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domenica 2 giugno 2013

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: la prevenzione delle catastrofi...di Malko

Il Vesuvio visto dalla strada che porta a quota mille
“Il Vesuvio, la linea Gurioli e la prevenzione delle        catastrofi”  di MalKo

Con molta attenzione stiamo valutando le scelte operate dal Dipartimento della ProtezioneCivile a proposito dei nuovi scenari di pericolo assunti per la plaga vesuviana. Tali conclusioni si avvalgono del lavoro scientifico della Dott. Lucia Gurioli e altri ("Pyroclastic flow hazard assessment at Somma-Vesuvius based on the geological record"), contenente una mappa dove è segnata una linea nera che demarca la porzione di area vulcanica che potrebbe essere invasa, in caso di eruzione del Vesuvio, dai temibilissimi    flussi piroclastici.
nuova zona rossa e linea Gurioli
La linea nera che determina questo confine (fig. a lato), ha un profilo irregolare che comprende, segna o circoscrive, tutti i 18 comuni della vecchia zona rossa, ma anche altri non prima considerati, che si sono ritrovati  all’improvviso inclusi nell’area a maggior pericolo. Ci riferiamo a Scafati, Poggiomarino, San Gennaro Vesuviano, Nola, Palma Campania Napoli e l’enclave di Pomigliano d’Arco che, da un punto di vista tecnico, non può che adeguarsi in termini di piani di evacuazione ai disposti di salvaguardia da stabilire a cura del comune di Sant’Anastasia, cittadina entro cui l'enclave ricade.
Per la maggior parte delle municipalità di fresca nomina si è trattato di un vero dramma. Non già per il rischio di essere investiti da un’ondata piroclastica bollente, bensì dall’essere travolti dalla ben più pericolosa legge regionale 21 del 2003, che vieta qualsiasi pratica di edificazione a scopo residenziale nella zona rossa Vesuvio. La loro ansia, infatti, poi mitigata dalla politica, era tutta lì…
Per rendere più chiaro la nuova scenografia della zona rossa e comprendere anche l’appendice nolana, bisogna capire che il nuovo disposto ha inglobato inizialmente in zona rossa tutti i comuni "toccati" dalla linea nera, anche solo marginalmente. E’ successo per quello di Nola, da qui la strana propaggine; e ancora  Scafati, Poggiomarino, mentre per Napoli il “tocco nero” ha dipinto in rosso non l’intera città ma solo tre quartieri orientali: San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli.
Un aiuto alle ansie della popolazione è arrivato dalla politica e nella fattispecie dal Prof. Edoardo Cosenza della Regione Campania, che ha concluso il suo giro di rassicurazioni, spiegando alle amministrazioni  comunali  new entry che era possibile  ricondurre i confini della zona rossa da quelli puramente amministrativi a quelli prospicienti o contigui alla linea nera ridimensionando il sedime a rischio. La black line  rimane comunque un limite intoccabile e insuperabile.
La clausola per stabilire una diversa linea di demarcazione del pericolo, cioè l’arretramento della linea rossa verso il monte, consisteva nel dichiarare i tetti delle case maggiormente esposti all’eventuale pioggia di prodotti piroclastici di caduta, sufficientemente resistenti all’insolito sovrappeso. Un’assunzione di responsabilità già siglata dai sindaci probabilmente con l’avallo dei dirigenti degli uffici tecnici, concretizzata con la spedizione di note e mappe al dicastero regionale campano. Il limite per tirarsi fuori dalla zona rossa era il 31 marzo 2013. Oltre questa data, infatti, i comuni ritardatari o non interessati a una diversa limitazione del pericolo, si sarebbero ritrovati con l’intero territorio comunale in zona (rossa) inedificabile.
Assumere una linea (black line) sostanzialmente puntiforme per delimitare un settore territoriale che potrebbe essere invaso da colate piroclastiche ci sembra francamente un po’ azzardato. Ancora di più se si considera che tale linea non è stata pensata  e segnata come un limite di pericolo. Un margine che annotiamo è stato ampiamente superato dalle eruzione pliniane le cui colate piroclastiche hanno cozzato a sud contro il baluardo dei Monti Lattari. Le eruzioni pliniane c'è da dire che sono rarissime con tempi di ritorno millenari, ma pur sempre insite nel DNA del Vesuvio. 
zona rossa a rischio vulcanico a ovest e ad est della città di Napoli
Il secondo elemento che vorremmo evidenziare con la cartina a lato, è che la città di Napoli confina con due distretti vulcanici molto importanti che si chiamano Campi Flegrei e Vesuvio.
Un certo numero di quartieri ad ovest e ad est della metropoli si ritrovano quindi in zona rossa. Questo significa che al di là dell’eruzione massima attesa (subpliniana), assunta come tipologia di riferimento negli scenari eruttivi del Vesuvio (quelli flegrei aggiornati sono attesi), la città di Napoli non può considerarsi fuori da certe logiche di prevenzione perché è dentro al problema più di quanto s’immagini, e le sue politiche di sviluppo residenziale devono fare i conti con il rischio di eventi naturali non contenibili come le eruzioni. Il settore case deve svilupparsi verso nord, come le vie di comunicazione che dovranno supportare tale scelta.
D’altra parte incomincia a essere insopportabile il fatto che ci siano ancora amministratori che parlano di lottizzare dei suoli insiti in zone che si gonfiano  addirittura sotto i loro piedi.   Dov’è la prevenzione delle catastrofi? La prevenzione è una disciplina che si accompagna logicamente a chi opera sul pericolo che dottamente in ogni dove disquisisce. I medici danno consigli sulla prevenzione delle malattie. Gli enti di Polizia sul come evitare furti e rapine. La guardia di finanza sui raggiri anche informatici; I vigili del Fuoco sul come allontanare il rischio incendi ecc… Nel campo della geologia e in tema di vulcani occorre che l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), attraverso le sue sezioni periferiche come l’Osservatorio Vesuviano, ricordi agli amministratori pubblici che sarà anche importante la geotermia, ma non si possono poi obliare i temi  che riguardano la  prevenzione delle catastrofi. Una disciplina che opera soprattutto sui tentativi di previsione dei fenomeni altamente energetici. In attesa dei progressi scientifici però, non si può abbandonare la strada maestra della prevenzione che rimane un dato certo per difendersi da eventi naturali come appunto le eruzioni vulcaniche.
L’ente scientifico nazionale indubbiamente si è speso bene in termini informativi per il rischio sismico, tant'è che tutti hanno capito la necessità e l'importanza di costruire gli edifici secondo criteri e norme antisismiche. Non abbiamo notato la stessa efficacia informativa per il rischio vulcanico. Fare opuscoli che dicono cos’è un vulcano senza un costrutto finale che acclari i concetti di prevenzione consistenti nel rispetto delle distanze o dei numeri abitativi è minimale; come parlare di un piano di evacuazione evocato a più non posso ma che ancora non esiste. 
La differenza tra i due pericoli probabilmente sussiste perché c’è una certa fiducia nelle possibilità di previsione utile del fenomeno eruttivo, contrariamente a quello sismico che invece è attualmente imprevedibile.  All’INGV però, non deve sfuggire che la previsione ottimistica del fenomeno eruttivo se non suffragata da dati matematici incontrovertibili sui tempi a disposizione, si offre come sponda all’intraprendente politico di turno che continuerà a urbanizzare nelle zone rosse vulcaniche, sia a est che a ovest di Napoli, ancorchè nella plaga vesuviana. Se dal palco si continua a ripetere che l’eruzione si prevederà mesi se non anni prima,il cementificatore ringrazierà sentitamente… 

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