Vesuvio da Napoli |
Le
ultime valutazioni del mondo scientifico circa la determinazione delle aree a
maggior rischio vulcanico, hanno stabilito per il Vesuvio l’adozione della linea nera Gurioli quale limite
d’invasione dei flussi piroclastici per eruzioni di livello intermedio
energeticamente valutate con un indice di esplosività vulcanica (VE) 4
similmente sub pliniane. Tutto ciò che è all’interno di questo segmento
curvilineo quindi, può essere spazzato via dalle terribili e micidiali nubi
ardenti, cioè il fenomeno vulcanico più temuto in assoluto.
La
linea Gurioli rappresenta allora il perimetro della zona ad alta pericolosità
vulcanica. Una certificazione che è anche un azzardo statistico però, perché si
basa sulla discutibile certezza che la prossima eruzione del Vesuvio non supererà
il livello intensivo di una sub pliniana…
L’azzardo
è tutto racchiuso in questo limite di deposito (linea Gurioli) trasformato in
un limite di pericolo. Il problema grosso è che nella storia eruttiva del
Vesuvio si contano anche alcune pliniane (VEI 5), come quella arcinota che
seppellì Pompei circa 2000 anni fa, o quella che distrusse a nord gli insediamenti
dell’età del bronzo approssimativamente 4000 anni fa. Eruzioni potentissime, i
cui flussi piroclastici superarono di gran lunga l’attuale linea nera.
La
demarcazione del limite di propagazione delle nubi ardenti ha assunto una
valenza assurdamente deterministica, come se gli scienziati avessero colto dal
profondo sottosuolo vesuviano, tutti gli elementi necessari per dare un valore
quantitativo e qualitativo al magma stipato nelle camere magmatiche o nell’unica
camera magmatica a circa 8 chilometri di profondità, fino al punto da poterne
determinare con precisione il valore dirompente. La realtà è ben diversa e i
limiti di una camera magmatica si colgono in una misura approssimata soprattutto
sui contorni, perché i metodi d’indagine sono indiretti e quindi non privi
d’incertezza interpretativa.
In
assenza di elementi pragmatici, si è lasciato spazio al gioco statistico le cui percentuali non potranno mai darci la
sicurezza matematica su quale sarà la reale tipologia eruttiva della prossima
eruzione del Vesuvio. Eruzione, ricordiamo, che in ogni caso non potrà mai
essere una fedele replica di quelle precedenti pur nel caso in cui le tecniche
di previsione dovessero cogliere l’insorgere di energie con stima VEI 4. Le eruzioni
vesuviane molto spesso si caratterizzano con un nome (Avellino; Pompei; Mercato;
Pollena; Ottaviano) per alcune singolari caratteristiche certamente legate al
livello energetico o al fenomeno predominante e ancora al livello di
coinvolgimento del territorio interessato e ai prodotti aspersi, a
testimonianza del fatto che ogni eruzione fa storia a sé stante.
Per poter meglio comprendere il concetto
d’indeterminatezza della faccenda, ci aiutiamo con un esempio: se noi buttiamo più
volte il contenuto di un secchio d’acqua in aria sopra la nostra testa, il
liquido ricadrà e ci colpirà e si propagherà ad ogni secchiata con rivoli dall’andamento
sempre dissimili… Se le secchiate sono poche è difficile ricreare una
statistica particolarmente attendibile sul percorso delle lingue d’acqua,
soprattutto se non conosciamo in anticipo se nel secchio ci sono 3, 4 o 5
litri di liquido e non sappiamo neanche l’altezza che raggiungerà l’acqua
aspersa in cielo dalla nostra energia di lancio sempre diversa… e che può
essere una VEI 3,9 oppure una VEI 4,2 una VEI 5 ecc.
In
questo contesto non suffragato da certezze, il modus operandi delle istituzioni competenti sbilanciate interamente
sul dato statistico utilizzato in senso deterministico, ha creato le basi per
minare anche le auspicate pratiche di prevenzioni delle catastrofi che in ogni
caso e purtroppo già non ci sono.
Entrando nel merito, l’immagine sottostante ci consente di
apprezzare intanto il percorso della linea nera Gurioli e il tratto viola che
rappresenta e circoscrive l’area entro la quale vige il divieto di edificare
nel senso residenziale (zona rossa 1).
A sud est il segmento nero trapassa solo di qualche metro il
comune di Scafati. Ebbene, in questo comune è possibile rilasciare licenze
edilizie nonostante il fatto che in caso di allarme vulcanico bisognerà
scappare gambe in spalla. Il comune di Scafati infatti, è classificato come
zona rossa 2 perché in caso di ripresa dell’attività eruttiva sarà molto probabilmente
bombardato da cenere e lapilli proiettati in aria dal vulcano e spinti ad est
dalla direzione dei venti predominanti. Una situazione altamente critica che tra
l’altro si verificherebbe in seno a qualsiasi tipo di eruzione: VEI 3, VEI 4 o
VEI 5…
Spostiamoci
adesso a nord ovest nel comune di Volla.
Come vedete le caratteristiche sono simili a quelle di Scafati. Questo comune però,
non rientra in alcuna catalogazione di rischio vulcanico. Probabilmente gode di
un beneficio indiretto dettato dalla necessità politica di tenere fuori il
segmento partenopeo comprendente per intero le municipalità di San Giovanni a
Teduccio, Barra e Ponticelli. Infatti, Se avessero classificato come in effetti
avrebbero dovuto, questi tre quartieri napoletani in zona rossa 1, alla stregua
avrebbero dovuto inserire anche Volla. Stessa logica ma inversa se avessero
considerato Volla zona rossa…
Cosa
comporta l’esercizio di classificare il territorio secondo le logiche della politica è presto detto.
Assumendo l’eruzione VEI 4 come quella massima possibile e, quindi, la linea
nera Gurioli come un limite di pericolo certo, su Volla si è abbattuto, come recita il testo giornalistico, un vero tsunami
di cemento…
Che
non si possa costruire una muraglia di appartamenti a ridosso della linea nera
Gurioli doveva e dovrebbe essere una considerazione frutto del buon senso e
della logica protettiva. Tra alcuni anni la scienza e anche quella che
autorevolmente occupa le posizioni apicali all’interno della commissione grandi
rischi, si accorgerà che oltre a tracciare una linea nera Gurioli si sarebbe
dovuto parimenti segnare un ulteriore segmento più ampio del precedente, quale fascia
di rispetto capace di colmare il fossato delle incongruenze statistiche e anche
territoriali circa i territori percorribili dai flussi piroclastici o bombardati dalla ricaduta di cenere e lapilli.
La
scienza avrebbe dovuto inoltre levare alta la sua voce sulle necessità di adoperarsi
di prevenzione per scongiurare le catastrofi, senza limitarsi a dire che più
tempo passa e più l’eruzione sarà violenta. Se così fosse, bisognava e bisogna
dare un peso alle parole… e muoversi di conseguenza senza doversi piangere
addosso, fra 100 anni, per gli errori commessi dalla politica e da una scienza
afona che presenteranno l’assurdo conto di uno o più vulcani esplosivi sovrastati
e asfissiati dalla megalopoli delle sirene...
C’è
poi tutto il capitolo sull’abusivismo edilizio da sanare. Tutti i comuni e
senza differenze, spingono (elezioni a breve) per una sanatoria generalizzata
sull’abusivismo edilizio che costella anche il vesuviano zone rosse
comprese. Lo Stato come valuterà il patrimonio abusivo ricadente anche nelle
zone classificate ad alta pericolosità vulcanica?
L’argomento
è complesso e cercheremo di trattarlo meglio nei prossimi articoli richiamando
magari alcune proposte di qualche anno fa che prevedevano priorità nelle demolizioni;
una proposta non soddisfacente perché non menzionava e non teneva in debito conto
le criticità territoriali in cui l’abuso eventualmente ricadeva ovvero ricade…
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