Vesuvio in fiamme - agosto 2016 |
Le trasmissioni televisive e
radiofoniche ma anche la maggioranza dei giornali e delle riviste pure
scientifiche, prevedono un uso politicamente strategico e allineato del
linguaggio mediatico, mettendo al primo posto il principio non scritto che la
notizia innanzitutto non deve allarmare. Teoria molto cara ai prefetti…
Con queste premesse,
difficilmente tali testate giornalistiche riusciranno a trattare nel senso più
ampio del termine, argomenti particolarmente rilevanti come il rischio Vesuvio, perché nella nostra
Penisola non è diffuso il giornalismo d’inchiesta che rimane una nicchia da
terza serata. D’altra parte noi siamo il popolo dei tengo famiglia… Ne consegue che assistiamo sovente alla
rappresentazione mediatica dei rischi esattamente come ce li propongono e
ripropongono personaggi e strutture in posizione di potere o di comando, che
utilizzano i media compiacenti come cassa di risonanza per minimizzare il
pericolo e propagandare come il meglio del meglio le loro scelte tutte vertenti
sul principio strategico bene occultato dei costi benefici, sfoderando ampio
ottimismo a spese degli altri. Alla stampa e alla televisione allora, viene
demandato il compito di propinare la messaggistica del “tutto a posto!”, palesando
il pieno controllo della situazione da parte delle istituzioni tecniche e
scientifiche del nostro Paese.
Questo modo arrendevole di fare giornalismo,
aiuta solo a nascondere la verità, che invece dovrebbe essere buttata nuda e
cruda al di là dello schermo televisivo, come pane quotidiano della democrazia
partecipativa. Il giornalismo investigativo ha un ruolo contributivo cruciale per
il sostentamento della democrazia e della libertà di espressione e di denuncia
e di controllo della classe politica e dei boiardi istituzionali; certamente prevede
lo scotto di qualche rinuncia in termini di simpatia e perdita di favori, a
tutto vantaggio però, dei valori umani che, certo e capiamo, non fanno cassa.
Non sono pochi quelli che
preferiscono essere il punto di riferimento degli addetti stampa delle varie
segreterie dei vari enti e istituzioni e amministrazioni, pubblicando spesso
solo veline compiacenti che il fax o le mail gli depositano direttamente sulla
scrivania, poco ingombra e prevalentemente utilizzata a mo’ di poggiapiedi, in
un contesto odoroso di caffè con l’aria condizionata che marcia a pompa…
Generalmente nel nostro Paese i
pochi giornalisti che si danno al giornalismo d’inchiesta, non sempre riescono
a centrare l’obiettivo principale che si propongono, cioè la divulgazione della
verità, perché questa possono rivelartela solo fonti confidenziali o un grande
lavoro investigativo, ma anche in questo caso è richiesta un’affannosa attività
di ricerca delle prove documentali o testimoniali. La verità quindi è una
primizia che giunge sulla scorta di conoscenze personali e poi particolari, ma
soprattutto è il risultato ultimo dello studio e della comparazione di una
moltitudine di documenti che vengono intrecciati e poi sovrapposti e poi
verificati e poi incolonnati secondo schemi e metodi oggettivi e soggettivi, per
essere poi offerti ai lettori sotto forma di new sui loro sofisticatissimi
super computer tascabili, da cui non alzano lo sguardo perché oramai attaccati e
ipnotizzati alla rete globale, che macina milioni di notizie al minuto sugli
affari privati dei nostri pseudo amici. Ciò che scorre è già obsoleto...
Il giornalista di punta dicevamo,
opera confrontando e incrociando dati scientifici e politici e amministrativi,
scovando gli evasori della verità uno per uno. Il risoluto uomo della
stampa o anche dei blog o dei programmi televisivi di denuncia sociale, alla
fine riesce a individuare gli angoli più oscuri del sistema che ci governa e ci
amministra e ci protegge in nome di
una realpolitik non dichiarata, che non sempre coincide con i principi di
libertà e di democrazia dei popoli…
Molti degli aspetti che regolano
i processi legati ai rischi e alle emergenze e alla protezione civile e alla
prevenzione e all’operatività e al terremoto e al pericolo vulcanico li
conosciamo bene, e tentiamo ogni strada per divulgare questi argomenti che partono
dalla scienza geologica e arrivano poi alla politica e alla tecnica operativa e
alla sociologia e all’antropologia e alle istituzioni e alle università e agli
enti pubblici e di volontariato, ecc.
Il rischio vulcanico deve fare i
conti con una massa enorme di persone che cercano, generalizzando, la panacea
della rassicurazione anche minimamente convincenti, e mal digeriscono una
verità sbattuta in faccia che gli pone la necessità innanzitutto di pensare
prima ancora che agire. La verità è uno strumento democratico di prevenzione dei rischi...
Un po’ di giorni fa guardavamo un
filmato prodotto e mandato in onda da Rai New 24: “seduti sul vulcano”, a cura di Gerardo D’Amico. Dopo una decina di
minuti sui generis, vediamo per la prima volta la Dott.ssa Francesca Bianco, la nuova direttrice dell’Osservatorio Vesuviano,
che illustra ciò che rimandano gli schermi della sala di monitoraggio della
sede INGV napoletana.
Il documentarista D’Amico passa
poi alla domanda clou indicando in una gigantografia aerea l’urbanizzazione
inusitata che circonda il Vesuvio: ma in
caso di eruzione tutta questa popolazione che fa? La direttrice Bianco
risponde senza un attimo di esitazione: c’è un piano d’emergenza e c’è un piano di
evacuazione… La rapidità
della mendace risposta, induce a ritenere possibile che esista un prontuario dell’informazione
televisiva sul rischio vulcanico a cui tutte le istituzioni devono attenersi, secondo
una scaletta scritta e riscritta da tempo, votata al concetto mediatico che insieme
si con-vince…
Appena oltre e nello stesso
filmato, il cauto ingegnere Italo
Giulivo dirigente della protezione civile regionale Campania, afferma in
contro tendenza, che si è in attesa che i comuni vesuviani e flegrei provvedano
alla redazione e alla consegna dei piani comunali di protezione civile e nella
fattispecie che i comuni “vulcanici” individuino a livello comunale la
viabilità evacuativa. Un discorso quindi tutto al futuro…
Il 30 agosto 2016 invece, è la
volta della trasmissione della La7 a proporci nell’ambito del
programma “L’aria d’estate”, un superbo consigliere della Regione
Campania per gli affari della protezione civile, dott. Aniello Di Nardo, che alla domanda del conduttore ad oggetto il Vesuvio:
<< zona rossa 672.000 persone: in
quanto tempo riuscite ad evacuarle?>> Risponde così :<<in 72 ore! >>. Incalza allora l’intervistatore:
<< in coscienza lei ci crede?>>
Risposta: << Il piano è fatto
benissimo e ci credo>>. Nello stesso filmato e dopo qualche minuto, viene
interpellato sempre l’Ing. Italo Giulivo
con quest’altra domanda: << Quanto
tempo ci vuole per testare il piano? Risposta:<< Sicuramente dei tempi lunghi…>>.
All’effervescente governatore
della Campania Vincenzo De Luca gli saranno fischiate le orecchie, tant’è che dalle
pagine dei giornali con sicumera ha affermato che tra settembre e ottobre
dovranno chiudersi i piani di evacuazione per il rischio Vesuvio e Campi
Flegrei (Corriere del mezzogiorno 30/08/2016). Che
cosa evacua allora il consigliere Di Nardo in 72 ore?
A fine agosto hanno scoperto che il
comune di Pompei non ha un piano di evacuazione a fronte del rischio Vesuvio
(corriere del mezzogiorno 29/08/2016). Verità agghiacciante ma per chi? Il
piano di evacuazione non ce l’ha nemmeno Torre del Greco, il paese mediano da
100.000 abitanti, ma neanche Boscoreale…
La cronaca dice che sono circa 135 i comuni campani che non hanno
provveduto a stilare il piano di protezione civile comunale, e tra quelli che
lo hanno prodotto bisognerà ancora verificare la bontà e la qualità del documento
cartaceo di salvaguardia.
Campi Flegrei. Il sindaco di
Pozzuoli Vincenzo Figliolia,
nell’articolo riportato dalla testata giornalistica online ReportWeb.tV
dichiara:<< Mai fino ad oggi era
stato redatto un piano comunale di emergenza così dettagliato, né Pozzuoli
aveva avuto un Centro Operativo Comunale come quello che abbiamo realizzato a
Monterusciello: una struttura all’avanguardia, capace di servire anche di altri
comuni…>>. Senza rendersi evidentemente conto di quello che dice
aggiunge:<< Riguardo al Piano di
allontanamento della popolazione-Rischio Vulcanico, o piano di esodo, come da
direttive del Dipartimento della Protezione Civile, analogamente al Piano
Vesuvio, l’aggiornamento di tale pianificazione è e resta di competenza della
Regione Campania, su indicazioni e d’intesa col Dipartimento stesso…>>. L’affermazione sembra sottintendere che
Pozzuoli sta aspettando che il piano di evacuazione comunale glielo faccia la
Regione…
Nelle storie che si inseguono e
che stupiscono, annoveriamo pure quella narrata dal noto settimanale
l’Espresso, che riferisce che all’interno del comitato operativo della
Protezione Civile riunitosi per vagliare il da farsi in seguito al terremoto
del 24 agosto, sieda Bernardo De Bernardinis, ex braccio destro di Bertolaso,
che proprio a seguito di alcune inopportune rassicurazioni sul terremoto
dell’Aquila del 6 aprile 2009 venne condannato dalla corte aquilana.
Nello stesso articolo ad oggetto
il terremoto che ha devastato il centro Italia, viene riportato con una certa
enfasi che:<<nel caos delle prime
ore, si è rivelato fondamentale l'intervento dal cielo degli elicotteri dei
pompieri>> che, trasportando squadre specializzate, hanno reso
possibile il salvataggio di 215 persone estratte dai cumuli di macerie.
Quest’ultima notizia è in
controtendenza con quella che proviene dal napoletano, dove è stato siglato un
accordo, cioè un protocollo d’intesa tra il Parco Nazionale del Vesuvio e il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS).
In caso di esigenze di soccorso e salvataggio nell’ambiente montano, forestale
e pedemontano e impervio dell’arcinoto Vesuvio, bisogna formulare richiesta di
aiuto digitando i numeri 331 4597777
a cui corrisponde l’utenza telefonica della organizzazione CNSAS campana. In assenza di
risposta, bisogna procedere chiamando il primo dei soccorritori reperibili…
Il soccorso tecnico urgente in
Italia fino a questo accordo doveva essere istituzionalmente assicurato su
tutto il territorio nazionale, ad eccezione del mare, dai Vigili del Fuoco
componendo il numero telefonico 115. La Regione Campania invece, con propria
delibera n° 247 del 07/06/2016, riconosce nei volontari del Soccorso Alpino e
Speleologico (CNSAS), i reali soggetti di riferimento da utilizzare per le
azioni di salvataggio e recupero nel soccorso in montagna. Quindi un’operatività
che va ben oltre il prestigioso circuito vesuviano.
Vigili del Fuoco - Addestramento in montagna |
Il Soccorso Alpino (CNSAS) riceve non solo finanziamenti di base, ma gli accordi prevedono un rapido rimborso delle spese a cura della Regione Campania per ogni intervento effettuato. I Vigili del Fuoco hanno in forza ai nuclei elicotteri personale specializzato per il soccorso in montagna e zone impervie (SAF), e tra l’altro intervengono entro pochi minuti dalla chiamata (115) e in ogni angolo dell’Italia Campania compresa. C'è in gioco una extra territorialità? Qualcosa in termini economici e organizzativi e di garanzie per i cittadini non torna vero? La nostra impressione è che si confonda il ruolo istituzionale di un Corpo dello Stato con una organizzazione di volontariato che discende da un famoso Club Alpino.
Vigili del Fuoco (SAF) - addestramento in montagna |
I dirigenti dei Vigili del Fuoco
avrebbero dovuto sobbalzare e tracciare un confine netto tra prerogative e competenze di un
Corpo istituzionale dello Stato rispetto alle associazioni di volontariato. I Vigili del Fuoco danno a volte l'impressione che all'interno del Ministero dell'interno contino quanto Fantozzi davanti al mega direttore...ovviamente quando non ci sono emergenze. Allora parliamo di rappresentatività altalenante...
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