Pozzuoli (Campi Flegrei) - macellum |
Il Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare, ha in corso di valutazione d’impatto
ambientale (VIA), un progetto di sfruttamento geotermico per la produzione di
energia elettrica da realizzarsi nella località Scarfoglio (Campi Flegrei), a
ridosso del vulcano Solfatara nella zona Pisciarelli di Pozzuoli. Motore del
sistema dovrebbero essere le caldissime acque del sottosuolo vulcanico.
La documentazione a corredo della
richiesta di autorizzazione ha avuto una partnership
scientifica istituzionale per molti versi riconducibili all’Osservatorio
Vesuviano (INGV), che dovrebbe essere la struttura di garanzia per le
problematiche vulcaniche in Campania. Una situazione per molti versi
discutibile, perché se la commissione ministeriale ambientale dovesse
respingere il progetto Scarfoglio per motivi precauzionali a fronte dell’incolumità
pubblica, metterebbe in seria difficoltà l’immagine dell’Osservatorio Vesuviano
che, poco indirettamente, ha espresso invece parere di fattibilità del
progetto, minimizzando i rischi indotti dalle trivellazione e dalla reiniezione
dei fluidi operativi nel sottosuolo.
Anche noi abbiamo inviato le
nostre osservazioni al Ministero dell’Ambiente, rimarcando la necessità che
determinati rischi si accettano e si respingono anche in ragione delle
alternative possibili. Se Le energie geotermiche sono rinnovabili vuol dire che
saranno a disposizione della collettività per migliaia di anni. Quindi, se
dovesse subentrare una fame di energia
che potrebbe mettere in ginocchio la nostra società iper tecnologica e post
industriale, allora i rischi dovuti alle trivellazioni e alla pratica di reiniezione
gioco forza diventerebbero accettabili, addirittura auspicabili. Oggi però, non
ci sono queste condizioni, perché a muovere questo progetto al momento è solo un
business industriale…
Abbiamo chiesto al Professor Giuseppe Mastrolorenzo, primo
ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano, un’analisi dei fattori che a suo
giudizio rendono improponibile le attività geotermiche nell’area calderica
flegrea. Il noto vulcanologo ci ha consentito di accedere alle osservazioni che
ha sviluppato e inviato al Ministero dell’Ambiente. Ve le proponiamo qui di
seguito, anche se in una forma riassuntiva.
<< Nella zona dove è stato
presentato un progetto d’installazione di un impianto geotermico, ovvero
nell’area epicentrale Solfatara – Pisciarelli nei Campi Flegrei, si è avuto recentemente
uno sciame sismico di circa 45 scosse con ipocentri superficiali e a bassa
magnitudo. Il 7 ottobre del 2015, eventi sismici analoghi indussero non pochi
residenti ad abbandonare le proprie abitazioni, così come in alcune scuole i
dirigenti scolastici decisero di evacuare i plessi a loro affidati.
Una ricerca pubblicata sulla
rivista Nature- Scientific Reports
nell'agosto del 2015 dal dott. Luca
D'Auria e altri ricercatori INGV e CNR, ad oggetto le deformazioni del
suolo avvenute tra il 2012 e 2013, ha dimostrato come in detto periodo si sia
verificata probabilmente una risalita di magma fino a circa 3 Km. dalla
superficie, proprio al di sotto di una zona che potremmo definire centrale
della caldera flegrea.
Tale risultato ha evidenziato la
scarsa rilevabilità della possibile risalita di corpi magmatici dal profondo,
ma anche un’analoga e oggettiva difficoltà a individuare nell’attualità le intrusioni
già esistenti, nonostante si disponga di un sistema di monitoraggio areale di
una certa efficienza. Quindi, non conoscendo la posizione e l’estensione delle protuberanze magmatiche eventualmente
presenti a bassa profondità nell'area di Agnano - Pisciarelli, risulta alquanto
sconsigliabile procedere con attività di trivellazioni, onde evitare di innescare
indesiderati processi perturbativi nella zona calderica anche di tipo esplosivo.
L’area di Agnano – Pisciarelli
(Scarfoglio), è strategica e prioritaria per il monitoraggio geofisico e
geochimico della caldera attiva dei Campi Flegrei, soprattutto perché esiste un
database ultradecennale di tutto rispetto dei dati di monitoraggio del super
vulcano flegreo, che sarebbe il caso di non alterare con valori e misure che
sarebbero compromesse nella loro naturalità dai processi di trivellazione,
emungimento e reiniezione dei fluidi caldi prelevati dal sottosuolo.
Un database di queste dimensioni
è indubbiamente e particolarmente utile per valutazioni di ordine scientifico
sulla pericolosità vulcanica, grazie a comparazioni da cui potrebbero discendere
indicazioni scientifiche circa i livelli di allerta da assegnare all’area, ai
fini dell’attuazione dei piani di salvaguardia delle popolazioni esposte.
D’altra parte bisogna anche annotare che la realizzazione di un database come
questo quale frutto di una ultradecennale attività di monitoraggio, ha
richiesto l’investimento di ingenti risorse pubbliche, tanto umane quanto
materiali.
La realizzazione di uno stabilimento
industriale che emunge fluidi caldi (180° C.) dal sottosuolo per poi reiniettarli
orientativamente nel bacino di prelievo, renderebbe praticamente
indistinguibile, nel caso dovessero presentarsi eventi simici, la differenziazione
tra origine naturale o indotta di questi fenomeni in tutti i casi pericolosi.
L’incertezza determinerebbe pure implicazioni di natura giuridica nella
individuazione delle responsabilità, qualora dovessero riscontrarsi
malauguratamente danni a persone o a beni pubblici e privati.
Il vulcano Solfatara - Pozzuoli (Campi Flegrei) |
Le criticità naturali insite
nella caldera flegrea, sono altresì aggravate dalla perdurante assenza di piani
di evacuazione per l'area dei Campi Flegrei, con un valore esposto destinato a
salire perché parliamo di un contesto territoriale dove ancora manca un vincolo
vulcanico che renda impossibile l’edificazione ad uso residenziale,
alla stregua di quanto è già stato fatto per il Vesuvio con la legge regionale
numero 21 del 2003.
Recentemente bisogna pure
annoverare la risalita di fluidi fangosi all'interno del pozzo di Bagnoli realizzato
nell'area ex ITALSIDER nel 2012 e profondo 500 metri (CFDDP). Il Commissario dell'Osservatorio
Vesuviano, dott. Marcello Martini,
ha dovuto disporre nel merito urgenti consulenze, senza escludere interventi di
ottimizzazione del sito di perforazione nel senso della sicurezza.
Una vasta letteratura mondiale
documenta i rischi connessi ad attività di trivellazione in generale. Tra i più
comuni effetti osservati con questa pratica, segnaliamo gli inneschi di eventi
sismici e sequenze sismiche, anche prolungate nel tempo, così come le
esplosioni o eruzioni dei pozzi, con innesco di fuoriuscite di fluidi anche per
lunghi periodi di tempo. Ed ancora processi di subsidenza del suolo,
alterazioni delle falde acquifere ed eventi franosi dai rilievi circostanti.
Per tali motivazioni, i siti di perforazione sono generalmente posti a distanza
dai centri abitati, e in aree non interessate da strutture tettoniche attive.
Le mie perplessità non sono
singolari e convergono anche con quelle dei colleghi dott. Giovanni Chiodini dell'INGV, prof.ssa Tiziana Vanorio dell'Università di Stanford USA e il prof. Franco Ortolani, già professore
ordinario presso l'Università di Napoli Federico II. Similmente abbiamo
segnalato la pericolosità delle trivellazioni in un’area vulcanica particolarmente
dinamica come quella flegrea, dove vige tra le altre cose, lo stato di attenzione vulcanica.
Nel caso delle aree vulcaniche
attive come quella in esame (Campi Flegrei), i rischi citati sono notevolmente
amplificati dagli elevati valori di temperatura e pressione dei fluidi
circolanti nel sottosuolo, titolari anche di un certo fattore chimico di
tossicità, in un sistema circolatorio sotterraneo che potrebbe essere
caratterizzato da intrusioni magmatiche abbastanza superficiali.
Nel computo delle complicazioni
dovute alle trivellazioni in aree vulcaniche, segnaliamo sicuramente il vulcano
di fango Lusi nell’isola di Giava. Altri
esempi riguardano la caldera del Fogo (Sao Miguel Azzorre), dove da alcuni anni
è esplose un pozzo durante una trivellazione profonda circa 600 metri;
perforazioni crostali finalizzate alla realizzazione di un impianto geotermico.
Questa esplosione è stata associata a sequenze sismiche, processi di
fratturazione del suolo e nascita di nuovi campi fumarolici.
Il vulcano Lusi: il fango invade il villaggio di Sidorajo - Fotografia di John Stanmeyer, National Geographic |
Per quanto riguarda invece, l'innesco
di sequenze sismiche a seguito di attività di trivellazione, estrazione e
reiniezione di fluidi, la problematica è ben documentata anche in aree non
vulcaniche, in prossimità di strutture tettoniche attive, come ad esempio nei pozzi
localizzati presso Basilea, in Oklahoma e in Olanda.
Dettagliate documentazioni,
relative a sismicità indotta, emissioni gassose nocive, emissioni acustiche, e
anche esplosioni idrotermali, sono registrate storicamente in tempi più
recenti, in aree geotermiche anche di vulcani non attivi, come ad esempio nei
siti italiani del Monte Amiata e di Larderello.
D'altra parte, nel progetto
pilota " Scarfoglio", è prevista la possibilità di eventi sismici
indotti, ma per tale area è noto come la magnitudo massima attesa possa
superare il 4 grado Richter, e in tale zona può produrre danneggiamenti. Il sito prescelto per le trivellazioni è
all'interno dell'area epicentrale delle frequenti sequenze sismiche dei Campi
Flegrei e dei maggiori terremoti registrati e avvertiti durante le crisi bradisismiche.
In particolare, proprio per il rischio sismico, durante la crisi conclusasi nel
1985 fu decisa la totale evacuazione della popolazione di Pozzuoli, trasferita
nel nuovo insediamento di Monterusciello.
Ricerche condotte dal
sottoscritto, in collaborazione con altri colleghi dell'INGV e di altri
istituti, pubblicate su riviste internazionali già alla fine degli anni 90 e negli
anni successivi, dimostrano l'estrema instabilità dei sistemi geotermici, sotto
l'effetto anche di minime perturbazioni termiche e meccaniche in profondità,
con evoluzione imprevedibile e dagli effetti a volte assolutamente
indesiderati. Tali condizioni possono essere indotte proprio dalle attività di
trivellazione.
Le insufficienti conoscenze
dell'assetto geologico-strutturale e termo-fluidodinamico dell’area calderica
(Scarfoglio – Pisciarelli), dove dovrebbe collocarsi l’impianto per la
produzione di energia elettrica sfruttando i fluidi caldi circolanti nel
sottosuolo, in assenza di modelli robusti
e affidabili sul comportamento di tali sistemi perturbabili dalle attività di trivellazione,
rendono il progetto Scarfoglio rischioso per le comunità e in netto contrasto
con il principio di precauzione.
Oltre ai rischi immediati,
previsti tra l’altro da modelli di calcolo di processi termo - fluidodinamici in
mezzi porosi, le modificazioni sostanziali che potrebbe interessare il sistema
profondo, si potrebbero verificare anche a distanza di alcuni decenni.
Utilizzando i comuni programmi di
calcolo per l'evoluzione di sistemi geotermici in caso di attività di
estrazione di fluidi, si può infatti prevedere la generazione di una estesa
modificazione di temperatura, pressione e regime di circolazione dei fluidi in
un raggio di centinaia di metri, centrato presso la massima profondità del
pozzo, in un periodo che va da alcuni anni a qualche decennio, a partire
dall'inizio delle attività estrattive. Le conseguenze sull'ambiente derivanti
da tali processi, sono del tutto imprevedibili.
Per le ragioni riportate e vista
l'assoluta impossibilità previsionale teorica su quello che potrebbe succedere,
tra l’altro una situazione non mitigabile neanche attraverso il monitoraggio delle attività previste
nel programma geotermico da realizzare nel sito di Agnano Pisciarelli, le trivellazioni così come la reiniezione dei fluidi da attuarsi nell’area vulcanica flegrea, sono da
considerarsi ad altissimo rischio, e quindi, da evitare nell'interesse comune.
Nessun commento:
Posta un commento
malkohydepark@gmail.com