Con
molta attenzione stiamo valutando le scelte operate dal Dipartimento della ProtezioneCivile a proposito dei
nuovi scenari di pericolo assunti per la plaga vesuviana. Tali conclusioni si
avvalgono del lavoro scientifico della Dott. Lucia Gurioli e altri ("Pyroclastic
flow hazard assessment at Somma-Vesuvius based on the geological record"), contenente
una mappa dove è segnata una linea
nera che demarca la porzione di area vulcanica che potrebbe essere invasa,
in caso di eruzione del Vesuvio, dai temibilissimi flussi piroclastici.
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nuova zona rossa e linea Gurioli |
La
linea nera che determina questo confine (fig. a lato), ha un profilo irregolare
che comprende, segna o circoscrive, tutti i 18 comuni della vecchia zona rossa,
ma anche altri non prima considerati, che si sono ritrovati all’improvviso inclusi nell’area a maggior pericolo. Ci riferiamo a Scafati, Poggiomarino, San Gennaro
Vesuviano, Nola, Palma Campania Napoli e l’enclave di Pomigliano d’Arco che, da
un punto di vista tecnico, non può che adeguarsi in termini di piani di
evacuazione ai disposti di salvaguardia da stabilire a cura del comune di
Sant’Anastasia, cittadina entro cui l'enclave ricade.
Per
la maggior parte delle municipalità di fresca nomina si è trattato di un vero
dramma. Non già per il rischio di essere investiti da un’ondata piroclastica
bollente, bensì dall’essere travolti dalla ben più pericolosa legge regionale 21 del 2003, che vieta
qualsiasi pratica di edificazione a scopo residenziale nella zona rossa
Vesuvio. La loro ansia, infatti, poi mitigata dalla politica, era tutta lì…
Per
rendere più chiaro la nuova scenografia della zona rossa e comprendere anche l’appendice nolana, bisogna capire che il nuovo
disposto ha inglobato inizialmente in zona rossa tutti i comuni
"toccati" dalla linea nera, anche solo marginalmente. E’ successo per
quello di Nola, da qui la strana propaggine; e ancora Scafati,
Poggiomarino, mentre per Napoli il “tocco nero” ha dipinto in rosso non
l’intera città ma solo tre quartieri orientali: San Giovanni a Teduccio, Barra
e Ponticelli.
Un
aiuto alle ansie della popolazione è arrivato dalla politica e nella
fattispecie dal Prof. Edoardo Cosenza della
Regione Campania, che ha concluso il suo giro di rassicurazioni, spiegando alle
amministrazioni comunali new
entry che era possibile ricondurre i confini della zona rossa da
quelli puramente amministrativi a quelli prospicienti o contigui alla linea
nera ridimensionando il sedime a rischio. La black line rimane comunque
un limite intoccabile e insuperabile.
La
clausola per stabilire una diversa linea di demarcazione del pericolo, cioè
l’arretramento della linea rossa verso il monte, consisteva nel dichiarare i tetti
delle case maggiormente esposti all’eventuale pioggia di prodotti piroclastici
di caduta, sufficientemente resistenti all’insolito sovrappeso. Un’assunzione
di responsabilità già siglata dai sindaci probabilmente con l’avallo dei
dirigenti degli uffici tecnici, concretizzata con la spedizione di note e mappe
al dicastero regionale campano. Il limite per tirarsi fuori dalla zona rossa
era il 31 marzo 2013. Oltre questa data, infatti, i comuni ritardatari o non
interessati a una diversa limitazione del pericolo, si sarebbero ritrovati con
l’intero territorio comunale in zona (rossa) inedificabile.
Assumere
una linea (black line) sostanzialmente puntiforme per delimitare un settore
territoriale che potrebbe essere invaso da colate piroclastiche ci sembra
francamente un po’ azzardato. Ancora di più se si considera che tale
linea non è stata pensata e segnata come
un limite di pericolo. Un margine che annotiamo è stato ampiamente superato dalle
eruzione pliniane le cui colate piroclastiche hanno cozzato a sud contro il
baluardo dei Monti Lattari. Le eruzioni pliniane c'è da dire che sono rarissime
con tempi di ritorno millenari, ma pur sempre insite nel DNA del Vesuvio.
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zona rossa a rischio vulcanico a ovest e ad est della città di Napoli |
Il secondo elemento
che vorremmo evidenziare con la cartina a lato, è che la città di Napoli
confina con due distretti vulcanici molto importanti che si chiamano Campi Flegrei e Vesuvio.
Un
certo numero di quartieri ad ovest e ad est della metropoli si ritrovano quindi
in zona rossa. Questo significa
che al di là dell’eruzione massima attesa (subpliniana), assunta come tipologia
di riferimento negli scenari eruttivi del Vesuvio (quelli flegrei aggiornati
sono attesi), la città di Napoli non può considerarsi fuori da certe logiche di
prevenzione perché è dentro al
problema più di quanto
s’immagini, e le sue politiche di sviluppo residenziale devono fare i conti con
il rischio di eventi naturali non contenibili come le eruzioni. Il settore case
deve svilupparsi verso nord, come le vie di comunicazione che dovranno
supportare tale scelta.
D’altra
parte incomincia a essere insopportabile il fatto che ci siano ancora
amministratori che parlano di lottizzare dei suoli insiti in zone che si gonfiano addirittura
sotto i loro piedi. Dov’è la prevenzione delle catastrofi? La
prevenzione è una disciplina che si accompagna logicamente a chi opera sul
pericolo che dottamente in ogni dove disquisisce. I medici danno consigli sulla
prevenzione delle malattie. Gli enti di Polizia sul come evitare furti e
rapine. La guardia di finanza sui raggiri anche informatici; I vigili del Fuoco
sul come allontanare il rischio incendi ecc… Nel campo della geologia e in tema
di vulcani occorre che l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV),
attraverso le sue sezioni periferiche come l’Osservatorio Vesuviano, ricordi
agli amministratori pubblici che sarà anche importante la geotermia, ma non si possono
poi obliare i temi che riguardano la prevenzione delle catastrofi.
Una disciplina che opera soprattutto sui tentativi di previsione dei fenomeni
altamente energetici. In attesa dei progressi scientifici però, non si può
abbandonare la strada maestra della prevenzione che rimane un dato certo per
difendersi da eventi naturali come appunto le eruzioni vulcaniche.
L’ente
scientifico nazionale indubbiamente si è speso bene in termini informativi per
il rischio sismico, tant'è
che tutti hanno capito la necessità e l'importanza di costruire gli edifici
secondo criteri e norme antisismiche. Non abbiamo notato la stessa efficacia
informativa per il rischio vulcanico. Fare opuscoli che dicono cos’è un vulcano
senza un costrutto finale che acclari i concetti di prevenzione consistenti nel
rispetto delle distanze o dei numeri abitativi è minimale; come parlare di un
piano di evacuazione evocato a più non posso ma che ancora non esiste.
La differenza tra i due pericoli probabilmente sussiste perché c’è una certa
fiducia nelle possibilità di previsione utile del fenomeno eruttivo,
contrariamente a quello sismico che invece è attualmente imprevedibile.
All’INGV però, non deve sfuggire che la previsione ottimistica del
fenomeno eruttivo se non suffragata da dati matematici incontrovertibili sui
tempi a disposizione, si offre come sponda all’intraprendente politico di turno
che continuerà a urbanizzare nelle zone rosse vulcaniche, sia a est che a ovest
di Napoli, ancorchè nella plaga vesuviana. Se dal palco si continua a ripetere che l’eruzione
si prevederà mesi se non anni prima,il cementificatore ringrazierà
sentitamente…
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