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venerdì 5 gennaio 2018

Campi Flegrei 2018: la verità che mancava... di MalKo



Pozzuoli - L'area del Macellum

Un convegno geologico (27/28 novembre 2017) tenutosi a Napoli presso la sede dell’Osservatorio Vesuviano, ha consentito al ricercatore dell’INGV, Roberto Isaia, di dissertare sulla possibilità di un’eruzione freatica ai Campi Flegrei, improvvisa e senza precursori evidenti, magari favorita da una situazione di inquietezza del sottosuolo o da un’onda sismica capace di scuotere i terreni, producendo pericolosi e massivi rilasci di gas vulcanici che diromperebbero in superficie con boati fumarolici.

Il dato scientifico fa notizia perché il super vulcano dei Campi Flegrei è da alcuni anni già in uno stato di agitazione (attenzione), soprattutto nell’area della Solfatara - Pisciarelli.

La situazione è così riassumibile: si teme che in zona flegrea alcune intrusioni di magma si siano insinuate verso l’alto intrufolandosi tra le rocce... Il movimento avrebbe avvicinato il calore astenosferico alla superficie terrestre, dando vigore energetico alle acque che circolano copiose nel sottosuolo, generando vapori e surriscaldamenti critici, con un’azione chimica e fisica che indebolisce e deforma i sub strati di roccia e terra fin dove si cammina, rendendoli meno resistenti alle sovrappressioni. Le preoccupazioni allo stato dei fatti, onda o non onda sismica, ci sono quindi già tutte…

Zona rossa e gialla del super vulcano Campi Flegrei
Nel convegno napoletano è stato detto pure che gli stati di agitazione (unrest) che caratterizzano anche con il bradisismo il distretto vulcanico dei Campi Flegrei:<<non sempre regrediscono senza fenomeni eruttivi>>.   Una verità disarmante...

In questo contesto è stato pure sottolineato che il convegno scientifico sui Campi Flegrei sarebbe stato doveroso organizzarlo già da un po', perché le caratteristiche della caldera in esame non consentono di stare tranquilli e non è possibile azzardare accurate previsioni sui modi e sui tempi di una eventuale ripresa eruttiva. Il Dott. Giovanni Chiodini, geochimico dell’INGV e grande conoscitore dell’area flegrea, ha sottolineato che quello che succede nel sottosuolo calderico oggi e domani:<<…lo sa Dio>>, perché i progetti di ricerca inspiegabilmente segnano il passo.

Il Dott. Giuseppe De Natale ha sottolineato che gestire un’emergenza nel flegreo è problematico, perché i tempi di valutazione scientifica su aspetti geologici così indeterminati e complessi potrebbero essere superiori alle necessità operative di tutela, in quella che è un’area vulcanica particolarmente singolare.  

L’ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano ha anche suggerito un modello di piano di emergenza simile a quello adottato in Giappone per proteggersi dal vulcano Sakurajima, cioè l’evacuazione progressiva della popolazione in ragione dell’incremento del livello di allerta vulcanica. Una tale metodologia dice, potrebbe essere applicata ad esempio nella zona Solfatara – Pisciarelli… ( quella del progetto geotermico Scarfoglio?)

Il Dott. Giuseppe Mastrolorenzo ha invece invitato a chiarire i limiti della previsione degli eventi vulcanici che si fonda moltissimo su una sofisticata strumentazione capace di dare dati fisici e chimici del sottosuolo molto accurati ma fino all’attualità, senza per questo fornire nessuna indicazione nel secondo successivo. Il messaggio di Mastrolorenzo è perciò un invito a basarsi sulla prevenzione dei rischi piuttosto che sulla previsione dell’evento vulcanico che rimane ancora una meta da raggiungere.  Ovviamente il noto vulcanologo ha anche sottolineato e da tempo, la necessità di mettere a punto seri piani di emergenza ovvero di evacuazione delle aree vulcaniche napoletane, così da rendere operative le uniche misure di concreta salvaguardia delle popolazioni in caso di allarme.

Il capo della protezione civile nazionale, Angelo Borrelli, a margine del convegno tenutosi il 15 novembre 2017 a Pozzuoli su invito del sindaco Figliolia, non ha particolarmente tranquillizzato i presenti, perché ha preso sì un minimo di distanza dagli allarmisti, ma più ancora da coloro che affermavano il contrario, cioè che nel flegreo non ci sono elementi di pericoli su cui riflettere…

Le affermazioni del capo dipartimento sono state chiarissime e riportate anche nel bollettino emesso dal dipartimento della protezione civile che recita testualmente :<< In merito all’incontro informativo sullo stato di attività dei Campi Flegrei, avvenuto martedì scorso, 15 novembre, a Pozzuoli presso la sede del Centro Operativo di protezione civile del Comune, è necessario sottolineare che i messaggi chiave emersi dalla riunione sono lontani dalla semplificazione “non ci sono rischi, rassicurata la popolazione”, così come riportato da alcuni organi di stampa>>.

<<… Nella discussione è stato più volte ribadito che allo stato attuale non ci sono particolari motivi aggiuntivi di preoccupazione, ovvero, come confermato dagli scienziati, le variazioni dei parametri monitorati non sono tali da consigliare né un innalzamento del livello di allerta, né un ritorno al livello inferiore, che corrisponderebbe ad un’attività ordinaria del vulcano>>.

<<… A questo proposito è utile sottolineare che, per ogni vulcano, il passaggio di livello di allerta può non avvenire necessariamente in modo sequenziale o graduale, essendo sempre possibili variazioni repentine o improvvise dell’attività, anche del tutto impreviste>>.

In un altro comunicato ancora è stato chiarito che anche quando il livello di allerta vulcanica è base, cioè verde, il rischio eruttivo non è mai assente.

Una politica quella della chiarezza, che oggi stupisce soprattutto perché la discorsiva proviene da pulpiti che qualche anno fa minacciavano denunce e provvedimenti disciplinari contro i non allineati al comandamento del non allarmare!
A dirla tutta un tale atteggiamento veritiero doveva essere il modus operandi dell’INGV e della protezione civile già alcuni decenni fa, ma non lo è stato. Se oggi ci troviamo con grandi ritardi nelle politiche di sicurezza delle aree vulcaniche, lo si deve proprio alla stampella scientifica che ha ampiamente e indirettamente supportato le amministrazioni comunali, che hanno fatto i pesci in barile, campicchiando sul dato della previsione degli eventi vulcanici preventivabili addirittura mesi prima. Una notizia quest’ultima che pur non avendo nessun fondamento deterministico, ha consentito ad esempio di mettere sulla carta bozze di piani di allontanamento piuttosto che piani di evacuazione. Nel primo caso lo spostamento massivo della popolazione avverrebbe in un contesto non caotico, di pericolo annunciato ma non manifesto. Nel secondo caso con pericolo incombente…

Nel momento in cui il dipartimento ha chiarito che la sequenzialità dei livelli di allerta vulcanica possono essere imprevedibili nella loro escalation al rialzo, in capo ai sindaci sono state automaticamente rimandate tutte le responsabilità della prevenzione e della redazione dei piani di evacuazione. In altre parole, vengono a mancare gli alibi che fin qui hanno retto il sistema delle inadempienze istituzionali.

Vogliamo poi ricordare che il piano di emergenza ovvero di evacuazione, avrà una sua ufficialità di nascita nel momento in cui ad ogni famiglia del flegreo e del vesuviano e magari di Ischia, verrà consegnato un vademecum con note e disegni che illustrino con chiarezza che cosa fare e dove andare in caso di allarme vulcanico. Fino a quel momento i piani di evacuazione non esistono!
Tutte le applicazioni per smartphone che reclamano la gestione innovativa e operativa dei piani di emergenza, devono considerarsi facilitazioni tecnologiche ma non una sostituzione del classico manualetto cartaceo, che invece deve essere nel possesso di tutti i cittadini. Lo smartphone, ricordiamolo, richiede una linea di accesso ed energia…

I 4 livelli di allerta vulcanica

Il convegno dell’INGV di cui trattavamo è stato registrato e pubblicato su Youtube. I video sono stati molto velocemente ritirati ma, come segnala il Dott. Giuseppe De Natale dell’INGV, nessuna stranezza nel merito perché la loro funzione pubblica era, se abbiamo capito bene, sostanzialmente legata alla durata del summit scientifico. Quelli che a pensar male… ritengono invece che in quell’ambito sono state sviscerate tante di quelle verità da richiedere una precipitosa riservatezza.


L’ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano, consigliava di utilizzare nei piani di evacuazione le strategie utilizzate in Giappone. In realtà la procedura dell’allontanamento progressivo fu indirettamente vagliata nella prima stesura del piano di emergenza Vesuvio datato 1995. In quello scritto i territori comunali erano stati suddivisi in settori. In caso di allarme l’evacuazione era stata prevista con un ordine progressivo dettato dalla vulnerabilità sismica dei fabbricati che andavano sfollati per primi. Poi, attraverso la pianificazione fatta dal Comune di Portici, fu chiarito che non era realistico pensare di cadenzare le partenze, perché lo studio comportamentale della popolazione indica che i vesuviani all’occorrenza si muoveranno tutti insieme, con intervalli dettati esclusivamente dai tempi di organizzazione familiare e senza soluzione di continuità tra il giorno e la notte.


Il modo in cui avverrà l’evacuazione della popolazione, richiamerà molto e come concetto un diagramma utilizzato a proposito del fuoco per indicare il flashover, cioè l’incendio diffuso che è preceduto dalla fase di ignizione del combustibile.


Il lancio dell’allarme evacuativo rappresenta una sorta di ignizione per la popolazione che si comporterà come un combustibile solido se non percepirà direttamente i segnali pre eruttivi provenienti dal monte vulcanico.


Viceversa, se i vesuviani riceveranno l’innesco evacuativo direttamente e attraverso i sensi (tremori; sciami sismici; boati), si comporteranno come un combustibile gassoso, cioè si arriverà immediatamente a una notevole pressione ai varchi d’uscita: sarebbe il caos…
Diagramma Flashover

Quello che lascia veramente perplessi è l’inerzia con cui si muove il mondo amministrativo che tenta di tergiversare su molti aspetti che riguardano la sicurezza. Intanto sarebbe indispensabile che la zona rossa dei Campi Flegrei fosse oggetto di una legge simile a quella vigente per il Vesuviano, cioè che sancisca l’inedificabilità totale a scopo residenziale. Occorre poi procedere velocemente anche per l’isola d’Ischia con l’elaborazione degli scenari di rischio. Un documento scientifico quest’ultimo, che consentirebbe di determinare anche qui eventuali zone rosse e su queste probabilmente dovrà essere applicato parimenti il vincolo dell’inedificabilità a scopo residenziale.

Certamente si comprende che vietare la costruzione di case  nella zona rossa Vesuvio, e Campi Flegrei e Ischia, significa inibire una buona porzione del territorio metropolitano agli investimenti cementizi… D’altra parte però, non si possono neanche servire due padroni: la sicurezza e lo sviluppo edilizio. Quello che fino ad ora la classe politica ha raggranellato sull’argomento, è solo il rimando ai posteri del problema sicurezza vulcanica, accrescendolo con mancate verità.

A tal proposito sembrano molto indietro nel tempo quegli incontri a cui partecipavano importanti esponenti dell’Osservatorio Vesuviano, che palesavano e promuovevano l’opportunità energetica offertaci dalla geotermia proprio nella depressione calderica flegrea… Le trivellazioni nel cuore della Solfatara a Pisciarelli, ci avrebbero consentito di carpire conoscenza dicevano, ma anche acqua calda in un posto dove le turbolenze del sottosuolo sono foriere di un calore da commercializzare.

Fortunatamente la proposta industriale è stata archiviata tra l’altro non dalla Commissione Grandi Rischi tramite il Dipartimento della Protezione Civile, bensì dal Ministero dell’Ambiente che ha scartato il progetto in assenza di integrazioni ancorché gravata dal parere sfavorevole della Regione Campania.

Certo rimane ancora in piedi il progetto geotermico di Serrara Fontana ad Ischia: si spera che venga anch’esso abbandonato attraverso ragionamenti finanche politici e non solo scientifici. Le amministrazioni ischitane così come gli isolani non percepiscono appieno il rischio vulcanico che pure caratterizza l’isola, perché godono di una lunga pace geologica e per questo senza ricordi. Purtuttavia il rischio c'è ed è conglobato ad altri non meno pericolosi. Per la messa in sicurezza dell'isola è necessario dedicarsi anche a cose diverse dal turismo, come le politiche di previsione e prevenzione: i sindaci facciano squadra, perché la loro interdipendenza è più stretta di quanto immaginano. 

La Regione Campania e l’autorità di Bacino ma anche la soprintendenza archeologica dell’area metropolitana di Napoli, hanno in ogni caso espresso parere sfavorevole alla realizzazione del progetto geotermoelettrico ischitano.

Sarebbe anche interessante capire, generalizzando, il ruolo della stampa nelle faccende vulcaniche, perché se abbiamo gioco forza una mucca esplosiva nel corridoio metropolitano di Napoli, ancorché senza una soluzione evacuativa degna di tale nome, è anche colpa di qualche penna oltremodo ottimista e pronta a tacciare i cosiddetti allarmisti di produrre bufale...

Un consiglio ai promotori delle iniziative educative: il Vesuvio da rischio a risorsa… Si rifletta sul fatto che tale frase è disorientante. Il Vesuvio rischio ma anche risorsa… rappresenta invece il modo corretto di proporsi.

2 commenti:

  1. Grazie per l'articolo.
    Penso che il rassicurazionismo sia figlio del populismo dilagante in Italia. Oramai c'è tale corsa e rincorsa a giustificare i vari malcostumi social-popolari (in realtà veri e propri reati), vedi ad esempio il c.d. 'abusivismo di necessità' coniato (e difeso) dal M5S.
    Tra le altre cose, sono rimasto decisamente stupefatto quando ho scoperto che la Solfatara di Pozzuoli è una proprietà privata...

    Ma se dovesse avvenire un terremoto M>6.5 nel Sannio o in Irpinia (zone ad alto rischio sismico), le onde sismiche che ruolo potrebbero giocare nella delicatissima e complessa situazione flegrea?

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    1. Il Professore Mauro Rosi, vice presidente della commissione grandi rischi e direttore del settore rischio sismico e vulcanico del dipartimento della protezione civile, un paio di mesi fa venne intervistato dal settimanale Panorama, proprio sulla correlazione esistente fra terremoti ed eruzioni. Lo scienziato chiarì che le onde sismiche potrebbero indurre fenomeni eruttivi, generalmente quando il terremoto sia di un’intensità superiore a M 7 ed ancora che si verifichi a una distanza epicentrale inferiore ai 200 chilometri dal distretto vulcanico interessato, che deve comunque presentare di suo una condizione magmatica critica. Gli esempi pro e contro sull’argomento e reperibili a livello mondiale, non pongono fine al dibattito scientifico. Quindi in questo caso come in altri ci troviamo di fronte alla geologia dei forse…

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