La Solfatara - Pozzuoli - Campi Flegrei |
A ovest
della città di Napoli sorge il distretto vulcanico dei Campi Flegrei. Dall’altro lato, ad est, capeggia invece il Vesuvio. I due vulcani sono in vista
l’uno dell’altro e ricadono geograficamente sullo stesso parallelo a 40° e 49’ di latitudine. La città di
Napoli è posta quindi al centro di queste due aree vulcaniche che sono
accomunate da un’unica grande camera magmatica che si sviluppa anche sotto la
metropoli partenopea…
I Campi
Flegrei non hanno un apparato montuoso ma solo brandelli collinari e semi
collinari a volte rotondeggianti, che delimitano e punteggiano l’estensione
geografica di un territorio forse sede del mitico vulcano Archiflegreo, sbriciolato
nell’antichità da immani eruzioni fino alla condizione di caldera depressa, poi
riempita da decine di bocche monogeniche che hanno proposto il loro vagito eruttivo molto spesso esplosivo
respingendo in parte il mare.
Nell’arco
di tre periodi diversi, sono stati espulsi da questo singolare distretto grandi
quantità di materiale piroclastico anche a grandi distanze. L’ultima eruzione
del 1538 ha segnato la quiescenza macroscopica
dell’area, segnata comunque dal fenomeno anche recente e perdurante del
bradisismo flegreo, che non sembra mettere tutti gli scienziati d’accordo circa
la genesi di un suolo particolarmente irrequieto. In tutti i casi appare
inoppugnabile il collegamento con la fonte energetica rappresentata dal calore
magmatico sottostante…
Pochi
giorni fa è stata formulata una teoria circa le intrusioni magmatiche che
caratterizzano l’area flegrea; una tesi secondo la quale il magma insinuatosi
fino a pochi chilometri dalla superficie si sia raffreddato dopo aver dato
“spettacolo” e apprensione col suo calore oggi disperso…
Macellum - Pozzuoli - Campi Flegrei |
Il Dott.
Giovanni Chiodini, dirigente di
ricerca dell’INGV, è tra i massimi conoscitori della geochimica dei Campi
Flegrei.
Dott.
Chiodini, secondo una recente tesi il magma che sembra si sia infiltrato fino a
basse profondità nel sottosuolo flegreo, pare possa datarsi e ascriversi alle
crisi bradisismiche degli anni 70’
e 80’: è così?
C’è dibattito su questo. Io sono d’accordo con
questa interpretazione: altri autori affermano che quel magma si sia già
solidificato….
Che ci
sia stata un’intrusione magmatica sembra un dato su cui concorrono con qualche
distinguo un po’ tutte le tesi. Nel merito possiamo confermarlo questo dato ed
ancora conosciamo l’estensione, ovvero le dimensioni di questa protuberanza
magmatica insinuatasi nei territori flegrei?
Che nel 1983/1984 ci sia stata una intrusione di
magma è un dato su cui concordano la maggior parte dei ricercatori (se non
tutti). Si pensa ad un volume di magma relativamente piccolo, dell’ordine di
0,1 Km3.
Dott.
Chiodini, se di intrusione magmatica si tratta, il fenomeno è da attribuirsi
prevalentemente alla possente spinta magmatica o a una scarsa resistenza della
coltre crostale che in questi luoghi è aggredita da una chimica e da una
temperatura che ne minano la resistenza? Una Sua recente teoria…
Immagino che la recente teoria a cui fa
riferimento sia il lavoro pubblicato nel Dicembre 2016 nella rivista Nature
Communications. In quel lavoro consideriamo quanto è avvenuto dopo il 2000. Per
quello che riguarda, la crisi del 1983/1984 e la intrusione
magmatica che l’ha causata, posso solo dirle come elemento di riflessione che a
quelle profondità (4 km )
la temperatura è molto elevata. D’altra parte nella zona di massima
deformazione non si osservano terremoti a profondità più grandi. E’ la stessa
zona dove si ipotizza una intrusione datata di alcuni secoli, quella che ha
generato probabilmente e in qualche modo l’evento eruttivo di Monte Nuovo
(1538). Ne sappiamo poco, ma in quella zona e a quelle profondità le rocce potrebbero avere un comportamento ‘plastico’ e non rigido.
Se la
caldera flegrea è stata sede di alcune decine di bocche eruttive monogeniche,
quest’intrusione potrebbe corrispondere a una nuova bocca o a una bocca
eruttiva precedente…
Credo che la zona di Pozzuoli col tratto di mare
adiacente sia una zona di accumulo di magma… Nel 1538 la deformazione
inizialmente era su questa zona, poi si spostò prima dell’eruzione verso ovest,
dando così origine all’ultimo evento riscontrato nei Campi
Flegrei: quello appunto di Monte
Nuovo.
La Solfatara e la fumarola di Pisciarelli con i
suoi possenti sintomi di degassazione non è detto che sia la parte più
vulnerabile all’ascesa del magma in superficie. La Solfatara è una sorta di
camino, una specie di collettore zonale, ma il magma non è certo che segua la
strada dei vapori.
Porto di Pozzuoli (Campi Flegrei) - L'agglomerato del Rione Terra |
La
geochimica fino a che punto riesce a dare risposte sulle dinamiche magmatiche
che interessano un fondo calderico come i flegrei?
Noi abbiamo interpretato le variazioni osservate alle
fumarole della Solfatara come un processo di depressurizzazione del magma. Ora,
secondo me, il magma sta rilasciando fluidi in maggiore quantità ed arricchiti
in H2O perché si sta appunto depressurizzando. Penso
che l’evento che ha causato questo processo sia in realtà collegabile alle
migliaia di terremoti registrati nel 1983/1984 che hanno in qualche modo aperto
il sistema alla risalita dei fluidi che, rilasciati
dal magma, starebbero riscaldando le parti più superficiali
della caldera.
Dott.
Chiodini, i dati geochimici e geofisici flegrei cosa segnalano… cosa raccontano
nell’odierno?
In sintesi e nell’insieme uno spostamento della
crisi verso le zone più superficiali della caldera.
Un po’
di anni fa effettuammo un lavoro ad oggetto i dissesti statici nel napoletano
infiltrandoci nei condotti acquedotto del sottosuolo di Napoli. Dissesti molto
spesso originati dalle caratteristiche del tufo giallo che perde la sua
resistenza statica fino al 40% una volta imbibito… La possente struttura
tufacea su cui poggia la città di Napoli trova pari caratterizzazione nell’area
flegrea?
Il sottosuolo di Napoli - Centro storico - San Carlo all'Arena |
Un
sottosuolo anche profondo rimaneggiato dalla chimica delle acque e dalle
temperatura elevate potrebbe consentire una rapida risalita del magma, magari
senza acquistare una veemenza particolarmente dirompente? In altre parole,
un’eruzione nel flegreo può essere anche rapida ma contenuta negli
effetti?
A questa domanda è difficile dare una risposta.
Credo che nel caso di una futura eruzione l’attuale fase di elevato degassamento
possa attenuarne gli effetti dirompenti. Ma gli effetti comunque bisogna
relazionarli anche e in gran parte alle quantità totali di magma coinvolgibili
in un’eventuale eruzione….
In che
modo si può migliorare la sorveglianza vulcanica dell’area flegrea?
La sorveglianza che viene fatta oggi è già a un
ottimo livello. Quello che manca non è la sorveglianza ma la ricerca. La gente
spesso sopravvaluta le nostre capacità di ‘sorvegliare’ un vulcano. Nel caso
dei Campi Flegrei, ad esempio, bisogna tenere presente che non abbiamo mai
misurato quello che accade prima di una eruzione.
L’unico modo per cercare di capire cosa potrà
succedere e quali sono i processi in corso, è quello di assicurare una
interazione tra il sistema di sorveglianza con delle ricerche scientifiche
mirate. Penso che servono più cervelli che studiano il problema, piuttosto che
ulteriori strumenti di monitoraggio del vulcano.
L’Osservatorio
Vesuviano sarebbe saggio che spostasse la collocazione dei suoi uffici e sala
di monitoraggio nelle retrovie del fronte vulcanico?
Secondo me sì.
Sarebbe opportuno che la struttura che sorveglia e gestisce la rete dei sensori
posti sul vulcano sia ubicata al di fuori di quelle zone che verrebbero
evacuate qualora dovesse rendersi necessario diramare un allarme vulcanico….
Ringraziamo il Dott. Giovanni
Chiodini, dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia, per averci illustrato con chiarezza la situazione attuale dei
Campi Flegrei.
Il
quadro complessivo che possiamo farci nelle conclusioni circa la situazione di
pericolosità vulcanica esistente ai Campi Flegrei, è quello di una condizione
complessiva che suggerisce grande attenzione ai processi magmatici che
avvengono nel comprensorio terracqueo di Pozzuoli e per largo raggio. Qualche
nodo scientifico incomincia a sciogliersi ma rimane una situazione molto
complessa dettata anche dalla mancanza di comparazione scientifica con gli eventi
eruttivi e pre eruttivi del passato.
Nei
Campi Flegrei la popolazione esposta al pericolo vulcanico conta 550.000
abitanti. Nella caldera flegrea l’organizzazione della sicurezza dovrebbe avere
precise strategie e idee molto chiare sul da farsi all’occorrenza. Non è
sufficiente dare visibilità e risalto a chi rassicura oltre misura: le
popolazioni non necessitano di massicce dosi di valeriana mediatica. Alle
popolazioni bisogna assicurare il diritto all’informazione, perché la
democrazia passa anche attraverso la conoscenza della realtà che ci circonda.
Alle
incertezze della previsione vulcanica, si potrebbero contrapporre le certezze
della prevenzione come metodo per mitigare le catastrofi: disciplina che
nessuno persegue e che molti eludono. Mentre gli scienziati si confrontano con
qualche distinguo sui temi vulcanici, la politica e le amministrazioni locali e
nazionali sono invece concentrate sulle cubature cementizie da calare sulla ex
spianata industriale di Bagnoli (Campi Flegrei), attraverso una cabina di regia
che tutti reclamano. C’è pure chi appalesa in quest’area geologicamente attenzionata la possibilità di accedere
all’affare energetico trivellando per il geotermico lì dove la crosta è più
gonfia e satura di fluidi caldi…
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