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martedì 28 maggio 2013

Il Vesuvio e la nuova zona rossa


"Rischio Vesuvio: nuovi scenari e nuova zona rossa..." di MalKo
Sono stati aggiornati i piani d’emergenza! Con l’ennesima confusione che caratterizza sempre la disquisizione di argomenti tecnici che si mescolano a quelli scientifici, fa titolo di testa questa notizia. In realtà l’aggiornamento riguarda solo gli scenari eruttivi con riclassificazione delle zone a maggior rischio.
Nelle passate edizioni, la relazione finale prodotta a proposito dello “Scenario eruttivo dell’eruzione massima attesa al Vesuvio” (E.M.A.), individuava le fenomenologie da attendersi nell’area vesuviana, qualora il vulcano avesse posto fine alla sua annosa quiescenza. Secondo i ricercatori, nel breve medio termine la massima manifestazione possibile al Vesuvio non dovrebbe superare in termini d’intensità eruttiva le energie e le superfici della plaga vesuviana coinvolte durante l’eruzione del 1631. L’evento fu riportato negli annali come una sub pliniana e nelle premesse del piano d’emergenza come evento di riferimento.
I ricercatori di ieri e di oggi indicano in un rischio statisticamente accettabile questa determinazione, anche se poi precisano che allo stato attuale delle conoscenze non è possibile prevedere che tipo di eruzione il vulcano abbia  in serbo. Non si capisce se al ribasso rispetto alle loro stime o al rialzo.
I dati attuali poggiano tutti sulla pubblicazione della ricercatrice L. Gurioli e altri, dal titolo “Pyroclastic flow hazard assessment at Somma-Vesuvius based on the geological record”.
Questa ricerca ha introdotto più che nuovi scenari nuovi limiti per quanto riguarda la zona rossa, includendo ai diciotto comuni già conosciuti, pure quelli di Scafati (SA), Pomigliano d’Arco, Nola, San Gennaro Vesuviano, Palma Campania, Poggiomarino e i tre quartieri napoletani: Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio. I nuovi scenari quindi, hanno evidenziato una superficie territoriale definibile macro zona rossa (vedi figura A), con una perimetrazione delimitata dalla black line.



All’interno di questa traccia, chiamata zona rosso 1 in direzione del Vesuvio, potrebbero abbattersi i fenomeni più distruttivi come i  temibili flussi piroclastici. La linea nera è stata tracciata tenendo conto di indagini sul campo, analizzando eventi passati a media e alta probabilità di accadimento, dove le nubi ardenti potrebbero dilagare, secondo le previsioni, dal cono vulcanico fino alla linea nera (black line) segnata in figura. Nell’area pedemontana e montana così delimitata (R1), oltre alle colate bisognerà tenere in debito conto anche il problema della massiccia ricaduta di materiale piroclastico: una somma di effetti molto distruttivi.
Oltre la black line si estende la zona rossa 2 (R2), comprendente porzioni di territorio sia dei 18 comuni in precedenza già classificati a rischio che quelli di fresca nomina. L’area a valle della black line potrebbe essere interessata, dicono, solo dalla ricaduta di materiale piroclastico in una misura tale da rendere probabile il cedimento strutturale dei tetti per accumulo di materiale, soprattutto nei settori quadrettati a tinte scure (fig.B).


La black line ha alcune caratteristiche. Intanto segna l’entrata nella zona rossa a maggiore pericolosità (R1), anche se per piccole porzioni di territorio, dei comuni di Poggiomarino, Palma Campania, San Gennaro Vesuviano, Nola e i quartieri napoletani di Barra, San Giovanni a Teduccio e Ponticelli.
La line poi, risulta sostanzialmente tangente ai comuni di Scafati e Volla che sarebbero solo lambiti dai possibili flussi, mentre “taglia” letteralmente (fig.B) alcuni territori della tradizionale zona rossa. Questi sono: Torre Annunziata, Pompei, Boscoreale, Somma Vesuviana, Sant’Anastasia e minimamente Cercola.
Questa riproposizione dei limiti rispetto ai due temibilissimi fenomeni vulcanici, innescherà polemiche e guazzabugli che finiranno probabilmente con ricorsi ai tribunali amministrativi. In effetti, sussistono dinieghi e possibilità che hanno operato, di fatto, una suddivisione della plaga vesuviana addirittura in tre zone (fig.B).  Una è la R1 il cui margine è la black line. La zona che noi abbiamo chiamato R invece, fa capo ai territori oltre linea facenti parte della vecchia zona rossa. Con R2 indichiamo la nuova zona rossa, al di là della oramai famosa linea.  In realtà c’è una differenza tra i differenti settori rossi appena indicati: i nuovi comuni e i tre quartieri partenopei possono rivedere e modificare il percorso della linea rossa evidenziata in grassetto, con un andamento diverso dal profilo amministrativo. Questa possibilità è invece negata ad alcuni dei diciotto comuni della vecchia perimetrazione che hanno la linea nera secante. Una disparità di trattamento probabilmente causata dai temuti vincoli legislativi della legge regionale 21/2003 che stabiliscono l’inedificabilità assoluta nell’area rossa per scopi residenziali.
Guardando la propaggine di Nola si capisce che un rimaneggiamento della linea rossa è comunque auspicabile per quel comune.
La postilla che consente alle municipalità in ingresso di riscrivere i confini del pericolo (zona rossa), premette come condizione di fattibilità esecutiva la redazione di un piano d’evacuazione a gestione parziale della popolazione (???) e applicazione di tecniche di difesa passiva degli edifici segnalati a maggior rischio di crollo dai quadretti colorati.

La nota recita inoltre, che questo rifacimento della mappa può avvenire previo accordo con la Regione Campania ma con una precisazione: la linea rossa rimaneggiata non può andare oltre la linea neraGuardando la figura a lato, noterete una certa incongruenza: al comune di Scafati potrebbe essere consentito di riportare la linea rossa contigua a quella nera scorporando così un po’ di problemi al catasto, mentre ai limitrofi comuni di Pompei e Boscoreale questa possibilità è da escludere. L’eventuale territorio scafatese liberato dai laccioli di zona rossa, presumibilmente riacquisterebbe il titolo di zona gialla: in concreto priva di regole particolari. Boscoreale e Pompei invece non potranno liberarsi dalla demarcazione dei vecchi confini a rischio. O forse sì… se, rivisitando il tutto, attraverso corsi e ricorsi, si dichiarerà zona rossa quella circoscritta dalla black line e zona gialla le restanti appendici. Bisognerà poi riparlare della tradizionale zona gialla che può essere a questo punto assottigliata e qualche parola bisognerà spenderla pure  per l’obliata zona blu soggetta ad allagamenti.
Ritornando agli aspetti di tutela, siamo ancora una volta costretti a ripetere che il piano di evacuazione non esiste. Per impostare una tale futura e faraonica pianificazione, bisognerà attendere intanto la rimodulazione della nuova zona rossa secondo accordi che si stipuleranno tra comuni e regione. L’Ing. Edoardo Cosenza fa sapere che già sono in corso accordi con il comune di Napoli, che dalla sua ha la delicata situazione dell’ospedale del mare. Non sappiamo se il pregevole nosocomio ricada all’interno della black line o fuori. La differenza consisterebbe, nella peggiore delle ipotesi, in una diversa destinazione d’uso della struttura. Nella migliore, cioè oltre line, occorrerebbe un adeguamento strutturale a fronte delle ricadute di materiali vulcanici e un piano di evacuazione a gestione parziale della popolazione (???).
Per quanto riguarda le difese passive degli edifici, i famosi spioventi di cui dovrebbero essere dotati i tetti indicati a maggiore accumulo di cenere e lapillo, consigliamo una valutazione sull’utilizzo di strutture prefabbricate. A nostro giudizio andrebbero bene quelle a lamelle, senza ricorrere alle murature, che appesantirebbero strutture non collaudate per pesi maggiori. Le opere metalliche prefabbricate in molti casi potrebbero semplificare gli interventi di prevenzione con una riduzione dei costi scacciando il rischio di un aumento del numero di abitanti.
Summit si stanno svolgendo intanto nei comuni dalla line modificabile con qualche partecipazione dell’assessore regionale Taglialatela. Tra questi Poggiomarino. Nessuno vuole la mannaia della legge regionale 21/2003 che impedisce di edificare.
Il sindaco di Sant’Anastasia, Carmine Esposito, farà sentire probabilmente la sua voce, e questa volta giustamente, a proposito della discriminazione che si perpetua in danno della vecchia zona rossa. Come si farà a dargli torto con questa linea rossa rigida da una parte e elastica dall’altra? Due pesi e due misure… I comuni tagliati in due dalla black line riscopriranno un nuovo mercato delle case che saliranno di numero e di prezzo dal lato a valle della linea nera. Ritornerà poi in auge il problema condoni che sarà alla fine riproposto oltre la frontiera di demarcazione del pericolo principale.
Consigliamo agli organi preposti al soccorso, in questo marasma, di mettere nel frattempo mano a un piano d’evacuazione d’emergenza per operare in caso di necessità in surroga al piano d’emergenza che è in alto mare. Qualcosa si può fare…

Questi nuovi scenari, che in realtà sono solo dei limiti, provengono da summit scientifici, cui converrebbe assicurare la partecipazione pure di un politico di lungo corso fuori ruolo e di provata capacità, che spieghi cosa significhino certe decisioni e quali stravolgimenti portano al famelico territorio.
Per completezza informativa riportiamo in basso la mappa a colori estratta dalla pubblicazione dalla ricercatrice Lucia Gurioli e altri, dal titolo “Pyroclastic flow hazard assessment at Somma-Vesuvius based on the geological record”.
Si notino, per avere un’idea globale del rischio, le linee di demarcazione delle aree soggette ai flussi, in seno ad eruzioni stimate a media e ad alta probabilità di accadimento. In caso di eruzione, se il pronostico statistico dovesse fallire, la black line sarebbe sostituita dalla green line che si evince bene in figura.
Sempre per completezza informativa, è necessario precisare che le mappe in precedenza visualizzate sono state estrapolate dal sito del Dipartimento della Protezione Civile e modificate (fig.B) per motivazioni prettamente giornalistiche. Ritorneremo sull’argomento… Intanto e tra l’altro stiamo aspettando gli scenari eruttivi proposti per i Campi Flegrei, per avere un quadro completo della pericolosità vulcanica nel napoletano che, necessariamente, dovrà alla fine arricchirsi anche degli scenari probabilistici che riguardano l’isola d’Ischia.

domenica 26 maggio 2013

Rischio Vesuvio e Protezione Civile



"Rischio Vesuvio e Protezione Civile" di MalKo
Una certa bufera si è abbattuta sul dipartimento della protezione civile e sul suo capo Guido Bertolaso, a proposito di poteri straordinari, grandi eventi, appalti, ecc… Nulla di nuovo sotto il cielo della corruzione dilagante, squarciato ogni tanto da indagini giudiziarie che mettono in luce reati o quantomeno un diffuso malcostume.
C’è un aspetto che riguarda la protezione civile però, che non ci convince e non già da adesso. Abbiamo l’impressione che sul rischio più grande che abbiamo in Italia, quello vulcanico afferente all’arcinoto Vesuvio, si mantenga una qualche sostanziale omissione sulla famigerata pianificazione d’emergenza e vi spieghiamo il perché.
Il piano d’emergenza nazionale Vesuvio intanto porta quest’aggiunta nazionale perché una possibile ripresa eruttiva verrebbe identificata come un evento di tipo (C ), classificazione evincibile all’art.2 della L.225/1992 che istituisce il servizio nazionale della protezione civile. Cioè, …eventi che, per intensità ed estensionedebbano essere fronteggiati con l’impiego di mezzi e poteri straordinari. Appare del tutto evidente quindi, che, questo famoso elaborato rientri a pieno titolo nelle strette competenze e, oseremmo aggiungere, responsabilità, del dipartimento della protezione civile.
Il motivo di questa gestione centralistica è da ricercarsi non solo nell’elevato rischio in esame che coinvolgerebbe immediatamente 600.000 mila persone, ma nel fatto tutt’altro secondario che, in caso di emergenza, sarebbero implicate direttamente e indirettamente, molte regioni e strutture e mezzi e organizzazioni statali e no. Un ambito così vasto insomma,  da richiedere un coordinamento di livello nazionale.
Il piano d’emergenza Vesuvio quindi, a ragione è possibile inquadrarlo come un immediato strumento di prevenzione.  Proprio quella famosa prevenzione di cui parla con enfasi  Bertolaso, quando rimprovera e bacchetta taluni comuni inadempienti su altri rischi come quello idrogeologico
Il piano d’emergenza nazionale Vesuvio, nella sostanza dovrebbe contenere il piano d’evacuazione, cioè l’atto di prevenzione ultima (fuga), da adottare per porsi in salvo da un pericolo non arginabile come un’eruzione  esplosiva. Possiamo quindi affermare che la pianificazione e l’attuazione di un piano d’evacuazione, da un certo punto di vista rappresenta il fallimento di tutte le tecniche di prevenzione che, nel nostro caso, potevano consistere unicamente nell’assicurare un’adeguata distanza fra popolazione (Valore esposto) e vulcano (Pericolo). Una distanza che inevitabilmente e all’occorrenza, dovrà rendersi concreta nel giro di alcuni giorni attraverso una titanica operazione di trasferimento della popolazione. Il piano d’emergenza allora, ha un’importanza non certo residuale ma addirittura maledettamente vitale.
Il dramma di questa straordinaria pianificazione “invidiataci” da tutto il mondo, è che non esiste.  Nella bozza depositata abbiamo le disquisizioni geologiche, la suddivisione delle zone, i quattro livelli di allerta, ma nessuna pagina contiene alcunché di istruzioni utili  per andarsene dall’area a rischio in caso di necessità, in modo ordinato o quantomeno con una logica direzionale condivisa.
Il dipartimento, pensiamo, ripeterà che il loro compito è di tracciare le linee guida… è che quindi la colpa è dei comuni che sono inadempienti. I comuni diranno che aspettano l’aggiornamento del piano e così via…. Nel frattempo entrambi si dedicano ad altro… Deontologicamente parlando riteniamo ingiusto spacciare per piano d’evacuazione delle semplici linee guida. Così come ci sembra naturale che, chi ha la responsabilità di una pianificazione d’emergenza, abbia anche il diritto dovere di assicurarsi che tutti gli attori coinvolti si impegnino nei tempi previsti.
Vorremmo appena ricordare che se si destituiscono sindaci perché non effettuano la raccolta differenziata, a giusta ragione potrebbero commissariarsi comuni se inadempienti sui grandi temi della sicurezza.
Di questo piano avremo, così dicono, l’aggiornamento a breve. Le novità contemplerebbero tempi d’evacuazione misurati in tre giorni e un uso massiccio di autovetture private per allontanarsi dall’area vulcanica, rinunciando a treni e bus indicati genericamente in un primo momento.
Il comune di Portici nella bozza di piano d’emergenza comunale, redatto a fronte del rischio Vesuvio nel 1999, scrisse a pagina 15 :
… impossibilitati a trasportare masserizie o altri beni ingombranti, molto probabilmente i cittadini che dovranno sfollare tenteranno nella maggior parte dei casi di sfruttare l’unica unità mobile da carico a loro disposizione : l’autovettura.
L’autovettura ha una serie di funzioni molto importanti; innanzitutto è il primo modulo abitativo che consente di permanere all’asciutto e in strada per un tempo anche prossimo alle 48 ore; l’autoveicolo inoltre, garantisce una sufficiente ed autonoma mobilità pure in un momento successivo all’emergenza e fuori dal perimetro a rischio.
Non è assurdo ipotizzare che la maggior parte delle famiglie utilizzerà questo vettore per spostarsi dall’area vesuviana in caso di emergenza,molto verosimilmente alla stregua di quanto avviene in occasione degli esodi estivi.
Ed ancora a pagina 20 del testo porticese leggiamo : analizzando quello che potrebbe essere il comportamento della popolazione in seno ad una emergenza vulcanica, possiamo ritenere probabile un esodo :
1) prevalentemente a mezzo autovettura privata;
2) minimo a mezzo treno o traghetto veloce;
3) presumibilmente in maniera continuativa 24 ore su 24 dal momento in cui scatta la fase di allarme;
4) spontaneo già durante le fasi I e II se dovessero incalzare gli eventi sismici;
5) mediamente massivo a mezzo treni o traghetti in caso di perdurante e totale blocco del traffico.
L’aggiornamento come detto al piano nazionale ancora non è stato pubblicizzato o pubblicato.  Possiamo solo desumere, quindi, e dalle anticipazioni, che il dipartimento e chi con esso, forse è arrivato alle stesse conclusioni di Portici ma con qualche anno di ritardo… al momento undici. Diciassette in totale … e non è ancora finita.