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sabato 12 marzo 2016

Rischio Vesuvio: FAQ 2 - La zona rossa... di MalKo



Ercolano e il Vesuvio

     
Per poter comprendere quali siano state le logiche scientifiche e amministrative che sono state tenute fin qui in debito conto per tracciare i confini della zona rossa Vesuvio, dobbiamo partire da alcune premesse:
·       La zona rossa deve identificare il territorio vulcanico dove le fenomenologie che possono scaturire da un’eruzione rappresentano una grave minaccia per la popolazione esposta.
·       ll territorio ad alta pericolosità vulcanica è quello che convenzionalmente viene indicato come suscettibile ad essere invaso dai flussi piroclastici. 
·       I flussi piroclastici sono la manifestazione più temibile di un’eruzione esplosiva. Trattasi di una sorta di valanga composta dai prodotti magmatici espulsi dal vulcano, che si accompagnano a un miscuglio di gas e vapore acqueo.  I flussi piroclastici hanno temperature molto elevate che possono raggiungere finanche i 1000° Celsius. Durante le eruzioni esplosive del Vesuvio, le temperature dei flussi piroclastici al termine della loro corsa hanno lasciato segnare tra, Pompei, Pollena ed Ercolano, valori oscillanti tra i 300° e i 600° C.   Anche la velocità di queste colate è notevole, al punto che è stato determinato in pochi minuti il tempo necessario a un flusso piroclastico per percorrere i pendii vulcanici fino al mare.
·       La capacità di percorrenza dei flussi piroclastici in senso orizzontale, una volta che questi hanno raggiunto il mare o la parte pianeggiante della plaga vesuviana, è legata a una serie di fattori, tra cui l’altezza della colonna eruttiva che ha certamente una sua correlazione con l’indice di esplosività vulcanica (Volcanic Explosivity Index).
Avendo a disposizione il dato di partenza, cioè l’eruzione massima di riferimento che nel nostro caso le autorità hanno stabilito in linea con le intensità sub pliniane (VEI4), la Commissione Grandi Rischi ha trovato utili elementi nella relazione scientifica della Dott. Lucia Gurioli, ad oggetto i limiti di deposito dei flussi piroclastici nel vesuviano. Il compendio è stato analizzato, adattato e adottato.
Il lavoro campale della ricercatrice consiste nell’aver fissato sulla carta i limiti di corsa dei flussi piroclastici geo referenziandoli. Unendo questi punti sono venute fuori delle linee che rappresentano graficamente il massimo scorrimento delle correnti piroclastiche, distinte per frequenza eruttiva. Nel nostro caso la linea nera identifica le massime distanze raggiunte dai flussi in seno a eruzioni a media frequenza come quelle d’intensità VEI 4.
Vesuvio - La linea nera Gurioli è una linea chiusa che indica la zona ad
alta pericolosità vulcanica,cioè quella soggetta ai flussi piroclastici.

La commissione grandi rischi, dicevamo, ha ritenuto idonea la linea nera Gurioli per determinare i confini della zona rossa ad alta pericolosità vulcanica, valutando poi, che lo stesso segmento possa essere considerato anche quale limite d’invasione dei lahar, ulteriore fenomeno vulcanico consistente in colate di fango travolgenti. Occorre precisare, per chiarezza informativa, che il lavoro della Dott. Gurioli era finalizzato a stabilire dei limiti di deposito e non dei limiti di pericolo…

Comunque, il Dipartimento della Protezione Civile mettendo insieme l’eruzione di riferimento (VEI4) e la congruità della linea nera Gurioli come limite d’invasione dei flussi piroclastici, ha poi analizzato un’ulteriore rapporto scientifico ad oggetto il fenomeno di ricaduta dei prodotti piroclastici espulsi dal vulcano. Questi ultimi, consistenti in cenere e lapilli, oltre a martellare la zona Gurioli e circondario, avrebbero una particolare incidenza anche a distanza da questo settore, secondo un’intensità di deposito dipendente oltre che dall’eruzione, dalla direzione e dall’intensità dei venti dominanti in quel momento.
Il rapido appesantimento dei tetti non strutturati per i sovraccarichi accidentali, comporterebbe lo sprofondamento dei medesimi con effetto domino sui solai sottostanti. Purtroppo il problema della pioggia di cenere e lapillo che afflisse immediatamente le popolazioni di Pompei nel 79 d.C., alla stregua determinerebbe anche oggi gravi problemi alla respirazione. Da tener presente inoltre, lo spegnimento dei motori e l’impercorribilità delle strade dove si vedrebbe crescere a vista d'occhio il livello dei depositi al suolo e di contro calare rapidamente la visibilità .
Eruzione Vesuvio 1944 - Il campo di volo di Terzigno fu preda della pioggia di cenere e
 lapilli che oltre a distruggere gli aerei americani rese  la pista inservibile.

L’aereo americano che vedete in figura (1944), come altri, per un rapido mutamento della direzione dei venti non fece in tempo a decollare dal campo di volo di Terzigno, rimanendo bloccato e bombardato dalla pioggia di lapilli.
Le precipitazioni di cenere e lapillo e i lahar, sono un pericolo con cui bisognerà confrontarsi anche in caso di eruzione stromboliana violenta (VEI 3). Al di fuori della zona rossa, i territori ubicati ad est del Vesuvio, ovvero, i comuni di Poggiomarino, Palma Campania, San Gennaro Vesuviano e Scafati, sono stati ricompresi nella zona rossa da evacuare, così come sancisce una direttiva governativa comprensiva di mappa (sottostante), a firma del presidente Letta.

La zona rossa da evacuare comprendente i comuni e le municipalità indicate
nell'allegato 1 della direttiva del presidente del consiglio del 14.02.2014

Sentite cosa dice questo documento al primo punto:<< L’area da sottoporre ad evacuazione cautelativa per salvaguardare le vite umane dagli effetti di una possibile eruzione, soggetta ad alta probabilità d’invasione di flussi piroclastici (zona rossa 1) e di crollo delle coperture degli edifici per importanti accumuli di depositi di materiali piroclastico (zona rossa 2), ed individuata complessivamente quale zona rossa, comprende i territori dell’allegato 1 che costituisce parte integrante del presente provvedimento.
In linea di massima l’impressione che se ne ricava induce a pensare che sia stato fatto un buon lavoro di pianificazione alquanto garantista. Purtroppo non è così, perché ci sono delle incomprensioni e soprattutto delle alchimie della politica e anche della scienza che tentiamo con grosse difficoltà di spiegare.

Vesuvio - Nella figura soprastante a colori, vedete la zona gialla, la curva di isocarico
dei 300 Kg/mq. ,la zona rossa 1 e la zona rossa 2.
La mappa che vedete appena in alto a colori è identica a quella precedente in grigio. Mentre nel documento presidenziale si parla nella sostanza di una zona rossa complessiva, i documenti più di dettaglio, evidenziano come la zona rossa in realtà comprenda l’unione di due distinte zone rosse: rispettivamente la zona rossa 1 (R1) e la zona rossa 2 (R2). Le due zone come recita la direttiva Letta, in caso di allarme vulcanico devono essere evacuate.
Sulla zona rossa ad alta pericolosità vulcanica (R1), cioè quella invadibile dai flussi piroclastici, grava la legge regionale Campania n°21 del 2003 che vieta qualsiasi tipo di edificazione a uso residenziale. Per non rendere tutta la zona rossa oggetto di questa legge anti cemento, la Regione accogliendo le proteste dei sindaci super allarmati, non per il Vesuvio, no…no… ma per la legge 21/2003, ha operato una diversa classificazione della zona rossa 2 che è stata semplicemente appellata  zona vulcanica pericolosa. L’assenza dell’aggettivo alta consente di non applicare al settore R2 i disposti della legge 21/2003 sull’inedificabilità totale, nonostante si tratti di comuni ubicati in zona rossa da evacuare in caso di allarme vulcanico ancorché zone che con il tempo saranno fagocitate dalla zona rossa ad alta pericolosità vulcanica ( pliniana), destinata implacabilmente ad allargarsi.
Per farla breve, nelle zone classificate R2, anche a un metro dalla linea nera Gurioli, si continuano a costruire allegramente fabbricati ad uso residenziale in barba a qualsiasi elementare regola di prevenzione.
Area vesuviana - le zone dove è possibile costruire residenze abitative.

La mappa che vedete sopra, rappresenta il Vesuvio e il percorso della linea nera che identifica appunto la nuova zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Le casette in verde chiariscono dove si costruisce con licenza edilizia R2 compresa. Le casette di colore rosso invece, indicano i territori dove si applica totalmente la legge regionale 21/2003 (niente cemento) con qualche forzatura interpretativa, perché, come vedremo più avanti, il disposto legislativo regionale dovrebbe trovare applicazione  unicamente nei territori all’interno della linea nera (alta pericolosità) e non fuori da essa.
Spaccato dell'area vesuviana dove si evincono le discrepanze di trattamento amministrativo

Guardate questo spaccato ingrandito. Il comune di Boscoreale fece ricorso al TAR chiedendo che a quella parte di territorio ubicato oltre la linea nera Gurioli, quindi al di fuori della zona ad alta pericolosità vulcanica, venisse accordata la inapplicabilità della legge 21/2003. Il Tar diede ragione a Boscoreale ma la Regione Campania impugnò subito l’atto davanti al Consiglio di Stato vincendo il ricorso: sostanzialmente l’alta corte ritenne prudenziale che a Boscoreale si vietassero le costruzioni. Sentite cosa scrisse la Regione Campania tramite l'ufficio di avvocatura regionale :<< …la commissione grandi rischi… Ha definito detta linea nera (Gurioli N.d.R.)  di delimitazione della zona rossa 1 come il limite minimo della zona interessata dalla dispersione dei flussi piroclastici, ammettendo la possibilità di variabili non previste>>.

All’ex assessore regionale Prof. Edoardo Cosenza, occorrerebbe chiedere come mai il comune di Scafati, atteso tutte queste precauzioni e prudenze richiamate innanzi al Consiglio di Stato a cura della sua avvocatura, è stato giudicato senza colpo ferire fuori dalla zona rossa e senza nessuna delibera che dichiarasse o meno una volontà comunale di diversa riperimetrazione della zona rossa, come hanno dovuto fare invece la città di Napoli e i comuni di Poggiomarino, Nola, San Gennaro Vesuviano e Palma Campania.

Il nostro sospetto è che alla base della vera ragione per la quale la Regione Campania s’inalberò per la sentenza del TAR favorevole a Boscoreale, la si possa evincere dalle stesse carte giudiziarie che sono una miniera di verità. Sempre dagli atti regionali si legge:<<..il suddetto gruppo di lavoro (Gruppo di lavoro A N.d.R.) ha fatto riferimento a valutazioni puramente scientifiche, le quali sono il risultato di simulazioni basate su modelli matematici, che quindi non possono tenere conto di tutte le variabili eccezionali e non prevedibili presenti durante un’eruzione. Ciò posto, detti modelli matematici hanno portato a ridurre parzialmente la zona rossa 1 rispetto a quella già individuata nel 2001>>.

Se Boscoreale avesse vinto il ricorso, lo avrebbero vinto anche Pompei, Torre Annunziata e Somma Vesuviana  e Sant'Anastasia che erano in attesa:  l'inoppugnabile verità di una zona rossa minimale rispetto al passato sarebbe saltata subito all'occhio. Una considerazione quella della zona rossa più piccola della precedente che, a onore del vero, non ci sfuggì all’atto dell'orgogliosa presentazione dei nuovi scenari nella rinomata sede del Dipartimento della Protezione Civile.
Come si vede quindi, la zona rossa così com’è è una pericolosa interpretazione e interpolazione dei troppi interessi che gravano sull'area vesuviana. Le nostre considerazioni vanno nella direzione che l'attuale conformazione della zona pericolosa e le inique classificazioni amministrative, sono alla base di un cocktail micidiale che potrebbe, nelle pieghe di un tempo imperscrutabile,  portare a una catastrofe da cigno nero, perché le regole della prevenzione nel vesuviano non ci sono mai state o sono completamente obliate come il fantomatico piano nazionale che tarda ad arrivare.
Che dire poi della zona rossa 2, dove ancora oggi non siamo in grado di dire con certezza se si evacua interamente in caso di allarme come recita la direttiva Letta o si procede con evacuazione mirata in base alla resistenza dei tetti o alla direzione dei venti come scritto altrove e come  previsto nella prima stesura del piano d'emergenza (1995)... 
Con molta fatica arriveremo alla conclusione che forse è necessario formattare questo sistema di tutele che non genera sicurezza ma solo garanzie mediatiche in assenza di un giornalismo investigativo.
Nella prossima imperdibile FAQ, la FAQ numero 3, parleremo del piano di emergenza Vesuvio...







 


martedì 29 settembre 2015

Rischio Vesuvio:quale prevenzione delle catastrofi?...di MalKo


Il Vesuvio : a sinistra l'orlo calderico del Monte Somma

Il rischio è la possibilità che persone o ambiente possano subire danni da un pericolo potenzialmente immanente. Quando il pericolo si manifesta però, non sempre c’è il tempo necessario per mettersi in salvo attraverso la fuga o proteggersi con determinate attrezzature o rifugiarsi in strutture atte allo scopo. Occorre quindi uno studio preliminare che, oltre a tracciare le caratteristiche del pericolo e i limiti geografici della sua propagazione, indichi anche le procedure di salvaguardia che dovranno essere attuate quando gli indicatori di rischio segnalano l’arrivo dell’avvenimento deleterio. Quest’analisi tecnica e scientifica si chiama nel suo insieme piano di emergenza.
Nella nostra società occidentale norme giuridiche e civiche impongono la redazione dei piani di emergenza per gli ambienti confinati e affollati come scuole, ospedali, fabbriche o anche mezzi di trasporto come treni, navi e aerei: su tutto capeggia per importanza il piano di evacuazione...quale annesso al primo.
I piani di emergenza sono una necessità anche in termini areali, per fronteggiare quei pericoli (terremoti; eruzioni; inondazioni ed altro) che le autorità scientifiche o tecniche segnalano alle autorità amministrative rappresentate nel nostro ordinamento in primis dal Sindaco. Non dimentichiamo infatti, che il Comune è l’istituzione più vicina ai bisogni sociali dei cittadini. Per pericoli che possono avere una rilevanza provinciale e regionale, la maglia delle competenze si allarga coinvolgendo altri organi amministrativi come la Regione o il Dipartimento della Protezione Civile. Quindi, a seconda della rilevanza del pericolo, ci sarà parimenti una scala gerarchica di competenze, ma senza mai escludere il primo cittadino che rimane il fulcro del sistema operativo locale.

I piani di emergenza contengono come primo e determinante capitolo un’analisi del pericolo e del suo raggio d’azione. A seguire gli indicatori di rischio, cioè i segnali premonitori del sopraggiungere del pericolo e poi i sistemi da utilizzare per la diffusione dell’allarme; e ancora la strategia difensiva e di soccorso; poi le procedure e le attrezzature e gli strumenti da mettere in campo e i comportamenti da adottare per annullare o minimizzare gli effetti dell’evento dannoso ipotizzato e atteso.
Certamente nella pianificazione delle grandi emergenze sono molte le istituzioni che concorrono sinergicamente alla risoluzione dell’evento calamitoso, e quindi è necessario che la strategia d’intervento di ogni singola struttura vada ad occupare una determinata casella (funzione), in quello che alla fine sarà il mosaico del soccorso.


I pericoli insiti nel nostro mondo roteante (la nostra analisi esula da quelli cosmici) sono veramente tanti e a quelli naturali si aggiungono altri dettati dalle attività antropiche industriali e belliche (difesa civile). Il campionario è veramente ampio... Alcune istituzioni pertinenti professano la filosofia dell’eludere dalle opere di difesa i pericoli estremi e dai lunghi tempi di ritorno.  Un modo di pensare che è anche del fare, tant’è che attualmente sono in auge le politiche anti catastrofe che si fondano sull’analisi   costi – benefici con la statistica alla base del sistema protettivo dei cittadini. Concettualità forse astruse che ritroviamo però già nell’analisi del rischio Vesuvio a proposito della scelta e l'adozione degli scenari eruttivi di riferimento. Invero, tecnicamente parlando, quando si analizza un pericolo bisognerebbe prendere in considerazione quello massimo conosciuto che tra l’altro potrebbe non essere quello massimo possibile. In Giappone ad esempio, l’11 marzo 2011 si registrò una scossa di terremoto del IX grado (Mw): la più forte mai registrata nel paese del Sol levante. Tsunami e incidente alla centrale nucleare di Fukushima hanno consegnato alla storia delle immani catastrofi questa tragica data che, per i motivi anzidetti, è anche un record sismico.

Linea nera Gurioli


Cosa è stato pronosticato per il Vesuvio: per chiarire e semplificare meglio il discorso scenari, approfittiamo ed accenniamo alle varie tipologie eruttive che hanno caratterizzato in un certo arco di tempo la storia geologica del famoso vulcano e con essa gli sconvolgimenti dei territori coinvolti. Lo facciamo adottando 4 date (anno) per altrettante eruzioni tra le più significative, con una chiamata in causa anche della linea nera Gurioli (mappa soprastante). Quest'ultimo è un segmento che circoscrive e chiude asimmetricamente un settore che da limite di deposito dei flussi piroclastici è diventato nella letteratura scientifica e a cura della commissione grandi rischi, un innaturale limite geografico di pericolo.


Ora guardiamo la tabella a colori: mostra le tipologie eruttive con una certa crescenza in termini di indice di esplosività vulcanica. Secondo le regole della prevenzione, bisognava prendere in esame quale scenario eruttivo di riferimento per la stesura dei piani di emergenza, l’evento massimo conosciuto, cioè un'eruzione pliniana. La linea nera Gurioli circoscrive quella parte di territorio soggetto al fenomeno più distruttivo in assoluto: il dilagamento delle colate piroclastiche. La linea nera vale quindi come limite di pericolo ma solo per le eruzioni inferiori o pari a un indice di esplosività vulcanica VEI 4.
Per le eruzioni VEI 5 questa traccia nera dovrebbe essere posta a distanza doppia rispetto alla bocca eruttiva...  Quindi, i piani di emergenza hanno scartato come scenario la possibilità che una futura eruzione possa essere di tipo pliniano. I maghi della statistica hanno consegnato al mondo della politica questo confortante dato (VEI4) tra l'altro come ipotesi peggiore, perché in effetti ritengono più probabile nel medio termine uno scenario eruttivo da VEI 3.

Il Vesuvio ricordiamolo, è un illustre sconosciuto che non consente di esplorare d’appieno le dinamiche e le profondità da cui trae linfa rovente quanto vitale... Quindi la prossima eruzione potrà essere uno sbuffo di cenere o un ombrello pliniano. Non conoscendo a priori lo stile eruttivo del prossimo evento, occorre necessariamente e all'occorrenza promuovere l’evacuazione della popolazione nella misura offertaci dagli esperti e dal loro dato statistico (VEI4) con la linea Gurioli che funge da steccato da superare per mettersi in salvo.
Che abbia un valore deterministco questo segmento lo dimostrano anche le alchimie e le iniziative amministrative messe in campo dallo strategico ex assessore regionale della protezione civile che, nella suddivisione della zona rossa 1 e rossa 2, ha proposto e varato una diversa applicazione della legge regionale 21/2003 sull'edificabilità ad uso residenziale nei vari comuni, con differenziazioni urbanistiche per niente eque da applicare ai territori a rischio vulcanico.

Guardate lo schema sottostante: a parità di distanza dal cratere e di posizione geografica sull’asse probabilistico di dispersione dei prodotti piroclastici eruttabili dal vulcano, esistono delle palesi difformità di trattamento. Al comune di Poggiomarino non si applicano i principi di inedificabilità ad uso residenziale sanciti dalla L. 21/2003 mentre a Boscoreale la legge si applica invece e sull’intero territorio. Il comune di Scafati è interamente fuori dai disposti normativi della L. 21/03 godendo di una speciale immunità: i confini comunali coincidono con la linea nera Gurioli. Al contiguo comune di Pompei intanto si applicano rigidamente i disposti di inedificabilità di questa famosa legge anti cemento. Qual è la logica discriminante?

Perché si è dovuto ricorrere a questo illogico sotterfugio amministrativo che è una vera iniquità giurisprudenziale? Perché se si liberavano per la parte eccedente la black line i territori di Boscoreale dai vincoli di inedificabilità totale, così come era stato chiesto inutilmente al Consiglio di Stato, tra l’altro intervenuto nella diatriba amministrativa richiamando i concetti del periculum in mora, si districavano dai lacciuoli anti edilizia pure altri comuni (Pompei, Somma Vesuviana, Torre Annunziata, ecc.), col risultato finale ed eclatante di una riduzione di fatto della zona rossa Vesuvio: in termini di immagine nazionale e internazionale sarebbe stato inaccettabile perché contrario alla pubblicità governativa che ancora oggi batte la grancassa  dell'allargamento della zona rossa in nome del garantismo…

La zona rossa 2, quella che vedete nel disegno soprastante, è interamente nel raggio di distruzione di un’eruzione pliniana e nel non meno pericoloso fenomeno della pioggia di cenere e lapilli per tutti i tipi di eruzione. Eppure si continua alacremente a costruire case e poi case e ancora case con licenza edilizia... Che dire: solo raccapriccio per una situazione che potrebbe far rimpiangere la mancata applicazione di politiche di prevenzione. 
Escludere un'eruzione pliniane tra i pericoli da affrontare può essere solo un atto politico ma non scientifico, e le argomentazioni inconfessabili che parlano di scelta dettata da un piano di evacuazione improponibile con i grossi numeri, non può essere una motivazione valida se non vengono dichiarati i limiti evacuativi. Un modus operandi che si chiama democrazia... 
L'indicazione di uno scenario da cui discende il piano di emergenza che si basa su fattori statistici accomodanti, offre stampelle e appigli a chi nel frattempo invece di proporre politiche di decentramento della popolazione imponendo vincoli anti catastrofe, non esita ad affollare ulteriormente un territorio (rossa 2) che ipocritamente è stato inserito nella zona da evacuare. Non subito però, ma in corso d'eruzione: una modalità che sa tanto di pudica foglia di fico...  Le pliniane avranno pure tempi lunghi di ritorno, ma ahimè come tutti i tempi anche questi verranno perchè l'inarrestabile clessidra alla fine lascerà cadere e conterà l'ultimo granello... 

In questo contesto scientifico, tecnico, amministrativo e giudiziario, bisogna ricordare un grande assente: il principio di precauzione. Largamente disatteso, altro non è che logica applicata all’esistenza. Cioè, visto che la vita umana è unica, ancorché non sanabile o replicabile quando finisce, bisognerebbe adottare anche nel dubbio ogni garanzia acchè non venga intaccata. Praticamente la filosofia di fondo è che le scuse a posteriori non valgono…