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martedì 30 settembre 2014

Rischio Vesuvio e la commissione grandi rischi.

Il Vesuvio visto dalla spianata usata per la perforazione del pozzo di Trecase

“ Rischio Vesuvio: la commissione grandi rischi e la
previsione dello stile eruttivo...”
di MalKo

Oggi vogliamo accennare a una decisione di qualche anno fa, tra l’altro coraggiosa, assunta dalla ricostituita commissione grandi rischi (CGR-RV), ad oggetto gli scenari di rischio ipotizzati in un documento di analisi scientifica, sicuramente propedeutico alla rivisitazione delle nuove zone rosse Vesuvio.
La commissione grandi rischi (CGR), per la parte rischio vulcanico, è composta dal prof. Vincenzo Morra, dal prof. Alessandro Aiuppa, dal prof. Raffaello Cioni, dalla prof.ssa Lucia Civetta, dal prof. Massimo Coltorti, dal prof. Pierfrancesco Dellino, dalla prof.ssa Rosanna De Rosa, dal dott. Marcello Martini, dal dott. Domenico Patanè, dal dott. Maurizio Ripepe e dal prof. Giulio Zuccaro.
Nel merito e come premessa, gli illustri accademici appena elencati hanno vagliato e condiviso l’analisi del pericolo Vesuvio contenuta in una relazione (2012) a firma di due ex direttori dell’Osservatorio Vesuviano, Macedonio e Martini, rispettivamente quale responsabile del “Gruppo di lavoro A” e Direttore dell’Osservatorio Vesuviano.
Il Gruppo A (scenari e livelli di allerta), è uno dei quattro rami della “commissione incaricata di provvedere all’ aggiornamento dei piani d’emergenza dell’area vesuviana e flegrea per il rischio vulcanico”. Il documento firmato in rappresentanza dai due direttori, è stato quindi sottoposto al Dipartimento della Protezione Civile, che a sua volta ha chiesto un parere alla Commissione Grandi Rischi.
L’importante relazione visionata dai massimi esperti nazionali (CGR), indica in un’eruzione sub pliniana (VEI 4) quella massima che potrebbe caratterizzare da qui in avanti una possibile ripresa eruttiva del Vesuvio nel medio termine. Un’analisi che nelle conclusioni ci sembra con una certa continuità in linea con la prima analoga relazione firmata da Franco Barberi nel 1990 e con quella firmata da Roberto Santacroce nel 1998.
L’eruzione più probabile, si legge sempre nell’attuale documento in linea con quelli precedenti, è di tipo stromboliana violenta (VEI3), che produrrebbe una serie di effetti più che problematici, ma senza le colate piroclastiche che sono il fenomeno maggiormente pericoloso per la vita umana.
L’eruzione pliniana invece, la più forte e temuta, è stata relegata completamente nel limbo dell’1% statistico, anche perché, si legge, non si evidenzia una camera magmatica superficiale con volumi di magma sufficienti a generare appunto un’eruzione di tipo pliniano (VEI 5).
Un altro dato interessante che si carpisce dalla relazione per controdeduzione, è che per i prossimi 130 anni sostanzialmente il tasso probabilistico del 99% che esclude una pliniana, dovrebbe mantenersi integro in assenza di novità scientifiche. Nel documento di Santacroce il limite temporale di accettabilità della previsione è di 50 anni.
Per chi è lontano dalla vulcanologia, accettando il dato attuale significa che per oltre un secolo dovremmo essere al riparo dagli effetti di un’eruzione come quella famosissima che seppellì Pompei nel 79 d. C.  I quasi duemila anni che ci separano dall’ultimo cataclisma pliniano, non sono stati ritenuti un intervallo sufficientemente lungo per dare un valore massimo al pericolo eruttivo.
La commissione grandi rischi comunque e alla fine, mettendo insieme tutti i dati fin qui prospettati, ne ha aggiunto uno di suo che è la linea nera Gurioli, ritenendola congrua come limite massimo raggiungibile dai flussi piroclastici in seno a eruzioni sub pliniane.
Tale adozione ha di fatto trasformato un limite di sedimento in un limite geologico di pericolo, definendo e circoscrivendo con geo referenze la zona rossa secondo un continuum, che si estende per qualche chilometro anche sul mare. Queste recenti decisioni e considerazioni di carattere scientifico, hanno avuto una importante ricaduta nella organizzazione sociale e di emergenza del territorio.
La commissione grandi rischi ha quindi scritto (27 giugno 2012) al dipartimento della protezione civile, chiarendo che la linea Gurioli può considerarsi come nuovo limite della zona rossa Vesuvio. La zona a maggior pericolo quindi, è da considerarsi unicamente quella circoscritta in figura da questa linea nera per il verso che guarda il cratere sommitale del Vesuvio. Oltre siamo nel campo giallo...a nord nord est giallo e  blu...
Vesuvio e  linea nera Gurioli.
Il Dipartimento della Protezione Civile insieme all’assessore Edoardo Cosenza della Regione Campania, ha invece varato un pastrocchio consistente in zona rossa 1 e zona rossa 2. Il Tribunale amministrativo regionale (TAR) ha dato ragione, e non poteva essere diversamente, al comune di Boscoreale che, proprio in sintonia con quanto prescritto dalla commissione grandi rischi, ha preteso e ottenuto con sentenza, che la parte di territorio eccedente la linea nera non fosse considerata a maggior pericolo. Nei fatti allora e contrariamente a quello che dicono Dipartimento e Regione Campania, la zona rossa in realtà si è ristretta rispetto a quella formata dai famosi e iniziali diciotto comuni.
La profonda ipocrisia di queste due istituzioni consiste in questo: se l’autorità scientifica ha sancito i limiti della zona rossa a maggiore pericolosità e lo ha fatto stabilendo un confine molto concreto, per intenderci  alla Romolo, cioè una sorta di solco (linea nera) entro cui e nella peggiore delle ipotesi si svilupperanno i fenomeni più pericolosi in caso di eruzione, i piani di evacuazione devono essere misurati per la reale quantità di abitanti da mettere in salvo all’occorrenza, perché una ingiustificata sproporzione potrebbe essere all’origine addirittura del fallimento evacuativo.
L’adozione della linea nera Gurioli come limite di pericolo è un’assunzione di responsabilità enorme, perché di fatto gli scienziati si sono assunti l’onere della previsione della tipologia eruttiva: il che non è poco.
Con tale certezza che ruota su eventi con energie VEI 3 o nella peggiore delle ipotesi VEI 4, potrebbe ritornare utile addirittura il baluardo protettivo del Monte Somma. Un fatto determinante ai fini della strategia operativa che consentirebbe di scaglionare le partenze con un indice di priorità a favore dei comuni del litorale che, tra l’altro, e con il loro elevato numero di abitanti corroborato da densità abitative da megalopoli asiatiche, rappresentano lo zoccolo duro dell’evacuazione del vesuviano, “la madre di tutte le evacuazioni”, visto che sulla fascia costiera dimorano i due terzi della popolazione della zona rossa, in una condizione territoriale di morsa, perché stretti fra mare e monte.
Bisogna essere congrui e lineari alle decisioni che si adottano: diversamente è tutto un guazzabuglio col rischio quello sì del ridicolo, come ha dimostrato la sentenza del TAR. Esistono allora due chances: seguire con fiducia quanto sancito dagli scienziati, con un conseguenziale strategico logico, oppure rivedere necessariamente la previsione circa la tipologia eruttiva attesa... Non possiamo mediare con un fifty fifty seguendo poi una terza strada e nel frattempo mandiamo a carte quarantotto il tutto, condonando e ristrutturando e ampliando i ruderi nella zona rossa, anche quella vera, ammassando genti alle genti nell’area votata al massimo pericolo, con costruzioni poi, che si sviluppano con tanto di licenza edilizia a un metro dalla linea Gurioli, come succede a Poggiomarino e a Scafati...

Ci sembra tutto estremamente ipocrita, come il battage che si è fatto qualche giorno fa sui livelli di allerta vulcanica finalmente fissati dalla commissione speciale ecc… ecc…. Nuovissimi: li elaborammo unilateralmente (erano troppi) a Portici nel 1999 e pubblicati sul vademecum dell’esercitazione Vesuvio 2001…
Estratto dal vademecum Vesuvio 2001 - Portici

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