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sabato 12 marzo 2016

Rischio Vesuvio: FAQ 2 - La zona rossa... di MalKo



Ercolano e il Vesuvio

     
Per poter comprendere quali siano state le logiche scientifiche e amministrative che sono state tenute fin qui in debito conto per tracciare i confini della zona rossa Vesuvio, dobbiamo partire da alcune premesse:
·       La zona rossa deve identificare il territorio vulcanico dove le fenomenologie che possono scaturire da un’eruzione rappresentano una grave minaccia per la popolazione esposta.
·       ll territorio ad alta pericolosità vulcanica è quello che convenzionalmente viene indicato come suscettibile ad essere invaso dai flussi piroclastici. 
·       I flussi piroclastici sono la manifestazione più temibile di un’eruzione esplosiva. Trattasi di una sorta di valanga composta dai prodotti magmatici espulsi dal vulcano, che si accompagnano a un miscuglio di gas e vapore acqueo.  I flussi piroclastici hanno temperature molto elevate che possono raggiungere finanche i 1000° Celsius. Durante le eruzioni esplosive del Vesuvio, le temperature dei flussi piroclastici al termine della loro corsa hanno lasciato segnare tra, Pompei, Pollena ed Ercolano, valori oscillanti tra i 300° e i 600° C.   Anche la velocità di queste colate è notevole, al punto che è stato determinato in pochi minuti il tempo necessario a un flusso piroclastico per percorrere i pendii vulcanici fino al mare.
·       La capacità di percorrenza dei flussi piroclastici in senso orizzontale, una volta che questi hanno raggiunto il mare o la parte pianeggiante della plaga vesuviana, è legata a una serie di fattori, tra cui l’altezza della colonna eruttiva che ha certamente una sua correlazione con l’indice di esplosività vulcanica (Volcanic Explosivity Index).
Avendo a disposizione il dato di partenza, cioè l’eruzione massima di riferimento che nel nostro caso le autorità hanno stabilito in linea con le intensità sub pliniane (VEI4), la Commissione Grandi Rischi ha trovato utili elementi nella relazione scientifica della Dott. Lucia Gurioli, ad oggetto i limiti di deposito dei flussi piroclastici nel vesuviano. Il compendio è stato analizzato, adattato e adottato.
Il lavoro campale della ricercatrice consiste nell’aver fissato sulla carta i limiti di corsa dei flussi piroclastici geo referenziandoli. Unendo questi punti sono venute fuori delle linee che rappresentano graficamente il massimo scorrimento delle correnti piroclastiche, distinte per frequenza eruttiva. Nel nostro caso la linea nera identifica le massime distanze raggiunte dai flussi in seno a eruzioni a media frequenza come quelle d’intensità VEI 4.
Vesuvio - La linea nera Gurioli è una linea chiusa che indica la zona ad
alta pericolosità vulcanica,cioè quella soggetta ai flussi piroclastici.

La commissione grandi rischi, dicevamo, ha ritenuto idonea la linea nera Gurioli per determinare i confini della zona rossa ad alta pericolosità vulcanica, valutando poi, che lo stesso segmento possa essere considerato anche quale limite d’invasione dei lahar, ulteriore fenomeno vulcanico consistente in colate di fango travolgenti. Occorre precisare, per chiarezza informativa, che il lavoro della Dott. Gurioli era finalizzato a stabilire dei limiti di deposito e non dei limiti di pericolo…

Comunque, il Dipartimento della Protezione Civile mettendo insieme l’eruzione di riferimento (VEI4) e la congruità della linea nera Gurioli come limite d’invasione dei flussi piroclastici, ha poi analizzato un’ulteriore rapporto scientifico ad oggetto il fenomeno di ricaduta dei prodotti piroclastici espulsi dal vulcano. Questi ultimi, consistenti in cenere e lapilli, oltre a martellare la zona Gurioli e circondario, avrebbero una particolare incidenza anche a distanza da questo settore, secondo un’intensità di deposito dipendente oltre che dall’eruzione, dalla direzione e dall’intensità dei venti dominanti in quel momento.
Il rapido appesantimento dei tetti non strutturati per i sovraccarichi accidentali, comporterebbe lo sprofondamento dei medesimi con effetto domino sui solai sottostanti. Purtroppo il problema della pioggia di cenere e lapillo che afflisse immediatamente le popolazioni di Pompei nel 79 d.C., alla stregua determinerebbe anche oggi gravi problemi alla respirazione. Da tener presente inoltre, lo spegnimento dei motori e l’impercorribilità delle strade dove si vedrebbe crescere a vista d'occhio il livello dei depositi al suolo e di contro calare rapidamente la visibilità .
Eruzione Vesuvio 1944 - Il campo di volo di Terzigno fu preda della pioggia di cenere e
 lapilli che oltre a distruggere gli aerei americani rese  la pista inservibile.

L’aereo americano che vedete in figura (1944), come altri, per un rapido mutamento della direzione dei venti non fece in tempo a decollare dal campo di volo di Terzigno, rimanendo bloccato e bombardato dalla pioggia di lapilli.
Le precipitazioni di cenere e lapillo e i lahar, sono un pericolo con cui bisognerà confrontarsi anche in caso di eruzione stromboliana violenta (VEI 3). Al di fuori della zona rossa, i territori ubicati ad est del Vesuvio, ovvero, i comuni di Poggiomarino, Palma Campania, San Gennaro Vesuviano e Scafati, sono stati ricompresi nella zona rossa da evacuare, così come sancisce una direttiva governativa comprensiva di mappa (sottostante), a firma del presidente Letta.

La zona rossa da evacuare comprendente i comuni e le municipalità indicate
nell'allegato 1 della direttiva del presidente del consiglio del 14.02.2014

Sentite cosa dice questo documento al primo punto:<< L’area da sottoporre ad evacuazione cautelativa per salvaguardare le vite umane dagli effetti di una possibile eruzione, soggetta ad alta probabilità d’invasione di flussi piroclastici (zona rossa 1) e di crollo delle coperture degli edifici per importanti accumuli di depositi di materiali piroclastico (zona rossa 2), ed individuata complessivamente quale zona rossa, comprende i territori dell’allegato 1 che costituisce parte integrante del presente provvedimento.
In linea di massima l’impressione che se ne ricava induce a pensare che sia stato fatto un buon lavoro di pianificazione alquanto garantista. Purtroppo non è così, perché ci sono delle incomprensioni e soprattutto delle alchimie della politica e anche della scienza che tentiamo con grosse difficoltà di spiegare.

Vesuvio - Nella figura soprastante a colori, vedete la zona gialla, la curva di isocarico
dei 300 Kg/mq. ,la zona rossa 1 e la zona rossa 2.
La mappa che vedete appena in alto a colori è identica a quella precedente in grigio. Mentre nel documento presidenziale si parla nella sostanza di una zona rossa complessiva, i documenti più di dettaglio, evidenziano come la zona rossa in realtà comprenda l’unione di due distinte zone rosse: rispettivamente la zona rossa 1 (R1) e la zona rossa 2 (R2). Le due zone come recita la direttiva Letta, in caso di allarme vulcanico devono essere evacuate.
Sulla zona rossa ad alta pericolosità vulcanica (R1), cioè quella invadibile dai flussi piroclastici, grava la legge regionale Campania n°21 del 2003 che vieta qualsiasi tipo di edificazione a uso residenziale. Per non rendere tutta la zona rossa oggetto di questa legge anti cemento, la Regione accogliendo le proteste dei sindaci super allarmati, non per il Vesuvio, no…no… ma per la legge 21/2003, ha operato una diversa classificazione della zona rossa 2 che è stata semplicemente appellata  zona vulcanica pericolosa. L’assenza dell’aggettivo alta consente di non applicare al settore R2 i disposti della legge 21/2003 sull’inedificabilità totale, nonostante si tratti di comuni ubicati in zona rossa da evacuare in caso di allarme vulcanico ancorché zone che con il tempo saranno fagocitate dalla zona rossa ad alta pericolosità vulcanica ( pliniana), destinata implacabilmente ad allargarsi.
Per farla breve, nelle zone classificate R2, anche a un metro dalla linea nera Gurioli, si continuano a costruire allegramente fabbricati ad uso residenziale in barba a qualsiasi elementare regola di prevenzione.
Area vesuviana - le zone dove è possibile costruire residenze abitative.

La mappa che vedete sopra, rappresenta il Vesuvio e il percorso della linea nera che identifica appunto la nuova zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Le casette in verde chiariscono dove si costruisce con licenza edilizia R2 compresa. Le casette di colore rosso invece, indicano i territori dove si applica totalmente la legge regionale 21/2003 (niente cemento) con qualche forzatura interpretativa, perché, come vedremo più avanti, il disposto legislativo regionale dovrebbe trovare applicazione  unicamente nei territori all’interno della linea nera (alta pericolosità) e non fuori da essa.
Spaccato dell'area vesuviana dove si evincono le discrepanze di trattamento amministrativo

Guardate questo spaccato ingrandito. Il comune di Boscoreale fece ricorso al TAR chiedendo che a quella parte di territorio ubicato oltre la linea nera Gurioli, quindi al di fuori della zona ad alta pericolosità vulcanica, venisse accordata la inapplicabilità della legge 21/2003. Il Tar diede ragione a Boscoreale ma la Regione Campania impugnò subito l’atto davanti al Consiglio di Stato vincendo il ricorso: sostanzialmente l’alta corte ritenne prudenziale che a Boscoreale si vietassero le costruzioni. Sentite cosa scrisse la Regione Campania tramite l'ufficio di avvocatura regionale :<< …la commissione grandi rischi… Ha definito detta linea nera (Gurioli N.d.R.)  di delimitazione della zona rossa 1 come il limite minimo della zona interessata dalla dispersione dei flussi piroclastici, ammettendo la possibilità di variabili non previste>>.

All’ex assessore regionale Prof. Edoardo Cosenza, occorrerebbe chiedere come mai il comune di Scafati, atteso tutte queste precauzioni e prudenze richiamate innanzi al Consiglio di Stato a cura della sua avvocatura, è stato giudicato senza colpo ferire fuori dalla zona rossa e senza nessuna delibera che dichiarasse o meno una volontà comunale di diversa riperimetrazione della zona rossa, come hanno dovuto fare invece la città di Napoli e i comuni di Poggiomarino, Nola, San Gennaro Vesuviano e Palma Campania.

Il nostro sospetto è che alla base della vera ragione per la quale la Regione Campania s’inalberò per la sentenza del TAR favorevole a Boscoreale, la si possa evincere dalle stesse carte giudiziarie che sono una miniera di verità. Sempre dagli atti regionali si legge:<<..il suddetto gruppo di lavoro (Gruppo di lavoro A N.d.R.) ha fatto riferimento a valutazioni puramente scientifiche, le quali sono il risultato di simulazioni basate su modelli matematici, che quindi non possono tenere conto di tutte le variabili eccezionali e non prevedibili presenti durante un’eruzione. Ciò posto, detti modelli matematici hanno portato a ridurre parzialmente la zona rossa 1 rispetto a quella già individuata nel 2001>>.

Se Boscoreale avesse vinto il ricorso, lo avrebbero vinto anche Pompei, Torre Annunziata e Somma Vesuviana  e Sant'Anastasia che erano in attesa:  l'inoppugnabile verità di una zona rossa minimale rispetto al passato sarebbe saltata subito all'occhio. Una considerazione quella della zona rossa più piccola della precedente che, a onore del vero, non ci sfuggì all’atto dell'orgogliosa presentazione dei nuovi scenari nella rinomata sede del Dipartimento della Protezione Civile.
Come si vede quindi, la zona rossa così com’è è una pericolosa interpretazione e interpolazione dei troppi interessi che gravano sull'area vesuviana. Le nostre considerazioni vanno nella direzione che l'attuale conformazione della zona pericolosa e le inique classificazioni amministrative, sono alla base di un cocktail micidiale che potrebbe, nelle pieghe di un tempo imperscrutabile,  portare a una catastrofe da cigno nero, perché le regole della prevenzione nel vesuviano non ci sono mai state o sono completamente obliate come il fantomatico piano nazionale che tarda ad arrivare.
Che dire poi della zona rossa 2, dove ancora oggi non siamo in grado di dire con certezza se si evacua interamente in caso di allarme come recita la direttiva Letta o si procede con evacuazione mirata in base alla resistenza dei tetti o alla direzione dei venti come scritto altrove e come  previsto nella prima stesura del piano d'emergenza (1995)... 
Con molta fatica arriveremo alla conclusione che forse è necessario formattare questo sistema di tutele che non genera sicurezza ma solo garanzie mediatiche in assenza di un giornalismo investigativo.
Nella prossima imperdibile FAQ, la FAQ numero 3, parleremo del piano di emergenza Vesuvio...







 


domenica 6 marzo 2016

Rischio Vesuvio: le FAQ... di MalKo



Il sorvolo del Vesuvio


In moltissime pagine istituzionali diffuse sul web, ce ne sono quasi sempre alcune dedicate alle Frequently Asked Question (FAQ), cioè un elenco di risposte preconfezionate che soddisfano i quesiti maggiormente posti all’autore o al titolare del servizio o all’articolista che pubblica sul web. Diversamente le risposte possono essere anche frutto della previsione delle domande, in modo da soddisfare in anteprima e già all’atto della pubblicazione le curiosità o le perplessità dei lettori.
Il rischio Vesuvio è un fattore talmente di rilievo e talmente complicato e con tante inadempienze, che ben difficilmente troverete FAQ che vanno nella direzione della verità e della comprensione dell’argomento in tutte le sue sfaccettature. Per dare un contributo alla corretta informazione allora, indichiamo noi stessi delle domande e, quindi, delle risposte che si rifanno all’ufficialità degli enti amministrativi e delle istituzioni tecniche e scientifiche pertinenti, senza tralasciare le nostre considerazioni, in modo che il lettore abbia dalla sua elementi di comparazione su cui riflettere.

·        Che cos’è lo scenario eruttivo di riferimento?
Nel nostro caso lo scenario di riferimento è la tipologia eruttiva che la scienza, attraverso studi di vario genere, individua come l’evento vulcanico da cui bisognerà presumibilmente difendersi per il futuro.
Secondo alcuni scienziati dell’INGV che hanno trattato il problema, per i prossimi 128 anni e in assenza di novità scientifiche, l’eruzione di riferimento per il Vesuvio dovrebbe essere di stile stromboliano violento (VEI 3), o al massimo d’intensità similmente sub pliniana, ovvero con un indice di esplosività vulcanica pari a VEI 4. Sarà proprio quest’ultima tipologia eruttiva ad essere stata indicata, e quindi adottata per fissare gli scenari eruttivi su cui è stata poi incentrata la pianificazione nazionale d’emergenza per l’area vesuviana.

Per i meno esperti, un indice di esplosività vulcanica VEI 4, corrisponde grosso modo come tipologia all’eruzione del Vesuvio del 1631. Evento particolarmente violento, che sconvolse la plaga vesuviana, ma che non cagionò grossi  danni alla città di Napoli.

Lo scenario di riferimento è importantissimo perché partendo dal tipo di eruzione è possibile stabilire le fenomenologie vulcaniche da cui bisognerà difendersi e i territori probabilmente coinvolti e, quindi, quanti abitanti bisognerà preventivamente mettere in salvo.

Gli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), per individuare lo scenario eruttivo di riferimento hanno operato su basi statistiche probabilistiche. Potevano accettare i principi della distribuzione poissoniana che stabilisce stessa probabilità di accadimento ad eventi rari, invece si sono valutate due tabelle statistiche che prendono in esame fenomeni eruttivi su due diversi intervalli, analizzando rispettivamente un periodo di tempo tarato da 60 anni in su, senza un limite superiore, e una finestra temporale con un range da 60 a 200 anni (vedi schema sottostante).

Tabella Ae B delle probabilità eruttive in chiave percentuale.
Da notare che sia l’approccio concettuale della logica poissoniana che il compendio statistico con alla base i primi 60 anni di quiescenza e senza limiti in salita, includono l’eruzione pliniana come eruzione tutt’altro che da sottovalutare come evento possibile. Alla fine gli esperti hanno invece optato per la tabella B che vi mostriamo e  che contiene anche le percentuali statistiche assegnate ad ogni tipologia eruttiva, con quella pliniana scartata  per il suo 1% di probabilità…
Ovviamente il lettore avrà intuito che non esistono calcoli matematici ben definiti o strumenti particolari di analisi e di indagini per poter dire con certezza quale sarà la tipologia eruttiva della prossima eruzione del Vesuvio: il dubbio è un elemento comune anche ad altre pianificazioni d’emergenza. Per abbattere ogni incertezza, la prassi tecnica consolidata prevede a scopo precauzionale l’adozione  dell’evento massimo conosciuto come effettivo scenario d’emergenza. Nel nostro caso questo evento è facilmente individuabile nell’eruzione più famosa del mondo: quella pliniana del 79 d.C. che, con il suo indice di esplosività classificato VEI 5, sconquassò completamente l’area vesuviana, circa 2000 anni fa e ancora circa 4000 anni fa,  seppellendo intere città e villaggi che scomparirono letteralmente dalla geografia dei luoghi.

In realtà solo la politica può cancellare dall’elenco dei possibili scenari eruttivi un’eruzione pliniana, ma non la scienza, che in questo caso si è pronunciata attraverso un’esposizione analitica della commissione incaricata del piano d’emergenza denominata Gruppo A, che ha proposto nel 2012 uno scenario eruttivo (VEI4), praticamente identico a quello che propose nel 1995 la precedente commissione, che già a suo tempo indicò una sub pliniana quale eruzione massima attesa (EMA).

La proposta attuale è stata poi adottata con il placet definitivo della Commissione Grandi Rischi Settore Rischio Vulcanico, a cui spetta l’ultima parola. E’ a questa commissione, è bene ricordarlo, che competono tutte le decisioni scientifiche che hanno ad oggetto i vulcani.

La cosa che lascia alquanto perplessi, come vedremo nella prossima FAQ che riguarda la perimetrazione della zona rossa, è un certo fare deterministico delle istituzioni, rispetto a una situazione assolutamente di incertezza statistica.

Intanto risulta interessante un’annotazione del Prof. Giuseppe De Natale, ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano, a proposito dei tempi di ritorno delle eruzioni pliniane:<< non è possibile definire i tempi di ritorno di qualsivoglia tipologia di eruzione, per tutti i vulcani in generale ma in particolare per le eruzioni pliniane del Vesuvio. Il concetto stesso di tempo di ritorno presuppone una regolarità (periodicità) che non sussiste in generale per alcuna eruzione vulcanica. Per quanto riguarda poi le eruzioni pliniane del Vesuvio, quelle a noi note sono in numero talmente esiguo, che qualunque analisi statistica ha una significatività estremamente bassa>>. Affermazione piena di buon senso e alquanto in controtendenza alle decisioni del gruppo incaricato e alle conclusione della commissione grandi rischi…

Su questo argomento si sono spesi diversi esperti, tra cui l’ex assessore alla protezione civile regionale, Prof. Edoardo Cosenza, che ribatteva a chi contestava come Il Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, l’esclusione di una pliniana dalla rosa delle possibilità di accadimento, che se volessimo prendere sempre le catastrofi peggiori per pianificare le emergenze, per le alluvioni dovremmo allora tenere conto del diluvio universale… specialmente se non ci si chiama Noè!

Nel caso del Vesuvio, ripeteva, le matrici di possibilità sono 4 :

·        Eruzione senza evacuazione;

·        Eruzione con evacuazione;

·        Evacuazione senza eruzione;

·        Evacuazione con eruzione.

In realtà l’accademico professore perseguendo un fare assolutamente deterministico in luogo dello statistico, non ha considerato altre due possibilità, al netto della politica, che sono:

·        Eruzione VEI 5 con evacuazione VEI 4;

·        Eruzione VEI 5 senza evacuazione.

In entrambi i casi, una catastrofe immane, da cigno nero…

Per poter offrire ai lettori comparazioni che aiutano a riflettere, proponiamo l'esempio del terribile terremoto che sconquassò il Giappone l’11 marzo del 2011. Una scossa di magnitudo 9 Richter diede origine a uno tsunami che s’infranse contro la centrale di Fukushima creando un incidente nucleare di tutto rispetto.

I sistemi d’emergenza anti tsunami infatti, erano tarati per altezza delle acque non superiore ai 6,5 metri, mentre in questo caso le onde raggiunsero i 14 metri di altezza. C’è da dire che una scossa così forte non era mai stata registrata prima nel paese del Sol Levante. Nella ricostruzione della centrale nucleare, e quindi nei sistemi di difesa, si terrà conto di questi valori estremi seppur singolari o si manterranno i parametri di sicurezza preesistenti ? Ovviamente se è possibile si terrà in debito conto un evento 9 Richter e onde alte 15 metri…

Lo scenario VEI 4 è uno scenario di media mediata dalla politica in ragione dello stato dei luoghi e anche dell’economia che tiene in debito conto i parametri costi - benefici finanche nella difesa delle catastrofi. Tutte cose che intuiremo meglio nella prossima FAQ ad oggetto la famosa zona rossa Vesuvio...

Quello che desta disappunto e quindi generalizzando si contesta, è che i cittadini non possono essere trattati come sudditi non partecipativi delle scelte e quindi non informati su quello che succede e sulle decisioni che si adottano a cura della politica in un ordinamento rappresentativo. I cittadini sono titolari di qualche diritto, ma qui sembra che in questo mondo globalizzato ad avere  ragione è sempre e solo il biglietto verde...








giovedì 3 marzo 2016

Rischio Vesuvio:sui fondali del Golfo di Napoli un rigonfiamento da anidride carbonica...di Malko




La Nave oceanografica Urania mentre opera nel Golfo di Napoli - Foto G. Ventura

Sono passati pochi mesi dalla notizia che nei Campi Flegrei un’intrusione magmatica ha raggiunto i 3 chilometri dalla superficie creando grosse perplessità nel mondo scientifico e tecnico, per un fenomeno che potremmo definire una piccola mancata eruzione. Il 7 ottobre 2015 poi, 31 scosse di terremoto a bassa intensità crearono un ulteriore allarme nella cittadina di Pozzuoli, ma anche nel mondo istituzionale che nell’area flegrea ha dichiarato già da qualche anno lo stato di attenzione vulcanica dovuta al bradisismo e ad altri fenomeni connessi. Il magma asceso e poi espanso orizzontalmente, indubbiamente è un segnale di ardente vivacità del sottosuolo flegreo, come anche la notevole degassazione localizzata nella zona di Pisciarelli a ridosso della Solfatara.

E’ di oggi invece la notizia che nel Golfo di Napoli a circa 2,5 chilometri a sud est di Posillipo, è stata evidenziata una sorta di gibbosità dei fondali marini che si protende per circa 15 metri verso l’alto, evidenziata dal fluire di bollicine la cui composizione ci rimanda a prodotti magmatici del mantello.

La scoperta è stata resa possibile grazie a una campagna oceanografica denominata SAFE 2014, coordinata da CNR (IAMC-IGG), INGV e Università di Firenze, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports-Nature .

Il Dott. Guido Ventura, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e dell’Istituto Ambiente Marino Costiero del CNR di Napoli, ha fatto parte dello staff scientifico che ha operato nel Golfo partenopeo, avvalendosi della nave Urania quale base mobile del monitoraggio dei fondali costieri. Grazie ad una gentile disponibilità del Dott. Ventura, approfittiamo dell’occasione per porgli alcune domande.

Dott. Ventura, nel progetto Safe 2014 quali tecniche di monitoraggio sono state utilizzate e quali sono state le zone esplorate?

Più che tecniche di monitoraggio in senso stretto, e cioè rilievi ripetuti più’ o meno frequentemente nel tempo, sono state utilizzate tecniche di prospezione sismica ed ecoscandaglio ad alta risoluzione; tecniche di campionamento e analisi dei gas e altre metodologie volte alla determinazione dei parametri fisico-chimici della colonna d’acqua. Abbiamo inoltre operato con un veicolo subacqueo teleguidato per catturare immagini, produrre filmati e campionare il fondo marino e i gas.
Golfo di Napoli - Attività di campionamento dei gas. Foto G. Ventura
 
Quali erano gli scopi della ricerca?

Lo scopo della ricerca era quello di identificare le emissioni gassose nel Golfo di Napoli. L'iniziativa scientifica è stata finanziata dal IAMC-CNR e si è svolta nel 2014 a bordo della nave Urania del CNR, nell’ambito di una campagna alla quale hanno partecipato anche ricercatori INGV e dell’Università di Firenze.

Esattamente cosa è stato scoperto?
E’ stato scoperto un rigonfiamento del fondo del mare di forma sub-circolare che copre circa 25 km, è alto 15 m ed è localizzato a profondità comprese tra i 100 e 170 m.   In quest'area abbiamo rilevato una trentina di punti di emissione attiva di gas, la cui composizione è simile agli elementi gassosi emessi dal Vesuvio e dai Campi Flegrei.

 Quali considerazioni bisogna fare a seguito di questa scoperta?

La struttura rilevata si è formata in seguito alla risalita di gas dalle profondità e non coinvolge, almeno attualmente, magma.  Per questa ragione il rigonfiamento non rappresenta una struttura vulcanica, ma solo una struttura di degassamento. Simili conformazioni sono generalmente associate alla risalita di metano: in questo caso, invece, è dovuta alla risalita di anidride carbonica. 

L’analisi delle emissioni gassose a cosa ci rimanda in termini di interpretazione dei dati acquisiti?

Le analisi dei gas ci indicano che la loro sorgente primaria è localizzata nel mantello a circa 20 km di profondità, ma, durante la risalita verso la superficie, questi gas si mescolano con altri di origine crostale correlabili a reazioni di decarbonatazione all’interno della crosta. Infatti, come ormai è noto da tempo, il basamento del Golfo di Napoli è costituito da carbonati (calcari).



(Golfo di Napoli) - Rilievo digitale del fondo marino oggetto della ricerca - Foto G. Ventura


Sarà necessaria un’ulteriore campagna esplorativa per arrivare ad una comparazione di dati di deformazione del fondale?

Stiamo valutando la possibilità di organizzare una nuova campagna per avere più informazioni sulla struttura ‘profonda’ di questo rigonfiamento. Ad oggi sappiamo solo che il gas risale lungo condotti verticali che si estendono almeno 100-200 m sotto il fondo del mare.

Il prossimo “cliente” da esplorare potrebbe essere il Golfo di Pozzuoli e il circondario dell’isola d’Ischia, in modo da avere un quadro di unione abbastanza completo della situazione sui fondali che caratterizzano i distretti vulcanici campani?
 
Su Ischia stiamo lavorando in questo periodo e abbiamo già una batimetria di dettaglio. Anche su Pozzuoli siamo a buon punto, ma comunque manca ancora una rilevazione mirata delle emissioni gassose. Ne conosciamo alcune, ma la zona non è stata coperta da rilievi in maniera sistematica.

L'isola d'Ischia - Foto G. Ventura
 Di recente nel Golfo di Pozzuoli con qualche "strisciata" anche del litorale vesuviano ha operato la nave Minerva uno che ha condotto delle prospezioni geologiche utilizzando la tecnica dell’airgun. Vi sono collegamenti tra il vostro lavoro e questa esplorazione dei fondali sempre made in CNR?
Le tecniche di ricerca sono le stesse e, nel caso specifico, sono sempre coordinate dall’IAMC- CNR.

Un ringraziamento al Dott. Guido Ventura, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e dell’Istituto Ambiente Marino Costiero del CNR di Napoli, per l'importante intervista che ci ha concesso.



domenica 7 febbraio 2016

Rischio Vesuvio: vulcano o non vulcano? Questo è il problema... di Malko



Vesuvio

I dati che riguardano il numero di abusi edilizi perpetrati nella Regione Campania sono molto alti, anche se non è possibile contabilizzarli con precisione. Alcune fonti di un certo credito stimano in 175.000 gli immobili o le opere irregolari da sanare o abbattere, con migliaia di queste che affastellano proprio la zona vesuviana. Solo nel comune di Torre del Greco infatti, le pratiche di condono pare siano oltre diecimila. Un dato assolutamente drammatico per la sicurezza e l’ordine sociale, ma è anche un numero che da solo vale una congettura su un altrettanto e preoccupante fenomeno che si chiama accidia istituzionale, perché è impossibile che tante case possano sorgere dal nulla senza che i preposti all'ordine se ne avvedano… 

L’impasse dettato dalla tardiva legge regionale n° 21 del 2003 che stabilisce il divieto di edificare per usi residenziali nella zona ad alta pericolosità vulcanica, ovviamente va molto stretta agli imprenditori edili nel loro insieme, così come ai lavoratori dell’edilizia e a tutti quei cittadini che hanno poco provvidamente investito nel cemento irregolare all’ombra del Vesuvio. Una tale e folta lagnanza è pane per i denti della scaltra politica del consenso…

In ragione di un allarme sociale dovuto alle circa 70.000 sentenze di abbattimento emesse negli ultimi anni, la Procura della Repubblica di Torre Annunziata aveva provato nel 2013 a gestire almeno nel vesuviano questo dramma sociale, mettendo in campo delle logiche demolitive già adottate nel 2012 nel casertano a cura della Procura di Santa Maria Capua Vetere.
Nel nostro caso però, più che un protocollo operativo si è tentato di mettere insieme un concordato tra i comuni di Torre del Greco, Boscotrecase, Boscoreale, Trecase e il Parco Nazionale del Vesuvio e il Corpo Forestale dello Stato. Un dispositivo estendibile anche altrove per guadagnare tempo... Gli abbattimenti finanziati dal Parco avrebbero seguito nel loro incedere una sorta di cronologia del demerito: «Abbiamo individuato precisi criteri di priorità negli abbattimenti – riferì il procuratore capo - a partire dagli edifici che costituiscono pericolo per la pubblica e privata incolumità, le abitazioni occupate abusivamente, gli immobili utilizzati per attività criminose e i locali nella disponibilità di soggetti appartenenti a organizzazioni camorristiche fino ai fabbricati di rilevante impatto ambientale».



L'area del Parco Nazionale del Vesuvio

L’iniziativa doveva riguardare in prima battuta la demolizione di case all’interno del territorio del Parco Vesuvio, in modo che si ripristinasse la legalità nell’area protetta e si lanciasse contemporaneamente un monito a chi ritiene di aggirare le leggi edificando nottetempo sulla scorta di assicurazioni provenienti dalle zone opache del territorio.
La recente introduzione della linea nera Gurioli però, che circoscrive la zona a massima pericolosità vulcanica e sui cui vige il divieto di inedificabilità totale, contiene e racchiude interamente il limite territoriale del Parco Vesuvio.






 Vesuvio: la linea nera Gurioli circoscrive la zona a massima pericolosità vulcanica. All'interno di questo perimetro vige il divieto di edificare ad uso residenziale: legge regionale 21/2003.

Di fatto allora, la strada degli abbattimenti mirati delle case secondo un profilo criminogeno delle stesse non poteva e non può essere perseguito nel vesuviano, poiché la sicurezza ha una valenza superiore alla repressione del crimine. Rendiamo chiaro il concetto con un esempio: non possiamo blindare una scuola perché rubano i computer se mettendo sbarre alle porte e alle finestre non ci sono poi vie di fuga sufficienti da utilizzare in caso di incendio…Le norme di salvaguardia della vita umana infatti, si applicano a tutte le frange della popolazione senza subordine e senza alcuna distinzione di sorta. Nel caso in esame poi, il rischio è quello vulcanico, accertato non solo da documenti e relazioni scientifiche, ma sancito addirittura da un atto di governo.

L’invisa norma regionale (21/2003) anti edilizia nella zona rossa 1 del Vesuvio, risponde all’esigenza di non aumentare il Valore Esposto, cioè il numero di vite umane all’interno di una zona invadibile dai flussi piroclastici, che rimane il fenomeno più devastante in assoluto ma non unico, insito nelle eruzioni esplosive pliniane e sub pliniane.
Quale politica o accordo giuridico può quindi sanare o ritardare a tempo indeterminato l’abbattimento di un fabbricato abusivo fatto in un territorio che potrebbe essere spazzato via dalle colate piroclastiche senza certezze matematiche di previsione dell’evento e senza piano di evacuazione che è ancora in itinere? La norma che sancisce la totale inedificabilità a uso residenziale nel vesuviano, non è stata adottata per salvaguardare una cosa terza seppur importante, come il paesaggio o l’archeologia o la flora o la fauna o l’ambiente nella sua interezza, bensì è una legge varata per la tutela di un bene unico e irripetibile: la vita umana.

Addirittura, se volessimo adottare un elenco delle priorità di abbattimento in ordine alla sicurezza, l’inconfutabile formula del rischio: (Rischio= Pericolo X Valore Esposto), comporterebbe lo scientifico utilizzo delle ruspe innanzitutto contro gli immobili abusivi che registrano l’allocazione di famiglie particolarmente numerose. Una procedura che può sembrare un paradosso e che sarebbe socialmente invisa ma tecnicamente è ineccepibile, perché diminuendo il valore esposto si diminuisce l'indice di rischio. Addirittura in zona rossa 1 Vesuvio gli abbattimenti da concretizzarsi per ultimi dovrebbero essere proprio quelli che non comportano un carico abitativo stabile, cioè i fabbricati allo stato grezzo di spiccato, i manufatti per uso commerciale (magazzini e depositi) e le seconde case ad uso weekend e quelle turistiche. Ovviamente queste congetture sono molto diverse da quelle stabilite dalla procura che logicamente ha una sua naturale propensione verso la lotta al crimine: da qui le indicazioni degli interventi che vertevano e tenevano conto della qualità e quantità e finalità dell’infrazione edilizia.

La zona rossa suddivisa in R1 e R2. 
Intanto è al vaglio parlamentare una proposta di legge a firma del senatore verdiniano Ciro Falanga: il disegno di legge dal titolo Disposizioni in materia di criteri di priorità per l’esecuzione di procedure di demolizioni di manufatti abusivi, è stato già approvato al Senato e quindi è stato rinviato alla Camera dei deputati per il relativo iter procedurale e approvazione finale.
Nel prospetto di legge menzionato e di cui il senatore torrese è primo firmatario, si sono recuperati i parametri e le logiche di abbattimento già previsti dalla procura oplontina riportandoli nel disegno di legge. Le cronologie individuate dai procuratori per l’ordine di abbattimento, conferiscono al documento politico un alibi inoppugnabile di legalità per chi non vuole distinguere le due funzioni. 
La legge in questione propone, è bene ricordarlo,  questa scaletta di priorità d'intervento per smantellare i manufatti abusivi:
a) immobili che, per condizioni strutturali, caratteristiche o modalità costruttive ovvero per qualsiasi altro motivo, costituiscono un pericolo, già accertato, per la pubblica e privata incolumità, anche nel caso in cui l'immobile sia abitato o comunque utilizzato;
b)   immobili in corso di costruzione o comunque allo stato grezzo e non ultimati;
c)  immobili, anche abusivamente occupati, utilizzati per lo svolgimento di    attività criminali;
d) immobili di qualsiasi valore e dimensione, anche se abitati dai componenti della famiglia, nella disponibilità di soggetti condannati per i reati di cui all'articolo 416-bis del codice penale o per i delitti aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, o di soggetti colpiti da misure di prevenzione irrevocabili ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e sempre che non siano acquisibili al patrimonio dello Stato;
e) immobili di rilevante impatto ambientale o costruiti su area demaniale o in zona soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico ovvero a vincolo idrogeologico o a vincolo archeologico;
f) immobili di complessi o villaggi turistici o comunque oggetto di lottizzazione abusiva;
g)  immobili non stabilmente abitati (seconde case, case di vacanza);
h)  immobili adibiti ad attività produttive di tipo industriale o commerciale;
i)  immobili abitati, la cui titolarità è riconducibile a soggetti appartenenti a nuclei familiari che dispongano di altra soluzione abitativa;
l) altri immobili non compresi nelle categorie sopraindicate, ad eccezione di quelli di cui alla lettera m);
m) immobili abitati, la cui titolarità è riconducibile a soggetti appartenenti a nuclei familiari che non dispongano di altra soluzione abitativa, con contestuale comunicazione alle competenti amministrazioni comunali in caso di immobili in possesso di soggetti in stato di indigenza.

Se passa alla camera questa cronologia di abbattimenti, praticamente i casi che rientrano nelle lettere l) ed m) possono contare su di una sorta di immunità permanente dovuta alla farraginosità della burocrazia che ha bisogno di tempi lunghi per concordare la demolizione di un fabbricato. Anni d'implicita immunità... Una legge che in ragione delle logiche da formula inversa, consentirebbe viceversa di progettare l’abuso avendo l’accortezza di crearsi una situazione collocabile lontano dalle prime lettere, meglio ancora da lettera m) … Si resterebbe complessivamente abusivi, ma modicamente al sicuro dalle ruspe.

In realtà questa logica delle demolizioni non già per numero di protocollo ma, diciamo per tipologia di reato, nel caso dell’area vesuviana ad alta pericolosità vulcanica non dovrebbe essere una strada percorribile, perché lo Stato dovrebbe avere innanzitutto il dovere di provvedere alla sicurezza dei cittadini, e poi all’esigenza abitativa e non viceversa a scapito della salvaguardia di uomini, donne e bambini. Un particolare quello della linea nera Gurioli che le solerti amministrazioni comunali avevano forse e probabilmente dimenticato di portare all’attenzione della volenterosa e sovraccarica procura di Torre Annunziata.

Il nostro parere tecnico va sicuramente nella direzione di operare tenendo conto e ben distinguendo tra le opere abusive ricadenti all'interno del perimetro Gurioli dalle altre. Nella zona infra Gurioli infatti, vige la denominazione di zona ad alta pericolosità vulcanica, quindi si comprenderà che difficilmente potrà essere disposta una sanatoria edilizia, un condono o qualcosa che gli somigli, per evitare che sullo Stato ricada il ridicolo giurisprudenziale delle garanzie obliate. Chi sana il rischio?
Al di fuori di questo perimetro che pure doveva essere oggetto di regolamentazione edilizia, se la Regione Campania consente ai Comuni di Scafati e Poggiomarino di rilasciare ancora licenze edilizie, gli altri comuni o parte di essi oltre la linea nera potranno ben pretendere una sanatoria o una scaletta di priorità negli abbattimenti, in modo da salvare machiavellicamente capre e cavoli che, diciamolo ancora una volta,  hanno proliferato in un contesto di totale assenza di validi pastori istituzionali.
Una commissione d'inchiesta che accerti responsabilità nei mancati controlli sull'edilizia abusiva, dovrebbe essere il minimo sindacale dell'azione di un governo che governa, che prima ancora di qualsiasi formula alchimistica per fronteggiare il problema abbattimenti e condoni, dovrebbe innanzitutto individuare misure concrete di debellamento del fenomeno dell'abusivismo edilizio sul nascere e dei controlli che mancano.

Il ricatto lavorativo non è applicabile in una zona dove l'alito rovente (surges) del vulcano può vaporizzare con i suoi 500° C. tutto il materiale organico che incontra sul suo cammino, come successe in soli tre minuti ad Ercolano nel 79 d.C. .
Diversamente possiamo dichiarare il Vesuvio un vulcano estinto, cosicché facciamo fiorire il lavoro, le imprese, condoniamo le case abusive, favoriamo il business del cemento, offriamo maggiore tranquillità sociale e soprattutto dormiremmo meglio e risparmieremmo non poco tra commissioni e gruppi e affini che non sono a costo zero. Possiamo fare diverse cose, ma dobbiamo assolutamente evitare la margherita politica del rischio: vulcano sì, vulcano ni; vulcano sì,  vulcano ni...

In un sistema di tutela basato sulla prevenzione delle catastrofi, questo articolo doveva essere condensato in una nota a cura di chi ha compiti istituzionali di prevenzione. Magari scrivendo a tergo del DDL C.1994 quale suggerimento e per competenza, la seguente modifica alla lettera a): immobili che, per condizioni strutturali, caratteristiche o modalità costruttive, ovvero per ubicazione in zona ad alta pericolosità vulcanica o idrogeologica, costituiscano un pericolo già accertato, per la pubblica e privata incolumità, anche nel caso in cui l'immobile sia abitato o comunque utilizzato.

 Tutto qui!