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martedì 12 dicembre 2017

Vesuvio: il piano d'emergenza... di MalKo


Il Vesuvio visto dal centro storico di Napoli

Il piano d’emergenza Vesuvio è un documento contenente tutte le istruzioni necessarie per consentire ai vesuviani, in caso di pericolo, di mettersi in salvo qualora l’arcinoto vulcano dovesse manifestare sintomi pre eruttivi. Trattandosi di un piano che prevede una sola tipologia di pericolo (eruzione), e un solo modo per difendersi (la fuga), possiamo ben donde dire che il piano di evacuazione è esso stesso il piano d’emergenza Vesuvio.

La nota dolente è che questo piano di evacuazione è ancora in una fase eufemisticamente parlando diciamo di studio da parte dei comuni e della Regione, e quindi non è ultimato, con buona pace del diritto alla sicurezza di centinaia di migliaia di vesuviani che neanche si sono accorti di questa gravissima omissione. Si tira a campare, e le orecchie si drizzano solo alla parola condono edilizio sussurrata dal possibilismo politico…

La calma geologica dura da settantatré anni, ma potrebbe interrompersi in qualsiasi momento. Le istituzioni ostentano sicurezza sull’argomento, puntando tutto sulla possibilità espressa dall’Osservatorio Vesuviano di cogliere con largo anticipo i segnali di una possibile eruzione del Vesuvio. Potrebbe essere auspicabilmente così, anzi probabilmente sarà così, purtuttavia dobbiamo segnalare per correttezza informativa, che non c’è un dogma sull’argomento e le dinamiche che riguardano il movimento del magma nella camera magmatica del Vesuvio o nelle profondità calderiche dei Campi Flegrei sono sostanzialmente sconosciute; quindi, non si sa con certezza quanto preavviso ci sarà dal momento in cui si coglieranno i sintomi dell’imminenza di un’eruzione e l’eruzione stessa, la cui intensità (VEI) rimarrà in ogni caso un dato impossibile da quantificare preventivamente ma solo al termine del fenomeno eruttivo.  

Come abbiano avuto modo di dire altre volte, il fatto che i distretti vulcanici del vesuviano e del Flegreo siano zone super monitorate, non aggiungono niente in termini di previsione dell’evento eruttivo. La moderna tecnologia messa in campo per misurare la chimica e la fisica di questi vulcani con una precisione mai raggiunta prima, offre dati in tempo reale ma nemmeno uno sul futuro imminente. L’esempio più lampante lo possiamo cogliere col bradisismo. Ammettiamo che il suolo s’innalzi ancora: grazie ai sofisticati e precisi sistemi di monitoraggio registriamo che lo spostamento verso l'alto è stato di un milionesimo di metro. Che importanza bisognerà dare a questa misura super precisa ancorché colta immediatamente, in questa parte del Pianeta dove sollevamenti e abbassamenti e degassamenti si contano a decine di centimetri e a tonnellate?

Il comunicato stampa diramato dal Dipartimento della Protezione Civile che l’8 dicembre 2017 ha innalzato il livello di allerta vulcanica dello Stromboli da base ad attenzione (lo stesso vigente ai Campi Flegrei) è molto istruttivo. Cogliendo il vento della prudenza, la nota dipartimentale di tutta saggezza rimbalzata sui media recita esattamente così:<< Occorre tener presente che alcune fenomenologie dello Stromboli sono del tutto imprevedibili e improvvise, pertanto anche quando il livello di allerta è “verde” il rischio non è mai assente e che, come per ogni vulcano, il passaggio di livello di allerta può non avvenire necessariamente in modo sequenziale o graduale, essendo sempre possibili variazioni repentine o improvvise dell’attività, anche del tutto impreviste>>.

Livelli di allerta e responsabilità di emeanazione
L’imprevedibilità dei sistemi vulcanici dovrebbe quindi essere alla base della necessità di agire con la prevenzione per sottrarsi alla pericolosa incognita geologica: inedificabilità e delocalizzazione... Quando la parola prevenzione pur declamandola in tutte le lingue non viene compresa o semplicemente ignorata, ed è il nostro caso, bisogna allora puntare tutto su un sistema capace di svuotare  e molto rapidamente i luoghi che circondano il Vesuvio o quelli che affondano nella depressione calderica flegrea in modo che nessun abitante permani in loco facendosi cogliere dall'eruzione.
Secondo i calcoli degli strateghi della protezione civile nazionale e regionale, i circa 700.000 abitanti della zona rossa Vesuvio o i 550.000 della zona rossa flegrea, verrebbero evacuati all'occorrenza nel giro di 48 ore su 72 ore disponibili.
Una grossa sfida che a livello mondiale non ha eguali. Questa metodologia di salvaguardia però, deve fare i conti con alcune incognite molto importanti superate nell’ambito della pianificazione solo dalla verve ottimistica dei pianificatori che, in qualche passaggio, a leggere bene sono  di vero azzardo.  Le vulnerabilità del piano d’emergenza Vesuvio si evidenziano già in prima battuta con la scelta dell’eruzione di riferimento. Senza un’intensità eruttiva campione infatti, non sarebbe stato possibile tracciare i limiti della zona rossa da evacuare.

La commissione grandi rischi ha quindi individuato un’eruzione VEI4 similmente subpliniana quale evento di riferimento per il piano Vesuvio. La linea nera Gurioli è un segmento curvilineo che definisce intorno al Vesuvio i limiti di massimo scorrimento delle colate piroclastiche nell’ambito delle passate eruzioni di tipo VEI 4. Tale linea è utilizzata nell'attualità per rimarcare la zona ad alta pericolosità vulcanica. 
C'è anche la "linea" Cosenza però, tutta politica, che ha preferito mantenere i contorni precedenti per evitare polemiche coi comuni a proposito dell’inedificabilità.  Apparentemente un allargamento quindi; peccato che ad ovest si sia stati minimi e ad est addirittura teneri con le cittadine di Scafati e Poggiomarino che ancora edificano  allegramente con tanto di licenza edilizia, pur avendo l'obbligo della fuga in caso di allarme vulcanico...

Pianta del Vesuvio e linea nera Gurioli.

Il grosso problema di fondo è che nessun scienziato al mondo può escludere che la prossima eruzione del Vesuvio possa essere di una dirompenza VEI 5, cioè simile a quella che distrusse Pompei ed Ercolano nel 79 d.C. Trattandosi di una eruzione energeticamente parlando ben 10 volte superiore a una VEI 4, i territori su cui dilagherebbero i flussi piroclastici sarebbero molto più estesi in danno di una gran fetta di popolazione provinciale non titolare di misure preventive di allontanamento. Ogni eruzione poi, non è mai simile alle precedenti, caratterizzandosi per fenomenologie e territori investiti, tant’è che le eruzioni più importanti assumono un nome prima ancora che un’intensità. Una maggiore prudenza, era quindi d’obbligo…

Il secondo elemento di vulnerabilità del piano di evacuazione sono i tempi di preallarme eruttivo. La struttura di monitoraggio affidata all’Osservatorio Vesuviano riuscirà a cogliere tutti i segnali prodromi dell’eruzione e ad emettere un bollettino di massima allerta nei tempi giusti per non ingenerare un falso allarme ma neanche un mancato allarme? Obtorto collo bisogna fidarsi di questa organizzazione periferica dell’INGV, nonostante abbia dato prova di modesta precisione nella localizzazione epicentrale e nella profondità del fuoco del terremoto verificatosi a Casamicciola Terme il 21 agosto del 2017. Sono occorsi alcuni giorni all’ente vulcanologico per correggere i dati errati diramati a ridosso dell’evento ischitano… Giorni a disposizione potrebbero non esserci in caso di una crisi vulcanica, e una siffatta disorganizzazione in un momento topico per la salvezza dei cittadini, sarebbe una vera catastrofe.

Il terzo elemento di vulnerabilità è il piano di mobilità previsto per l’evacuazione dei vesuviani nella fase operativa di allarme vulcanico. L’organizzazione proclamata che si metterebbe in campo con autobus navette e treni e navi, ci sembra che sia tarata sul taglio dei grandi eventi piuttosto che sui grandi pericoli. La differenza consiste che nel primo caso la popolazione seguirebbe le indicazioni degli esperti in modo più o meno partecipativo, con ansie e angosce misurabili per le sole cose materiali che si lasciano in loco. Di fronte al pericolo manifesto invece, il panico si diffonderebbe sovrano, e tutti gli schemi fin qui elucubrati salterebbero miseramente in quella che potrebbe delinearsi come una grande corsa verso la salvezza.

Il panico è una diretta conseguenza della percezione fisica del pericolo. Alla fase di allarme, quando sarà, noi come ci arriveremo ed è una domanda: in una condizione di stress dettato da sintomi pre eruttivi percepibili direttamente dalla popolazione o l'allarme evacuativo coinciderà con fenomeni microscopici non avvertibili dagli abitanti? La riuscita del pacioccone piano di evacuazione così  stabilito nelle linee guida dalle autorità regionali e dipartimentali, avrà una possibilità di successo solo se il pericolo è dichiarato ma non percepito direttamente dalla popolazione magari attraverso i sussulti sismici.

In questa enormità stagnante fatta di approssimazione e ipocrisia, bisognerà pure che qualcuno faccia notare che non serve un piano Vesuvio di facciata per zittire quei pochissimi whistleblower del mondo scientifico e tecnico che puntano il dito contro le politiche di sicurezza fin qui adottate, e che tra l'altro sono ancora senza un risultato concreto nonostante siano trascorsi oltre venti anni dai buoni propositi.
Il piano di evacuazione Vesuvio ma lo stesso vale per quello dei Campi Flegrei, deve essere uno strumento non basato sull’ottimismo circa le condizioni geologiche e ambientali pre eruttive, così come non può essere utile immaginare una collettività consenziente e pronta ad eseguire alla lettera le istruzioni dettate da uno Stato, generalizzando, criticato e francamente poco efficace  su tutti i fronti istituzionali. Il piano Vesuvio deve essere spartano e convincente...

Come esperti di soccorso possiamo solo dire che se l’allarme dovesse cadere in un momento di diretta percezione del pericolo eruttivo, i 500 e passa autobus previsti da e per la zona rossa rappresenteranno un vero disastro strategico operativo.
Secondo la pianificazione in itinere, la metà della popolazione di Torre del Greco, paese sfavorito per posizione geografica mediana,  dovrebbe lasciare la cittadina attraverso un servizio navetta da 1074 corse: più o meno 22 autobus ogni ora. Gli sfollati attenderebbero il trasporto nelle aree di attesa… Aree di attesa ci sembra una terminologia che, in un quadro di allarme vulcanico, suona leggermente comica…

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