Vesuvio da Castellammare di Stabia |
Chi
segue i nostri articoli, conosce la tabella concepita dal mondo scientifico per
illustrare i vari livelli di allerta vulcanica che caratterizzano
sinteticamente lo stato geologico di un vulcano.
I
passaggi da un livello all’altro non avvengono sulla scorta di valori geofisici
e geochimici ben determinati, anche se possiamo dire che il primo livello di
allerta, cioè lo stato di attenzione vulcanica, viene sancito senza particolari
sofferenze. Non si può dire la stessa cosa per il preallarme e l’allarme, anche
perché questa più che preoccupante condizione non è stata mai diramata
ufficialmente, né per il Vesuvio e né per i Campi Flegrei. Sarebbe
un’esperienza scientificamente e operativamente parlando totalmente nuova…
In
linea generale possiamo dire che il livello base è quello che caratterizza un’attività di fondo definibile
normale per un distretto vulcanico quiescente. Vale a dire che le possenti forze
endogene che ci sono e comunque in una qualche misura si monitorano, riescono
ad essere contenute con una certa disinvoltura dalle forze statiche che le
sovrastano, in termini di peso e di consistenza della coltre crostale. Il
livello base però, non significa automaticamente un livello di pericolosità
zero, bensì solo basso… Il Vesuvio attualmente
rientra in questa classificazione.
La
fase di attenzione vulcanica indica
che uno o più parametri che contraddistinguono la quiescenza sono cambiati, il
che può sottintendere un processo di riequilibrio delle forze interne o
diversamente che il magma grazie alla sua temperatura, densità e pressione,
inizia a premere e a insinuarsi dal fondo sulle rocce sovrastanti comprensive
di magma degassato, fratturandole, inducendo terremoti, riscaldando e
rilasciando dei gas che trapelano in superficie, soprattutto se le masse
crostali hanno una notevole fratturazione… Il distretto vulcanico e
metropolitano dei Campi Flegrei,da
quasi 5 anni è in una condizione geologica di attenzione vulcanica.
Se
l’incedere del magma, a volte con andamento impulsivo, non perde vigore e i
dati sismici, e di temperatura e di composizione dei gas fumarolici, così come
la deformazione del suolo, lasciano registrare un incremento seppur minimo ma
progressivo e al rialzo dei valori precedentemente registrati, si passa a un
livello di allerta vulcanica di pre
allarme.
Una
ulteriore variazione dei parametri monitorati con deformazioni, e sismicità e
tremori sempre più insistenti, possono dettare il passaggio alla drammatica fase
di allarme vulcanico.
I
vulcani non hanno una ritualità pre eruttiva standard e riservano sorprese.
Questo è il grande problema di fondo della previsione delle eruzioni. L’eruzione
del vulcano Mount St Helens nel
1980, avvenne quando i terremoti si sedarono e il pericolo eruttivo sembrava oramai
quasi scongiurato. Il vulcano Rabaul con
la sua caldera simile ai Campi Flegrei, eruttò con un preavviso inferiore ai
due giorni…
Nella
vecchia pianificazione nazionale d’emergenza dell’area vesuviana, la componente
scientifica costituita prevalentemente dall’Osservatorio Vesuviano, citava come dati di riferimento per la
variazione dello stato di allerta vulcanica 7 livelli di rischio, affiancati dai rispettivi tempi di attesa
eruzione (tavola in basso).
Il
dato che si coglie in questa classificazione, è una razionalizzazione dell’incedere
dei prodromi vulcanici ad andamento modicamente progressivo. Una condizione
diciamo subito ideale da un punto di vista operativo, ma purtroppo e nella
realtà, senza una sicura corrispondenza della progressività dei fenomeni che,
pochi lo dicono, possono di fatto far passare il livello da un'allerta all'altra più velocemente dei tempi necessari per mettere in piedi un conclave scientifico.
La
comunità scientifica certificò nel 1995 che un’eruzione del Vesuvio era
preventivabile con un anticipo di 20
giorni: il dato desta sicuramente qualche perplessità. Bisognava riflettere
poi, che una cotale previsione ottimistica del fenomeno vulcanico vertente non
si sa su quali soglie di riferimento, poteva funzionare pure nel senso opposto,
cioè che era possibile escludere un’eruzione nei successivi venti giorni a venire.
Successivamente
a questa prima relazione scientifica, nelle elaborazioni strategiche delle
pratiche di difesa della popolazione vesuviana dal rischio vulcanico, si è cominciato
a sancire in 14 giorni il tempo
intercorrente tra la previsione dell’eruzione e l’eruzione stessa. Questi 14
giorni si pensò poi di dividerli tra preallarme e allarme e, quindi, si ritenne
in 7 giorni il tempo utile intercorrente
tra l’allarme e l’eruzione.
Un
piccolo aneddoto: al livello di rischio
4 III fase (allarme), l’Osservatorio Vesuviano nell’anteprima dei livelli di allerta
a proposito dei tempi di attesa eruzione scrisse: da alcuni giorni a
settimane. Dalla città di Portici segnalammo all’Osservatorio Vesuviano che,
con tempi d’attesa eruzione misurati in un minimo di alcuni giorni, misura
che può anche equivalere a due giorni, c’erano seri problemi di fondo nella
strategia di allontanamento, perché il piano di evacuazione contemplava un
minimo di 7 giorni per spostare le
popolazioni dall’area vesuviana. Arrivò subito la correzione che stabiliva un
tempo minimo di attesa eruzione al rischio 4 III fase, misurato in una
settimana…
L’attualità
invece, con grande meraviglia è addirittura più stringente sui tempi e più
efficiente nelle pratiche evacuative (Vesuvio). La previsione del fenomeno
vulcanico infatti, potrà contare oggi su un anticipo predittivo di solo 72 ore. Perché per l’applicazione dei piani di allontanamento
della popolazione hanno ritenuto sufficiente 48 ore. Tutto calcolato allora! 12 ore per organizzarsi; 48
ore per traghettare altrove le 800.000
anime vesuviane e le rimanenti 12
ore sono considerate grasso che cola, una sorta di surplus a disposizione per recuperare
qualche ritardo accumulato…
I
Campi Flegrei oggi sono stati fagocitati urbanisticamente e territorialmente
dall’area occidentale metropolitana napoletana. Nel vascone calderico flegreo dimorano
circa 550.000 abitanti. Le recenti sintomatologie di instabilità geologica
hanno creato apprensione nella comunità che solo oggi scopre di vivere in un
vulcano.
Già
negli anni 70’ e 80’ i Campi Flegrei balzarono alla ribalta con il famoso
bradisismo, che all’epoca non si collegava tantissimo con l’ascesa del magma, col
rischio eruttivo per intenderci, tant’è che spostarono alcune migliaia di
abitanti dai vecchi caseggiati del Rione Terra ai nuovi insediamenti di Monteruscello, località
ubicata sempre all’interno del comune di Pozzuoli. Cioè da zona rossa a zona rossa…
Ai
Campi Flegrei esistono alcune tesi per giustificare il sollevamento dei suoli. Sinteticamente:
vapore soprassaturo che gonfia gli strati mediamente superficiali; intrusioni
magmatiche che si spingono verso la superficie; oppure una miscellanea di
entrambi i fattori con la prevalenza a volte di uno a volte dell’altro.
Il
vulcano Popocatepetl (Messico), è
alto 5452 metri e in cima ha una corona di ghiacci perenni. Dal 1538 si contano
18 eruzioni.
Il
Cenapred e il Sinaproc, cioè il Centro Nazionale per la Prevenzione delle
Catastrofi e il servizio nazionale della protezione civile messicana, hanno
messo a punto da tempo e per la tutela dei cittadini, una sorta di semaforo di
allerta vulcanica.
Troviamo
in questo caso molto interessante quello che capeggia sulla parte gialla che
riguarda la fase di Alert, corrispondente alla nostra attenzione: remain
aware and get ready for a possible evacuation (Bisogna essere
consapevoli e preparati per una possibile evacuazione).
I
Campi Flegrei sottoposti a un livello di allerta gialla, cioè di attenzione, di
recente hanno destato preoccupazioni soprattutto a cavallo di alcuni sciami
sismici. In questi giorni la stasi geologica sembra mantenere: Il suolo non
ascende e non cala; la temperatura alle fumarole di Pisciarelli segna stabilmente 112° C. e l’emissione di anidride
carbonica si mantiene costante senza alcuna accelerazioni. Ma non ci si può
illudere che il respiro del vulcano
si sia nel breve esaurito. C’è chi afferma che l’eruzione del Monte Nuovo del
1538 sia stato l’evento foriero della ripresa eruttiva dei Campi Flegrei, e non
il rantolo finale dell’attività vulcanica.
Ci
si chiede allora se qualche mese fa eravamo nei Campi Flegrei ai limiti dello
stato di preallarme. Da un punto di vista tecnico possiamo affermare che lo
stato di preallarme è già insito potenzialmente
nello stato di attenzione vulcanica
che comunque ha un suo range oscillativo.
Valga
allora e alla stregua, il concetto espresso dal manifesto per il Popocatepetl:
si tenga presente la possibilità che dallo stato di attenzione vulcanica si
possa passare a una fase di allarme vulcanico nel volgere di pochissimo tempo.
Già nella fase gialla allora, bisogna essere preparati per un’evacuazione, e francamente
noi non lo siamo mentalmente, scientificamente, tecnicamente, politicamente e operativamente.
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