Pozzuoli. Solfatara. Le nuove fumarole di Pisciarelli. Foto: Carmine Minopoli |
I
Campi Flegrei sono una vasta caldera vulcanica che caratterizza i territori
ubicati nella parte occidentale della metropoli napoletana. Circoscrizioni
popolose come Fuorigrotta, Bagnoli, Soccavo e Pianura, così come i territori di
altre municipalità quali Pozzuoli, Monte di Procida, Bacoli e Quarto,
comportano l’esposizione di oltre mezzo milione di persone al rischio vulcanico
a causa della totale promiscuità con il quiescente super vulcano flegreo…
Il
vulcano flegreo da un po’ di anni dà segnali geofisici e geochimici di una
crescente vivacità geologica ancora tutta da decifrare. L’alito rovente del
vulcano comunque si percepisce… La zona calderica in un certo qual senso
ribolle, con emissioni notevoli di anidride carbonica che si diffondono
nell’area della Solfatara, così come le temperature delle manifestazioni
idrotermali che in alcuni punti pare siano significativamente aumentate.
Qualche
evento sismico a sciami, altri isolati, e il bradisismo che ha ripreso seppur
lentamente a deformare il fondo calderico, sono tutti sintomi che lasciano
aperta anche l’ipotesi dell’ingressione di magma fino a pochi chilometri dalla
superficie. Tutti questi elementi che sono l’ordinario per un distretto
vulcanico attivo, hanno destato non poca apprensione in chi istituzionalmente è
preposto alla sorveglianza del vulcano flegreo.
Il
Dott. Giovanni Chiodini è un dirigente
di ricerca dell’INGV, e per molto tempo ha monitorato la geochimica dei fluidi
del super vulcano flegreo, evidenziando e pubblicando anche recentemente su Nature Communications, i risultati di alcune interessantissime ricerche.
Dott.
Chiodini, un magma cosa trascina e rilascia raggiungendo la superficie?
I
magmi muovendosi verso la superficie si depressurizzano e rilasciano le
sostanze volatili, quali acqua e anidride carbonica, originariamente disciolte
nel prodotto fuso.
Dalla qualità e quantità delle emissioni rilevabili in superficie,
è possibile capire se il magma in profondità è acido o basico?
Non
è semplice, perché le emissioni che si colgono in superficie, spesso non sono
totalmente rappresentative della qualità del magma sottostante, le cui
emanazioni gassose possono essere soggette a contaminazione trapelando tra
rocce e acquiferi. Questi ultimi ricevendo calore, possono bollire anche con
una certa intensità producendo vapori che si mescolano ai fluidi gassosi in
ascesa dal sottosuolo, per poi sfociare in superficie a volte anche con una
certa dirompenza.
Nonostante
queste difficoltà, nel caso delle fumarole della Solfatara un tentativo di
riconoscere il tipo di magma dai vapori che raggiungono la superficie è stato
fatto un paio di anni fa. I risultati sono stati pubblicati nella rivista di
riferimento per la comunità internazionale dei geochimici (Geochimica et Cosmochimica Acta), e indicano che parte dei gas che
formano le fumarole della Solfatara potrebbero essere emessi da un magma di tipo
basico.
Nei Campi Flegrei, pare accertato la presenza di intrusioni
magmatiche fino a tre chilometri dalla superficie. E’ così?
Non
proprio: la vulcanologia purtroppo non è una scienza esatta e spesso gli stessi
dati vengono interpretati in modo differente dai vari ricercatori che li
studiano. Nel caso dei Campi Flegrei, molti degli episodi di deformazione sono
stati intesi come dovuti a processi d’aumento di pressione del sistema
idrotermale che si trova sopra una non meglio localizzata camera magmatica. Fa
eccezione la crisi bradisismica del 1983/1984 che è stata interpretata da più
autori come dovuta all’arrivo di magma a profondità relativamente basse (3-4
km). Più recentemente si è pensato al coinvolgimento diretto del magma in un
altro episodio di deformazione intensa, quello registrato nel 2012/2013. Penso
però, e nel merito ho pubblicato anche diversi lavori, che comunque c’è
coinvolgimento di gas magmatici, e quindi a una qualche profondità non iper
chilometrica c’è magma.
Questi gas magmatici risalendo verso la superficie pressurizzano il sistema idrotermale e in parte causano la deformazione del terreno quale manifestazione poi rilevabile in superficie. Quello che ipotizziamo nel lavoro su Nature Communications, è che i gas emessi dal magma si stanno arricchendo nel tempo in vapore acqueo. Il vapore condensando al contatto con le rocce rilascia calore e le scalda. Questo processo a sua volta causa una deformazione perché, ad esempio, le rocce in profondità aumentano di volume per espansione termica. L’aumento di volume di una parte delle rocce causa a sua volta uno stress nelle rocce circostanti che possono fratturarsi generando un po’ di quei “micro” terremoti che recentemente avvengono in modo più frequente rispetto agli anni precedenti (ad eccezione ovviamente della crisi bradisismica del 1983-84).
Stefano Caliro e Giovanni Chiodini - Bocca Grande - Solfatara |
Il fratturarsi delle rocce causa a sua volta un aumento della loro permeabilità favorendo quindi un’ulteriore risalita dei fluidi dal profondo. Tali processi, legati allo scambio termico, avvengono in tempi più lunghi di quelli ad esempio legati ad una eventuale intrusione di magma o al semplice aumento di pressione del sistema idrotermale. E i tempi lunghi stanno caratterizzando l’attuale deformazione dei Campi Flegrei: a tal proposito voglio ricordare che il processo è iniziato più di 10 anni fa.
Secondo alcuni autori, ci sono state recentemente intrusioni di magma nel sottosuolo dei Flegrei ed io non ho elementi esaustivi per confermare o smentire attraverso l’analisi geochimica queste conclusioni. I miei studi indicano comunque, che ci sono gas magmatici in abbondanza, e che la loro risalita sta scaldando il sottosuolo dell’area flegrea…
Nel corso degli anni, anche rispetto agli archivi storici, le
emissioni di anidride carbonica nell’area flegrea come sono cambiate in termini
quantitativi?
Dagli
archivi storici purtroppo non abbiamo nessuna informazione quantitativa, perché
le tecniche per misurare i flussi di CO2 rilasciata dal suolo sono state messe
a punto solo recentemente (alla fine degli anni ’90). Dal 1998 ad ora, in
collaborazione con colleghi dell’Università di Perugia, abbiamo fatto una
trentina di campagne di misura che includono il cratere della Solfatara e le
zone circostanti (Pisciarelli ecc.).
Una
prima elaborazione dei dati acquisiti fino al 2008 è stata pubblicata nel 2011 sulla
rivista Journal of Geophysical Research.
Lo studio mostrava che l’area vulcanica che emette CO2 si è espansa (in pratica
era raddoppiata in pochi anni), a partire dal 2003: ora stiamo lavorando per
aggiornare quelle elaborazioni. Le posso anticipare che il processo di
espansione è continuato anche dopo il 2008, e che i flussi totali di CO2 emessa
dai suoli dell’area indagata (circa 1.4 km2), sono approssimativamente
raddoppiati dal 2003 ad oggi. Si parla di quantità notevoli di gas, dell’ordine
di 2000 tonnellate al giorno: in altri vulcani flussi simili caratterizzano
crateri attivi, mentre ai Campi Flegrei vengono emessi in modo diffuso da
un'area superficiale molto estesa.
Nella zona di Oliveto Citra (Salerno), da alcuni pertugi nel
terreno fuoriesce anidride carbonica e idrogeno solforato probabilmente
all’origine di una moria di animali di taglia bassa. La zona di Pisciarelli
potrebbe alla stregua essere pericolosa?
Ho
studiato in dettaglio questo tipo di emissioni di CO2 fredda (l’H2S compresa),
e qualche anno fa abbiamo pubblicato un catalogo online di quelle presenti nel
territorio italiano (http://googas.ov.ingv.it/). In Italia ce ne sono qualche
centinaio, e gli incidenti purtroppo spesso interessano anche le persone e non
solo gli animali.
Oliveto Citra (Salerno). Emanazioni gassose dal sottosuolo. Foto MalKo |
Una delle emissioni più famose che nel tempo ha causato numerosi
incidenti mortali, è quella delle Mefite d’Ansanto, in Irpinia. Il problema con
queste emissioni fredde è che l'anidride carbonica è più densa dell’aria e
tende ad accumularsi nelle depressioni topografiche formando, in condizioni di
assenza di vento, fiumi e laghi di gas invisibili, che diventano a volte delle
vere trappole mortali. Dove le emissioni sono calde, come alle fumarole della
Solfatara e di Pisciarelli, il gas è più leggero dell’aria e si disperde con
maggiore facilità senza formare accumuli pericolosi. Problemi potrebbero
esserci nelle zone periferiche flegree dove il gas esce magari da suoli freddi.
I laghi vulcanici flegrei potrebbero essere all’origine di
un’eruzione di tipo limnico?
Al
lago Averno episodicamente succede una sorta di mini eruzione limnica con
prodotti gassosi che si liberano dal fondo e rimangono confinati all’interno
delle acque lacuali per poi disperdersi lentamente in superficie. Il dato
visibile del fenomeno è la diffusa moria di pesci com’è successo nei primi
dieci giorni di gennaio di quest’anno.
Sull’argomento
avemmo a scrivere già nel 2008. In pratica il lago normalmente presenta delle
stratificazioni dettate da acque più ricche in sali e in gas, fra cui
l'idrogeno solforato concentrato negli strati più profondi. Nella parte
superiore invece, ristagnano acque normali, meno saline e con una sufficiente
concentrazione di ossigeno dove i pesci possono vivere. Quando la temperatura
esterna diventa molto bassa, le acque superficiali diventano più dense (l'acqua
ha il massimo di densità a 4°C), quindi più pesanti delle sottostanti e
invivibili acque saline ricche in idrogeno solforato e senza ossigeno. Questa
differenza di densità genera l’inversione di posizione delle masse d’acqua
stratificate, e quindi la moria di pesci nei primi dieci metri di profondità è
un fatto ineluttabile. Possiamo concludere
che a parità di condizioni, il processo d’inversione di posizione delle masse
d’acqua lacuali, sono il frutto delle variazioni climatiche prima ancora che di
quelle vulcaniche.
La
più catastrofica eruzione limnica si verificò nel 1986 in Camerun, quando nel
1986 dal lago Nyos si sprigionò una nube di CO2 che uccise 1800 persone che
abitavano nelle valli adiacenti. Anche in quel caso il processo fu innescato
dalla risalita in superficie delle acque profonde molto ricche in CO2.
Fortunatamente il lago Averno è poco profondo e non ci possono essere accumuli
rilevanti di gas. Purtuttavia come abbiamo chiarito precedentemente, nel nostro
caso il processo causa la morte dei pesci ma non la fuoriuscita di quantità
pericolose di gas dalle sponde del lago.
Solo nella zona di Pisciarelli si nota un incremento di CO2? Se sì
questo significa che il vulcano Solfatara potrebbe essere il punto superficiale
d’ascesa di una vena magmatica?
L’incremento
nei flussi di CO2 interessa tutta la zona che indaghiamo (Solfatara e
Pisciarelli inclusi). Nelle zone orientali del cono della Solfatara
(Pisciarelli, via Scarfoglio) gli incrementi sono stati più elevati. Questo non
significa necessariamente che ci sia del magma sotto la Solfatara e
Pisciarelli. Le emissioni della Solfatara nel loro complesso potrebbero essere
immaginate come quelle di un camino dove vengono convogliati i gas presenti in
una porzione più grande del sottosuolo, che noi chiamiamo il sistema
idrotermale della Solfatara.
Generalmente nel campo degli incendi le forti temperature
indeboliscono talmente le strutture metalliche e lo stesso calcestruzzo al
punto che si piegano travi e pilastri e con essi cedono strutturalmente interi palazzi.
Ci sembra di capire che un fenomeno simile di perdita di resistenza statica
dovuto all’ascesa del magma e al calore che esso diffonde tramite i fluidi
caldi, indeboliscano particolarmente la struttura crostale superficiale al
punto da consentire al magma di vincere le resistenze ed eruttare. E’ così?
Questo
potrebbe essere il pericolo della crisi attuale dei Flegrei.
Il magma flegreo genera intrusioni perché è particolarmente ricco
di fluidi o, viceversa, le intrusioni sono frutto di una particolare e labile e
iper fratturata struttura crostale?
Tutti
i magmi tendono ad introdursi nella crosta terrestre, anche quelli meno ricchi di
fluidi rispetto ai magmi Flegrei. Sicuramente la presenza di fratture e
discontinuità preesistenti facilita il processo d’intrusione magmatica.
Ci sembra altresì di capire che le intrusioni magmatiche fermano
la loro ascesa in superficie quando diventano troppo dense per la perdita di
gas e vapori. Quindi sono di modestissime proporzioni?
I
volumi coinvolti non sono conosciuti (come le dicevo sopra, non c’è nemmeno
accordo sulla presenza di intrusioni superficiali recenti…). In ogni caso gli
indizi fanno pensare eventualmente a intrusioni “piccole”, anche considerando
che le eruzioni flegree degli ultimi 10 mila anni sono state in genere di
modesta taglia…
Il bradisismo puteolano ha origini diverse legato al calore di
fondo o ha strette correlazioni con le intrusioni magmatiche?
Le
ripeto che su questo punto c’è dibattito scientifico. Secondo il mio parere, le
cause sono differenti e probabilmente comprendono anche piccole intrusioni
magmatiche. Penso tuttavia che la pressurizzazione del sistema idrotermale e il
suo riscaldamento ad opera di gas magmatici, abbiano attualmente un ruolo
importante.
Allo stato dei fatti i Campi Flegrei sono il distretto vulcanico
da temere maggiormente?
Posso
esprimere solo la mia opinione: penso di sì.
Esistono studi simili a quelli da Lei condotti nel flegreo anche
per il Vesuvio e Ischia?
Il
nostro gruppo ha pubblicato nel passato lavori sui sistemi idrotermali di
Ischia e del Vesuvio, ma senza riferimenti ai risultati e metodologie
utilizzate nel lavoro recentemente pubblicato su Nature Communications, perché
questi sono per molti aspetti nuovi. Mi auguro che i risultati ottenuti possano
servire in futuro per meglio interpretare i segnali di altri vulcani quiescenti
(non solo Ischia e il Vesuvio ma in generale di tutti quei sistemi dove queste
nuove metodologie sono applicabili). Il nostro obiettivo finale è quello di
capire meglio i processi che controllano la dinamica dei vulcani dormienti, in modo da poterne prevedere
l’evoluzione futura …
Il confronto internazionale è importante per la previsione del
rischio vulcanico?
Come
le accennavo in precedenza, la vulcanologia non è una scienza esatta. Il
confronto internazionale fra differenti ricercatori è fondamentale per
progredire e per meglio interpretare le fasi potenzialmente pre-eruttive dei
vulcani.
Ringraziamo il Dott. Giovanni
Chiodini, dirigente di ricerca dell’INGV, per l’interessante intervista che
ci ha rilasciato, che ha il pregio della
chiarezza e dell’attualità sulla ricerca geochimica legata ai vulcani.
Il
nostro punto di vista conclusivo è certamente orientato sulla necessità di dare
spazio e risorse alla ricerca scientifica che si occupa anche di vulcani,
perché il meridione della nostra stupenda Penisola è costellato da terre
vulcaniche che si caratterizzano per un’antropizzazione senza precedenti.
La
recente emergenza che ha segnato in terra d’Abruzzo una sovrapposizione di
eventi tragici, dal terremoto alle inclemenze meteorologiche, ha visto un
territorio impreparato ad affrontare le calamità così come la resilienza dei
cittadini che decade rapidamente con la perdita delle utilità quotidiane e la
tecnologia.
Questo
significa che l’uomo è più fragile rispetto al passato, anche se vive più a
lungo e più comodamente, ma troppo spesso è distratto e sottovaluta gli eventi
estremi che noi chiamiamo catastrofi, mentre da un punto di vista planetario
non sono altro che fattori certamente energetici ma di assoluta normalità per
un Pianeta in perenne evoluzione.
Per
quanto riguarda i Campi Flegrei, l’area è soggetta al primo livello di
attenzione vulcanica. I processi geofisici e geochimici seppur lentamente incalzano,
e questo recente studio del Dott. Chiodini sembra rilevare crepe nella
resistenza della cappa crostale flegrea. Ciò induce a ritenere che non si può
escludere che l’aggiunta di qualche altro piccolo tassello fornisca elementi di
preoccupazione sufficienti a consigliare il passaggio alla fase di preallarme
vulcanico.
i livelli di allerta vulcanica |
Una
variazione che può essere sancita solo dal capo del governo, sentito il Presidente della Regione Campania, il Capo Dipartimento Protezione Civile, la Commissione Grandi Rischi - Sezione Rischio Vulcanico e l’Osservatorio Vesuviano quale centro
di competenza per il rischio vulcanico.
Il
passaggio al livello di allerta vulcanica tarata sul preallarme comporterebbe l’evacuazione
preventiva di ospedali e case di cura e la possibilità per i cittadini che
hanno autonoma sistemazione di allontanarsi dai Campi Flegrei.
E’
ovvio che i territori se non si sono organizzati con piani di evacuazione e con
istruzioni dettagliate racchiuse in un vademecum da rilasciare ad ogni famiglia
dei Campi Flegrei, il disorientamento potrebbe innescare reazioni di popolo incontrollate.
Premere il bottone arancione, per molti versi, è più difficile a pigiare di
quello rosso…
Grazie Signor Malko!
RispondiEliminaPer questo è un ottimo articolo di giornale sulla CampiFlegrei, Signora R.Kerner,
Donna Prof.L.Pappalardo detto anche importante.
Nel complesso, è per me un articolo che mostra molti aspetti della situazione:
http://www.berliner-zeitung.de/panorama/pozzuoli-in-italien-erwacht-ein-supervulkan--25954788
"Hans-Hermann Uffrecht" o "Vesuvio Dove Andiamo" o "Vesumboli"
P.S.Chiedo scusa per la cattiva traduzione! Grazie!