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giovedì 26 giugno 2014

Rischio Vesuvio, abusi e priorità.



Rischio Vesuvio e la catena delle priorità… di MalKo

L’argomento Vesuvio col suo carico di rischio e di bellezza naturale, rappresenta purtroppo anche un crocevia di interessi che non lascia molto spazio alle garanzie di sicurezza che dovrebbero essere un importante traguardo sociale da appagare e da riconoscere ad ogni singolo cittadino della repubblica. Lo dice pure la carta dei diritti dell’uomo… Dovrebbe essere così, ma non è così! La sicurezza è un argomento rosicchiato dal malessere quotidiano che ha il sopravvento in termini di priorità su altre cose. In queste contrade il pericolo eruttivo è il più delle volte traccheggiato dalle maestranze locali, che rimandano sempre a responsabilità primitive l’incredibile connubio che si è concretato tra la conurbazione e il focoso monte; una miscela esplosiva definita dai media internazionali come la vera bomba a orologeria d’Europa.
La politica qui non parla di pericoli: ha bisogno solo di voti. Il business invece, ingurgita cemento e mattoni vomitando case abusive invisibili alle istituzioni, come gli stealth ai radar di sorveglianza.

I convegni che si organizzano sul rischio Vesuvio sono veramente tanti al punto che conosciamo tutti i forse possibili a proposito della previsione. Dei piani d’evacuazione invece, non sappiamo un bel niente, eppure molti giurano che esistono, secondo una sorta di postilla contrattuale che prevede di rassicurare a prescindere per non allarmare. Come se bastasse questo modus operandi per esorcizzare il pericolo...

La cattiva politica locale inquinata da influssi nazionali, ha prodotto un raccolto di mala amministrazione e pessima gestione del territorio, dove insani intrecci hanno generato anche l’onta delle discariche d’immondizia all’interno del declamato Parco Vesuvio. Chi capitanò l’interramento dei rifiuti in realtà non aveva una grande considerazione del popolo vesuviano; blaterò, infatti, che un’eruzione non sarebbe stata una grande disgrazia
In nome non si capisce bene di quale sviluppo ristoratore, hanno poi consentito ai bus turistici di transitare all’interno della riserva forestale di protezione integrale Tirone  Alto Vesuvio, un’oasi nell’oasi, facendo impazzire quei pochi animali che ancora esistono e resistono alla spinta antropica, e i sismografi di sorveglianza dell’Osservatorio Vesuviano, che segnalano isterici tracciati ad ogni transito dei pesanti furgonati quattro per quattro. La funivia tanto vituperata sarebbe stata certamente più silenziosa, meno invasiva e meno inquinante. Si riprenda allora il progetto bocciato in nome dell’ambiente per riproporlo in nome dell’ambiente…

Nonostante stazioni e tenenze e garitte e comandi e volanti, sono state costruite migliaia di costruzioni abusive nella zona rossa Vesuvio, i cui proprietari oggi reclamano l’impunità e il diritto ad esistere perché le case non sono state sigillate sul nascere dalla legge.  La legge… polifemica ma con un occhio solo, che non si avvede neanche di una villa da seicento metri quadri su due livelli, costruita abusivamente con tanto di strada tra gli alberi di quella natura che tutti dicono di voler difendere.

La politica locale intanto, pressata dai cosiddetti cementificatori di necessità e indigenti con le ruspe alle porte, per salvare il salvabile ha scritto alla politica nazionale che ha trovato la salomonica soluzione del limbo amministrativo per le costruzioni abusive. L’espediente che sa di scientifico, prevede la scaletta delle priorità d’abbattimento… prima quelle pericolanti; poi quelle allo stato rustico; poi quelle utilizzate per scopi criminali e affini; poi quelle a rilevante impatto ambientale; poi quelle a utilizzo turistico o similare; poi quelle utilizzate come seconda dimora; poi quelle costruite per attività produttive; poi le case di coloro che hanno nella disponibilità personale altre case dove andare; poi altri immobili a vario titolo e classificazione diverse dal bisogno, e solo dopo e in ultimo, potranno abbattersi le case abusive realizzate da nuclei familiari che non hanno altro tetto sotto cui ripararsi, e dulcis in fundo, se è rimasto qualche spicciolo, ci saranno da abbattere le abitazioni degli indigenti. I fondi disponibili annualmente per il ripristino della legalità e dello stato dei luoghi reggono il confronto con la famosa conchiglia per svuotare il mare. Secoli…che poi sono proprio quelli necessari per concatenare gli eventi che portano alle catastrofi da cigno nero.

Nella zona vesuviana c’è sempre stato il controsenso del piano d’emergenza che aspetta che si completino alcuni grandi opere come la terza corsia sulla Napoli Salerno e la doppia corsia sulla statale vesuviana 268, di là da venire… In una realtà sana dove la vita umana ha un valore altissimo, si sarebbero dovuto registrare filosofie inverse, cioè uno sviluppo che doveva adeguarsi alle esigenze dei piani d’emergenza e d’evacuazione, perché la prima regola in una società di diritto è quella della protezione di bambini, donne e uomini, tanto per rimanere nel campo delle priorità.
Che non ci sia un granché d’interesse per la pianificazione delle emergenze in area vulcanica lo dimostrano i fatti. E ancora lo dovrebbe dire la corte europea di Strasburgo  sui diritti dell’uomo, che dovrà pronunciarsi sulla bontà delle misure di tutela adottate nel vesuviano. Aspettiamo le risultanze…
La pioggerellina di soldi europei stanziati per la stesura dei piani comunali, state pur certi saranno utilizzati per mettere insieme una dissertazione scientifica sulle eruzioni passate e future, un glossario di termini e un database di provviste e esercizi commerciali da utilizzare all’occorrenza. O ancora una lista di materiale da comprare per farne dotazione ai volontari di protezione civile che sono la foglia di fico dietro di cui si nascondono molte amministrazioni comunali inconcludenti.

Ritornando al problema degli abusi edilizi, riteniamo che l’enormità del fenomeno renda la strada degli abbattimenti difficilmente perseguibile, anche perché i cittadini sfollati alla fine orbiterebbero comunque nel vesuviano senza ridurre il valore esposto che rimane tale. D’altra parte non è possibile neanche far passare indenne le malefatte cementizie perché lo Stato ne uscirebbe a pezzi. La necessità non può essere una regola. Deve essere un’eccezione, e le eccezioni non si possono contare a centomila.
Occorre quindi, qualora si scelga la strada del salvataggio, che su tali abitazioni si imponga forte la clausola dell’invendibilità, che deve essere interpretata anche come assunzione di responsabilità diretta del proprietario all’esposizione a un pericolo grave e sancito che non può essere in alcun modo ceduto ad altri.
Bisognerà poi instaurare la clausola della destituzione del sindaco e lo scioglimento dei consigli comunali che non reprimono sul nascere il fenomeno dell’abusivismo edilizio, che va circostanziato da relazioni annuali a cura del comandante della Polizia Municipale e del capo dell’ufficio tecnico, che devono essere titolari dell’osservatorio locale sull’abusivismo. Documenti ovviamente controfirmati dal sindaco quale autorità comunale.

Diversamente, se si ritiene necessario abbattere i manufatti fuorilegge, la priorità la dovrà dare la classificazione della zona dove sorgono i fabbricati recuperando e adattando la cronologia di schedatura iniziale. In questo caso le autorità giudiziarie cui deve rimanere assolutamente la gestione dell’abusivismo edilizio in senso penale, dovrebbero discriminare e reprimere gli abusi perpetrati innanzitutto in zona rossa 1 (R1), che è poi quella più pericolosa delimitata dalla linea nera Gurioli.
La materia è complessa e dobbiamo necessariamente riparlarne…



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