“Rischio
Vesuvio: per la zona rossa si contempli l’archeologia…”
di MalKo
Il Vesuvio rappresenta una
minaccia per niente campata in aria, perché la storia pregressa del vulcano annovera
avvenimenti eruttivi a volte anche particolarmente catastrofici, come quelli
che seppellirono quasi duemila anni fa le città di Pompei ed Ercolano e prima
ancora insediamenti preistorici dell’età del bronzo antico nel nolano.
Plinio
il vecchio nel 79 d. C. nel corso dell’eruzione di Pompei si lanciò
con le sue navi da Miseno alla volta del vesuviano come un moderno comandante
dei Vigili del Fuoco, tentando di salvare ciò che restava di una popolazione oramai
irrimediabilmente perduta, alla mercé della pioggia di cenere e lapillo e delle
colate piroclastiche che spazzarono gli insediamenti urbani ubicati alla base
del vulcano. Se la storia insegna qualcosa, né cittadini e né soccorritori
dovranno farsi trovare in caso di allarme vulcanico nel settore invadibile
dalle nubi ardenti e dal loro rovente carico di materiale piroclastico.
Quale sia questo settore lo
hanno deciso i vertici del Dipartimento
della Protezione Civile dopo aver valutato le risultanze della commissione Vesuvio
e aver acquisito il parere e le note della commissione grandi rischi. In quest’ambito di alto livello decisionale, è
stato deciso di adottare a garanzia dei vesuviani un’eruzione dal valore
energetico VEI 4 (eruzione sub
pliniana), visto che una elaborazione probabilistica effettuata da alcuni
ricercatori dell’INGV, indica in
un’eruzione VEI 3 (ultra
stromboliana) quella più probabile se dovesse cessare la quiescenza del Vesuvio
nei prossimi 130 anni.
Gli esperti hanno quindi
individuato i territori su cui potrebbero abbattersi e spalmarsi gli effetti più deleteri di un’eruzione sub pliniana,
prendendo in esame una pubblicazione scientifica della ricercatrice Lucia Gurioli, che ha tracciato su una
mappa delle linee a colori segnando la massima distanza raggiunta dalle colate
piroclastiche intorno al Vesuvio secondo indici di varia frequenza. La linea nera Gurioli circoscrive appunto i
limiti di massimo scorrimento dei depositi da flusso per eruzioni a media
frequenza (VEI 4). La zona rossa Vesuvio dovrebbe quindi
coincidere con l’area (black line) circoscritta dalla Gurioli.
In realtà la nuova perimetrazione è più ampia, in parte per scelta politica dovuta
alla classificazione precedente, e in parte perché sono stati aggiunti alcuni settori
ad est (rossa 2) dove la pioggia di cenere e lapilli costituirebbe una minaccia
non trascurabile.
La linea nera Gurioli è un tracciato geo referenziato; da limite di deposito qual era è
diventato innaturalmente un limite di pericolo addirittura deterministico. Al
punto che a pochi metri dalla linea Gurioli (Scafati – Poggiomarino) è
possibile richiedere licenza edilizia.
Il
problema che oggi ci troviamo ad affrontare a proposito della tutela dei
cittadini dal rischio Vesuvio, è tutto incentrato sul fatto che nonostante bisognerebbe
prendere in esame nella pianificazione d’emergenza l’eruzione massima
conosciuta, gli esperti del dipartimento di Franco Gabrielli hanno invece optato per un evento eruttivo ponderato (VEI 4), su cui fare riferimento nei piani. Nella sostanza, le autorità governative si sono scelte
il nemico vulcanico sub pliniano, che
rappresenta una misura energetica nel nostro caso medio – alta, ma non quella
massima conosciuta che, per il Vesuvio, lo ripetiamo, è una pliniana (VEI 5),
cioè simile a quella famosa di Pompei o di Avellino. Rispettivamente eventi
manifestatisi circa 2000 e 4000 anni fa.
Il collasso della colonna
eruttiva (colate piroclastiche), è l’evento e il momento più pericoloso e il
più distruttivo in assoluto in seno a un’eruzione. Il fenomeno si ricollega all’energia
potenziale guadagnata dalla quota raggiunta dai materiali eruttati dal vulcano;
questi a un certo punto mancando del sostentamento precipiterebbero verticalmente
e rapidamente sulle pareti scoscese del vulcano che favorirebbero un indirizzo
di scivolamento sempre più orizzontale dei flussi che macinerebbero chilometri.
Trattandosi di una sorta di valanga a temperature di diverse centinaia di gradi,
si avrebbero danni meccanici e termici su di una superficie territoriale ampia
in una misura dipendente dall’intensità dell’eruzione (VEI) e dalle
caratteristiche del “miscuglio” eruttato… Nelle pliniane l’alito ardente del vulcano ha raggiunto anche i 20 chilometri di
distanza dal cratere.
Secondo recenti studi, gli
ercolanesi che furono raggiunti dai flussi piroclastici nel 79 d. C. morirono
all’istante per effetto delle elevate temperature che indussero shock termico e
nucleazione dei liquidi biologici. Per gli abitanti di Pompei invece, pare che
il motivo principale delle morti sia da imputarsi al soffocamento dovuto alle
ceneri, e a un particolato particolarmente irritante e tiepido che si staccò
dalla parte alta dei flussi piroclastici continuandone per abbrivio il cammino ben
oltre i limiti di deposito. Diversi calchi delle vittime dell’eruzione di Pompei
riportano una posizione di difesa delle prime vie aeree o comunque di abbandono
al sonno…
Non sappiamo quali strategie
operative le istituzioni stiano mettendo a punto per architettare un piano di
emergenza e di evacuazione capace di portare in salvo e in poco tempo settecentomila
persone (zona rossa)… Sappiamo però, che l’ossatura del piano si basa non già sull’evento
massimo conosciuto ma su quello statistico probabilistico. La differenza
consiste in circa due milioni di persone fuori da ogni garanzia… Ovviamente una
siffatta decisione abbiamo il sospetto che semplifichi la vita a un bel po’ di maestranze
politiche e istituzionali e cementizie,
che si affidano come in una roulette alla statistica puntando tutto sul nero
della linea Gurioli. Se la probabilità eruttiva
statistica è azzeccata, lo sapremo solo alla prossima eruzione o fra 130 anni in
assenza di eventi.
In realtà da un punto di
vista prettamente tecnico, ci si dovrebbe affidare alla scelta statistica probabilistica
solo in mancanza di alternative valide per porre la popolazione al sicuro
dall’evento massimo atteso. L’accettazione statistica in questo caso è un
grosso azzardo che dovrebbe far tremare le
vene e i polsi anche al più disinvolto dei pianificatori. Pensate che in
caso di evento vulcanico impossibile da decifrare in partenza, gli abitanti di Striano o Volla, per dirne alcuni, dovranno starsene quieti perché la
statistica li pone al sicuro dagli effetti più deleteri dell’eruzione, tant’è
che non rientrano nel settore rosso ad evacuazione preventiva.
Non siamo certi che nella
recente campagna informativa Edurisk
2015 condotta nelle scuole vesuviane sia stato segnalato correttamente
questo difetto garantista, oppure che sia stato chiaramente sottolineata l’assenza
di un piano di evacuazione. Invitiamo professori e insegnanti e allievi a meglio documentarsi sull'argomento, spostandosi appena un poco dai canali ufficiali dell'informazione particolarmente edulcorati...
Le eruzioni pliniane sono
una rarità e sono circa 2000 anni che non si verificano.
Sappiamo però che il
serbatoio magmatico napoletano, tra l’altro unico per i Campi Flegrei e il Vesuvio,
contiene miscela a sufficienza per
qualsiasi tipo di eruzione. Sappiamo che ogni volta che il Vesuvio entra in una
fase di quiescenza soprattutto a condotto chiuso ridiventa indecifrabile, come
indecifrabili nei tempi e nei modi saranno i precursori. Si parla di
evacuazione possibile in 72 ore, ma non esistono ancora piani in tal senso…
In Giappone nel 2011 si è
verificato un terremoto di magnitudo 9
della scala Richter. Il terremoto più potente in assoluto mai verificatosi nel
paese del Sol Levante, che ricevette morte e distruzione dal sisma e da uno Tsunami
associato… I pianificatori giapponesi terranno in debito conto scenari con
questa magnitudo nelle loro strategie di difesa o oblieranno il valore 9 perché rappresenta un singolo
episodio?
Secondo
il nostro punto di vista la zona rossa Vesuvio dovrebbe essere intanto circolare
(vedi figura sottostante) e inglobare innanzitutto le due aree archeologiche
flagellate e sepolte dalle eruzioni di Pompei
e Avellino, perché in un certo qual
senso queste due località rappresentano un confine logico e tangibile e
visibile del pericolo.
D’altra
parte a nord est non si è spinta solo l’eruzione di Avellino, ma anche le
fenomenologie alluvionali (zona blu) di buona parte delle eruzioni pliniane e sub
pliniane e anche ultra stromboliane. Quest’area così come
l’abbiamo circoscritta, non solo garantisce una significativa e opportuna fascia
di rispetto dalla linea nera Gurioli, ma ingloba anche alcuni comuni per niente
menzionati che rischierebbero non poco in caso di eruzione pliniana.
Vorremmo ricordare al
dipartimento della protezione civile che il principio di precauzione non si basa sulla disponibilità di dati
che provino la presenza di un rischio, ma sull'assenza di prove e dati che lo escludano.
Nel nostro caso mancano anche certezze sui tempi di previsione dell’eruzione in
linea con le necessità di tutela della popolazione da evacuare all’occorrenza.
Ovviamente ribadiamo la
necessità di precludere l’edilizia ad uso residenziale nella zona rossa, quella
che vedete, favorendo comunque le opere di adeguamento antisismico e le opere
di difesa passiva (tetti spioventi), che possono essere anche non cementizie e di
taglio prefabbricato come griglie metalliche inclinate. Come più volte abbiamo
scritto, in termini di prevenzione bisognerebbe mettere mano a un riordino
territoriale che contempli alcune necessità come la realizzazione di strade a
scorrimento veloce acchiappando nel contempo l’edilizia per i capelli, onde
trascinarla verso nord, lontana dai distretti vulcanici napoletani.
Per quanto riguarda la
determinazione dello scenario eruttivo, vogliamo appena ricordare una delle
massime di Benjamin Disraeli; ci sono
tre tipi di bugie: le piccole bugie, le grandi bugie e la statistica.
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