Vesuvio visto da sud |
I
terremoti che stanno sconquassando l’edificato soprattutto datato che poggia
sulla catena appenninica del centro Italia, riapre come periodicamente succede
il discorso sicurezza. Se il terremoto è assolutamente imprevedibile, e pur
vero che attraverso una saggia progettazione e del buon cemento armato e
ancoraggi e serraggi, è possibile edificare o adeguare palazzi in modo che
resistano alle potenti sollecitazioni litosferiche, consentendo quindi la
permanenza e la sopravvivenza in zona sismica.
Nel
caso del Vesuvio e della sua capacità tutt’altro che astratta di
produrre eruzioni esplosive, non c’è invece possibilità di coesistenza con
fenomeno in corso. Non c’è difesa preventiva che tenga per i dimoranti
vesuviani, se non quella di sperare di cogliere quei segnali geochimici e
geofisici quali prodromi di eruzione imminente, per allontanarsi velocemente
dal vulcano. Diversamente e in caso di eruzione, la catastrofe potrebbe essere
un avvenimento ineluttabile.
Il rischio, come ci suggerisce visivamente il disegno in alto, è dettato dall’eccessiva promiscuità esistente tra uomini e Vesuvio. Doveva definirsi una distanza di sicurezza già all’indomani della terribile eruzione di Pompei del 79 d.C., quando incominciarono nel volgere di pochi anni le pratiche di lenta riurbanizzazione rurale dell’area vesuviana. In assenza di politiche di prevenzione giustificabili nell’antichità ma non nell’attualità, il Vesuvio è diventato un vulcano metropolitano irrimediabilmente serrato e accerchiato da un edificato asfissiante, con una popolazione esposta al pericolo eruttivo che in zona rossa conta ben 700.000 abitanti… Il Vesuvio non è possibile spostarlo da quella sede. Non è possibile neanche imbrigliare o domare le sue manifestazioni eruttive, così come non è possibile difendersi da fenomeni particolarmente violenti come le colate piroclastiche.
Il rischio, come ci suggerisce visivamente il disegno in alto, è dettato dall’eccessiva promiscuità esistente tra uomini e Vesuvio. Doveva definirsi una distanza di sicurezza già all’indomani della terribile eruzione di Pompei del 79 d.C., quando incominciarono nel volgere di pochi anni le pratiche di lenta riurbanizzazione rurale dell’area vesuviana. In assenza di politiche di prevenzione giustificabili nell’antichità ma non nell’attualità, il Vesuvio è diventato un vulcano metropolitano irrimediabilmente serrato e accerchiato da un edificato asfissiante, con una popolazione esposta al pericolo eruttivo che in zona rossa conta ben 700.000 abitanti… Il Vesuvio non è possibile spostarlo da quella sede. Non è possibile neanche imbrigliare o domare le sue manifestazioni eruttive, così come non è possibile difendersi da fenomeni particolarmente violenti come le colate piroclastiche.
Non
è possibile azzardare neppure una previsione eruttiva a lungo termine, ma solo
sul cortissimo periodo che può essere di alcuni giorni, e comunque non
quantificabile con precisione in termini di ore a disposizione. Praticamente
l’ordine di abbandonare la zona per non incorrere nei falsi allarmi che non
sono indolori, o nelle casistiche dei mancati allarmi che sono
catastrofici, deve potersi dare al momento giusto: cioè, quando gli elementi
prodromici a disposizione lasciano ritenere probabile con una percentuale del
50% più uno che siamo prossimi all’eruzione.
Per
poter attendere il punto di non ritorno bisogna contare su una pianificazione
di evacuazione che richieda, come pianificato, un massimo di 72 ore per
allontanare a ritmo ininterrotto tutti i residenti vesuviani. Un sistema di
allontanamento che, per poter funzionare, ha bisogno di essere rodato, così
come è necessario che la catena decisionale tanto scientifica quanto politica,
possa annoverare notevoli competenze in quello che dovrà essere uno staff
esperto e allenato allo stress decisionale.
Quando
si parla di piani di evacuazione, nelle premesse bisogna tenere fortemente in
conto lo stato d’animo della platea da salvaguardare: gli elementi di pericolo
che determineranno in futuro gli estremi per dichiarare lo stato di allarme
vulcanico, saranno percepibili o non percepibili? Ebbene, se il risveglio del
Vesuvio sarà fisicamente percepibile per brontolii o scosse sismiche o tremori,
pensiamo che si possa scatenare il panico. Il panico a sua volta produrrà disobbedienza
civile, ritardi e intoppi e soprusi e scontri tra le popolazioni in fuga; molti
schemi salteranno con i più deboli che inesorabilmente saranno alla mercé della
calca.
Avremo
un minimo di contegno sociale delle masse, solo se l’ordine di evacuazione
arriverà senza percezione fisica del pericolo. Secondo una certa letteratura,
dopo lo scoppio della centrale nucleare di Cernobyl (1986), con radiazioni altissime riscontrabili
in ogni loco soprattutto nelle zone prossime alla sorgente, l’evacuazione dei
cittadini fu ordinata e non furono pochi quelli che decisero di rimanere in
loco lasciandoci la pelle. Nonostante i silenzi di stato e la propaganda
politica, le informazioni comunque circolarono sotto banco, ma non scatenarono
panico perché le radiazioni pur essendo un subdolo elemento di pericolosità
estrema, purtroppo non sono percepibili…
Il
piano di evacuazione è uno strumento di difesa attiva, aggiungeremmo
democratico, perché deve contemplare la salvaguardia di uomini donne e bambini,
e tra questi vecchi e malati, senza alcuna distinzione e discriminazione in ordine
alla sopravvivenza che è un diritto che va assicurato a tutti, a prescindere da
razza, religione, ecc.
Avere
un piano di evacuazione credibile a fronte del rischio Vesuvio, è il desiderio
di molti abitanti del vesuviano che credono che un’eruzione del temibile
vulcano sia un evento che bisogna necessariamente contemplare nella sfera dei
possibili accadimenti, e quindi bisogna adoperarsi per la prevenzione delle
catastrofi.
La
notizia che i vesuviani non hanno ancora un piano di evacuazione per
fronteggiare attraverso l’evacuazione preventiva il pericolo eruttivo, doveva
essere uno scoop da prima pagina. I
media nazionali e internazionali avrebbero dovuto incalzare per questo il
Dipartimento della Protezione Civile, la Regione Campania e la pletora degli
inadempienti comuni della zona rossa, alzando la voce e sbandierando la carta
dei disattesi diritti dell’uomo, nonostante l’indifferenza pilatesca dimostrata
per l’argomento dalla competente corte europea di Strasburgo (CEDU).
La
politica della precedente amministrazione regionale e dell’assessorato alla
protezione civile, è stata tutta protesa alle discutibili logiche dei tempi di
ritorno delle grandi catastrofi e delle eruzioni vulcaniche pliniane.
Attraverso queste disquisizioni singolari è stato adottato come scenario eruttivo da cui
difendersi, un’eruzione di media intensità (VEI4). Questo spiega lo scandalo
dei comuni di Poggiomarino e Scafati che nicchiano e urbanizzano
ancora con licenze edilizie un territorio che potrebbe essere in futuro
travolto da un’eruzione pliniana (VEI5).
A
distanza di alcuni decenni il piano di emergenza Vesuvio corredato
dall’appendice più importante, il piano di evacuazione, è prossimo a una fine
progettuale. L’attuale pianificazione che tra poco dovrebbe vedere la luce
nella sua interezza, si basa sulla ottimistica certezza dell’obbedienza civile
e della svizzera organizzazione intermodale dei trasporti, con modalità ci
sembra, più affini ai grandi eventi che alle grandi catastrofi. Di seguito i
dati salienti pubblicati dalla Regione Campania.
Il
piano che è stato approntato è pachidermico anche se abbastanza elementare e semplice
nella struttura; è un piano di garanzia istituzionale e ricorda a tratti e per
la parte aritmetica, la bozza di piano che fu varata nel 1995.
La
tabella che vi proponiamo è abbastanza riassuntiva di alcuni disposti regionali
da tenere in debito conto in caso di variazione dei livelli di allerta
vulcanica.
Chi
ha residenza alternativa e autovettura propria (C) può andarsene dal vesuviano già nella fase di pre allarme. Chi
si riconosce nella condizione A o B deve attendere la fase di allarme per
essere assistito dall’organizzazione di protezione civile comunale, regionale e
nazionale. Chi si trova nelle condizioni C ed ha atteso la fase di allarme per
andare via, può allontanarsi seguendo esclusivamente i percorsi prestabiliti.
Chi
non è autonomo automobilisticamente parlando, dovrà portarsi nelle aree di attesa
comunali. Chi non ha residenze alternative ma autovettura a
disposizione può portarsi nelle aree di incontro ubicate
fuori dalla zona rossa per avere informazioni, oppure direttamente nelle aree di prima
accoglienza. L’ubicazione di questi spazi strategici fuori dalla
zona rossa sono già stati individuati.
Perché
dicevamo che qualcosa di questo piano non ci convince. Innanzitutto ci sembra, ripetiamo, aritmetico
e non affronta il problema panico. Forse che l’Osservatorio Vesuviano o
la Commissione Grandi Rischi hanno dato certezze che non ci sarà percettibilità
dell’approssimarsi dell’eruzione nella fase di allarme? Ma è soprattutto un
elemento a lasciare profondamente perplessi: nell’articolazione dell’allontanamento
che dovrà svilupparsi nelle fatidiche 72 ore, il documento ufficiale recita che
sono previste 12 ore per organizzarsi e posizionarsi; 48 ore per
l’allontanamento della popolazione, e le 12 ore rimanenti rappresentano un
margine di sicurezza aggiuntivo. Praticamente grasso che cola…
Sempre
nel documento si stimano 4365 corse
di autobus al giorno per portare la popolazione non autonoma alle aree di incontro
grazie all’impiego di 500 autobus. Facendo
qualche calcolo 500 autobus corrispondono a una continuità
di circa 6 chilometri. Praticamente oltre 6 chilometri di bus che entrano ed escono
dalla zona rossa offrendo un servizio navetta in una condizione di allarme
vulcanico. Analiticamente è possibile, ma pensate che sia una operazione praticamente
fattibile?
I
piani di garanzia istituzionale sono quelli che numericamente
corrispondono a tutte le esigenze evacuative dettate dai numeri in gioco e
dalle tipologie dei trasferimenti individuate. I piani di garanzia
istituzionale in sostanza sono giuridicamente inattaccabili anche se un po'
surreali, perché non contemplano quei fattori perturbanti che generalmente possono
ampiamente prevedersi.
Il
problema è che il pianificatore non può non essersi chiesto che succede se
saltano gli schemi da gita scolastica prefissati. Come abbiamo avuto modo di
spiegare in altre occasioni, in caso di percezione fisica del pericolo vulcanico,
a prescindere a che livello di allerta vulcanica ci troviamo, la zona rossa
diventerà nel volgere di poco una pompa
centrifuga con 25 fori di uscita che ben difficilmente consentiranno a
qualcosa che sia un autobus o un veicolo di emergenza di entrare nell’area da
abbandonare…
Nel
documento ufficiale di Regione e Protezione Civile si evince una tipologia di
evacuazione soft; tocca dire però, che le autorità hanno utilizzato in tutta
onestà il termine piano di
allontanamento e non piano di
evacuazione. Un piano di allontanamento comprende lo spostamento della
popolazione senza traumi e in assenza del pericolo manifesto.
Il
piano di evacuazione invece, è la pratica ultima per sottrarsi al pericolo incombente.
Quindi, i documenti sono tutti garantisti. La classe scientifica riferisce che
sapremo mesi prima dell’incalzare di un evento eruttivo grazie alle
sofisticatissime strumentazione anche spaziali che ci monitoreranno il suolo al millesimo di millimetro. L’ascesa del
magma non passerà inosservata, così come la classe tecnica e politica ci garantisce la
movimentazione della popolazione in 72 ore.
I
gemellaggi sono stati fatti, anche se mancano le istruzioni operative, quindi
possiamo concludere che la meta della sicurezza vulcanica entro il 31 dicembre
2016 dovrebbe essere raggiunta: almeno per il Vesuvio. Ai Campi Flegrei c’è un
work in progress…
Grazie signor Malko!
RispondiEliminaHo trovato un nuovo articolo su questo argomento:
http://www.attivitasolare.com/cosa-faremo-con-i-nostri-prossimi-profughi/
So che il principio di precauzione è mortalmente serio.
Purtroppo, i leader seppellire la testa nella sabbia
e rendere dinamiche di gruppo!
La prossima epidemia del complesso vulcanico, è possibile
che in poche ore si verifica quanto segue:
Niente elettricità
Nessuna comunicazione (radio, telefono, cellulare)
No approvvigionamento idrico
senza traffico con i mezzi possibili
Forte caduta di cenere coperto tutte le strade
un forte oscuramento del cielo
flussi piroclastici
Poi rimane per le persone a piedi solo verso l'ignoto
(Con la torcia e bussola)
come le tracce di Nola ...
e ho commentato, in:
http://www.ilmessaggero.it/blog/lampi/marsili_vulcani_terremoti_italia_centrale_tirreno-2053838.html
Essere affettuoso saluto!
"Hans-Hermann Uffrecht" o "Vesuvio Dove Andiamo" o "Vesumboli"
P.S.Chiedo scusa per la cattiva traduzione! Grazie!
CONOSCO BENE LA PERICOLOSITA' DEL VESUVIO, VIVO A 4 CHILOMETRI DAL CRATERE E SO CHE PRIMA O POI ACCADRA'. SE CI FOSSE QUALCUNO CHE POTREBBE CONSIGLIARMI QUALE POTREBBE ESSERE LA DISTANZA DI SICUREZZA DAL VULCANO, GRAZIE
RispondiEliminaNon meno di 10 chilometri senza rimanere nella direttrice di sottovento ( a est del cratere), dove in caso di eruzione, statisticamente si potrebbe rimanere coinvolti dalla caduta di cenere e lapilli anche a distanza. In realtà occorrerebbe attenersi alle istruzioni di evacuazione...
RispondiElimina