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Rione Terra - Pozzuoli |
I Campi Flegrei sono una vasta caldera vulcanica che
caratterizza un luogo del Pianeta ancorchè dell’area occidentale metropolitana
di Napoli, dove è possibile che si verifichino eruzioni di tutto rispetto in
quello che di fatto è un super vulcano. L’ultimo evento eruttivo risale al 1538
e fu di modeste dimensioni. In tutti i casi sono 487 anni che la crosta pur con
sussulti, ingobbimenti e degassazioni, riesce a contenere le
masse magmatiche stipate a circa 8 – 10 chilometri nel sottosuolo calderico
senza dare spazio a dirompenze. Trattandosi di una copertura crostale
abbastanza fratturata, c’è chi ipotizza che si sia infiltrata qualche
intrusione magmatica fino a circa 3 chilometri dalla superficie. Questa
condizione porterebbe un ulteriore apporto al riscaldamento delle acque
idrotermali già surriscaldate dai fluidi magmatici, favorendo
ulteriormente il fenomeno del bradisismo e della sismicità
associata. L’ente ufficiale preposto al monitoraggio vulcanico (INGV) invece,
esclude questa possibilità intrusiva.
Dalle stesse spaccature della crosta superficiale, in alcuni
punti si sprigionano una gran quantità di gas prevalentemente di origine
magmatica, come l’anidride carbonica e l’idrogeno solforato: sostanze gassose
che vengono spinte in superficie e si diffondono nell’aria
soprattutto in concomitanza con eventi sismici che fessurano ulteriormente la
crosta e shakerano le acque gasate. Le pressioni
interne alla crosta superficiale deformano gli strati litoidi fino a spaccarli
inducendo i terremoti che, anche se non sono di elevata magnitudo, in ogni caso
sono temibili per la superficialità degli ipocentri. I danni in genere sono
riconducibili alla qualità dell’edificato e alle caratteristiche dei suoli di
fondazione.
Entrando nelle tematiche naturali che caratterizzano questo
territorio, diciamo subito che l’area calderica flegrea è una zona
multirischio, con fenomeni a diversa estensione e intensità e pericolo, che si
distinguono per la grande differenza esistente fra ogni singola manifestazione
naturale, e per quelli che sono gli intervalli di ritorno dei
fenomeni che non sono quantificabili. Ovviamente finché perdura il bradisismo, perdura
tutta la fenomenologia associabile al bradisismo che è legato alla radice magmatica
flegrea. Quindi dovrebbe essere piuttosto chiaro che una eruzione è un evento non
obliabile: rimane infatti un avvenimento fenomenale, potente, e naturalmente e purtroppo immanente in questi luoghi.
FENOMENO: |
Eruzione vulcanica |
Terremoti |
Bradisismo |
Emanazioni gassose |
ULTIMA
MANIFESTAZIONE: |
1538 |
Mm > 2 23/05/2025 |
In corso |
In corso |
TEMPI
DI RITORNO: |
Ignoti |
Ignoti |
Ignoti |
Ignoti |
Ognuno di questi fenomeni legati al vulcanesimo flegreo che
non è statico ma dinamico con implicazioni superficiali e profonde, sono di
fatto imponderabili nel loro incedere, e quindi non è possibile lanciarsi in
previsioni sul divenire delle cose che sono tutte figlie del famoso concetto del Panta rei. La constatazione poco rassicurante è che
tutte le tipologie di pericolo segnalate, con sintomi a
diversa intensità, sono in una certa misura da ritenersi ineluttabili, almeno
finché il sottosuolo dei Campi Flegrei avrà una consistente base magmatica a
profondità miriametrica. Tra l’altro le rocce fuse si estendono fino al
sottosuolo vesuviano, in quella che sembra sia una unica e vasta camera
magmatica: "un gran lago di magma" recitavano i media circa una decina di anni fa, anche se non ci sono evidenze di reciproche ingerenze tra i due distretti
vulcanici.
Secondo un emerito accademico salernitano invece, le eruzioni degli ultimi millenni nei Campi Flegrei vanno scemando in potenza, e dalle deformazioni della camera magmatica si capisce che i volumi di magma in gioco non sono eccessivi e sono stimabili in cento milioni di metri cubi: come una piccola collinetta. L'esperto continua affermando che in caso di eruzione ci si aspetta un evento simile a quello del 1538. In realtà i volumi di magma che interessarono quest'ultima eruzione, sono stati decisamente inferiori a quelli richiamati dall'esperto... Se l'eruzione tipo 1538 avvenisse sotto una città, secondo l'associato ed è lapalissiano, i problemi in ogni caso non mancherebbero. L'attesa di una eruzione simile a quella che diede vita al Monte Nuovo (H 133 metri), è condivisa senza conferme ufficiali da più scienziati. I piani di emergenza però, e lo ricordiamo, sono tarati su un evento massimo di tipo sub pliniano (VEI4).
Il fenomeno che preoccupa le popolazioni flegree,
spiccatamente puteolane, sono le puntate bradisismiche che caratterizzano
da secoli questi luoghi. Nel recente passato si segnalano le crisi bradisismiche del 1969/1972, e poi quella del
1982/1984. La terza puntata bradisismica, cioè quella attuale, è iniziata in
sordina il 2005, ma con una intensità via via crescente e resasi preoccupante
ad iniziare dal 2018. Il massimo sollevamento del suolo di 145 centimetri, misura provvisoria, si
registra sul fondo del mare a circa 500 metri a sud del Rione
Terra (Pozzuoli). Una eventuale controtendenza del bradisismo che potrebbe divenire
discendente, mitigherebbe di molto la componente sismica. Anche in questo
caso però, il pericolo vulcanico rimarrebbe intatto.
Affrontando l’argomento rischio pure da un punto di vista
tecnico, occorre sottolineare che nel flegreo sono percepibili dai sensi solo i
terremoti e le emanazioni gassose di idrogeno solforato per il loro
caratteristico odore di uova marce. I sismi quindi sono il fenomeno che coglie
la maggiore attenzione della popolazione, a causa della diretta percepibilità
dell’energia rilasciata nell’area dai sussulti crostali, non influenzabili in
alcun modo dalle condizioni ambientali.
L’altro fenomeno, quello delle emanazioni gassose dal sottosuolo che si diffondono nell’aria, come detto sono percepibili dall’olfatto solo per la componente idrogeno solforato: per quanto riguarda l’anidride carbonica invece, è il caso di ricordare che è un gas inodore e incolore; più pesante dell'aria e rilevabile in genere solo con apposite strumentazioni. Il sollevamento del suolo poi, è un fenomeno lentissimo, pari a circa mm. 0,05 al giorno, che è una misura che può anche variare nel tempo, ma in tutti i casi non è fisicamente percepibile direttamente dalla popolazione. Se lo fosse il pericolo sarebbe massimo e da gambe in spalla.
La percezione di un fenomeno allarmante è sicuramente un processo complesso proprio degli esseri viventi e quindi degli umani, ancorché fondamentale per poter comprendere e interpretare attraverso l'elaborazione delle informazioni fornite dai sensi, i pericoli derivanti dall'ambiente circostante. La risposta al pericolo spesso è la fuga che non sempre è ragionata e a volte è inconsulta: sovente dettata da una pressione psicologica che mina la lucidità mentale quando si è sotto minaccia. Nello schema sottostante si evidenzia la differenza tra un piano di evacuazione e un piano di allontanamento: la chiave comportamentale è proporzionale alla intensità con cui i sensi percepiscono il fenomeno nocivo o letale, con la variante dettata dalle informazioni che si hanno sulle caratteristiche del pericolo.
La componente amministrativa ai vari livelli ma anche quella
scientifica, sembrano orientate a scollegare dalla comprensione
collettiva i fenomeni naturali prima accennati dal rischio eruttivo. Una necessità considerata strategica per favorire probabilmente politiche di resilienza a fronte dei terremoti
ritenuti il vero problema di cui occuparsi nella zona d'intervento bradisismica. Apparentemente tali politiche sembrano convincenti, ma sarà proprio questa scaltra selezione dei pericoli che ha consentito al ministro Musumeci di poter dire che ci sono decine di lustri di ritardo nella prevenzione del rischio vulcanico. Cavalcare quindi la sola teoria sismica, è un modus operandi che assicura consensi popolari, ma che può essere sconfessato in qualsiasi momento; in tutti i
casi non sono manovre da grande politica, perchè possono minare le future necessità di sicurezza della popolazione intra calderica.
Alla base della minore sensibilità verso il rischio eruttivo dettato forse pure da un bisogno psicologico di obliarlo, c'è la mancata percezione da parte dei sensi della pericolosità vulcanica. Un pericolo che ha rendicontazione analitica e non direttamente percepita in assenza della colonna eruttiva, con processi informativi che coinvolgono varie istituzioni e amministrazioni spesso con linguaggi da pensiero unico sbilanciati su tutti i pericoli areali tranne quello vulcanico.
Nel flegreo ci sono segnali geofisici e geochimici che possono essere inquadrati come prodromi preeruttivi. Ebbene, questi segnali tra l'altro non corroborati da statistiche valutative pregresse che potrebbero indicare la tendenza dei fenomeni, sono tutti presenti nel flegreo, e ultimamente si nota un incremento della fenomenologia anche in ambito sub marino. Occorre chiarire però, che anche se siamo in presenza di squilibri geofisici e geochimici ben acclarati nel sottosuolo flegreo, questi segnali possono continuare per anni e senza che si manifesti una eruzione, così come in poco tempo potrebbero indicare una condizione pre eruttiva. In tutti i casi non ci sono garanzie deterministiche su quello che geologicamente può succedere...
A fronte di tante indecisioni sulla previsione del fenomeno eruttivo, nonostante rassicurazioni di prassi non vincolanti come testimoniano i bollettini emessi dall'osservatorio vesuviano, le uniche iniziative verso la sicurezza areale e che avrebbero un senso, riguardano la prevenzione strutturale come strategia passiva per ridurre il valore esposto (VE), e una concreta pianificazione di evacuazione come strumento attivo di protezione per separare in poche ore la popolazione dal pericolo eruttivo.
Partendo dal presupposto che la caldera è fisicamente inamovibile, allora, per separare gli uomini e le donne dal pericolo eruttivo, all'occorrenza prima che le dirompenze si manifestino con crudezza, occorre dare corso a un piano di evacuazione. Per forza di cose bisogna quindi agire sul valore esposto, cioè sulla popolazione (550.000 ab.), che dovrà essere spostata all’occorrenza ad una distanza (d) di circa 10/15 chilometri dai confini della zona rossa vulcanica. La direzione comando e controllo (DICOMAC) del dipartimento della protezione civile ad esempio, organo direttivo che si attiverà modularmente per gestire il pre allarme, e integralmente in caso di allarme, è ubicata a circa 30 chilometri a nord est di Pozzuoli. Un luogo che, per posizione geografica e distanza, dovrebbe risultare immune dalle fenomenologie eruttive: non si può dire lo stesso per la sede dell'osservatorio vesuviano... In tutti i casi, anche a piedi, in circa 3 ore, c’è la possibilità di mettersi fuori portata dagli effetti più deleteri di un’eruzione vulcanica. Questo significa che la segnalazione di percorsi pedonali per uscire fuori dalla zona rossa, potrebbe essere una tattica estrema per non farsi cogliere impreparati qualora l'eruzione dovesse iniziare a manifestarsi in un contesto di circolazione automobilistica totalmente compromessa dal caos. D'altro canto la lapide di Portici del 1632 diretta ai posteri parla chiaro sui comportamenti da adottare quando si dimora nel raggio d'azione di un vulcano...
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