Il rischio è la possibilità
che persone o ambiente possano subire danni da un pericolo potenzialmente
immanente. Quando il pericolo si manifesta però, non sempre c’è il tempo
necessario per mettersi in salvo attraverso la fuga o proteggersi con determinate
attrezzature o rifugiarsi in strutture atte allo scopo. Occorre quindi uno
studio preliminare che, oltre a tracciare le caratteristiche del pericolo e i
limiti geografici della sua propagazione, indichi anche le procedure di
salvaguardia che dovranno essere attuate quando gli indicatori di rischio
segnalano l’arrivo dell’avvenimento deleterio. Quest’analisi tecnica e
scientifica si chiama nel suo insieme piano di emergenza.
Nella nostra società
occidentale norme giuridiche e civiche impongono la redazione dei piani di
emergenza per gli ambienti confinati e affollati come scuole, ospedali,
fabbriche o anche mezzi di trasporto come treni, navi e aerei: su tutto
capeggia per importanza il piano di evacuazione...quale annesso al primo.
I piani di emergenza sono
una necessità anche in termini areali, per fronteggiare quei pericoli
(terremoti; eruzioni; inondazioni ed altro) che le autorità scientifiche o
tecniche segnalano alle autorità amministrative rappresentate nel nostro
ordinamento in primis dal Sindaco. Non dimentichiamo infatti, che il Comune è
l’istituzione più vicina ai bisogni sociali dei cittadini. Per pericoli che
possono avere una rilevanza provinciale e regionale, la maglia delle competenze
si allarga coinvolgendo altri organi amministrativi come la Regione o il
Dipartimento della Protezione Civile. Quindi, a seconda della rilevanza del
pericolo, ci sarà parimenti una scala gerarchica di competenze, ma senza mai
escludere il primo cittadino che rimane il fulcro del sistema operativo locale.
I piani di emergenza
contengono come primo e determinante capitolo un’analisi del pericolo e del suo
raggio d’azione. A seguire gli indicatori di rischio, cioè i segnali
premonitori del sopraggiungere del pericolo e poi i sistemi da utilizzare per
la diffusione dell’allarme; e ancora la strategia difensiva e di soccorso; poi
le procedure e le attrezzature e gli strumenti da mettere in campo e i
comportamenti da adottare per annullare o minimizzare gli effetti dell’evento
dannoso ipotizzato e atteso.
Certamente nella
pianificazione delle grandi emergenze sono molte le istituzioni che concorrono
sinergicamente alla risoluzione dell’evento calamitoso, e quindi è necessario
che la strategia d’intervento di ogni singola struttura vada ad occupare una
determinata casella (funzione), in quello che alla fine sarà il mosaico del
soccorso.
I pericoli insiti nel nostro
mondo roteante (la nostra analisi esula da quelli cosmici) sono veramente tanti
e a quelli naturali si aggiungono altri dettati dalle attività antropiche
industriali e belliche (difesa civile). Il campionario è veramente ampio...
Alcune istituzioni pertinenti professano la filosofia dell’eludere dalle opere
di difesa i pericoli estremi e dai lunghi tempi di ritorno. Un modo di pensare che è anche del fare,
tant’è che attualmente sono in auge le politiche anti catastrofe che si fondano
sull’analisi costi – benefici con la statistica alla base del sistema protettivo dei cittadini. Concettualità forse
astruse che ritroviamo però già nell’analisi del rischio Vesuvio a proposito
della scelta e l'adozione degli scenari eruttivi di riferimento. Invero,
tecnicamente parlando, quando si analizza un pericolo bisognerebbe prendere in
considerazione quello massimo conosciuto che tra l’altro potrebbe non essere quello
massimo possibile. In Giappone ad esempio, l’11 marzo 2011 si registrò una
scossa di terremoto del IX grado (Mw): la più forte mai registrata nel paese
del Sol levante. Tsunami e incidente alla centrale nucleare di Fukushima hanno
consegnato alla storia delle immani catastrofi questa tragica data che, per i
motivi anzidetti, è anche un record sismico.
Linea nera Gurioli |
Cosa è stato pronosticato
per il Vesuvio: per chiarire e semplificare meglio il discorso scenari,
approfittiamo ed accenniamo alle varie tipologie eruttive che hanno
caratterizzato in un certo arco di tempo la storia geologica del famoso vulcano
e con essa gli sconvolgimenti dei territori coinvolti. Lo facciamo adottando 4
date (anno) per altrettante eruzioni tra le più significative, con una chiamata
in causa anche della linea nera Gurioli (mappa soprastante). Quest'ultimo è un
segmento che circoscrive e chiude asimmetricamente un settore che da limite di
deposito dei flussi piroclastici è diventato nella letteratura scientifica e a
cura della commissione grandi rischi, un innaturale limite geografico di
pericolo.
Ora guardiamo la tabella a
colori: mostra le tipologie eruttive con una certa crescenza in termini di
indice di esplosività vulcanica. Secondo le regole della prevenzione, bisognava
prendere in esame quale scenario eruttivo di riferimento per la stesura dei
piani di emergenza, l’evento massimo conosciuto, cioè un'eruzione pliniana. La
linea nera Gurioli circoscrive quella parte di territorio
soggetto al fenomeno più distruttivo in assoluto: il dilagamento delle colate
piroclastiche. La linea nera vale quindi come limite di pericolo ma solo per le
eruzioni inferiori o pari a un indice di esplosività vulcanica VEI 4.
Per le eruzioni VEI 5 questa
traccia nera dovrebbe essere posta a distanza doppia rispetto alla bocca
eruttiva... Quindi, i piani di emergenza
hanno scartato come scenario la possibilità che una futura eruzione possa
essere di tipo pliniano. I maghi della statistica hanno consegnato al mondo
della politica questo confortante dato (VEI4) tra l'altro come ipotesi
peggiore, perché in effetti ritengono più probabile nel medio termine uno
scenario eruttivo da VEI 3.
Il Vesuvio ricordiamolo, è
un illustre sconosciuto che non consente di esplorare d’appieno le dinamiche e
le profondità da cui trae linfa rovente quanto vitale... Quindi la prossima eruzione potrà essere uno sbuffo di
cenere o un ombrello pliniano. Non conoscendo a priori lo stile eruttivo del
prossimo evento, occorre necessariamente e all'occorrenza promuovere
l’evacuazione della popolazione nella misura offertaci dagli esperti e dal loro dato statistico (VEI4) con la linea Gurioli che funge da steccato da superare per mettersi in salvo.
Che abbia un valore deterministco questo segmento lo dimostrano anche le alchimie e le iniziative amministrative messe in
campo dallo strategico ex assessore regionale della protezione civile che,
nella suddivisione della zona rossa 1 e rossa 2, ha proposto e varato una
diversa applicazione della legge regionale 21/2003 sull'edificabilità ad uso residenziale
nei vari comuni, con differenziazioni urbanistiche per niente eque da applicare
ai territori a rischio vulcanico.
Perché si è dovuto
ricorrere a questo illogico sotterfugio amministrativo che è una vera
iniquità giurisprudenziale? Perché se si liberavano per la parte eccedente la
black line i territori di Boscoreale dai vincoli di inedificabilità totale, così
come era stato chiesto inutilmente al Consiglio di Stato, tra l’altro
intervenuto nella diatriba amministrativa richiamando i concetti del periculum
in mora, si districavano dai lacciuoli anti edilizia pure altri comuni (Pompei,
Somma Vesuviana, Torre Annunziata, ecc.), col risultato finale ed eclatante di
una riduzione di fatto della zona rossa Vesuvio: in termini di immagine
nazionale e internazionale sarebbe stato inaccettabile perché contrario alla
pubblicità governativa che ancora oggi batte la grancassa dell'allargamento della zona rossa in nome del garantismo…
La zona rossa 2, quella che
vedete nel disegno soprastante, è interamente nel raggio di distruzione di
un’eruzione pliniana e nel non meno pericoloso fenomeno della pioggia di cenere
e lapilli per tutti i tipi di eruzione. Eppure si continua alacremente a costruire
case e poi case e ancora case con licenza edilizia... Che dire: solo raccapriccio per una situazione
che potrebbe far rimpiangere la mancata applicazione di politiche di
prevenzione.
Escludere un'eruzione pliniane tra i pericoli da affrontare può essere solo un atto politico ma non scientifico, e le argomentazioni inconfessabili che parlano di scelta dettata da un piano di evacuazione improponibile con i grossi numeri, non può essere una motivazione valida se non vengono dichiarati i limiti evacuativi. Un modus operandi che si chiama democrazia...
L'indicazione di uno scenario da cui discende il piano di emergenza che si basa su fattori statistici accomodanti, offre stampelle e appigli a chi nel frattempo invece di proporre politiche di decentramento della popolazione imponendo vincoli anti catastrofe, non esita ad affollare ulteriormente un territorio (rossa 2) che ipocritamente è stato inserito nella zona da evacuare. Non subito però, ma in corso d'eruzione: una modalità che sa tanto di pudica foglia di fico... Le pliniane avranno pure tempi lunghi di ritorno, ma ahimè come tutti i tempi anche questi verranno perchè l'inarrestabile clessidra alla fine lascerà cadere e conterà l'ultimo granello...
Escludere un'eruzione pliniane tra i pericoli da affrontare può essere solo un atto politico ma non scientifico, e le argomentazioni inconfessabili che parlano di scelta dettata da un piano di evacuazione improponibile con i grossi numeri, non può essere una motivazione valida se non vengono dichiarati i limiti evacuativi. Un modus operandi che si chiama democrazia...
L'indicazione di uno scenario da cui discende il piano di emergenza che si basa su fattori statistici accomodanti, offre stampelle e appigli a chi nel frattempo invece di proporre politiche di decentramento della popolazione imponendo vincoli anti catastrofe, non esita ad affollare ulteriormente un territorio (rossa 2) che ipocritamente è stato inserito nella zona da evacuare. Non subito però, ma in corso d'eruzione: una modalità che sa tanto di pudica foglia di fico... Le pliniane avranno pure tempi lunghi di ritorno, ma ahimè come tutti i tempi anche questi verranno perchè l'inarrestabile clessidra alla fine lascerà cadere e conterà l'ultimo granello...
In questo contesto
scientifico, tecnico, amministrativo e giudiziario, bisogna ricordare un grande assente: il
principio di precauzione. Largamente disatteso, altro non è che logica
applicata all’esistenza. Cioè, visto che la vita umana è unica, ancorché non
sanabile o replicabile quando finisce, bisognerebbe adottare anche nel dubbio
ogni garanzia acchè non venga intaccata. Praticamente la filosofia di fondo è
che le scuse a posteriori non valgono…