![]() |
Il Golfo di Pozzuoli visto da Monte Nuovo. |
Il 18 febbraio 2025 presso le strutture comunali di Pozzuoli
si è tenuto un dibattito pubblico sul bradisismo. Il direttore
dell’osservatorio vesuviano ha aperto il confronto con una premessa tendente a
sottolineare pure l’impegno indefesso del personale INGV ubicato negli uffici di Bagnoli.
Un’attività di sorveglianza strumentale, precisa il dirigente, che si sviluppa anche nella
parte calderica sottomarina che ha dinamiche simili a quella terrestre. Il
sindaco di Pozzuoli invece, incalzato dai partecipanti, a un certo punto ha sbottato chiamando in causa l’inerzia delle
istituzioni che per quarant’anni non hanno fatto niente: osservatorio
vesuviano compreso…
Il nuovo capo dipartimento della protezione civile ha
tentato di mantenere il dibattito a un livello accettabile, riferendo in un
impeto di verità e sotto la spinta incalzante di una domanda, che se i terremoti
dovessero arrivare o superare la soglia del 5° Richter, cadono i palazzi e conto
i morti: funziona così!
L’assessore alla protezione civile del comune di Napoli invece,
successivamente e a proposito del bradisismo, ha dichiarato che:<< la natura del problema è una degassificazione della massa di
magma. Questa massa è ferma ma c’è un gas che sale e spinge, questa è la genesi
del bradisismo che esiste da molte migliaia di anni>>. Se l’assessore ci assicura che il magma è
fermo, l’osservatorio vesuviano da tempo ribadisce che grazie alle
strumentazioni multi parametriche disseminate nella caldera a mare e in terra, ai loro
strumenti non sfuggirebbe una eventuale ascesa del magma, consentendo così di allertare per tempo il dipartimento della protezione civile...
Notizie rassicuranti... d’altra parte invece, occorre aggiungere che nessuno è in grado di sancire con certezza quale sia la genesi del bradisismo, anche se il fenomeno in modo diretto o indiretto è inequivocabilmente legato alla presenza del magma nel sottosuolo, che forse, e per la parte intrusiva, sembra che giaccia a pochi chilometri di profondità. Secondo teorie che vanno per la maggiore, da questo ammasso rovente vengono rilasciate enormi quantità di gas, che diffondono calore attraversando gli acquiferi che si trasformano in vapore surriscaldato, producendo rigonfiamenti crostali fino ai limiti di rottura degli ammassi litoidi sovrastanti, generando così terremoti.
![]() |
Zona bradisismica e zona bradisismica ristretta (colore lilla). |
L’incertezza c’è, perché in assenza di teorie deterministiche non si può escludere che il magma invece di trovarsi in una condizione statica si muova, magari periodicamente, magari lentamente e compulsivamente per effetto degli attriti, in tutti i casi spaccando e fessurando gli strati rocciosi, favorendo così il rilascio di calore per irraggiamento e convezione, generando nelle interfacce tra fluidi e rocce fuse sovrappressioni importanti. Non si può neanche escludere una via di mezzo tra le due teorie che prevedono un magma statico ma a tratti anche dinamico.
In sintesi, l’incertezza scientifica circa le cause del
bradisismo nei Campi Flegrei continua ad essere tale: un po’ più certa invece,
è la constatazione che i tempi d’intervallo tra una crisi bradisismica e l’atra
sembra si siano accorciati. Gli ipocentri dei terremoti rimangono superficiali e racchiusi
in un ambito calderico puteolano e poco oltre, così come le emanazioni gassose lasciano registrare portate volumetriche più da vulcano attivo che quiescente. Quanto possano
essere preoccupanti questi segnali d’irrequietezza del vulcano, ce lo potrà dire solo la commissione grandi rischi.
In assenza di uno studio che metta fine alle perplessità scientifiche, dovrà essere compito precipuo delle maestranze istituzionali, lavorare in termini di prevenzione sui pericoli insiti in questo territorio, senza affezionarsi a quello sismico sminuendo quello vulcanico magari perchè portatore di deterrenza all'edilizia residenziale. Ricordiamo la profonda differenza che sussiste tra i due pericoli entrambi di origine naturale. Quello sismico comporta all’occorrenza l’allontanamento di poche decine di metri dal fabbricato per mettersi al sicuro: una misura prudenziale soprattutto se lo stabile non è integro o antisismico. Per il pericolo vulcanico invece, è necessario allontanarsi dalla zona rossa flegrea a prescindere dalla resistenza strutturale dei palazzi, delle ville, delle abitazioni, che rimane un dato totalmente ininfluente.
Anche sui tempi di comparsa del pericolo c’è differenza:
quello sismico ancorchè imprevedibile è di subitanea percezione fisica. Il
pericolo vulcanico invece, nella sua forma massima dettata dall’innalzamento
della colonna eruttiva, è un evento che forse e auspicabilmente potrebbe
essere previsto ore prima dal centro di monitoraggio preposto a vagliare tutti i sintomi
preeruttivi. L'analisi dei dati verrebbero condivisi con la commissione grandi rischi, che dovrà all'occorrenza esprimere un parere finale sull'allerta vulcanica. L’allarme in tutti i casi potrà essere diramato solo dalla
presidenza del consiglio dei ministri.
Alla fine parliamo di due condizioni di rischio, quello sismico e quello vulcanico, a cui si aggiunge il pericolo insidioso delle eruzioni freatiche che potrebbero accompagnarsi a notevoli emissioni gassose che pure non vanno sottovalutate. Ci si può sottrarre definitivamente da questi rischi potenziali, solo andando a risiedere fuori dalla zona rossa dei Campi Flegrei. Con questi presupposti, francamente le politiche di resilienza gridate a vessillo di autodeterminazione del popolo puteolano, sono di difficile comprensione, diremmo di non senso, perché dei fenomeni che stiamo discutendo non v'è alcun indice di durata conosciuto. Quindi non si tratta di resistere qualche anno, bensì per chissà quante generazioni. D’altro canto sono gli stessi esperti che, discutendo del bradisismo, lo definiscono un fenomeno ultra millenario… Allora quella sulla resilienza è una propaganda non innocua, perché questo pourparler potrebbe non fare gli interessi delle popolazioni esposte, ma neanche di quelle future, visto che erediteranno manufatti e bel panorama, ma con tanto di rischio annesso.
C'è poi l'idea avanzata dall’intergruppo Sviluppo Sud, Aree Fragili e Isole Minori, di utilizzare il patrimonio edilizio dell'entroterra campano che, per una serie di motivi è stato abbandonato, e che secondo le loro valutazioni può essere utilmente riutilizzato dai cittadini che all'occorrenza devono evacuare i territori vulcanici napoletani. Occorre dire nel merito, che se certi territori si sono spopolati sicuramente la motivazione dovrebbe essere ricercata nella mancanza di servizi, di lavoro e di moderni ed efficaci sistemi di collegamento ferroviario e viario senza contare la denatalità incalzante. E poi queste dimore come verrebbero assegnate e a che titolo agli evacuati: comodato d'uso? Vendita? Affitto? E chi dovrebbe provvedere intanto alla loro manutenzione e riqualificazione antisismica straordinaria e periodica? Lo Stato non può assegnare strutture fatiscenti e vulnerabili sismicamente o peggio ancora soggette a frane e alluvioni a cittadini in fuga dall'eruzione. E in linea di principio non può neanche assegnare una abitazione a chi una casa già ce l'ha... Diverso sarebbe il discorso post eruzione, ma siamo sicuri che in questo caso buona parte dei cittadini allontanati pretenderebbero una dimora a ridosso delle grandi città campane, col fine di rinascere dalla catastrofe.
Da un punto di vista tecnico, la criticità attuale della caldera flegrea è racchiusa negli intervalli delle crisi bradisismiche che sono sempre più brevi mentre i sismi più intensi e l'insieme è accompagnato da incertezza interpretativa sul rischio vulcanico. In prima battuta bisogna fare i conti con i terremoti proprio in ragione della loro frequenza. Per assicurare protezione, è possibile stanziarsi in via provvisoria in tende, roulotte o container possibilmente non particolarmente in vista per motivi di privacy. L’utilizzo di strutture temporanee che dovrebbero sorgere secondo alcune logiche fuori dalla zona bradisismica, risolverebbe in una certa misura il problema dell’incolumità fisica, senza che si occupino strutture di pubblica utilità come le scuole. A proposito delle scuole, sarà sempre il capo d'istituto a decidere l'eventuale abbandono dell'edificio scolastico susseguentemente a una scossa di terremoto. La percezione del pericolo infatti, è in capo a chi sta sul posto e ha un ruolo decisionale.
La qualificazione sismica di tutti i fabbricati a partire da quelli pubblici e strategici ubicati all'interno della zona bradisismica, potrebbe essere l’unica strada percorribile nella direzione della prevenzione strutturale di difesa dai terremoti. Purtroppo neanche il più nervato dei fabbricati, pubblico o privato o strategico che sia, ancorché ricco di acciaio e cemento, può fronteggiare la minaccia vulcanica, che racchiude in sé fenomeni altamente distruttivi e incompatibili con la vita umana.
Volendo fare un discorso completo e magari impopolare, occorre dire che nel puteolano si potrebbe concretizzare un paradosso, un caso limite, cioè di edifici destinatari di risorse economiche importanti, e quindi abbattuti e ricostruiti o ristrutturati e riqualificati e resi antisismici che, per manifesto pericolo vulcanico, dovrebbero essere immediatamente abbandonati per dare corso all'evacuazione dalla zona rossa.
E allora questa premessa chiama in causa le responsabilità politiche, perché la riqualificazione antisismica degli edifici se avverrà a spese dello Stato, sarà merito di tutti gli italiani chiamati a collaborare per la parte economica attraverso le tasse. Allora il buon amministratore della cosa pubblica, non può consentire di abbattere un fabbricato nella zona bradisismica ristretta destinataria di 3 livelli d’intervento d'emergenza, per poi ricostruire il manufatto nei dintorni e in ogni caso in zona rossa, cioè quell’area che può essere flagellata dai flussi e dalle ondate piroclastiche…
Se dovesse manifestarsi un’eruzione esplosiva, il comprensorio che ne subirebbe le conseguenze sarebbe ben più ampio del solo bacino bradisismico, addirittura potrebbe essere minacciata la stessa città di Napoli, quella storica, quella gialla, i cui contrafforti collinari di Posillipo potrebbero non essere sufficienti a proteggerla.
![]() |
zona rossa e gialla Campi Flegrei |
La possibilità che la prossima eruzione sia una fotocopia di quella che si manifestò nel 1538 con la nascita del Monte Nuovo, è una ipotesi in ogni caso non scevra da problematiche importanti, come quelle connesse all'applicazione del piano di evacuazione nella sua interezza, atteso che la zona è pesantemente urbanizzata. In tutti i casi, questa ipotesi sussurrata nei corridoi scientifici, non è una certezza asseverata da elementi probatori importanti, e quindi pur auspicandola nella peggiore delle ipotesi come male minore, non bisogna smettere di indicare l’intera caldera come settore a rischio. D’altra parte come più volte è stato detto, non si conosce neppure il punto eruttivo della futura eruzione, e neanche se la bocca sarà una sola.