Il Vesuvio da quota 1000 |
“Terremoto al
Vesuvio” di MalKo
I recenti eventi sismici che hanno interessato l’area
vesuviana hanno ridestato la paura atavica degli abitanti dell’omonima plaga su
questi scuotimenti che qualche
ansioso interpreta come sintomi premonitori di una possibile variazione dello
stato di quiete del Vesuvio. In realtà anche i terremoti di origine vulcanica
per essere considerati sintomi pre eruttivi necessitano generalmente di un
incremento, cioè un incalzare del fenomeno sismico, accompagnato dalla
variazione di altri parametri fisici e chimici che la geologia prende a
riferimento come possibili indicatori di rischio vulcanico.
L’Osservatorio Vesuviano ma più ancora l’autorità
scientifica, ha sancito in tempi non sospetti e alla stregua di quanto già è
avvenuto per i Campi Flegrei, che per far spostare il livello di allerta vulcanica da base a quello di attenzione,
sono necessarie variazioni significative dei parametri controllati (si noti il
plurale). Cioè, più di uno dei valori base di riferimento dovrebbe cambiare e
non unicamente il fattore sismico ancorché si presenti con scosse isolate o
sequenze distanziate nel tempo.
I vesuviani devono avere la consapevolezza che, anche se dovessero
cambiare questi famosi parametri base di riferimento per il Vesuvio, e si
passasse quindi al livello di attenzione, ciò non significherebbe
automaticamente una condizione di
allarme rosso con relativa e precipitosa fuga verso la salvezza.
Lo stato di attenzione è una sorta di attesa che è
comunicata dal mondo scientifico alla popolazione (tramite Dipartimento
Protezione Civile), per renderla consapevole che qualcosa è cambiato
all’interno e nel sottosuolo del vulcano o della caldera, e che sono in corso approfondimenti per capire se i
parametri misurati abbiano una tendenza verso livelli critici pre eruttivi o
rappresentano semplicemente un’anomalia momentanea.
Ovviamente così com’è successo per il passato nella zona
di Pozzuoli con il bradisismo, i
parametri controllati potrebbero regredire e riportarsi nella normalità, e il
livello di allerta vulcanica ritornerebbe allora su valori base.
Il livello di attenzione presenta purtroppo delle
incertezze circa i tempi di attesa. A esser chiari, il “semaforo” giallo
potrebbe permanere in questo stato per mesi o anni, così come nel giro di poco
tempo la variazione dei parametri controllati potrebbe subire delle impennate in
direzione del preallarme. Meno veloce sarebbe invece il ripristino della
normalità (base).
Il sindaco di San Giorgio a Cremano preme perché si
stabilisca un contatto diretto con la Protezione Civile, gestita dal Prefetto Gabrielli, per affrontare il problema dei piani di evacuazione che non
esistono. Il secondo problema da mettere
in evidenza è come mai l’assenza di questo fondamentale strumento di tutela sia
stato sottaciuto per anni.
I sindaci di altri comuni non hanno questa urgente
necessità perché in capo alle loro attenzioni c’è il problema ben più grave dei
condoni edilizi che mal si sposano con la necessità di tutela che, nel caso del
rischio Vesuvio, dovrebbe incentrarsi sulla prevenzione. Un problema nel problema quello dei condoni, che
alla fine dovrà essere affrontato senza tentennamenti attraverso un tavolo di
lavoro probabilmente sovra comunale.
Ai nostri lettori che risiedono nella zona rossa Vesuvio possiamo dire che il loro riferimento per quanto riguarda il
diritto alla sicurezza non può che essere il sindaco. Per chi non lo
sapesse la legge 225/92 individua proprio nel primo cittadino l’autorità locale di
protezione civile. Cioè il soggetto giuridico su cui ricadono le responsabilità
della prevenzione e del primo soccorso in caso di necessità. Anche della
previsione se il dato dovesse rientrare nelle capacità di calcolo e di analisi del
comune. Ovviamente i piani di emergenza e di evacuazione rispondono e rientrano
nelle logiche della prevenzione delle catastrofi. Così come l’informazione
corretta, puntuale e istituzionale, rientra nei compiti precipui del sindaco e
non può essere delegata a terzi neanche se trattasi d’istituti o eminenze scientifiche (L'Aquila docet!).
Le responsabilità del mancato piano d'evacuazione sia per il Vesuvio che per i Campi Flegrei sarà una querelle fra dipartimento della protezione civile, trattandosi di una pianificazione di livello nazionale, e i comuni che hanno una gran coda di paglia.
Se nei Campi Flegrei il livello di allerta dovesse passare da attenzione a pre allarme, cosa succederà in assenza di piani d'evacuazione? L'esodo in questa fase si ipotizza già spontaneo... come e verso dove?
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