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martedì 23 agosto 2016

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: nel super vulcano il progetto geotermico Scarfoglio? ... di MalKo



Il vulcano Solfatara - Campi Flegrei - Pozzuoli

Nei Campi Flegrei a ridosso del vulcano Solfatara, dovrebbe sorgere una stazione geotermica finalizzata alla produzione di energia elettrica. Il progetto denominato Scarfoglio, è al vaglio del Ministero dell’Ambiente e prevede l’utilizzo di fluidi a media entalpia emunti dal sottosuolo del super vulcano flegreo.

Il progetto pilota prevede l’installazione degli impianti nella contrada denominata appunto Scarfoglio, limitrofa alla zona di Pisciarelli. Quest’ultima è sede di importanti fenomenologie di vulcanesimo ancorché di massiccia degassificazione di anidride carbonica che ascende in superficie dal ribollente sottosuolo vulcanico.

La società Geoelectric S.r.l. ha scelto questo sito proprio per la presenza di fluidi termali molto caldi rinvenibili già dopo alcune centinaia di metri di profondità. Propositrice del progetto in esame, la Geoelectric ha riproposto al Ministero dell’Ambiente e della Tutale del Territorio e del Mare, quale istituzione competete per la valutazione d’impatto ambientale (VIA), alcuni aggiornamenti progettuali volontari, evidentemente per contrastare le note ostative provenienti dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT). Quest’ultimo dicastero lamenta difformità circa l’utilizzo delle aree vincolate e una carenza di progettualità di ripristino dello stato dei luoghi. Inoltre, quale dato di una certa importanza, ai Beni Culturali sembra abbiano a temere la micro sismicità indotta dalle attività di perforazione e da quelle di reiniezione in profondità delle acque termali. Una micro sismicità che potrebbe minare, dicono, il patrimonio archeologico dell’area…

I Campi Flegrei si connotano all’interno di una grande caldera afferente all’omonimo super vulcano. A tutt’oggi si caratterizza per alcune fenomenologie di rilievo, tra le quali il bradisismo ascendente e la rilevazione di picchi di magma fino a tre chilometri dalla superficie, oltre naturalmente una certa attività sismica anche a sciami. Questi ed altri elementi, hanno contribuito a dichiarare lo stato di attenzione vulcanica per l’area calderica flegrea, perché i parametri geofisici e geochimici rilevati presentano delle discordanze rispetto a quelli base di riferimento.
Stazione sismica Osservatorio Vesuviano - Campi Flegrei (Pozzuoli)
La società Geoelectric S.r.l. avvalendosi anche di esperti istituzionali dell’INGV e della società AMRA, ebbe a presentare nel mese di maggio 2015 questo progetto che prevede la realizzazione di un impianto pilota a ciclo binario per la produzione di energia elettrica. Le modalità di funzionamento dell’impianto prevedono il prelievo dei fluidi geotermici a circa 180° C. emungendoli dal sottosuolo a mille metri di profondità. Il fluido bollente viene quindi indirizzato in uno scambiatore di calore dove cede energia termica. In questo processo di scambio, i fluidi bollenti perdono parte della loro temperatura iniziale, e vengono quindi reiniettati nel serbatoio geologico profondo, dove riacquisteranno la loro temperatura iniziale, magari un po’ più in là del punto di prelievo. Questo circolo virtuoso non prevede interscambi con l’ambiente esterno o emissione di vapore nell’atmosfera. Da un punto di vista impiantistico e dell’inquinamento quindi, appare buono…

Il problema della nostra contrarietà al progetto, è il luogo dove quest’impianto pilota vuole collocarsi: cioè in una caldera dove vige un primo livello di allerta vulcanica e addirittura in un punto territoriale particolarmente stressato dalle forze endogene che operano incessanti nel sottosuolo flegreo, a prescindere se sono da ascrivere a intrusioni magmatiche o a fattori idro termali o più verosimilmente un connubio fra le due componenti che rendono il suolo puteolano per niente immobile.

Sarà proprio nel tufo a strati che le trivelle dovrebbero perforare cinque pozzi in totale, di cui tre di prelievo dei fluidi caldi che sono il motore del sistema geotermico e due di reiniezione nel serbatoio geologico d’origine. Al di là degli aspetti amministrativi sollevati dal ministero dei beni culturali, rimane l’incognita della micro sismicità indotta che anche se derivante da modeste fratturazioni,queste potrebbero favorire un disequilibrio nei dinamismi che pregnano il sottosuolo. Secondo lo studio dell’AMRA, il problema dei micro sismi dovrebbe essere alquanto contenuto e limitato a una distanza orizzontale di qualche chilometro dalla testa dei pozzi. L’AMRA si spinge oltre rendendo noto che il sottosuolo flegreo nei primi due chilometri a causa dell’elevata fratturazione è da ritenersi praticamente asismico.

Il problema principale è che certe conclusioni scientifiche comprendono anche dei pareri opposti provenienti dalle apprensioni di alcuni scienziati e tecnici che sollevano dubbi sulla innocuità della pratica di trivellazione e di reiniezione dei fluidi.

Le perplessità tutte scientifiche non si sono avvalse di una consulenza o di un vaglio da parte dell’Osservatorio Vesuviano che si fregia del titolo di Centro di Competenza circa i vulcani campani, perché tale struttura oggi non può definirsi terza sull’argomento in quanto ha contribuito in una certa misura a supportare le relazioni scientifiche a favore della società Geoelectric, corroborate nel merito da apposite conferenze a tema.

Tutti i pozzi che servono all’impianto pilota dovrebbero raggiungere la profondità di mille metri cadauno… Le domande che quindi galleggiano ancora nell’aria sono queste: cosa significa in termini di rischio perforare i contrafforti di base del vulcano Solfatara? Quali equilibri potrebbero compromettere le perforazioni a ridosso della località Pisciarelli? Le perforazioni accentuerebbero e in che misura il degassamento da anidride carbonica già massiccio in quella zona? Quali effetti avrebbe il fenomeno di sollevamento o abbassamento del suolo sull’impianto industriale una volta realizzato?  

E’ di questi giorni la notizia apparsa sul sito Meteo Vesuvio di Giuseppe D’Aniello, che l’Osservatorio Vesuviano sta stanziando fondi urgenti per mettere in sicurezza la perforazione effettuata a Bagnoli (Campi Flegrei Deep Drilling Project), attraverso una super perizia affidata a un ingegnere esperto del ramo trivellazioni.

Nella perforazione del CFDDP ferma a 500 metri di profondità, pare siano ascesi dei fanghi che potrebbero innescare problematiche di sicurezza del sito. Bisogna allora capire cosa stia succedendo in quel condotto con una urgenza tale da costringere il commissario Martini, altro fautore del geotermico nei Campi Flegrei, a distrarre fondi dal progetto Monica (monitoraggio marino) per dirottarli in quel pertugio profondo da cui bisognava trarre auspici di monitoraggio supertecnologico nei Campi Flegrei. Una trivellazione che doveva raggiungere i 4000 metri di profondità “baciando” il magma, ed invece si è fermata a 500 metri e con qualche problema a fronte di un rischio giurato iniziale pari a zero…

Secondo uno studio dell’AMRA, la problematica della micro sismicità legata alle perforazioni e reiniezione è minima, a causa degli strati crostali che nei primi due chilometri della zona vulcanica flegrea possono considerarsi asismici. Mentre le perforazioni non supererebbero i mille metri… Le note scientifiche stimano in una magnitudo non superiore a 3,2 l’energia massima che potrebbe scaturire eventualmente dai microsismi e comunque a breve distanza dalla testa dei pozzi. Se il Ministero della Cultura si preoccupa della micro sismicità in ordine alla tutela dei beni archeologici locali, occorrerebbe pure che qualcuno valuti il rischio complessivo che corre la popolazione puteolana e napoletana…
Pozzuoli - Macellum
Il sindaco di Pozzuoli quale autorità locale di protezione civile e il Sindaco di Napoli titolare amministrativo della città metropolitana, Luigi De Magistris, potrebbero, in ragione del loro ruolo istituzionale, chiedere un illustre parere alla commissione grandi rischi sezione rischio vulcanico, che è un organo consultivo in termini di previsione e anche di prevenzione del rischio vulcanico, ed è presieduta dal Prof. Vincenzo Morra. 

Da un punto di vista tecnico occorre precisare e dire che il rischio è un fattore insito in tutte le attività umane: il rischio zero quindi non esiste. Ma il rischio è anche un fattore che deve contemplare un altro importantissimo e fondamentale elemento che ci aiuta e decidere sul da farsi, e che si chiama alternativa. Il rischio è quindi un elemento non statico, mai esaustivo e variabile nel tempo e a seconda delle necessità che si presentano nella società.

Per meglio comprendere questo ragionamento portiamo un esempio che proponemmo in una dispensa didattica (1992) scritta per gli insegnanti. In alcuni paesi poveri, alcuni bambini poveri in qualche caso mangiano prodotti di scarto prelevati dalle discariche o dai bidoni delle immondizie entrando in competizione coi topi. Il rischio sanitario susseguente a una tale condizione di stremo, per la nostra cultura occidentale è inaccettabile, ma per quei malnutriti e scheletrici bambini, il rischio era più che accettabile in ragione dell’alternativa che era la morte per fame.

Oggi l’alternativa al geotermico è il solare e l’eolico e si spera presto di trarre energia dal moto delle onde. L’Italia non ha notevoli risorse di combustibili fossili, ma il gas ci sembra un’alternativa valida e perdurevole, fino a quando non si miglioreranno le rese delle energie rinnovabili o si scopriranno altre fonti energetiche di rilievo non inquinanti.

Il rischio che comportano le attività di trivellazioni in una zona vulcanica metropolitana, che dovrebbe attuarsi in un punto critico e stressato della caldera flegrea, in una condizione areale di attenzione vulcanica, col suolo che s’innalza seppur di poco ma di continuo,  non è giustificabile in assenza di una condizione di fame energetica.

D’altra parte la costruzione di un impianto geotermico richiede ben poco tempo rispetto ad esempio a una centrale nucleare dove occorrono molti anni per realizzarla e metterla in esercizio. E l’energia geotermica è comunque lì ad aspettarci qualora dovessimo avere questa famosa fame di energia. Ecco, i rischi che oggi rappresentano un ostacolo al geotermico, magari cambieranno in termini di accettabilità quando l’oro nero diminuirà tanto da diventare materia di appannaggio per pochi.

Nei Campi Flegrei le acque che circolano nel sottosuolo sono particolarmente calde. Addirittura il pozzo di San Vito con i suoi 400° Celsius ha il record di temperatura per un sistema geotermico. Purtroppo bisogna fare i conti con una zona che non ha le caratteristiche territoriali di Larderello in Toscana…

Valga allora il concetto che bisogna sì individuare le aree che hanno punti caldi interessanti e che possono quindi essere destinate allo sfruttamento geotermico (carta nazionale?), ma ovviamente l’analisi non deve riguardare solo gli aspetti geotermici del sottosuolo e quindi legati al profitto, ma anche quelli non meno importanti che riguardano la superficie abitata e le necessarie tutele ambientali e strutturali che la zona presenta.

Infatti, i fluidi caldi prelevati dal sottosuolo per uso geotermico, possono essere particolarmente inquinanti al punto da non poter essere riversati sui suoli in superficie per non contaminare le falde freatiche, così come in alcuni casi neanche le volute di vapore possono ritenersi indenni dal contenere sostanze inquinanti come l'arsenico.

Il sistema a "circuito chiuso" presentato da questa società proponente tecnicamente sembra valido. Occorrerebbe allora che si individuasse un sito periferico al vulcano flegreo, in una zona non particolarmente abitata e senza particolari strutture a rischio nelle vicinanze. Certo, le società investitrici nel geotermico vorrebbero il loro sito ideale in testa al punto più caldo della caldera. Ma come sembra stia succedendo in Basilicata, il business non può sempre avere la meglio in nome di un non meglio specificato progresso...







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