Il vulcano Solfatara - Campi Flegrei - Pozzuoli |
Nei Campi Flegrei a ridosso del
vulcano Solfatara, dovrebbe sorgere una stazione geotermica finalizzata alla
produzione di energia elettrica. Il progetto denominato Scarfoglio, è al vaglio
del Ministero dell’Ambiente e prevede l’utilizzo di fluidi a media entalpia emunti
dal sottosuolo del super vulcano flegreo.
Il progetto pilota prevede l’installazione
degli impianti nella contrada denominata appunto Scarfoglio, limitrofa alla
zona di Pisciarelli. Quest’ultima è sede di importanti fenomenologie di vulcanesimo
ancorché di massiccia degassificazione di anidride carbonica che ascende in
superficie dal ribollente sottosuolo vulcanico.
La società Geoelectric S.r.l. ha scelto questo sito proprio per la presenza di
fluidi termali molto caldi rinvenibili già dopo alcune centinaia di metri di
profondità. Propositrice del progetto in esame, la Geoelectric ha riproposto al
Ministero dell’Ambiente e della Tutale del Territorio e del Mare, quale istituzione
competete per la valutazione d’impatto ambientale (VIA), alcuni aggiornamenti progettuali
volontari, evidentemente per contrastare le note ostative provenienti dal
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT). Quest’ultimo
dicastero lamenta difformità circa l’utilizzo delle aree vincolate e una carenza
di progettualità di ripristino dello stato dei luoghi. Inoltre, quale dato di
una certa importanza, ai Beni Culturali sembra abbiano a temere la micro
sismicità indotta dalle attività di perforazione e da quelle di reiniezione in
profondità delle acque termali. Una micro sismicità che potrebbe minare,
dicono, il patrimonio archeologico dell’area…
I Campi Flegrei si connotano
all’interno di una grande caldera afferente all’omonimo super vulcano. A
tutt’oggi si caratterizza per alcune fenomenologie di rilievo, tra le quali il
bradisismo ascendente e la rilevazione di picchi di magma fino a tre chilometri
dalla superficie, oltre naturalmente una certa attività sismica anche a sciami.
Questi ed altri elementi, hanno contribuito a dichiarare lo stato di attenzione vulcanica per l’area
calderica flegrea, perché i parametri geofisici e geochimici rilevati presentano
delle discordanze rispetto a quelli base di riferimento.
Stazione sismica Osservatorio Vesuviano - Campi Flegrei (Pozzuoli) |
La società Geoelectric S.r.l. avvalendosi
anche di esperti istituzionali dell’INGV e della società AMRA, ebbe a presentare
nel mese di maggio 2015 questo progetto che prevede la realizzazione di un
impianto pilota a ciclo binario per la produzione di energia elettrica. Le
modalità di funzionamento dell’impianto prevedono il prelievo dei fluidi
geotermici a circa 180° C. emungendoli dal sottosuolo a mille metri di
profondità. Il fluido bollente viene quindi indirizzato in uno scambiatore di
calore dove cede energia termica. In questo processo di scambio, i fluidi
bollenti perdono parte della loro temperatura iniziale, e vengono quindi reiniettati
nel serbatoio geologico profondo, dove riacquisteranno la loro temperatura
iniziale, magari un po’ più in là del punto di prelievo. Questo circolo
virtuoso non prevede interscambi con l’ambiente esterno o emissione di vapore nell’atmosfera.
Da un punto di vista impiantistico e dell’inquinamento quindi, appare buono…
Il problema della nostra
contrarietà al progetto, è il luogo dove quest’impianto pilota vuole collocarsi:
cioè in una caldera dove vige un primo livello di allerta vulcanica e
addirittura in un punto territoriale particolarmente stressato dalle forze
endogene che operano incessanti nel sottosuolo flegreo, a prescindere se sono
da ascrivere a intrusioni magmatiche o a fattori idro termali o più
verosimilmente un connubio fra le due componenti che rendono il suolo puteolano
per niente immobile.
Sarà proprio nel tufo a strati
che le trivelle dovrebbero perforare cinque pozzi in totale, di cui tre di
prelievo dei fluidi caldi che sono il motore del sistema geotermico e due di reiniezione
nel serbatoio geologico d’origine. Al di là degli aspetti amministrativi
sollevati dal ministero dei beni culturali, rimane l’incognita della micro sismicità
indotta che anche se derivante da modeste fratturazioni,queste potrebbero favorire un disequilibrio nei
dinamismi che pregnano il sottosuolo. Secondo lo studio dell’AMRA, il problema dei
micro sismi dovrebbe essere alquanto contenuto e limitato a una distanza orizzontale
di qualche chilometro dalla testa dei pozzi. L’AMRA si spinge oltre rendendo
noto che il sottosuolo flegreo nei primi due chilometri a causa dell’elevata
fratturazione è da ritenersi praticamente asismico.
Il problema principale è che
certe conclusioni scientifiche comprendono anche dei pareri opposti provenienti
dalle apprensioni di alcuni scienziati e tecnici che sollevano dubbi sulla
innocuità della pratica di trivellazione e di reiniezione dei fluidi.
Le perplessità tutte scientifiche
non si sono avvalse di una consulenza o di un vaglio da parte dell’Osservatorio
Vesuviano che si fregia del titolo di Centro di Competenza circa i vulcani
campani, perché tale struttura oggi non può definirsi terza sull’argomento in
quanto ha contribuito in una certa misura a supportare le relazioni
scientifiche a favore della società Geoelectric, corroborate nel merito da
apposite conferenze a tema.
Tutti i pozzi che servono all’impianto
pilota dovrebbero raggiungere la profondità di mille metri cadauno… Le domande che
quindi galleggiano ancora nell’aria sono queste: cosa significa in termini di
rischio perforare i contrafforti di base del vulcano Solfatara? Quali equilibri
potrebbero compromettere le perforazioni a ridosso della località Pisciarelli? Le
perforazioni accentuerebbero e in che misura il degassamento da anidride
carbonica già massiccio in quella zona? Quali effetti avrebbe il fenomeno di
sollevamento o abbassamento del suolo sull’impianto industriale una volta
realizzato?
E’ di questi giorni la notizia
apparsa sul sito Meteo Vesuvio di Giuseppe D’Aniello, che l’Osservatorio
Vesuviano sta stanziando fondi urgenti per mettere in sicurezza la perforazione
effettuata a Bagnoli (Campi Flegrei Deep Drilling Project), attraverso una super perizia affidata a un ingegnere
esperto del ramo trivellazioni.
Nella perforazione del CFDDP ferma a 500
metri di profondità, pare siano ascesi dei fanghi che potrebbero innescare problematiche
di sicurezza del sito. Bisogna allora capire cosa stia succedendo in quel
condotto con una urgenza tale da costringere il commissario Martini, altro
fautore del geotermico nei Campi Flegrei, a distrarre fondi dal progetto Monica (monitoraggio marino) per
dirottarli in quel pertugio profondo da cui bisognava trarre auspici di
monitoraggio supertecnologico nei Campi Flegrei. Una trivellazione che doveva
raggiungere i 4000 metri di profondità “baciando” il magma, ed invece si è
fermata a 500 metri e con qualche problema a fronte di un rischio giurato iniziale
pari a zero…
Secondo uno studio dell’AMRA, la
problematica della micro sismicità legata alle perforazioni e reiniezione è
minima, a causa degli strati crostali che nei primi due chilometri della zona
vulcanica flegrea possono considerarsi asismici. Mentre le perforazioni non
supererebbero i mille metri… Le note scientifiche stimano in una magnitudo non
superiore a 3,2 l’energia massima che potrebbe scaturire eventualmente dai microsismi
e comunque a breve distanza dalla testa dei pozzi. Se il Ministero della
Cultura si preoccupa della micro sismicità in ordine alla tutela dei beni
archeologici locali, occorrerebbe pure che qualcuno valuti il rischio
complessivo che corre la popolazione puteolana e napoletana…
Pozzuoli - Macellum |
Il sindaco di Pozzuoli quale
autorità locale di protezione civile e il Sindaco di Napoli titolare
amministrativo della città metropolitana, Luigi De Magistris, potrebbero, in
ragione del loro ruolo istituzionale, chiedere un illustre parere alla
commissione grandi rischi sezione rischio vulcanico, che è un organo consultivo
in termini di previsione e anche di prevenzione del rischio vulcanico, ed è presieduta
dal Prof. Vincenzo Morra.
Da un punto di vista tecnico
occorre precisare e dire che il rischio è un fattore insito in tutte le
attività umane: il rischio zero quindi non esiste. Ma il rischio è anche un
fattore che deve contemplare un altro importantissimo e fondamentale elemento che
ci aiuta e decidere sul da farsi, e che si chiama alternativa. Il rischio è quindi un elemento non statico, mai
esaustivo e variabile nel tempo e a seconda delle necessità che si presentano
nella società.
Per meglio comprendere questo
ragionamento portiamo un esempio che proponemmo in una dispensa didattica (1992)
scritta per gli insegnanti. In alcuni paesi poveri, alcuni bambini poveri in
qualche caso mangiano prodotti di scarto prelevati dalle discariche o dai
bidoni delle immondizie entrando in competizione coi topi. Il rischio sanitario
susseguente a una tale condizione di stremo, per la nostra cultura occidentale è
inaccettabile, ma per quei malnutriti e scheletrici bambini, il rischio era
più che accettabile in ragione dell’alternativa che era la morte per
fame.
Oggi l’alternativa al geotermico
è il solare e l’eolico e si spera presto di trarre energia dal moto delle onde.
L’Italia non ha notevoli risorse di combustibili fossili, ma il gas ci sembra
un’alternativa valida e perdurevole, fino a quando non si miglioreranno le rese
delle energie rinnovabili o si scopriranno altre fonti energetiche di rilievo
non inquinanti.
Il rischio che comportano le
attività di trivellazioni in una zona vulcanica metropolitana, che dovrebbe
attuarsi in un punto critico e stressato della caldera flegrea, in una
condizione areale di attenzione vulcanica,
col suolo che s’innalza seppur di poco ma di continuo, non è giustificabile in assenza di una condizione di fame energetica.
D’altra parte la costruzione di
un impianto geotermico richiede ben poco tempo rispetto ad esempio a una
centrale nucleare dove occorrono molti anni per realizzarla e metterla in
esercizio. E l’energia geotermica è comunque lì ad aspettarci qualora dovessimo
avere questa famosa fame di energia. Ecco, i rischi che oggi rappresentano un
ostacolo al geotermico, magari cambieranno in termini di accettabilità quando l’oro
nero diminuirà tanto da diventare materia di appannaggio per pochi.
Nei Campi Flegrei le acque che
circolano nel sottosuolo sono particolarmente calde. Addirittura il pozzo di
San Vito con i suoi 400° Celsius ha il record di temperatura per un sistema
geotermico. Purtroppo bisogna fare i conti con una zona che non ha le caratteristiche
territoriali di Larderello in Toscana…
Valga allora il concetto che
bisogna sì individuare le aree che hanno punti caldi interessanti e che possono
quindi essere destinate allo sfruttamento geotermico (carta nazionale?), ma ovviamente l’analisi non
deve riguardare solo gli aspetti geotermici del sottosuolo e quindi legati al profitto,
ma anche quelli non meno importanti che riguardano la superficie abitata e le
necessarie tutele ambientali e strutturali che la zona presenta.
Infatti, i fluidi caldi prelevati
dal sottosuolo per uso geotermico, possono essere particolarmente inquinanti al
punto da non poter essere riversati sui suoli in superficie per non contaminare
le falde freatiche, così come in alcuni casi neanche le volute di vapore
possono ritenersi indenni dal contenere sostanze inquinanti come l'arsenico.
Il sistema a "circuito chiuso"
presentato da questa società proponente tecnicamente sembra valido.
Occorrerebbe allora che si individuasse un sito periferico al vulcano flegreo, in una
zona non particolarmente abitata e senza particolari strutture a rischio nelle vicinanze. Certo, le società investitrici nel geotermico vorrebbero il loro
sito ideale in testa al punto più caldo della caldera. Ma come sembra stia
succedendo in Basilicata, il business non può sempre avere la meglio in nome di un non meglio specificato progresso...
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