"Vulcano Marsili: intervista al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo" di MalKo
Il Vulcano Marsili è un vulcano sottomarino ubicato in modo quasi equidistante tanto dalle coste calabre quanto da quelle sicule per circa 150 chilometri. Fa parte dell’arco insulare eoliano e misura quasi 3000 metri d’altezza. Un eventuale subacqueo intenzionato a porre una bandierina in cima al vulcano dovrebbe immergersi per 450 metri. La vetta quindi, è ancora inviolata. La colonna d’acqua che sovrasta l’apparato vulcanico dovrebbe comunque essere sufficiente per “affogare” qualsiasi colonna eruttiva e con essa i fenomeni che maggiormente temiamo in terra ferma (colate piroclastiche, lahar, ecc…). Questa nostra confortevole supposizione supportata anche dall’assenza di centri abitati (mare aperto) potrebbe avere qualche fondamento.
Il Marsili recentemente è balzato alle cronache invece, come possibile fonte di maremoti presumibilmente dovuti al distacco di pareti rocciose che movimenterebbero materiale a sufficienza per generare onde altissime nel tirreno meridionale. Il magma che fluisce in un liquido, infatti, ha un modesto potere “collante” sugli strati litoidi sottostanti generando un prodotto roccioso (scaglie) alquanto instabile.
Marsili comunque non è l’unico vulcano sorto nelle profondità del mare. Bisogna contemplare anche il Vavilov a 160 chilometri a sud ovest del golfo di Napoli, così come il Magnaghi forse spento e il Palinuro, attivo, che dista appena sessantacinque chilometri dalla costa cilentana.
E’ di qualche giorno fa la notizia che anche nei pressi della costa calabra, al largo di Capo Vaticano, è stato individuato un vulcano ormai da millenni estinto che ci piacerebbe si chiamasse Talo (gigante a difesa di Creta che si buttava nel fuoco per diventare incandescente, onde bruciare col suo corpo i nemici) .
La sua posizione corrisponde alla faglia calabra i cui sommovimenti causarono in quella regione un terribile terremoto nel 1905. Ancora senza nome, il ventinovesimo vulcano italiano ha una sommità che si può toccare ad appena centoventi metri sotto la superficie marina.
Al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo abbiamo rivolto alcune domande :
a) Il Marsili recentemente a torto o a ragione viene chiamato in causa dagli esperti come un vulcano temibile perché simile al Vesuvio . E’ così ?
L’analogia con il Vesuvio non è del tutto appropriata. Infatti, il rischio vulcanico è un parametro dato dal prodotto della pericolosità del vulcano per il valore esposto (persone e beni soggetti al rischio); nel caso delMarsili entrambi questi fattori sono di fatto e nell’ordine sconosciuto e assente. Bisogna allora dire che la storia eruttiva e l’attuale livello di pericolosità del vulcano, e, quindi, il rischio potenziale associato a un possibile evento eruttivo, non sono stati ad oggi adeguatamente approfonditi. Di fatto, la distanza dalla costa e la profondità del vulcano, rendono in linea di massima minimo il rischio legato a un’eruzione, se si fa eccezione per la possibile generazione di tsunami. Quest’ultimo tipo di evento nel caso di apparati vulcanici come il Marsili, se pure possibile, richiede una complessa combinazione di fattori che difficilmente si presentano in contemporanea, o quantomeno il livello di probabilità che ciò accada è basso. Tant’è, la generazione di onde di tsunami è associata esclusivamente a eventi sismici di elevata magnitudo in fondali profondi e con peculiari movimenti di faglia. Gli tsunami si verificano anche in seguito a fenomeni franosi e/o di collasso parziale o totale di strutture vulcaniche, ma soltanto in caso di elevata rapidità ed estensione di tali fenomeni.
b) Che cosa ancora nasconde il tirreno centro meridionale a proposito di faglie, vulcani e tsunami ?
Il bacino tirrenico è considerato dai geologi come un’area di oceanizzazione, che è il risultato di prolungati processi di distensione della litosfera che hanno generato un assottigliamento crostale e una piana abissale di profondità anche superiore ai 3000 metri. Da questi complessi processi geodinamici si è sviluppato il vulcanismo sommerso di natura basaltica molto diverso da quello delle aree vulcaniche napoletana e siciliana. Data l’elevata profondità del fondale, la conoscenza del bacino tirrenico anche in termini di strutture attive è ancora incompleta, essendo il risultato di prospezioni geofisiche di dettaglio su settori parziali e/o prospezioni a più grande scala ma a minore risoluzione. La difficoltà nella conoscenza è facilmente comprensibile considerando come l’identificazione delle faglie attive costituisca ancora un problema anche in superficie.
c) Abbiamo una carta del rischio tsunami nel tirreno centro meridionale?
Benché in passato siano stati realizzati modelli di tsunami per eventi generati nell’area tirrenica, non è disponibile al momento alcuna carta di rischio tsunami in senso stretto. Tale strumento dovrebbe descrivere la probabilità di ogni singolo punto della costa di essere interessato nell’unità tempo dal passaggio di onde anomale di una data ampiezza, risultanti da un qualsiasi potenziale evento sismico o vulcanico, sia all’interno dell’area tirrenica sia al di fuori di quest’ultima. Non esiste attualmente disponibilità di records geologici sufficienti per la realizzazione di tale mappa.
d) Questi vulcani sottomarini sono monitorati sporadicamente o sono dotati di stazioni fisse di misura dei parametri fondamentali ?
I vulcani sommersi come tutto il bacino tirrenico non sono sedi di reti di monitoraggio permanenti, ma sono stati studiati soltanto occasionalmente nell’ambito di campagne oceanografiche, sia nazionali sia internazionali, e d’indagini di sismica crostale. La campagna più recente è proprio quella iniziata nello scorso febbraio dalla nave oceanografica Urania del CNR, che ha rivelato condizioni d’instabilità dei versanti, a seguito della quale il Marsili è stato oggetto di numerose interviste, articoli giornalistici, ecc…
e) Mentre una rete di sorveglianza per gli tsunami generati da terremoti ha dei parametri di riferimento dettati dall’energia del sisma, che si calcola subito, nel caso di tsunami dovuti a vulcani sottomarini, quali fattori sarebbero presi in esame per la diramazione di un allarme?
Purtroppo nel caso di tsunami generati da collassi di settore di apparati vulcanici sottomarini, non esistono attualmente parametri indicativi affidabili ne in termini di prevenzione né di early warning (azioni di prevenzione immediata ad evento accaduto). Una delle strategie adottabili resta comunque la rilevazione in tempo reale dell’onda anomala in siti prossimi alla possibile sorgente dell’evento attraverso ondametri, con immediata attivazione dell’allarme nelle aree potenzialmente esposte al passaggio dello tsunami. Per quanto concerne il Tirreno, in particolare il Tirreno meridionale, tale strategia risulta critica, in quanto date le limitate dimensioni dell’area e l’elevata velocità di propagazione delle onde anomale (dell’ordine di diverse centinaia di km orari), il tempo per l’evacuazione delle coste dopo l’allarme potrebbe variare da meno di un minuto per le coste più prossime a solo qualche decina di minuti per quelle più distanti. Questo limite non superabile renderebbe necessario un efficientissimo piano di evacuazione con esercitazioni regolari e continue della popolazione a rischio che dovrebbe essere in grado di trasferirsi nel giro di minuti dalla costa a quote sicure. L’emergenza tsunami si è manifestata drammaticamente durante la crisi iniziata a fine dicembre 2002 a Stromboli (vedi foto Sciara del Fuoco – INGV), quando a seguito del collasso di qualche decine di milioni di metri cubi di versante, si è generato sull’isola un’onda anomala dell’altezza di diversi metri che non ha causato vittime solo per la bassissima densità di popolazione tipica del periodo e per l’assenza di turisti e bagnati lungo le coste. In quella circostanza si è temuta la successiva generazione di uno tsunami di maggiore entità, come quelli già avvenuti nella storia geologica dell’isola, che si potrebbe manifestare con onde di altezza anche superiori a 10 metri lungo le coste del Tirreno centro-meridionale.
articolo pubblicato su hyde park il 20 luglio 2010.
RispondiEliminahttp://www.rivistahydepark.org/rischio-vesuvio-campania/il-vulcano-marsili-intervista-al-prof-giuseppe-mastrolorenzo-di-malko/