Cratere del Vesuvio con vista Capri |
Un
vulcano è possibile definirlo come una spaccatura nella crosta terrestre da
dove fuoriescono generalmente e in modo discontinuo, materiali gassosi, liquidi
e solidi ad alta temperatura. Le cause alla base del trasferimento dei prodotti
magmatici dall’interno del Pianeta e fino alla superficie terrestre attraverso varie
tipologie eruttive, sono oggetto di studio con formulazioni di teorie tutte
corredate dall’incertezza scientifica, perché i fenomeni eruttivi generalmente non
sono continui, e in alcuni casi sono intervallati da secolari quiescenze.
Fenomeni tra l’altro, che traggono origine dal sottosuolo chilometrico, quello
non direttamente esplorabile…
Certi
vulcani in termini di manifestazioni eruttive sono più rari dell’apparizione
della cometa di Halley che solca i
cieli mediamente ogni 76 anni… Nessuno degli scienziati oggi in servizio
permanente effettivo all’Osservatorio Vesuviano ha mai visto un’eruzione dell’arcinoto
Vesuvio o del super vulcano dei Campi Flegrei o dirompenze sull’isola
d’Ischia. Quindi, la maggior parte
delle disquisizioni scientifiche ad oggetto i vulcani napoletani, gioco forza
devono trattare la scienza delle eruzioni e le sue innumerevoli variabili
analiticamente, magari gettando lo sguardo su altri vulcani in attività come
quelli ubicati sulle nostre isole meridionali oppure in altre parti del mondo.
I
vulcani “stranieri”, per genesi e comportamenti e storie e contesti, sono completamente
diversi l’uno dall’altro: non parliamo della forma, bensì del DNA geologico,
frutto di fusioni e rifusioni e mescolamenti del magma, che avvengono nella
parte superiore del mantello che assorbe prodotti in ascesa dal profondo,
fondendone altri dalla suola
litosferica.
La
camera magmatica è forse l’elemento più importante di un vulcano, ancorchè
dislocata a profondità variabile dai 3 ai 10 chilometri: è qui che ristagna la
pasta ignea ad elevata temperatura e pressione ben insinuata nelle rocce
incassanti. Se dovesse aumentare la spinta magmatica verso la superficie o,
viceversa, dovesse essere minata la resistenza della crosta terrestre in un
determinato punto sotto pressione, come sembra prospettarci il Dott. Chiodini per i Campi Flegrei, l’eruzione
sarebbe inevitabile.
Alcune
congetture sulla tipologia eruttiva e sulle varie manifestazioni vulcaniche ad
oggetto il Vesuvio, sono state fatte dal Gruppo
di lavoro “A” messo insieme un po’ di anni fa dal Dipartimento della
Protezione Civile: una sorta di conclave costituito da scienziati per tracciare
gli scenari eruttivi della prossima eruzione dell’arcinoto vulcano semmai
dovesse verificarsi un’eruzione nel medio termine. Al massimo un’eruzione VEI 4
(sub pliniana) hanno sentenziato gli esperti: giudizio poi avallato dalla commissione
grandi rischi. D’altra parte, nella relazione del Gruppo A si evidenzia a
sostegno della tesi VEI 4, che nella camera magmatica superficiale del Vesuvio non
c’è magma a sufficienza per una eruzione VEI 5, cioè una pliniana come quella
che distrusse nel 79 d.C. Pompei, Ercolano e Stabia.
Secondo
il Prof. Raffaele Cioni dell’INGV,
tra l’altro membro della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico,
l’eruzione di Pollena del 472 ha marchiato i prodotti litoidi espulsi dal
Vesuvio, lasciando impresso sulle rocce il segno di pressioni dell’ordine di cica
1000 bar. Cioè una pressione mille volte superiore a quella registrabile al
livello del mare: compressioni riscontrabili a una profondità terrena di circa 4
- 5 chilometri…
Lo
stesso Cioni però, rileva (Evidence for
the shallowing of the Vesuvius reservoir in the upper crust over the last 20
kyr), che nell’analisi petrografica dei prodotti eruttati dal Vesuvio
nell’eruzione pliniana del 79 d. C. e altre eruzioni particolarmente violente,
si nota che il magma è assurto in superficie direttamente dalla camera
magmatica più profonda, come quella attualmente dislocata a una profondità di
circa 8 – 10 chilometri.
Il
dato che ci sembra si possa cogliere allora è questo: il Vesuvio può attingere
per le sue eruzioni da una camera magmatica pseudo superficiale quanto
profonda, senza rendere necessario accumuli di magma intermedi, che pure
potrebbe già esserci come punta di un iceberg incandescente, con spessori
orizzontali non particolarmente estesi e quindi non evidenziabili nettamente dalla
tomografia sismica.
D’altra
parte un magma che ristagna più superficialmente dovrebbe essere un po’ più
povero di elementi volatili. Quello che proviene dal profondo invece, ha una
forza gorgogliante particolarmente
dirompente: da pliniana insomma…
Lo
studio del Prof. Cioni è forse un tantino in controtendenza con la relazione
presentata dal Gruppo di lavoro A. In questo trattato scientifico infatti,
viene dato come elemento rassicurante poco magma nella camera
superficiale del Vesuvio...
Complesso Somma_Vesuvio visto da nord |
Il
Prof. Giuseppe Mastrolorenzo è un
noto vulcanologo dell‘INGV – Osservatorio Vesuviano. Autore di alcune
pubblicazioni di grande presa sul pubblico mondiale.
Prof.
Mastrolorenzo, ha influenza la dislocazione della camera magmatica nelle
dinamiche eruttive?
<< Innanzitutto è necessario
precisare che tutte le ricerche relative alla identificazione di camere
magmatiche sotto i vulcani attivi sono basate su approcci indiretti. Infatti,
fatta eccezione per casi rarissimi, relativi ad antiche camere magmatiche
solidificate e venute poi a giorno a seguito di processi di erosione, le camere
magmatiche non sono rilevabili in modo diretto, e tuttalpiù possono essere
intercettati dicchi magmatici nell’ambito di trivellazioni in vulcani attivi.
Nel caso del Vesuvio, dallo studio
delle rocce eruttate durante i vari eventi eruttivi che hanno caratterizzato la
storia del noto vulcano e da una serie di rilievi e analisi di natura geofisica
utili per la comparazione dei dati, sono state ipotizzate le possibili
localizzazioni in profondità dei sistemi magmatici responsabili delle eruzioni
avvenute in passato, nonché delle zone anomale situate in profondità, quali
possibili sedi di attuali camere magmatiche.
In particolare, ricerche condotte da
me e dalla dott.ssa Lucia Pappalardo e da altri ricercatori nell'ultimo
decennio, hanno evidenziato come le eruzioni sub-pliniane e pliniane del
Vesuvio, nel corso degli ultimi ventimila anni siano derivate da camere
localizzate a una profondità dell'ordine di circa otto chilometri.
Questo risultato è basato sullo studio
dei minerali presenti nelle rocce espulse dal vulcano, e più in generale da particolari indicatori
di pressioni pre eruttive che influenzano e favoriscono inclusioni vetrose (gocce
di magma intrappolate nei cristalli prima e durante la risalita del magma) rilevabili
all'interno dei materiali rocciosi che abbiamo raccolto in zona. Tutti elementi
in accordo con le evidenze di strati ad alta temperatura e bassa rigidità risultante
dalle indagini di tomografia sismica condotta negli scorsi decenni.
Circa i processi pre eruttivi e le
possibili durate e tipologie dei fenomeni precursori che potrebbero
accompagnare l'evoluzione delle camere magmatiche verso una possibile eruzione
futura, dobbiamo limitarci a semplici ipotesi non verificabili per la mancanza
di qualsiasi esperienza diretta in merito, e possiamo solo riferirci alle poche
eruzioni di altri vulcani attivi direttamente osservate negli ultimi decenni.
Per tali motivi, è assolutamente
doveroso che i vulcanologi dichiarino i loro limiti di conoscenza per non
indurre le autorità e le popolazioni a rischio a ritenere che esistano metodi
oggettivi e affidabili per la previsione dell’evento vulcanico, in termini sia temporali
che di tipologia eruttiva di quello che sarà il futuro evento eruttivo>>.
Ringraziamo
il Prof. Mastrolorenzo, primo
ricercatore INGV – OV, per questa nota che lascia pochi dubbi interpretativi
sull’ubicazione della camera magmatica del Vesuvio e sullo stato della
previsione dell’evento vulcanico.
Quello
che vorremmo ulteriormente segnalare in conclusione, è che l’attuale politica
di prevenzione delle catastrofi vulcaniche, un argomento che ci riguarda molto
da vicino, si basa su un modello statistico utilizzato come elemento di
certezza deterministica, per tracciare limiti di pericolo addirittura geo
referenziati con implicazioni nel campo dell’edilizia residenziale che non
segue criteri di prudenza e delle strategie operative di emergenza molto discutibili
soprattutto dal punto di vista dei territori classificati coinvolgibili nelle
fenomenologie vulcaniche più disastrose.
Con
questo non si vuole dire che la prossima eruzione del Vesuvio sarà certamente apocalittica,
cioè pliniana in ambito metropolitano; vogliamo semplicemente dire che la vita
umana non è un assemblaggio di tessuto vivente ricostruibile in un altro luogo
e, quindi, l’umanità deve essere titolare di un qualche diritto di precauzione.
Allora
la scienza deve essere in linea con la democrazia, senza essere serva sciocca dell’aristocrazia
istituzionale che vuole popoli rabboniti e concilianti… Ogni singolo abitante
che vive nelle aree vulcaniche, deve sapere i limiti della scienza e della
tecnologia esplorativa. Deve sapere a cosa si può andare incontro permanendo in
zona rossa, e deve avere contezza che lo Stato ha l’obbligo di garantire la
sicurezza dei propri cittadini attraverso la redazione e l’adozione di un piano
d’emergenza corredato da un piano di evacuazione, preferibilmente non mediatico
o aritmetico.
L’elaborazione
di politiche di prevenzioni delle catastrofi dovrebbero essere un disegno
politico e istituzionale da porre al vaglio nelle campagne elettorali comunali
e regionali e nazionali. Così come può concorrere alla sicurezza areale l’educazione
civica delle future leve vesuviane e flegree e ischitane, secondo processi formativi
che dovrebbero prevedere l’inoculazione di concetti che riguardano il territorio e il rispetto
delle regole, che in un’area vulcanica potrebbe voler dire il concorso civile nella
direzione della collettiva e futura sicurezza: “Venturi non immemor aevi ” ossia: “Pensiamo alle generazioni del
tempo che verrà… (cartiglio Palazzo Cassano - Napoli -).
Caro Signor Malko,
RispondiEliminaCaro Prof.Mastrolorenzo.
Grazie per l'articolo!
Le due frasi seguenti mostrano il modo in cui
come forse il complesso vulcanico CampiFlegrei-Vesuvio
il rischio di esplosione può essere ridotto.
"Innanzitutto è necessario precisare
che tutte le ricerche relative alla identificazione di camere magmatiche sotto i vulcani attivi sono basate su approcci indiretti.
Infatti, fatta eccezione per casi rarissimi,
relativi ad antiche camere magmatiche solidificate
e venute poi a giorno a seguito di processi di erosione,
le camere magmatiche non sono rilevabili in modo diretto,
e tuttalpiù possono essere intercettati dicchi magmatici
nell’ambito di trivellazioni in vulcani attivi."
Auguro a tutti in questa ricerca ha coinvolto un sacco di successo!
Cordiali saluti e auguri!
Dipl.Phys.Hans-Hermann Uffrecht o "Vesumboli" o "Vesuvio dove andiamo"
P.S.:. Ci scusiamo per la traduzione male!