Il Vesuvio visto dalla spianata usata per la perforazione del pozzo di Trecase |
“ Rischio Vesuvio: la
commissione grandi rischi e la
previsione dello stile
eruttivo...”
di MalKo
Oggi vogliamo accennare a una decisione di qualche anno fa, tra l’altro coraggiosa,
assunta dalla ricostituita commissione grandi rischi (CGR-RV), ad oggetto gli
scenari di rischio ipotizzati in un documento di analisi scientifica,
sicuramente propedeutico alla rivisitazione delle nuove zone rosse Vesuvio.
La commissione grandi rischi (CGR), per la parte rischio vulcanico, è
composta dal prof. Vincenzo Morra, dal prof. Alessandro Aiuppa, dal prof.
Raffaello Cioni, dalla prof.ssa Lucia Civetta, dal prof. Massimo Coltorti, dal
prof. Pierfrancesco Dellino, dalla prof.ssa Rosanna De Rosa, dal dott. Marcello
Martini, dal dott. Domenico Patanè, dal dott. Maurizio Ripepe e dal prof.
Giulio Zuccaro.
Nel merito e come premessa, gli illustri accademici appena elencati
hanno vagliato e condiviso l’analisi del pericolo Vesuvio contenuta in una
relazione (2012) a firma di due ex direttori dell’Osservatorio Vesuviano,
Macedonio e Martini, rispettivamente quale responsabile del “Gruppo di lavoro
A” e Direttore dell’Osservatorio Vesuviano.
Il Gruppo A (scenari e livelli di allerta), è uno dei quattro rami
della “commissione incaricata di provvedere all’ aggiornamento dei piani
d’emergenza dell’area vesuviana e flegrea per il rischio vulcanico”. Il
documento firmato in rappresentanza dai due direttori, è stato quindi
sottoposto al Dipartimento della Protezione Civile, che a sua volta ha chiesto
un parere alla Commissione Grandi Rischi.
L’importante relazione visionata dai massimi esperti nazionali (CGR),
indica in un’eruzione sub pliniana
(VEI 4) quella massima che potrebbe caratterizzare da qui in avanti una
possibile ripresa eruttiva del Vesuvio nel medio termine. Un’analisi che nelle
conclusioni ci sembra con una certa continuità in linea con la prima analoga
relazione firmata da Franco Barberi nel 1990 e con quella firmata da Roberto
Santacroce nel 1998.
L’eruzione più probabile, si legge sempre nell’attuale documento in
linea con quelli precedenti, è di tipo stromboliana
violenta (VEI3), che produrrebbe una serie di effetti più che problematici,
ma senza le colate piroclastiche che sono il fenomeno maggiormente pericoloso
per la vita umana.
L’eruzione pliniana invece,
la più forte e temuta, è stata relegata completamente nel limbo dell’1%
statistico, anche perché, si legge, non si evidenzia una camera magmatica
superficiale con volumi di magma sufficienti a generare appunto un’eruzione di
tipo pliniano (VEI 5).
Un altro dato interessante che si carpisce dalla relazione per
controdeduzione, è che per i prossimi 130 anni sostanzialmente il tasso
probabilistico del 99% che esclude una pliniana, dovrebbe mantenersi integro in
assenza di novità scientifiche. Nel documento di Santacroce il limite temporale
di accettabilità della previsione è di 50 anni.
Per chi è lontano dalla vulcanologia, accettando il dato attuale significa
che per oltre un secolo dovremmo essere al riparo dagli effetti di un’eruzione
come quella famosissima che seppellì Pompei nel 79 d. C. I quasi duemila anni che ci separano
dall’ultimo cataclisma pliniano, non sono stati ritenuti un intervallo
sufficientemente lungo per dare un valore massimo al pericolo eruttivo.
La commissione grandi rischi comunque
e alla fine, mettendo insieme tutti i dati fin qui prospettati, ne ha aggiunto
uno di suo che è la linea nera Gurioli,
ritenendola congrua come limite massimo raggiungibile dai flussi piroclastici
in seno a eruzioni sub pliniane.
Tale adozione ha di fatto trasformato un limite di sedimento in un
limite geologico di pericolo, definendo e circoscrivendo con geo referenze la
zona rossa secondo un continuum, che si estende per qualche chilometro anche sul mare. Queste recenti
decisioni e considerazioni di carattere scientifico, hanno avuto una importante
ricaduta nella organizzazione sociale e di emergenza del territorio.
La commissione grandi rischi ha quindi scritto (27 giugno 2012) al
dipartimento della protezione civile, chiarendo che la linea Gurioli può considerarsi come nuovo limite della zona rossa
Vesuvio. La zona a maggior pericolo quindi, è da considerarsi unicamente quella
circoscritta in figura da questa linea nera per il verso che guarda il cratere
sommitale del Vesuvio. Oltre siamo nel campo giallo...a nord nord est giallo e blu...
Vesuvio e linea nera Gurioli. |
Il Dipartimento della Protezione Civile insieme all’assessore Edoardo
Cosenza della Regione Campania, ha invece varato un pastrocchio consistente in
zona rossa 1 e zona rossa 2. Il Tribunale amministrativo regionale (TAR) ha
dato ragione, e non poteva essere diversamente, al comune di Boscoreale che, proprio in sintonia con quanto prescritto
dalla commissione grandi rischi, ha preteso e ottenuto con sentenza, che la
parte di territorio eccedente la linea nera non fosse considerata a maggior
pericolo. Nei fatti allora e contrariamente a quello che dicono Dipartimento e Regione
Campania, la zona rossa in realtà si è ristretta rispetto a quella formata dai
famosi e iniziali diciotto comuni.
La profonda ipocrisia di queste due istituzioni consiste in questo: se
l’autorità scientifica ha sancito i limiti della zona rossa a maggiore
pericolosità e lo ha fatto stabilendo un confine molto concreto, per intenderci
alla
Romolo, cioè una sorta di solco (linea nera) entro cui e nella peggiore
delle ipotesi si svilupperanno i fenomeni più pericolosi in caso di eruzione, i
piani di evacuazione devono essere misurati per la reale quantità di abitanti
da mettere in salvo all’occorrenza, perché una ingiustificata sproporzione
potrebbe essere all’origine addirittura del fallimento evacuativo.
L’adozione della linea nera Gurioli come limite di pericolo è
un’assunzione di responsabilità enorme, perché di fatto gli scienziati si sono
assunti l’onere della previsione della
tipologia eruttiva: il che non è poco.
Con tale certezza che ruota su eventi con energie VEI 3 o nella
peggiore delle ipotesi VEI 4, potrebbe ritornare utile addirittura il baluardo
protettivo del Monte Somma. Un fatto
determinante ai fini della strategia operativa che consentirebbe di scaglionare
le partenze con un indice di priorità a favore dei comuni del litorale che, tra
l’altro, e con il loro elevato numero di abitanti corroborato da densità abitative da megalopoli asiatiche,
rappresentano lo zoccolo duro dell’evacuazione del vesuviano, “la madre di
tutte le evacuazioni”, visto che sulla fascia costiera dimorano i due terzi
della popolazione della zona rossa, in una condizione territoriale di morsa, perché stretti fra mare e monte.
Bisogna essere congrui e lineari alle decisioni che si adottano:
diversamente è tutto un guazzabuglio col rischio quello sì del ridicolo, come
ha dimostrato la sentenza del TAR. Esistono allora due chances: seguire con
fiducia quanto sancito dagli scienziati, con un conseguenziale strategico logico,
oppure rivedere necessariamente la previsione circa la tipologia eruttiva
attesa... Non possiamo mediare con un fifty fifty seguendo poi una terza strada e nel
frattempo mandiamo a carte quarantotto il tutto, condonando e ristrutturando e
ampliando i ruderi nella zona rossa, anche quella vera, ammassando genti alle
genti nell’area votata al massimo pericolo, con costruzioni poi, che si sviluppano
con tanto di licenza edilizia a un metro dalla linea Gurioli, come succede a
Poggiomarino e a Scafati...
Ci sembra tutto estremamente ipocrita, come il battage che si è fatto
qualche giorno fa sui livelli di allerta vulcanica finalmente fissati dalla
commissione speciale ecc… ecc…. Nuovissimi: li elaborammo unilateralmente (erano troppi) a Portici nel 1999 e pubblicati
sul vademecum dell’esercitazione Vesuvio 2001…
Estratto dal vademecum Vesuvio 2001 - Portici |