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sabato 15 novembre 2025

Rischio eruttivo ai Campi Flegrei: la pericolosa resilienza intra calderica... di Malko



                                                              

Il 4 novembre 2025 si è tenuta la riunione della commissione grandi rischi  per stabilire lo stato di irrequietezza geo vulcanica ai Campi Flegrei.  Contemporaneamente il dipartimento della protezione civile ha stabilito di rimando e secondo alcuni automatismi, la fase operativa corrispondente.

In questo consesso tecnico scientifico è stato quindi sancito e proclamato nel flegreo, il livello di allerta gialla secondo la nuova classificazione, ovvero un'allerta per disequilibrio medio nel sottosuolo calderico del super vulcano. E' stata così confermata l’adozione della fase 2 relativamente alle attività operative corrispondenti che ci sembrano in tutti i casi azioni non particolarmente laboriose rispetto alle complicazioni che si dovrebbero affrontare, nella malaugurata ipotesi che si passi alle fasi successive.

 



Occorre precisare che fasi e livelli anche se quasi sempre si conglobano tra di loro, in realtà devono avere una precisa e indipendente classificazione e connotazione nel sistema di protezione civile, senza sovrapposizioni. La parte operativa infatti, potrebbe essere come risposta interventistica insufficiente o sovrabbondante, atteso le incertezze che accompagnano l'interpretazione dei dati geofisici e geochimici di monitoraggio utilizzati per valutare i livelli di attenzione al pericolo fin qui raggiunti.

Negli ultimi tempi le profondità della caldera flegrea hanno lasciato annotare fluttuazione dei parametri controllati con una tendenza al rialzo dei valori registrati, generando preoccupazioni per l'evidenza di squilibri di tutto rispetto che gli scienziati hanno definito di livello medio.

Nella condizione di livello di allerta giallo medio, i parametri geofisici e geochimici che potrebbero variare sono questi riportati di seguito:

  • Sollevamento del centro della caldera con velocità media a generale geometria radiale.
  • Sismicità vulcanico – tettonica frequente con Md massima sporadicamente compresa tra 4 – 4,5.
  • Moderato aumento della componente magmatica nei gas fumarolici. 
  • aumento dei flussi di anidride carbonica e dell’estensione delle aree di degassamento.
  • Ulteriori variazioni dei valori di P e T di equilibrio del sistema idrotermale.

Per quanto riguarda la possibile insorgenza di fenomeni pericolosi dettati da questa condizione di disequilibrio (medio), questi possiamo così riassumerli:

  • Concentrazione di CO2 e altri gas (H2S) potenzialmente dannosi per la salute umana in prossimità delle zone di emissione (anche diffusa); in zone sottovento, morfologicamente depresse o in luoghi chiusi.
  • Scuotimento sismico da lieve a occasionalmente intenso nelle aree epicentrali.
  • Esplosioni freatiche localizzate in aree con intensa attività idrotermale.
  • Frane sismo indotte in prossimità delle aree epicentrali.

Nella mappa sottostante è evidenziata la zona dove i fenomeni appena indicati, intesi come precursori vulcanici o comunque come processi di rimodulazione degli equilibri chimici e fisici che avvengono incessantemente nel sottosuolo calderico, possono manifestarsi con una certa intensità, incidenza e persistenza e pericolo. 

E' di tutta evidenza che l'area viola ricalca per intero i confini della zona bradisismica ristretta e allargata, che conta complessivamente circa 85.000 abitanti che risiedono, ricordiamolo, in un'area caratterizzata nel sottosuolo profondo da magma e da un sistema idrotermale pressurizzato.  Il centro radiale del bradisismo corrisponde al rione Terra di Pozzuoli, che è anche il punto che maggiormente si è innalzato negli ultimi venti anni, per quasi 150 cm. di altezza.



La commissione grandi rischi ha chiarito che i livelli di allerta rappresentano un indice legato alla variazione dei parametri fisici e chimici del vulcano, che danno vita, secondo un incedere teoricamente progressivo, al potenziale pericolo eruttivo o comunque a una recrudescenza di fenomeni che in ogni caso non si possono sottovalutare per pericolosità.

Purtuttavia, stante la impossibilità di epurare tutte le incertezze che sussistono nella materia geo vulcanologica, non si può escludere che i passaggi da un livello di allerta all'altro possano avvenire con una temporalità non lineare, così come si potrebbe andare incontro addirittura a un salto di colore. Per esempio, si potrebbe passare direttamente dal giallo medio al rosso. Ovviamente quest'ultima  eventualità potrebbe mettere totalmente in crisi i piani di evacuazione della popolazione che, ricordiamolo, sono basati su un tempo di 72 ore a disposizione. D'altro canto un "salto" di livello di allerta direttamente sul rosso, innescherebbe la fase operativa di allarme evacuativo con sovrapposizioni di funzioni e procedure sicuramente deleterie per l’organizzazione complessiva dei soccorsi, che in un contesto generalizzato di panico, dovrebbero svuotare pure ospedali e cliniche e musei e carceri contemporaneamente alla popolazione della zona rossa che conta 550.000 residenti. Tra l'altro non ci si faccia ingannare dall'area violacea: se l'eruzione singola o multipla dovesse avvenire proprio in questo settore, qui si manifesterebbero le prime dirompenze, ma i prodotti piroclastici si disperderebbero in quota per decine di chilometri per poi ricadere, e le nubi ardenti dilagherebbero ben oltre i confini del semicerchio viola.

Queste possibilità seppur minime di dover affrontare improvvisamente l'allarme eruttivo, dovrebbero consigliare prudenzialmente la realizzazione di un piano B contenente le istruzioni per allontanarsi dall'area flegrea anche in una condizione di emergenza dettata dalla chiara percezione dei prodromi pre eruttivi, se non addirittura con eruzione in corso.

Occorre dire che, specialmente in questo distretto vulcanico dove per plurisecolare quiescenza non si hanno dati certi sulla quantità e qualità e perduranza dei prodromi che anticipano un'eruzione, la previsione del fenomeno eruttivo rimane inevitabilmente un processo probabilistico, dove non si possono escludere condizioni di falsi allarmi o mancati allarmi. D'altra parte non è neanche possibile valutare in anticipo l’intensità dell'eruzione…

Neppure l'avanzatissima dotazione strumentale di monitoraggio gestita  dall’osservatorio vesuviano può garantire affidabilità previsionistiche. Questo perché le apparecchiature elettroniche non fanno previsioni ma producono numeri, di precisione assoluta ma numeri, e proprio perché non esistono valori di riferimento codificati o esperienze pregresse, la previsione dell’evento vulcanico  qui e in genere, rimane ancora oggi un procedimento “manuale” in capo alla commissione grandi rischi. Questo vuol dire pure che forse non si ha quel controllo diretto sul magma e sulla sua eventuale ascesa come ci è stato raccontato negli ultimi anni…

Che doveva esserci un aumento del livello di allerta vulcanica nei Campi Flegrei era  scontato ed era già nelle pieghe del pensiero della commissione grandi rischi, insediatasi nel 2023, e se non avessero allargata la maglia delle soglie duplicando i colori, forse oggi potevamo trovarci già negli spazi arancione. Infatti, i dati confermano un aumento costante del bradisismo con un sollevamento nelle ultime settimane di 2,5 cm. al mese con relativo incremento della sismicità che conta 165 terremoti nella settimana dal 3 al 9 novembre 2025. Anche il sistema idrotermale lascia registrare un aumento delle temperature e delle pressioni e dei flussi gassosi fumarolici dispersi in atmosfera. Variazioni che certamente non possono lasciare indifferenti coloro che sono preposti a garantire la sicurezza a tutti i livelli.

L'elemento che ci lascia perplessi come sempre, è quello legato all'utilizzo  che si fanno dei dati geochimici e geofisici nel loro insieme, e che in ultima analisi vengono utilizzati monotematicamente solo per rappresentare livelli di pericolosità e fasi operative. Una tabella denominata dei livelli di allerta che ha un apice drammatico, dovrebbe avere conseguenze non solo nella risposta operativa, tra l'altro francamente e inevitabilmente limitata per tutte le incertezze che governano la materia, ma i dati sulla pericolosità dell'area calderica, dovrebbero essere innanzitutto utilizzati per incentivare la prevenzione della catastrofe vulcanica, soprattutto da parte di chi è deputato al governo del territorio vulcanico.

Eppure le autorità politiche contrariamente alla logica non elettorale, parlano di resilienza, di bonus, superbonus, di finanziamenti statali ed europei, proponendo una persistenza abitativa purtroppo ammantata di rischio. È il caso di ricordare che pure rinforzando al massimo i palazzi, questi non offrono alcuna difesa da una eruzione che potrebbe generare flussi piroclastici da una bocca o più bocche eruttive non individuabili prima. Così come non si è scevri dal pericolo dei gas che si sprigionano dal sottosuolo, soprattutto in concomitanza con lo stimolo sismico. D'altro canto pure i fabbricati rinforzati alla stregua di un bunker, devono fare i conti con un bradisismo ora ascendente e il rischio di eruzioni freatiche, soprattutto nelle zone dove la componente idrotermale è palesemente manifesta.

I fabbricati che già oggi sono inabitabili, forse dovrebbero rimanere tali, e i proprietari forse farebbero bene a chiedere l'assegnazione di una magione fuori dalla zona rossa, in modo da garantirsi una serenità abitativa... Le autorità non dovrebbero incunearsi e impasticciarsi in pratiche risarcitorie monetizzabili, perché il sistema dei valori e degli aggiusti presunti o reali della parte e della controparte tende a ingolfarsi nonostante la mediazione dell'autorità locale che a volte non è risolutiva: anzi... Lo Stato allora, forse dovrebbe offrire case in luoghi sicuri e non soldi difficili da quantizzare e da spendere…

                                                                                 Vincenzo Savarese













mercoledì 24 novembre 2021

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: la zona rossa 2? ...di Malko

 


La dott.ssa Bianco, dirigente dell’osservatorio vesuviano, in una recente intervista ha chiarito che i terremoti a bassissima intensità registrati nei Campi Flegrei, sono legati al fenomeno del bradisismo che nell’area del Rione Terra ha superato gli 80 centimetri. Non c’è nulla da temere nell’immediato, ripete, così come la bassissima energia dei sismi non dovrebbe preoccupare neanche da un punto di vista della staticità degli edifici, soprattutto se questi non sono particolarmente fatiscenti. Chi vive in quest’area, prosegue la scienziata, in ogni caso deve avere contezza del dove vive, e deve essere pronta ad evacuare all’occorrenza, osservando le istruzioni di un piano di emergenza che, assicura, esiste! Quest’ultima affermazione rilasciata come pillola finale non richiesta di verità inconfutabile, forse è frutto dello zelo, ovvero del senso di appartenenza a un’organizzazione (Protezione Civile), più vasta e interistituzionale, che apprezza il sostegno ideologico al sistema. 

La nota pragmatica riassunta nel verbo esiste, forse serve a rispondere ai detrattori del piano di emergenza e di evacuazione flegreo, visto che qualcuno ritiene il documento di base sottostimato per l’assunzione di scenari eruttivi inadeguati alla incognita vulcanica, e qualcun altro è scettico sull’efficacia di un piano evacuativo basato su criteri tutto sommato da esercizio aritmetico disconnesso dalla realtà territoriale. Che ci sia un corposo dossier agli atti chiamato piano di evacuazione a fronte del rischio vulcanico nei Campi Flegrei, non ci sono dubbi ed è depositato nei cassetti comunali da alcuni anni. Che nelle pagine del piano di “allontanamento” siano indicate le migliori soluzioni per mettere in salvo all’occorrenza i 550.000 cittadini che affollano il flegreo, è opinabile ma non per le istituzioni che rifuggono dalle critiche serrando le file. 

La base di partenza per la stesura di un piano di emergenza, è la determinazione delle fenomenologie pericolose che accompagnano l’eruzione, e le zone dove queste energie deleterie per la vita umana possono abbattersi. A fronte del rischio eruttivo, il Vesuvio e i Campi Flegrei hanno molte similitudini legate alla comune indole esplosiva, come ad esempio la concreta possibilità che si generino correnti piroclastiche e da subito una massiccia pioggia di cenere e lapilli. La zona invadibile dalle correnti piroclastiche (R1), viene circoscritta e inquadrata come zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Il settore (R2), invece, appena fuori portata dei flussi piroclastici e in linea con i venti predominanti che soffiano generalmente e statisticamente verso est, per il fatto di essere sottoposto per un buon tratto alla nutrita pioggia di cenere e lapilli, deve essere parimenti evacuato contemporaneamente alla zona rossa fuoco (R1). Nella mappa in basso rappresentante l’area vesuviana, si nota la zona rossa 1 (R1), la rossa 2 (R2) con qualche buco (n.d.r.), la zona blu a nord e quella gialla ad estensione variabile.



I motivi per i quali si deve abbandonare la zona rossa 2 con la stessa velocità di fuga dalla zona rossa 1, sono racchiusi nell'immediatezza del fenomeno di ricaduta dei prodotti piroclastici, che si depositano al suolo con spessori incalzanti di circa 15 centimetri ora, e la cui diffusione nell'aria comporta una perdita di visibilità, il possibile spegnimento dei motori e severe difficoltà respiratorie e agli occhi per il contatto con minuto materiale siliceo: tutti disagi a gravità variabile, soprattutto in danno a vecchi e bambini. 

La pioggia di piroclastiti sul centro storico di Napoli sarebbe preoccupante, calcolando una modesta resistenza dei piatti solai di copertura dei vecchi fabbricati, così come gli accumuli nelle strade che diventerebbero problematici soprattutto nei vicoli, tra l'altro comprendenti a volte abitazioni striminzite ubicate al piano terra e a fronte strada (bassi). 

Il piano di emergenza dei Campi Flegrei parte con una défaillance iniziale dettata dalla mancata determinazione della zona rossa 2 che non potrà fare a meno prima o poi di essere evidenziata, e che inevitabilmente dovrà comprendere il centro storico di Napoli e con esso i quartieri Pendino, Mercato, San Lorenzo e Vicaria, cioè quelli che ospitano la stazione centrale ferroviaria di piazza Garibaldi. Non si capisce allora  la tattica di salvaguardia, atteso che i cittadini di Pozzuoli non in grado di spostarsi con mezzi autonomi, secondo le indicazioni del piano dovranno essere trasportati con bus dai punti di attesa comunali all’area d’incontro individuata a piazza Garibaldi: da lì gli evacuati dovrebbero proseguire in treno per la Lombardia. L’area d’incontro intanto non dovrebbe corrispondere per strategia con un settore (zona rossa 2) a sua volta da evacuare tempestivamente… 

Nella figura in basso con un disegno esplicativo si è assunto a mo' d'esempio un centro eruttivo corrispondente a uno dei fuochi (a est) insiti nell'ellisse calderica flegrea. Nei documenti ufficiali è pubblicizzata la zona rossa 1 e gialla, mentre manca completamente la zona rossa 2.


La prima regola che doveva varare la politica nel flegreo, doveva essere quella di non implementare i fattori di rischio evitando innanzitutto che nelle zone ad alta pericolosità vulcanica, si continuino ad erigere fabbricati ad uso residenziale. Per l’area vesuviana è stata varata la legge anti cemento 21/2003 a firma di Bassolino: disposti in tutti i casi erosi dall’abusivismo e dai tentativi di mitigare le norme a cura di alcune cordate politiche. Per l’area dei Campi Flegrei, solo di recente “scoperta” come zona vulcanica, sul tema del vincolo anti cemento non si notano interessi civici, ma solo quelli affaristici legati alla spianata di Bagnoli: l’area ad altissimo rischio vulcanico offerta alla speculazione edilizia di lusso. Non ci sono politici che perorano degnamente questa causa perché non porta voti: meglio pubblicizzare le piste ciclabili allora, che hanno estimatori trasversali e il pregio racchiuso in un argomento che francamente non impone serrate battaglie intellettuali. 

Il dato da tener presente è che i Campi Flegrei e il Vesuvio sono posti quasi sullo stesso parallelo, forse su un'unica camera magmatica, a una distanza tra di loro risibile al punto che i due distretti vulcanici sono collegati da un servizio ferroviario metropolitano. In questo caso la statistica degli esposti deve fare i conti probabilistici non già con un solo apparato ma con due. 

Nel documentario Sotto il vulcano, trasmesso da Rai 2, si è palesata una buona organizzazione che comunque ad oggi ancora non supera le incognite del sottosuolo dal punto di vista della previsione delle eruzioni, anche se il documento filmato ha avuto il pregio di essere maggiormente pragmatico rispetto ad alcune dichiarazioni alla camomilla rilasciate da esperti del ramo. Oltre all'INGV e alla commissione grandi rischi, nell'entourage tecnico scientifico e amministrativo metropolitano, si contano figure competenti come la direttrice Bianco dell'osservatorio vesuviano, il prof. Rosi consigliere del Comune di Pozzuoli, il sindaco Manfredi di Napoli e Figliolia di Pozzuoli, così come l'assessore comunale alla protezione civile di Napoli, ing. Edoardo Cosenza, veterano del rischio vulcanico. Ebbene, forse è il caso che dette autorità forniscano elementi sulla zona rossa 2 flegrea, atteso che la prima curva di isocarico delle piroclastiti interessa inequivocabilmente il centro storico di Napoli.






 


lunedì 18 ottobre 2021

Rischio Vesuvio: un pericolo dimenticato... di MalKo

 


Foto aerea dell'interno del cono del Vesuvio

Il pericolo eruttivo dettato dal Vesuvio fu “scoperto” sul finire degli anni ’80 con interlocuzioni sull’argomento intercorse tra le principali istituzioni competenti in auge in quel periodo: la presidenza del consiglio col ministro delegato, la prefettura di Napoli, l’osservatorio vesuviano, i vigili del fuoco e la provincia di Napoli.

La prefettura in quegli anni aveva competenze notevoli sulla gestione delle emergenze, innanzitutto perché il pericolo vulcanico rientrava territorialmente nel piano provinciale d’intervento. Il problema della prefettura ieri come oggi, è che non ha una grande memoria storica se non generalista sui rischi naturali che tratta, perché cambiano i componenti che ruotano tra uffici e sedi, e ogni volta con le nuove nomine bisogna ricominciare tutto daccapo, in un contesto in cui le tematiche vulcaniche vengono troppo spesso sopraffatte da molte e più cogenti necessità quotidiane. La prima regola delle prefetture intanto è quella di non allarmare…

In quegli anni e su input del compianto ispettore regionale dei vigili del fuoco, ing. Alberto d’Errico, cercammo di capire che cosa avremmo potuto trovarci di fronte in caso di eruzione. Intanto c’erano alcuni punti fermi da cui partire per procedere a una disanima della situazione qui riassumibile:

  • non è possibile prevedere deterministicamente il momento delle dirompenze vulcaniche;
  • non è possibile valutare in anticipo la tipologia eruttiva della prossima eruzione al Vesuvio        che può avere carattere ultra stromboliano (VEI3), sub pliniano (VEI4) o pliniano (VEI5);
  • non c’è ombrello o barriera capace di proteggere le popolazioni ubicate in zona rossa dagli   effetti deleteri di un’eruzione esplosiva;
  • non è possibile garantire interventi delle squadre di soccorso con eruzione in corso.

Le chance, oggi come allora, in assenza di pratiche di prevenzione strutturali, sono tutte racchiuse in procedure meramente emergenziali: cioè, in caso di allarme vulcanico, occorrerà spostare in tempo rapidi e a una distanza di sicurezza (d), tutti i cittadini della zona rossa, onde sottrarli dal possibile dilagare delle micidiali colate piroclastiche.


by Malko

Nell’odierno la situazione è quella suggerita dalla prima immagine a sinistra (Fig. A): si noti la totale promiscuità della vita umana col pericolo vulcanico. La figura B illustra invece la tattica di salvaguardia vigente, consistente nell’interporre una distanza di sicurezza (d) tra popolazione e fenomeni eruttivi, ma solo nel momento in cui dovesse palesarsi l’approssimarsi di un’eruzione.

La commissione grandi rischi (CGR), sentito l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e valutata la relazione redatta da un consesso di esperti nominati, è stata chiamata un po’ di anni fa a indicare da quale tipologia eruttiva occorrerà difendersi in futuro: notizia indispensabile per definire i limiti della zona rossa e quindi il numero di cittadini da evacuare che dovranno essere spostati dal centro eruttivo alla distanza (d).

Ebbene, la CGR accettò l’indicazione probabilistica sponsorizzato da alcuni ricercatori dell’INGV, tra cui il Dott. Marzocchi, adottando un’eruzione di taglia VEI 4 come evento massimo alla base dei piani di emergenza. Occorre anche dire che i previsori hanno indicato come eruzione probabile un evento VEI3 (ultra stromboliano) mentre una pliniana VEI5 è stata completamente esclusa dal ventaglio delle possibilità. La Commissione Grandi Rischi con motu proprio ebbe ad assumere la linea nera della ricercatrice Lucia Gurioli, come limite scientifico d’invasione dei flussi piroclastici con energie VEI4. Il segmento curvilineo in questione, fu ricavato da rilievi campali.

Rispetto alla vecchia zona rossa formata da 18 comuni, sono state inserite nel perimetro a rischio piccole porzioni di territorio non prima contemplate, come ad esempio quelle orientali delle municipalità napoletane di Ponticelli, San Giovanni a Teduccio e Barra. Di contro ci sono vaste aree comunali che debordano oltre la linea nera Gurioli (mappa in basso) e che andavano liberate da vincoli di alta pericolosità come suggerì lo stesso consesso di esperti a proposito di Torre Annunziata.

Linea nera Gurioli: limite scientifico di scorrimento dei flussi piroclastici al Vesuvio

L’ex assessore alla protezione civile della regione Campania, Ing. Cosenza, in tutti i casi decise di mantenere i confini amministrativi precedenti della vecchia zona rossa (18 comuni) integrati da tutti i territori ricadenti nel perimetro Gurioli con estensione per le new entry fissata dai consigli comunali. L’innovazione che fu introdotta, fu l’instaurazione della zona rossa 2 da evacuare all’occorrenza con la stessa urgenza prevista per la zona rossa 1. La pubblicità battente fu quella che la regione aveva ampliato di molto la zona rossa da evacuare per motivi precauzionali. Pubblicità progresso diremmo…Nella realtà l’ampliamento è stato solo di taglio operativo (evacuazione), ma non preventivo atteso che i comuni di Poggiomarino e Scafati pur aggettandosi verso l’apparato vulcanico ben oltre i limiti orientali della cittadina di Boscoreale, non hanno controindicazioni all’edilizia residenziale, perché sono classificati a pericolosità vulcanica e non ad alta pericolosità vulcanica (legge regionale 21 del 2003).

In termini operativi occorre tener presente che non sono possibili interventi di soccorso con eruzione in corso: ne consegue, che tutto ciò che è possibile fare per salvaguardare i vesuviani, occorre farlo col supporto delle istituzioni competenti ma ben prima dell’evento eruttivo. Con eruzione in corso, qualora non sia stata completata l'evacuazione, eventuali necessità di soccorso dovrebbero confidare soprattutto nell’organizzazione comunale, che non deve essere passiva in un contesto emergenziale di questa portata. Inoltre, non è possibile durante l’eruzione l’impiego di elicotteri per evitare il blocco delle turbine e la ridotta visibilità dovuta alle abrasioni sui plexiglass della cabina di pilotaggio, causate dal silicio (cenere) in sospensione.

Sulla previsione dell’evento vulcanico in tempi più che utili per l’evacuazione, la direttrice dell’osservatorio vesuviano ha espresso il suo totale ottimismo confidando sul fatto che le attrezzature di monitoraggio di cui dispone, sono in grado di cogliere l’eventuale ascesa del magma verso la camera magmatica superficiale con largo anticipo. Il riempimento di questo serbatoio ubicato ad alcuni chilometri di profondità, è ritenuto dalla dirigente il vero indicatore di pericolosità vulcanica. Alla domanda circa la tipologia eruttiva correlabile ai tempi di quiescenza, la Dott.ssa Bianco ha affermato che il perdurare della pace vulcanica, finanche secolare, non incide sulla futura intensità eruttiva. Solo nuovi studi e ricerche possono modificare l’eruzione di riferimento (VEI4), tant'è che se la ricerca non farà passi in avanti, il parametro VEI 4 quale intensità eruttiva massima attesa è immutabile nei secoli…

La mappa sottostante offre una chiara visione della situazione attuale. Come si vede la zona rossa 1 è quella dove è possibile il dilagare di flussi piroclastici. La zona rossa 2 invece è particolarmente soggetta alla pioggia di piroclastiti che potrebbe far crollare i solai piatti e meno resistenti e rendere impossibile la permanenza in zona a causa della sospensione in aria delle ceneri vulcaniche. La zona rossa 1 e rossa 2 sono un unicum da evacuare prima dell’eruzione. La zona a nord del Vesuvio (zona Blu) invece, è quella allagabile dalle acque meteoriche che accompagnano l’eruzione, con ristagni che possono superare anche i due metri di altezza soprattutto nella conca di Nola.


Mappa della pericolosità vulcanica al Vesuvio con le tre zone

In termini di prevenzione siamo lontani dalle esigenze che dovrebbero accompagnare il rischio vulcanico, perché nella zona rossa ma anche nei comuni di Volla e Striano viciniori alla perimetrazione di alta pericolosità, è ancora possibile l’incremento abitativo con normale licenza edilizia. Chi compra casa nelle zone ad est del Vesuvio, deve tener presente che qualsiasi tipologia eruttiva comporterebbe statisticamente la necessità di salvaguardarsi dalla pioggia di cenere e lapilli.  

La cartina sottostante mostra la linea nera Gurioli e in giallo il dilagare dei flussi piroclastici in seno alle eruzioni pliniane (VEI5) di circa 4000 anni fa (Pomici di Avellino) e di circa 2000 anni fa (Pompei). Dalle superfici coinvolti s’intuisce la necessità che non vengano sottovalutate le pratiche di prevenzione delle catastrofi in favore delle generazioni future che popoleranno la plaga vesuviana. Nelle zone VEI 5 non c’è alcuna regola edilizia (non diciamo vincoli ma almeno regole). Di fatto, escludendo una maggiore intensità eruttiva dettata dallo scorrere del tempo, si sta offrendo sponda alla conurbazione nella zona rossa pliniana.


Mappa tratta dalla pubblicazione: Pyroclastic flow hazard assessment at
Somma-Vesuvius based on the geological record di Lucia Gurioli

Nei Campi Flegrei la situazione non è migliore: anzi. Innanzitutto perché vige uno stato di attenzione; poi non c’è un vincolo vulcanico capace di tenere a freno l’edilizia residenziale, e quindi il tempo giuoca doppiamente a sfavore. Di contro non è possibile stabilire in anticipo il centro o i centri eruttivi della futura eruzione. Un’altra nota che crea apprensione, è che bisogna fare i conti con un indice di pericolosità vulcanica che al momento possiamo dire che varia in ragione dell’incremento bradisismico; dato altalenante e vivace, ma soprattutto potrebbe repentinamente cambiare. Anche in questa zona i soccorsi con eruzione in corso non sono possibili.

                                                                 


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