Ischia vista da Procida |
La
società Ischia GeoTermia srl è
titolare di una richiesta di valutazione di impatto ambientale (VIA)
indirizzata al Ministero dell’Ambiente, relativamente a un impianto geotermico
pilota da realizzarsi nei tenimenti di Serrara Fontana sull’isola d’Ischia.
La
Regione Campania con decreto dirigenziale del 16 giugno 2017, ha espresso parere
negativo per la realizzazione di quest’impianto, perché tutte le
argomentazioni ad oggetto la sismicità indotta, l’interscambio delle acque
termali superficiali e profonde, ed ancora la pericolosità vulcanica insita
nell’isola così come il rischio frane e più in generale un impatto ambientale non
proprio minimo, in larga parte non sono mitigabili e non ci sono elementi
deterministici che escludono fattori di rischio legati alle problematiche
appena menzionate. Bisogna aggiungere alle contrarietà dei tecnici regionali
anche il parere negativo espresso dall’autorità di bacino.
La
Geo Termia srl con una nota
indirizzata alla Regione Campania, chiarisce in anticipo che le controdeduzioni
tratteranno solo alcuni punti del documento ostativo, perché a giudizio della
società alcune argomentazioni esulano dagli aspetti squisitamente tecnici e
scientifici relativi alla richiesta di sfruttamento geotermico. La dirigenza
societaria con queste premesse impegna una strada che sembra voglia ridimensionare
di molto le perplessità espresse dagli uffici regionali e da una certa platea di
esperti e semplici cittadini che ritengono il progetto geotermico dannoso per le
qualità ambientali e territoriali della rinomata isola.
D’altra
parte la legge riferisce che il Ministero dell’Ambiente acquisisca l’intesa
con la Regione interessata, quindi se la geotermia fosse solo un problema
tecnico scientifico non si utilizzerebbe il termine intesa, ma più
appropriatamente quello di pareri o dati o suggerimenti…
Indubbiamente
c’è una legge che promuove la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali
geotermoelettriche, considerando di interesse nazionale i fluidi geotermici a
media ed alta entalpia, classificando poi l'energia geotermica tra le fonti
energetiche strategiche di competenza statale. Nulla da eccepire se non la generalizzazione
di cotale impianto legislativo, che non tiene in debito conto la diversità e la
complessità dei territori presi di mira dagli industriali del geotermico, che
hanno bisogno di trivellare i terreni, carpire fluidi caldi dal sottosuolo per
poi reiniettarli nel profondo onde garantire il ripascimento degli acquiferi
senza per questo disperdere in superficie liquidi non proprio innocui. Questa
legge avrebbe avuto una migliore applicazione se fosse stata di competenza
prettamente regionale, perché non può prefissarsi come necessità pubblica
quella di una certa liberalizzazione da accordare alle imprese in nome del
rilancio dell’economia, facendo così sorgere magari dal niente forse una
risorsa (geoelettrica) affossandone altre già esistenti o potenzialmente
sfruttabili e di diversa natura e meno
invasive come può essere il termalismo e il turismo: ovviamente senza contare la
sicurezza come bene imprescindibile dell’uomo…
Tra
l’altro non è neanche vero che questi luoghi d’interesse geotermico purtroppo o
per fortuna sono inevitabilmente vulcanici e attivi nel senso pericoloso del
termine, perché in Toscana sull’Amiata le condizioni di fondo non rappresentano
un pericolo segnatamente eruttivo per le popolazioni, ma di minaccia ambientale
quello sì, soprattutto dove il candido
vapore magari fuoriesce in atmosfera…
Vorremmo
poi ricordare, quale equivalenza di metodo e non di argomento, che la legge 123
del 14 luglio del 2008 consentì la realizzazione di una megadiscarica di
rifiuti in quel di Terzigno, in pieno parco nazionale del Vesuvio. Le proteste
della popolazione furono superate attraverso la definizione del sito quale area
di interesse strategico nazionale, e per tale motivo ancora oggi presidiato
dall’esercito. Si promisero alle popolazioni locali sgravi sulla TARI che non
ci sono stati e il risultato lampante è un ecomostro localizzato all’interno
del parco in un luogo caro a Bacco e
ben dentro la zona rossa Vesuvio. Non c’è poi, un piano di emergenza che
stabilisca che cosa fare all’impianto nella fase di allarme vulcanico, che
prevede l’abbandono dei luoghi, con il metano che non è da escludere
fuoriuscirà imbruciato dall’ammasso…
L’adozione
della dicitura - interesse strategico
nazionale - sembra quindi che incominci a prospettarsi come un modello
speditivo voluto dalla politica dei manovratori per superare in alcuni casi
i vari ostacoli a procedere, comprensivi anche della volontà popolare, che non
sempre ha ragione, ma non sempre ha torto…
Vorremmo
ricordare che il Ministero dell’Ambiente qualche anno fa fu chiamato a valutare
la necessità o meno di una VIA a proposito di un progetto geotermico ancora più
ardito e affascinante consistente nella trivellazione della parte pedemontana
del vulcano Marsili, quello ubicato
nelle profondità del Tirreno meridionale. Il progetto, unico nel suo genere e nel
mondo, prevedeva di carpire gli abbondanti fluidi ultra caldi che circolano nel
vulcano sommerso, tramutandoli in energia elettrica direttamente sulla
verticale del monte, attraverso un impianto galleggiante di trasformazione.
Gli
apparati subacquei e di superficie si sarebbero trovati a circa un centinaio di
chilometri dalla costa più vicina, e quindi a detta della società non
necessitava una valutazione d’impatto ambientale (VIA). Il parere del ministero
fu invece di segno opposto, perché non era scientificamente escludibile che i
pendii del seamount franassero a seguito delle trivellazioni, generando così
onde di maremoto che avrebbero potuto raggiungere la pur lontana fascia
costiera continentale.
Anche
in quel caso e nonostante l’assenza di esempi pregressi di maremoto e la
consulenza scientifica assicurata dall’INGV, ed ancora con la dichiarazione preventiva
di compensare i fattori di rischio legati alla trivellazione monitorando a
permanenza la perforazione per interromperla al primo accenno di pericolo, il
Ministero dell’Ambiente ebbe a sancire che anche in assenza di popolazione il
pericolo di un maremoto era un rischio sì remoto ma sufficientemente alto nelle
conseguenze, per chiedere che il progetto pur nella solitudine marina fosse
assoggettato a una Valutazione di Impatto Ambientale. Tra l’altro nel documento
ministeriale si precisava che l’eventuale ripresentazione del progetto avrebbe
dovuto contenere con ricchezza di dati l’analisi dei rischi geologici legati
proprio al vulcano e alla stabilità dei pendii.
La
ditta GeoTermia srl sottolinea di
essersi avvalsa dell’insostituibile consulenza scientifica da parte
dell’Osservatorio Vesuviano. Siffatta autorevole collaborazione contrattuale
con la sede INGV napoletana, porta a considerare e a cura della società
proponente, ampiamente soddisfatta la domanda di analisi dei rischi e della
rappresentazione puntuale e da tutti i punti di vista dei profili geologici
sotterranei dell’isola, tanto per la tettonica che per la vulcanologia. La
consulenza ha riguardato anche valutazioni sulla circolazione delle acque
termali superficiali e profonde e i rischi derivanti dalla sismicità indotta
da attività antropiche.
Tra
l’altro nei documenti si affronta pure tecnicamente il problema della stabilità
dei pendii del Monte Epomeo, dove
sussiste il pericolo delle frane che, conveniamo, sono associate innanzitutto a
fenomeni esogeni capaci di modificare i vincoli statici delle rocce e dei
terreni. Occorre tener presente che abbiamo a che fare col tufo quale prodotto
litoide già naturalmente soggetto a fratturazioni. Ovviamente una eventuale
sismicità per quanto piccola potrebbe indurre franamenti del pietrame appoggiato
e senza presa. Tale problema però sussiste con o senza la centrale geotermica,
e fu già segnalato nel 2008 al termine di una ricognizione aerea in zona. In
quel caso accertammo anche che il fortissimo boato avvertito e proveniente dai
contrafforti pedemontani e occidentali del Monte Epomeo, riconducevano a un
largo foro di “fresca” evidenziazione, evidentemente quale frutto di una
probabile e repentina degassazione favorita da un evento sismico di bassa
intensità (2,3) che aveva liberato gas dal sottosuolo.
Il
dato che politicamente lascia perplessi, è che l’Osservatorio Vesuviano ha
prestato la propria consulenza scientifica e la propria strumentazione a un
progetto industriale offrendo quei profili geologici che mancano invece alle
autorità amministrative e tecniche del territorio, sotto forma di scenari di
rischio quale ricetta propedeutica per la redazione dei piani d’emergenza a protezione
degli isolani.Isola d'Ischia . I Maronti |
D’altra parte se è vero che i sindaci dell’isola non hanno colpevolmente prodotto alcun piano d’emergenza, è altresì vero che ai medesimi non sono mai stati offerti appunto gli scenari di rischio su cui elaborare una pianificazione emergenziale anche evacuativa. Una rappresentazione chiara di che cosa è Ischia geologicamente parlando, poteva stimolare pure una progettazione di tipo ingegneristico e infrastrutturale, come ad esempio un potenziamento degli scali marittimi ad attracco rapido e una diffusa rete di elisuperfici e di aree sicure strutturate per l’accoglienza. La condizione di isola, tra l’altro e vogliamo ricordarlo, ha di base una notevole vulnerabilità dettata proprio dall’isolamento e dalle ridotte dimensioni di quella che è sostanzialmente una enclave marina…
L’isola d’Ischia per una certa qualità dei suoli rappresenta un’estensione geografica dei limitrofi Campi Flegrei. In un recente convegno il ricercatore Roberto Isaia dell’Osservatorio Vesuviano (INGV), ha segnalato per l’area flegrea il pericolo di eruzioni freatiche innescabili nel caso pure da un’onda sismica. Visto che lo studio è recentissimo, sarebbe opportuno che il Ministero dell’Ambiente analizzasse se anche per Ischia quale contiguità territoriale flegrea, questo pericolo è latente e se può essere innescato dalle trivellazioni o anche dalle reiniezioni che potrebbero favorire una sismicità di fondo. Non pensiamo che le sovrappressioni possano destarsi solo all’interno del tubo chilometrico…
Si chiede inoltre al Ministero dell’Ambiente, quale logica sottintendano le controdeduzione della GeoTermia srl quando riferisce che tutti gli studi possibili e immaginabili sono stati eseguiti e ciò nonostante l’ultima parola spetterà alla trivellazione e ai dati sismici e microsismici che emergeranno dal pozzo, grazie al monitoraggio continuo offerto da una linea di sensori che, accoppiati a quelli già presenti dell’Osservatorio Vesuviano, riusciranno a monitorare con una precisione senza precedenti i parametri fisici dei suoli profondi squilibrati dalle trivellazioni e dalla pratica di reiniezione. Quest’ultima attività vorremmo ricordare che non è un procedimento invasivo temporaneo ma la normalità nella messa a regime in quel tipo di impianto binario. Vorremmo pure sottolineare che, il sistema chiuso opera in una condizione di isolamento di acqua e vapori verso l’esterno, ma il sottosuolo non è camiciato, ovvero non è un radiatore sigillato come quello presente sulle automobili.
Ad ogni buon conto, vi proponiamo integralmente un estratto sotto forma di relazione prodotto appena qualche anno fa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile - a proposito del rischio vulcanico in Campania:
La maggior parte dell’isola è costituita da depositi di eruzioni sia effusive sia esplosive (lave e tufi), prodotti da bocche eruttive, alcune delle quali ancora ben visibili nel settore sud-orientale dell’isola. Molto diffusi sono anche i depositi di frane derivanti dall’accumulo di materiale vulcanico preesistente.
Viste le caratteristiche di pericolosità vulcanica, l’eventuale ripresa dell’attività eruttiva avrebbe delle conseguenze rilevanti sull’intero territorio e sulla popolazione.
L’evento che ha segnato la storia geologica dell’isola è l’eruzione del Tufo Verde dell’Epomeo. L’eruzione fortemente esplosiva, verificatasi circa 55.000 anni fa, è responsabile della formazione di una caldera sommersa che occupava la zona in cui oggi si trova la parte centrale dell’isola. Dopo l’eruzione del Tufo Verde, l’attività vulcanica è proseguita con una serie di eruzioni esplosive, fino a circa 33.000 anni fa. Circa 10.000 anni fa, dopo un periodo di stasi relativamente lungo, l’attività è proseguita anche in epoca storica con una serie di eruzioni, di cui l’ultima avvenuta nel 1302 d.C.. L’inizio dell’eruzione fu improvviso e violentemente esplosivo, seguito da emissione di grandi volumi di pomice e cenere che oscurarono il cielo e ricaddero su tutta la parte orientale dell’isola. Successivamente, l’emissione di una colata da un cratere, apertosi in zona Fiaiano, raggiunse la spiaggia tra il Porto d’Ischia e Ischia Ponte con un fronte largo circa 1 km e distrusse l’antico centro urbano della Geronda devastando l’intero versante nord-orientale dell’isola. L’eruzione seminò panico e costrinse molta gente a fuggire verso le isole vicine e la terraferma. Le cause di molte vittime furono apparentemente asfissia e forti emissioni di gas.
Il fenomeno più rilevante di Ischia consiste in un continuo sollevamento, 800 metri negli ultimi 30.000 anni, quasi certamente dovuto all’azione di spinta esercitata dalla risalita di magma e dalla presenza di un serbatoio magmatico situato sotto il Monte Epomeo a 4-6 chilometri di profondità. La maggior parte dell’attività vulcanica recente di Ischia è stata prodotta da bocche eruttive che si sono aperte ai margini del blocco sollevato del Monte Epomeo. Le ricerche effettuate inducono a ritenere che una ripresa dell’attività vulcanica potrebbe avvenire qualora una nuova fase di sollevamento del monte riattivasse le faglie attraverso le quali il magma può giungere in superficie.
L’intensa attività idrotermale (acque calde ed emissioni di gas) e la storia eruttiva indicano che l’isola di Ischia è un’area vulcanica ancora attiva. È opportuno ricordare, inoltre, che l’isola è caratterizzata anche dalla presenza di altri importanti rischi naturali (sismico e idrogeologico).
Negli ultimi 300 anni, infatti, si sono verificati ben 9 terremoti distruttivi con Magnitudo maggiore di 5. Fra questi, il più devastante è stato quello di Casamicciola del 28 luglio 1883, con Intensità MCS del X grado, che ha causato oltre 2.300 vittime e 750 feriti. Nella sola Casamicciola, su 672 case ne crollarono 537 e 135 furono danneggiate. La sismicità dell’isola di Ischia risulta altamente distruttiva, in quanto prodotta da eventi con ipocentri estremamente superficiali.
La natura dei terremoti di Ischia non è del tutto chiara anche se è plausibile che essa si ricolleghi a fenomeni in qualche modo legati ai processi vulcanici.
Oltre alle eruzioni e ai terremoti, l’isola è contrassegnata da una diffusa franosità che risulta spesso innescata non solo da eventi meteorici, ma anche dall’attività sismica. In conseguenza del terremoto del 1228 si staccò dal versante settentrionale del Monte Epomeo una frana di gradi proporzioni che investì le aree abitate della costa causando distruzione e circa 700 morti. La propensione alla frana dei versanti settentrionali del Monte si deve a fattori eminentemente vulcanici (forte acclività dovuta alla dinamica di sollevamento e forte degrado chimico-meccanico delle rocce dovuto alla risalita di grandi masse di fluidi idrotermali).
Studi recenti evidenziano, inoltre, una pericolosità connessa a frane che possono originarsi nella porzione sommersa dell’isola, anche indotte da attività sismica, e innescare onde di maremoto.
La diffusa franosità che caratterizza i versanti crea periodicamente problemi ai centri abitati per i quali, durante le recenti fasi emergenziali, sono state intraprese attività di pianificazione comunale speditiva per la salvaguardia della popolazione.
L’insieme delle conoscenze scientifiche in materia consente di affermare che Ischia mostra un livello di pericolosità vulcanica assolutamente non trascurabile, anche in confronto agli altri due vulcani campani (Vesuvio e Campi Flegrei) meglio conosciuti a livello mediatico. Nonostante questi ultimi rappresentino il problema maggiore da un punto di vista di protezione civile (anche a causa dell’elevata urbanizzazione del territorio circostante), l’isola d’Ischia ha tuttavia l’aggravante dell’ancor minore percezione che turisti e residenti hanno del rischio vulcanico, nonché l’ulteriore difficoltà nella gestione di una eventuale emergenza rappresentata dall’isola in quanto tale>>.
I contenuti di questa relazione dipartimentale forse non sono noti al grande pubblico, soprattutto per la parte dove si evidenziano studi recenti che hanno messo in luce la pericolosità di possibili frane derivanti dalla parte sommersa dell’isola e che potrebbero dare origine a onde di maremoto.
La relazione proviene dalla più autorevole delle fonti, la Presidenza del Consiglio dei Ministri che, per la parte scientifica, ha contato inevitabilmente sulla Commissione Grandi Rischi, sull’INGV e con molta probabilità anche sull’Osservatorio Vesuviano definito centro di competenza per la vulcanologia campana.
Se
siano sostenibili o meno gli apporti di rischio pur minimi dettati dalla centrale
geotermica in progetto a Serrara Fontana, sarà da accertare. Purtuttavia il
principio di precauzione snobbato dalla società proponente dell’impianto,
sostanzialmente si basa sulla filosofia di fondo che il danno alla persona non
è rimediabile in alcun modo. Questa semplice constatazione induce e nel dubbio
a ritenere la cautela il principio dominante da seguire, almeno per i nostri
valori occidentali…
D’altra
parte sarebbe altresì necessario che si vagliasse ai massimi livelli l’operato
dell’Osservatorio Vesuviano, che dovrebbe concentrarsi come funzione
istituzionale sugli eventi naturali onde evitare che si trasformino in
catastrofi, e non tanto nel campo dell’industria geotermica, fornendo accalorati
messaggi e consulenze magari per vie terze o anche dirette come in questo caso,
esulando dalla necessità non di facciata di neutralità dell'ente. Vogliamo
ricordare che non esistono ancora scenari di rischio sismico ed eruttivo per
l’isola d’Ischia, e se questi sono già stati elaborati per il Vesuvio e i
Campi Flegrei, il motivo è da ricercarsi unicamente nel numero degli abitanti
esposti al pericolo e non nella pericolosità vulcanica di fondo del distretto
in esame, che primeggia alla pari con le altre due zone vulcaniche napoletane
superandole probabilmente per complessità e associazione dei fattori di rischio.
Purtroppo il business mondiale che domina le attività di molte nazioni, si muove spesso secondo le logiche dei costi benefici e non dei diritti imprescindibili. A chi giova l’impianto geotermico? Sicuramente alla società di business che investe in quel luogo e in quella risorsa qui più appetibile che altrove, ma gli eventuali rischi provenienti dal territorio manomesso, e difficilmente discernibili dagli eventi naturali, rimangono solo in capo alla popolazione che non parteciperà in ogni caso all’utile industriale.
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