Vesuvio e Somma: incendi fase iniziale - 2017 |
Attraverso
gli incendi che hanno totalmente devastato la macchia mediterranea e le aree
boscate del Vesuvio e del Monte Somma riducendo i rilievi a una pietra annerita
dal fuoco, la popolazione circumvesuviana ha scoperto che le calamità ad ampio
raggio d’azione, come l’incendio diffuso, minacciano case e abitanti senza
distinzione di sorta. Serve poco a rinchiudersi tra le mura domestiche,
pensando che il massiccio battente sia un netto confine col mondo esterno, e
soprattutto ostacolo insormontabile alle energie incontrollate...
Come
abbiamo sempre detto, la percezione del pericolo si avverte solo attraverso una
ferrea cultura della prevenzione o grazie alla stimolazione di uno dei cinque
sensi. Nell’ambito dei vari comitati spontanei sorti qua e là nell’area
vesuviana per discutere di incendi e mancata prevenzione antincendio,
l’analogia con il fuoco vulcanico non è stata colta, neanche dai politici che
hanno guidato una moderata protesta concentrata sulla difesa preventiva del
parco nazionale del Vesuvio, senza pensare che oltre alle piante ci sono
migliaia di esseri umani che costellano il contorno vulcanico, ancorchè
soggetti in caso di eruzione alla micidiale furia delle colate piroclastiche.
Il
pericolo vulcanico è sfuggente perché non si percepisce e non fa parte del
bagaglio di esperienze dei vesuviani, soprattutto in riferimento alle eruzioni
più dure. L’ultima quella del 1944, fu vissuta ai bordi della lava senza nessun
timore per l’incolumità dei presenti…
Il
fuoco, quello tradizionale fatto di fumo e fiamme che ha avvolto la vegetazione
vesuviana, è stato percepito grazie alla vista e all’olfatto. L’organismo ha
fiutato l’atavico pericolo e non sono stati pochi quelli che hanno cambiato
aria nel vero senso della parola, riparando da amici e parenti ben lontani
dalla linea di fuoco che si è estesa dal Vesuvio al Monte Somma.
Alcuni
politici dell’opposizione hanno cavalcato le polemiche sorte anche sui media a
proposito della mancata prevenzione antincendio, puntando l’indice contro la
macchina regionale e la sua insipienza preventiva e operativa volta allo
spegnimento delle fiamme. Il governatore però, ha spalle larghe…
La
percezione del pericolo i vesuviani l’hanno vissuta attraverso le vampe e il
fumo acre che ha avvolto lo sterminator Vesevo dalla cima alla bassa fascia
pedemontana, costringendo i cittadini a barricarsi all’interno delle loro
abitazioni patendo caldo e senso d’impotenza. Il fumo si è sprigionato dagli
incendi che hanno carpito combustibile dalla fascia arborea di pini e ontani e
castagni e robinie e rovere e macchia mediterranea. Fiamme striscianti nel
sottobosco che hanno covato brace nelle radici rinsecchite degli alberi più
vecchi. L’incedere degli incendi non ha risparmiato materiale plastico e scarti
delle industrie tessili ed elettrodomestici sgangherati buttati in ogni loco.
Il fumo a tratti molto acre, si è diffuso nell’aria scivolando poi silenzioso
sulle case come cappa malevole, avvolgendole e ammorbandole.
Ben
altri effetti si sarebbero registrati, se al posto della caligine a calare
sull’abitato fossero stati i micidiali flussi piroclastici, col loro incedere
distruttivo capace di carbonizzare qualunque cosa si fosse opposto e frapposto
al loro cammino rapido e ferale.
La
situazione attuale di prevenzione del rischio vulcanico, a studiarne le carte,
segna punti di spossante mediocrità. La stoffa
di cui è fatto il piano di emergenza infatti, è di assoluta inconsistenza
operativa, trattandosi di un prodotto dall’iniqua strategia, con il piano di
evacuazione che segna un’impasse che non si riesce a superare nonostante il
modello sempliciotto su cui sono basate aritmeticamente le partenze dei
profughi all’occorrenza.
Il
vulnus di questa pianificazione di emergenza in itinere, ha nelle sue
fondamenta una premessa fallace che assegna a molti cittadini la salvezza solo
se l’ordalia statistica resisterà col suo pronostico eruttivo.
Il
vaticinio INGV stabilisce che da qui ai prossimi due secoli circa, la massima intensità
eruttiva che può scaturire dalle viscere del Vesuvio sarà di taglia sub
pliniana, ovvero e secondo l’indice di esplosività vulcanica, una VEI4.
Ogni
intensità eruttiva corrisponde in linea generale a una porzione di territorio
che potrà essere investito dai fenomeni previsti per quella formula eruttiva. A
un’eruzione VEI 4 corrisponderà un territorio VEI 4 che ne pagherà le pene…
Ovviamente a un evento vulcanico di intensità VEI 5, cioè pliniano,
corrisponderà un territorio ben più ampio che verrà devastato.
La
morale che se ne ricava è che la pianificazione di emergenza prevede di
fronteggiare al massimo un evento VEI 4 stabilendo che il piano di evacuazione
debba spostare i soli vesuviani che popolano il territorio VEI 4 oggi
classificato come zona rossa Vesuvio.
Nel
caso in cui l’eruzione che dovesse malauguratamente presentarsi nel medio
termine sia invece di intensità VEI 5, anche mettendo in pratica e con successo
il piano di evacuazione nelle 72 ore previste, sarebbe una colossale catastrofe
perché le colate piroclastiche andrebbero ben oltre i confini della zona VEI 4
portando morte e distruzione nella corona circolare dichiarata indenne.
Quali
garanzie abbiamo che la prossima eruzione non sarà eccedente una VEI 4…
Garanzie esclusivamente di taglio statistico! Infatti, il prospetto proposto
dagli esperti dell’INGV, si basa sulle varie tipologie eruttive con una
probabilità di accadimento condizionato misurato a partire dai 60 anni di
quiescenza vulcanica.
Le due tabelle hanno pari dignità, purtuttavia gli esperti hanno optato per la tabella B onde procedere alla stesura del piano di emergenza col suo annesso più importante: il piano di evacuazione ancora in itinere. Scegliendo la tabella B, i tecnici del Dipartimento della Protezione Civile hanno inteso obliare l’accadimento pliniano ritenendo l’1% previsto più che improbabile. Il problema è che tra quasi due secoli possiamo confermare la bontà del prodotto statistico offertoci: non prima…
Il Gruppo di Lavoro – A - incaricato di studiare e riferire quale sia l’eruzione di riferimento da cui difendersi, ha indicato statisticamente una sub pliniana (VEI4); ipotesi avallata e condivisa dalla commissione grandi rischi - sezione rischio vulcanico - che ha ritenuto congruo il lavoro del Gruppo A introducendo solo la linea nera Gurioli come margine d’invasione dei flussi piroclastici.
La linea nera Gurioli indica i limiti di scorrimento de flussi piroclastici in seno ad eventi eruttivi VEI 4. |
In
altre parole, se dovesse verificarsi un’eruzione superiore a quella limite adottata
nel piano d’emergenza attuale, cosa che nessuno può escludere, alcuni comuni
non previsti nella zona rossa si ritroverebbero nell’inferno vulcanico alla
mercé delle nubi ardenti.
Il
cerchio rosso che abbiamo tracciato nella figura a lato, rappresenta secondo la
nostra concezione delle garanzie ovvero secondo il principio di precauzione, la
vera zona rossa da evacuare per potersi ritenere al sicuro dai peggiori
fenomeni insiti in un’eruzione appena VEI4 accentuata.
Speriamo
che i cittadini del vesuviano e del flegreo attraverso gli incendi boschivi che
hanno imperversato e minacciato ampie fette del territorio campano, si siano
resi conto che non si può affidare bovinamente alla politica e alle istituzioni,
la sicurezza di un’intera plaga geografica che li comprende, senza seguirne
criticamente le attività e le iniziative di previsione e prevenzione delle
catastrofi.
testo riallineato il 04.08.2017
RispondiEliminaGrazie, Signor MalKo!
RispondiEliminaForse anche è interessante:
http://meteovesuvio.altervista.org/Immagini/ANALISI%20DELLA%20%20SISMICITA%20CUMULATIVA%20STORICA%20DEL%20VESUVIO%20-%20GIUSEPPE%20DANIELLO%20-%20METEOVESUVIO.pdf
"Hans-Hermann Uffrecht" o "Vesuvio dove andiamo" o "Vesumboli"
P.S.Chiedo scusa per la cattiva traduzione! Grazie!
Pardon!
RispondiEliminaRecommendare Link:
http://meteovesuvio.altervista.org/News2017-1-terremoti.html
da 12/8/17
"Hans-Hermann Uffrecht" o "Vesuvio dove andiamo" o "Vesumboli"
P.S.Chiedo scusa per la cattiva traduzione! Grazie!