Etna: 4 dicembre 2015 - eruzione dal cratere "voragine" - (Andronico) |
Circa 66.000.000 di anni fa, un asteroide di poco più di 10
chilometri di diametro, piombò nell’attuale penisola dello Yucatan provocando un’immane
catastrofe planetaria che costò ai dinosauri l’estinzione dal pianeta Terra.
I dati che di recente sembrano emergere, indicano che il
periodo tra il Cretaceo e il Terziario fosse caratterizzato anche da imponenti
eruzioni vulcaniche che disseminarono nell’ambiente enormi quantità di cenere
vulcanica che, sommandosi alla coltre già prodotta dall’asteroide, accrebbero
fortemente il fenomeno delle repentine variazioni climatiche globali. Fu la
fine per i grandi rettili e altre specie animali…
Molto probabilmente però, la cenere vulcanica produsse anche
un effetto diretto sulla respirazione dei dinosauri, soprattutto se le polveri
asperse in atmosfera contenevano, come si presuppone, una significativa
percentuale di acido solforico. Un danno che ovviamente non risparmiò la
vegetazione e i bacini acquiferi. Le ceneri vulcaniche, lo ricordiamo, sono
composte prevalentemente da silicio, il secondo elemento che abbonda nella
crosta terrestre dopo l’ossigeno.
Il Dott. Daniele
Andronico, ricercatore dell’INGV di Catania, è uno specialista di vulcani
avendo a che fare con il maestoso Etna,
un vulcano che non trova tregua geologica e che a volte diffonde ceneri
nell’atmosfera bloccando il traffico aereo sull’aeroporto catanese.
Approfittando della cortese disponibilità e competenza, rivolgiamo al Dott.
Andronico alcune domande:
Quale fase eruttiva si caratterizza per l’emissione di cenere
in atmosfera?
I prodotti vulcanici associati all’attività esplosiva vengono
definiti genericamente piroclastiti o tefra. Sulla base delle loro dimensioni,
i tefra vengono suddivisi in bombe (al di sopra di 64 mm), lapilli (tra 2 e 64
mm) e ceneri, termine con il quale indichiamo tutte quelle particelle
vulcaniche inferiori ai 2 mm di diametro. L’emissione di cenere in atmosfera avviene
quando l’attività esplosiva genera una colonna eruttiva composta da elementi
piroclastici misti a vapore e gas vulcanici. La colonna eruttiva generalmente
incorpora aria e si protende sopra il vulcano fino a quando ha forza a
sufficienza. Quando la sua densità diventa uguale alla densità dell’aria
circostante, la porzione sommitale della colonna inizia ad espandersi
lateralmente secondo la direzione dei venti dominanti. Si forma così una nube
vulcanica che si allunga fino a distanze di alcuni chilometri o decine di
chilometri dall’apparato, con il materiale piroclastico che via via ricade a
terra a iniziare dalle bombe, dai lapilli e dalle ceneri che sono le più
leggere e si lasciano quindi trasportare lontano dal vento.
I vulcani delle Eolie sono troppo piccoli per produrre cenere
in abbondanza?
Le isole che
costituiscono l’arcipelago eoliano rappresentano la parte emersa di vulcani
formatisi inizialmente in condizioni sottomarine. Basti pensare al vulcano
Stromboli, la cui sommità raggiunge poco più di 900 m di altezza sebbene la
base dell’edificio vulcanico si estenda sotto il livello del mare a una
profondità di oltre 2000 metri.
Isole Eolie : scorcio panoramico aereo (MalKo) |
La formazione di
cenere non è associata alle dimensioni dei vulcani, bensì al tipo di attività
eruttiva prevalente (esplosiva o effusiva). Alcuni vulcani delle Eolie sono
noti per avere generato in passato eruzioni molto esplosive, e quindi anche
quantità significative di ceneri in parte dilavata dai settori rocciosi emersi.
La composizione della
cenere riflette la natura del magma che ha prodotto la cenere stessa. Quindi
possiamo avere ceneri di composizione oscillante da “basica” ad “acida” con
percentuali di SiO2 variabile dal 45 ad oltre il 65 %.
Su queste polveri
vulcaniche esiste un’interfaccia di sostanze corrosive?
Non esistono molti
studi in proposito… Coperture continue di ceneri possono comunque essere
corrosive se non vengono rimosse specialmente dalle superfici metalliche. In
questo caso, infatti, i gas che rivestono le particelle di ceneri potrebbero
inglobarsi all’umidità atmosferica innescando reazioni acide alquanto
corrosive.
E’ vero che più ancora
delle ceneri è la quantità di acido solforico a produrre le variazioni
climatiche schermando i raggi solari?
Durante le eruzioni
esplosive, oltre ai tefra vengono emessi in atmosfera enormi quantità di SO2
(anidride solforosa o biossido di zolfo). Alcuni giorni dopo la sua emissione,
il biossido di zolfo si trasforma in particella di acido solforico (H2SO4). Si
è visto che questi “aerosol” possono stazionare nella stratosfera per periodi
piuttosto lunghi (1-2 anni), durante i quali si disperdono negli strati
atmosferici riducendo la penetrazione della luce solare e, quindi, causando un
abbassamento parziale della temperatura sia a scala locale che talora su ampie
regioni del mondo.
Nell’aprile del 1815,
una violentissima eruzione del vulcano Tambora in Indonesia, produsse una
variazione del clima su scala globale, tant’è che il 1816 viene ancora oggi
ricordato come l’anno senza estate.
La vegetazione soffre per gli acidi o per la schermatura ai
raggi solari prodotta dalla cenere che si deposita sulle foglie?
In base alla nostra esperienza, nell’area etnea le eruzioni
non emettono quantità di cenere tali da schermare per lunghi periodi i raggi
solari. Tuttavia, i raccolti di verdure a foglia larga e alcuni tipi di frutta,
talvolta vengono parzialmente compromessi anche da una sottile coltre di cenere
vulcanica (che ricordiamolo è molto abrasiva), perché sarebbe comunque necessaria
un’accurata e costosa pulizia e lavatura dei prodotti vegetali prima di
immetterli sui mercati. Operazione tra l’altro che potrebbe alterare lo strato
esterno della frutta rendendola meno appetibile.
A Catania e nelle zone limitrofe sono state riscontrate
variazioni nella qualità delle acque ad uso potabile in superficie e nelle
falde?
Ad oggi non mi risulta
l’esistenza di studi sistematici che possano mettere in correlazione eventuali
variazioni nella qualità (e quindi composizione) delle acque ad uso potabile a
causa della dispersione della cenere vulcanica dell’Etna sull’ambiente
circostante.
In concomitanza di
eruzione con grande quantità di cenere vulcanica aspersa in atmosfera Le
risultano difficoltà nei collegamenti radio?
I colleghi che
gestiscono le reti di monitoraggio mi hanno riferito che durante l’attività
esplosiva dell’Etna non sono state osservate evidenze in merito a questa
problematica. In letteratura, tuttavia, vengono segnalate interferenze alle
onde radio con effetti sull’operatività dei collegamenti sia radio che
telefonici. Questi rari casi avvengono in occasione di eruzioni esplosive
particolari, tali cioè da generare colonne eruttive contenenti grandi quantità
di particelle di ceneri caricate elettricamente.
In generale la città di Catania è meno esposta a questo
fenomeno di ricaduta della cenere, rispetto ai paesi etnei della fascia
orientale del vulcano (per esempio, Giarre, Milo, Zafferana). I venti dominanti
sopra il vulcano, infatti, soffiano con maggiore frequenza verso i quadranti
orientali. Negli ultimi anni alcuni di questi paesi sono stati interessati
dalla pioggia di materiale piroclastico più volte nel giro di poche settimane o
addirittura di giorni. Ad esempio, tra luglio e ottobre 2011 abbiamo registrato
ben 10 episodi di fontane di lava che hanno generato ricadute di tefra quasi
esclusivamente sul fianco orientale del vulcano. I comuni hanno in carico le
attività di rimozione e smaltimento della cenere. Per questo tipo di operazioni
utilizzano spazzatrici meccaniche e soffiatori.
Comune di Fornazzo: rimozione meccanica della cenere dalle strade (Andronico) |
L’effetto principale della cenere sugli aerei è dovuta
all’abrasione della carlinga o alla vetrificazione del silicio sulle palette
delle turbine?
I danni più importanti
che possono avvenire quando un aeromobile incontra una nube di cenere
vulcanica, sono senza ombra di dubbio l’abrasione dei vetri della cabina di
pilotaggio con grave riduzione della visibilità in danno dei piloti. Verrebbe
comunque abrasa tutta la carlinga e le turbine ingurgiterebbero silicio che potrebbe
vetrificarsi in più punti con il rischio flam out in agguato.
Altri effetti
indesiderati possono riguardare i sistemi elettronici soprattutto se la cenere
riesce a insinuarsi nell’aeromobile attraverso le bocchette di aereazione e
ventilazione.
Esistono diverse
metodologie e strumentazioni che permettono di osservare una nube di cenere
vulcanica. In primo luogo sull’Etna esiste una rete di telecamere nel campo
visibile e termico che trasmettono videoregistrazioni in tempo reale alla sala
operativa di Catania: le immagini sono accessibili anche sul sito web INGV
della sezione dell’Osservatorio Etneo. Inoltre, è possibile visionare immagini
acquisite da strumenti a bordo di satelliti, particolarmente utili per
individuare e seguire il percorso della nube in atmosfera.
Catania Fontanarossa Radar anti cenere (DPC) |
La direzione e quindi
l’area di dispersione di una nube vulcanica, può essere simulata in qualsiasi
momento grazie a molteplici modelli numerici che utilizzano anche dati
previsionali su velocità e direzione dei venti a diverse quote sopra il
vulcano. Infine, oggi sono disponibili anche nuove tecnologie “radar” e
tecniche “lidar”, che consentono di acquisire informazioni sulla presenza di
una nube e sulla concentrazione delle particelle vulcaniche in atmosfera.
Durante le fontane di lava dell’Etna degli ultimi anni, le
colonne eruttive hanno spesso raggiunto altezze intorno agli 8-9 km sul livello
del mare. In occasione dei recenti episodi parossistici di dicembre 2015, il
flusso di massa eruttata nell’unità di tempo è stato così elevato, che il tetto
della colonna ha raggiunto i 14 km s.l.m., ovvero ha oltrepassato la
tropopausa, cioè il limite fra troposfera e stratosfera che alle nostre
latitudini si attesta intorno ai 12 km sul livello del mare. Questi valori sono
senza dubbio rilevanti per l’Etna, ma va ricordato che durante le eruzioni di
tipo pliniano (come quella del 79 d.C.), la colonna eruttiva del Vesuvio superò
i 30 km di altezza.
Un’eruzione dell’Etna si differenzierebbe di molto in termini
di produzione di cenere rispetto a un’eruzione del Vesuvio di pari intensità?
È una domanda interessante. In teoria, a parità di intensità
(ovvero di flusso di massa eruttata nell’unità di tempo), la differenza in termini
di magnitudo (ovvero volume di tefra emessi), dipenderebbe soltanto dalla
durata dell’evento eruttivo. Ma il Vesuvio emette un magma più “acido” e con
temperatura più bassa rispetto al magma basaltico dell’Etna; fattori questi,
che dovrebbero favorire una maggiore capacità del Vesuvio a “frammentare” il
magma in particelle fini.
Comune di S. Alfio: copertura diffusa di cenere e lapilli - (Andronico) |
In caso di eruzione del Vesuvio Lei dovrebbe raggiungere
l’Osservatorio Vesuviano per contribuire a monitorare la dispersione della
cenere in atmosfera? Esistono accordi operativi in tal senso?
In caso di eruzione al Vesuvio, le altre sezioni INGV
metterebbero a disposizione dell’Osservatorio Vesuviano competenze e
professionalità interne, per monitorare e studiare le caratteristiche delle
ceneri eruttate, elaborando simulazioni circa la propagazione della nube
eruttiva e analisi sulla dispersione delle ceneri, ed altro ancora per gestire
la crisi vulcanica.
Un ringraziamento particolare al Dott. Daniele Andronico dell’INGV di Catania, per la chiarezza
espositiva e per la cortese disponibilità a trattare alcuni aspetti vulcanici
che caratterizzano il territorio della nostra Penisola.
Per concludere vogliamo aggiungere che nei piani d’emergenza Vesuvio la cenere vulcanica rappresenta
uno degli aspetti di maggiore pericolosità dopo le colate piroclastiche, e per questo
motivo nella pianificazione d’emergenza alcune cittadine vesuviane sono state
ricomprese nella zona rossa di secondo livello (R2). La cenere vulcanica,
dicevamo, ha un notevole potere abrasivo, conduce l’elettricità e non si
diluisce nell’acqua. L’inalazione del prodotto vulcanico provocherebbe
difficoltà respiratorie soprattutto a chi ha questa funzione vitale già
compromessa; un altro importante inconveniente dovuto all'esposizione alla cenere, consisterebbe nell'irritazione delle parti molle e umide del corpo, come
ad esempio gola ed occhi.
Vesuvio: zona rossa e gialla |
Nella zona Rossa 2
del Vesuvio è bene ricordarlo, è prevista l’evacuazione totale della
popolazione, che deve allontanarsi velocemente alla diramazione dell’allarme vulcanico. Non bisogna
attendere l’eruzione per decidere quali settori territoriali evacuare, e non ci
si ripara negli immobili dal tetto spiovente in attesa che questa passi. I
cittadini vesuviani della zona rossa 2, possono allontanarsi dalle loro
cittadine alla stregua e con le stesse modalità di quelli della zona rossa 1, già in fase di pre allarme vulcanico.
Un particolare ringraziamento al Dott. Daniele Andronico, vulcanologo dell'INGV Catania, per l'interessante intervista che ci ha concesso.
Un particolare ringraziamento al Dott. Daniele Andronico, vulcanologo dell'INGV Catania, per l'interessante intervista che ci ha concesso.