegrei, tuttora in carica, con il compito di aggiornare lo scenario e i dispositivi operativi del piano stesso, e, per i Campi Flegrei, di realizzare il piano d’emergenza completo.
4)… la comunità scientifica internazionale ha partecipato attivamente all’esercitazione europea Mesimex (Napoli ottobre 2006) e l rappresentanti del dipartimento della protezione civile sono stati più volte invitati a presentare il piano Vesuvio in consessi internazionali.
Si evince quindi, che il piano d’emergenza è datato 1995, con aggiornamenti successivi nel 1996 e nel 2001. Quest’ultimo è tuttora vigente, in attesa che la commissione in carica produca le variazioni definitive al piano; cosa tra l’altro annunciata dalle autorità regionali della protezione civile campana, anche recentemente, nell’ambito di un incontro pubblico sul rischio Vesuvio tenutosi a Torre del Greco.
Tutto molto rassicurante ma qualche motivo di apprensione comunque permane.
Come ben sanno i tecnici, un piano d’emergenza intanto rappresenta l’extrema ratio a fronte di un pericolo su cui, per limiti oggettivi o soggettivi, poco si è inciso in termini di prevenzione. Il segreto del successo di un piano d’evacuazione è racchiuso nell’opera di divulgazione  del medesimo che deve essere capillare e dettagliata.
Anche il migliore dei piani d’emergenza, infatti, sarebbe “carta straccia” se non fosse conosciuto dagli utenti. Questo spiega perché ad esempio, nelle scuole, negli alberghi, nelle fabbriche, sulle navi, ecc… è obbligatoria l’esposizione dei cartelli indicanti i percorsi di fuga. Un tragitto quest’ultimo che bisogna “appuntarselo” mentalmente al primo ingresso in cabina o in camera, e non da leggere all’occorrenza, perché non avremmo il tempo materiale e la lucidità per interpretarlo e seguirne i disposti. Esponendo il piano d’evacuazione si garantisce anche all’utente occasionale il diritto alla sicurezza.
I cittadini utenti inoltre, devono avere la possibilità di segnalare incongruenze ma anche il dovere di partecipare alle esercitazioni che si fanno appunto per verificare la funzionalità delle procedure adottate in via analitica.
Questo compito di divulgazione che in alcune strutture confinate è curato dal datore di lavoro, in un ambito areale è sicuramente una prerogativa dei sindaci, che, nel nostro sistema di protezione civile, rivestono un ruolo di primaria importanza, potendosi addossare per disposto legislativo il titolo tutt’altro secondario di autorità di protezione civile.
Bisogna anche precisare che il piano d’evacuazione è una parte del piano d’emergenza, e che questi possono coincidere nella misura in cui si ritiene assolutamente ingovernabile  o fronteggiabile il pericolo analizzato. Il piano d’evacuazione quindi, è qualcosa di maledettamente serio a prescindere dal contesto in cui viene  elaborato.
Intanto si legge nell’ultima bozza del piano Vesuvio che i cittadini di Boscoreale, paese della zona rossa tra i più esposti, dovranno abbandonare (in caso di allarme) la loro cittadina utilizzando i treni dalla locale stazione ferroviaria Fs.  Ebbene, la linea Fs in questo caso è stata dismessa da alcuni anni. L’azienda ferroviaria statale ha rimosso anche i fili della tratta aerea elettrificata, così come le barriere ai passaggi a livello. La stazione è stata adibita a pub e sui binari parcheggiano le auto. Questo pressapochismo non ha suscitato indignazione nella popolazione, perché gli abitanti di Boscoreale non sapevano prima e non sanno oggi  che la pianificazione prevedeva per  questa cittadina   l’esodo via treno.
Per chi conosce il territorio, sa che la fascia costiera vesuviana ospita la maggior parte di quei seicentomila abitanti che popolano la zona rossa, con un indice di densità abitativa inusitato. La zona costiera, infatti, è il nocciolo, lo zoccolo duro su cui dovranno scontrarsi tutte le politiche di prevenzione e le strategie operative di allontanamento. Il motivo è abbastanza semplice: i residenti della fascia costiera sono accalcati in una porzione di territorio stretto fra mare e vulcano. Quindi, mancano spazi vitali e  adeguate vie di comunicazioni .
Per Il comune di Portici e per quello di Ercolano, l’autostrada A3 Napoli – Salerno rappresenta l’arteria stradale fondamentale per il traffico su gomma. Entrambi i comuni allo scopo utilizzano caselli indipendenti l’uno dall’altro. In breve, ognuno ha il suo ingresso autonomo sull’A3. La realizzazione della terza corsia però, ha dato corso a una serie di modifiche strutturali che hanno comportato l’eliminazione del casello porticese.  Quello di Ercolano quindi, dovrà essere utilizzato anche da Portici o se volete viceversa. Il risultato finale comprende e comporta per i veicoli che vogliono immettersi in autostrada, da entrambe le città, di incolonnarsi sulla nuova rampa e utilizzare l’unica stazione d’ingresso.
Per raggiungere il nuovo e unico casello, i residenti di Portici dovranno impegnare un raccordo, tuttora in fase di costruzione, di oltre un chilometro. Su questo tratto bisognerà superare ben tre incroci a rotatoria e una galleria di oltre duecento metri, realizzata in sotterranea per salvaguardare, pare, il giardino sovrastante.
Questa bretella che collega la città al casello autostradale è stata realizzata con due corsie complessive per entrambi i sensi di marcia. Ne consegue che gli automobilisti avranno una sola corsia disponibile, che dovrà essere condivisa all’altezza del terzo incrocio con il traffico proveniente da Ercolano.  Un vero budello. Non bisogna essere profeti per prevedere che il traffico impazzirebbe su questo raccordo e collasserebbe dopo pochi minuti in una situazione di diffuso allarme. Tocca sperare al riguardo e come soluzione, che sia accettato l’appello che è stato comunque lanciato, acchè le Autostrade Meridionali Spa ripensino al tracciato e individuino alternative valide per mantenere in vita il vecchio varco di via Libertà. Questo potrebbe essere transennato e utilizzato esclusivamente in caso di pericolo.
Purtroppo, bisogna anche registrare che il costruendo nuovo raccordo pare abbia inglobato pure lo spazio vincolato nel piano regolatore quale area atterraggio elicotteri per finalità di protezione civile. Come dire: al danno la beffa!
Intanto importantissime trasmissioni televisive condotte da rinomati professionisti dell’informazione  hanno pubblicizzato questi piani, senza accennare ai contenuti però, che al momento non sono conosciuti dalla popolazione vesuviana. Domani chissà, forse l’informazione sarà più capillare. Che i piani non siano di dominio pubblico lo dice un’importante libro di testo: l’elenco telefonico!
(continua…)