La zona dei Campi Flegrei: quartieri Bagnoli e Fuorigrotta. |
L’uomo
ha sempre avuto sete di energia. Per produrla ha iniziato a bruciare legna, poi
ha continuato col carbone ed ancora il petrolio che rimane la fonte energetica
principale, anche se non pochi e già da tempo sfruttano il nucleare per
produrre elettricità, ad eccezione dell’Italia che lo ha bandito e che punta sulle
risorse rinnovabili come l’eolico e il fotovoltaico e il geotermico.
In realtà l’eolico e il
fotovoltaico sembrano energie più da propensione
ambientale che da straordinario ed effettivo rendimento elettrico, atteso
che una lattina di benzina (oggi) ha una capacità energetica di gran lunga
superiore a un concentrato eolico o di radiazioni solari: elementi quest’ultimi
inesorabilmente legati alle condizioni atmosferiche e alla rotazione terrestre.
Neanche l’energia prodotta
dalle biomasse vegetali attraverso processi termochimici, biologici e fisici
risultano (oggi) particolarmente convenienti per le non semplici modalità di
trasformazione del prodotto e per una serie di implicazione anche morali a
proposito dell’agricoltura che dovrebbe avere il principale ruolo di sfamare il
Pianeta e non quello di produrre energia. Il metano pare sia allora la risorsa
su cui puntare nel medio futuro, perché per quantità stimate nei giacimenti,
potrebbe essere un sostituto energeticamente valido rispetto all’aborrito
nucleare: un gas su cui molto probabilmente bisognerà puntare…
Oltre all’idroelettrico, nel
nostro Paese sta prendendo vigore lo sfruttamento delle risorse geotermiche di
cui l’Italia vanta una primogenitura con gli impianti industriali di Larderello. Attraverso una serie di
liberalizzazioni e concetti discutibili a proposito dell’interesse nazionale,
sono nate numerose società che hanno avanzato richiesta di sfruttamento
geotermico con alcune proposte attualmente al vaglio del Ministero
dell’Ambiente che dovrà pronunciarsi sulla valutazione d’impatto
ambientale (VIA). Ovviamente quasi tutti i luoghi della Terra possono attingere a
questa risorsa energetica da raggiungere con le perforazioni, che sarà tanto
più conveniente quanto minori saranno le profondità di captazione dei fluidi caldi, che saranno giudicati ottimali non solo in ragione delle
elevate temperature ma anche delle concentrazioni saline che dovranno essere
veramente minime. Fluidi ricchi di
sostanze corrosive infatti, costituirebbero un serio problema per tubazioni e impianti
di produzione.
D’altra parte il geotermico
richiede generalmente operazione di trivellazione che anche nelle zone calde necessitano
di profondità di diverse centinaia di metri. Le trivellazioni (oggi) sono invise
a buona parte dell’opinione pubblica, probabilmente per la proliferazione della
pratica che si sta intensificando sia in mare che sulla terra ferma. Le perforazioni
a prescindere dall’uso eccessivo e successivo non avvengono di solito in un
corpo omogeneo e monolitico, bensì in un sottosuolo fatto a strati in cui coesistono
spessori liquidi e intermedi e disomogenei e rocciosi che si interallacciano e
si scambiano elementi, chimismi e calore con interazioni raramente conosciute
in anticipo. In altre parole le
operazioni di trivellazione contengono quasi sempre alcuni elementi di rischio
ambientale difficili da valutare in partenza come i benefici, per cui si ricorre a impianti
pilota. Rischi che si accentuano enormemente in aree sismiche e vulcaniche
perché il sottosuolo in questo caso potrebbe essere particolarmente stressato e anche un piccolo elemento
perturbante dovuto alla perforazione o alla reiniezione dei fluidi captati,
potrebbero indurre subsidenze o eventi sismici e altro. Una quantificazione generale
del rischio che potrebbe assurgere a valori inaccettabili qualora le
trivellazioni dovessero realizzarsi in zone densamente abitate con
infrastrutture di rilievo e nel nostro caso metropolitane.
In prima battuta un
interessante progetto di sfruttamento geotermico era stato predisposto per il seamount Marsili; vulcano addormentato nelle
profondità del mare Tirreno Meridionale. Tra l’altro il progetto non prevedeva neanche
una valutazione d’impatto ambientale. Probabilmente perché il Marsili poggia sul
fondo del mare a oltre 80 chilometri dalla costa più vicina; forse, in assenza
di valore esposto si riteneva erroneamente che il progetto potesse conformarsi
come esente da rischi… Ma il mare non è un elemento statico, e in realtà
allarmi erano stati già lanciati in precedenza da emeriti studiosi, a proposito
del rischio frane insito sui versanti scoscesi e flaccidi del poderoso vulcano
sottomarino. Frane che avrebbero potuto innescare terribili onde di maremoto si
ripeté… Senza dilungarci oltre, bene ha fatto il Ministero dell’Ambiente a
pretendere una valutazione d’impatto ambientale (VIA) anche per il rischio frane
e tsunami. Il progetto quindi, se sarà ripresentato dovrà contenere gli
elementi valutativi sui pericoli non chiariti in precedenza.
Nella zona dei Campi Flegrei e di Ischia invece, sono in corso valutazioni d’impatto ambientale (VIA)
per i progetti di sfruttamento geotermico denominati Scarfoglio e Serrara Fontana.
Il primo prevede trivellazioni e captazione e reiniezione dei fluidi nella zona
del vulcano Solfatara, e il secondo nei contrafforti del Monte Epomeo. Tra l’altro nella zona di Bagnoli, sempre nei Campi Flegrei, nel corso del 2012 si è dato il
via a un altro progetto di perforazione in questo caso profondo finanziato da
un consorzio internazionale (ICDP): il famoso
Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP).
Schema del Campi Flegrei Deep Drilling Project |
Uno scavo quest'ultimo che, come tutti
gli scavi di questo mondo, ha sempre una valenza scientifica, ma il progetto
mirava e mira soprattutto a braccare
i fluidi supercritici (500°-600°) onde valutarne il potenziale geotermico di
sfruttamento. L’opera, dichiarata di valenza internazionale, prevede una
trivellazione da 4000 metri nel cuore caldo della caldera flegrea. E’ di questi
giorni la notizia che è stato scoperto sempre dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con
il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) attraverso l'utilizzo di strumenti e tecniche satellitari, la causa del sollevamento dei suoli
nell’area di Pozzuoli e zone limitrofe. Un bradisismo
dovuto a uno strato intrusivo, una sorta di iniezione compulsiva che ha spinto
il magma da circa 8 - 10 chilometri ad appena 3 chilometri dalla
superficie. Praticamente se la
trivellazione prevista dal progetto CFDDP oggi ferma a 520 metri di profondità dovesse continuare come annunciato fino a toccare i 4 chilometri, si raggiungerebbe e si perforerebbe e si
supererebbe (tecnologia permettendo), lo strato magmatico appena scoperto.
La notizia che circola sui media in queste ore e che ha avuto una forte presa sul pubblico, ha posto erroneamente il Vesuvio al centro dell’attenzione perché si accennava in una intervista e come premessa alla risalita del magma da un’unica grande camera magmatica comune ai due complessi vulcanici napoletani : il Vesuvio e i Campi Flegrei.
La notizia che circola sui media in queste ore e che ha avuto una forte presa sul pubblico, ha posto erroneamente il Vesuvio al centro dell’attenzione perché si accennava in una intervista e come premessa alla risalita del magma da un’unica grande camera magmatica comune ai due complessi vulcanici napoletani : il Vesuvio e i Campi Flegrei.
In realtà la vera notizia l'abbiamo accennato in precedenza riguarda una recentissima pubblicazione del ricercatore
Luca D’Auria dell’INGV, in cui si mette in luce che le deformazioni bradisismiche del
suolo nell’area flegrea, soprattutto dagli inizi del 2012 e fino al mese di
giugno del 2013, sono dovute come detto a una iniezione di magma dal profondo. Questo magma si è mosso nel giro di qualche anno e senza particolari dirompenze. Il dato è scientificamente interessante ma non
tranquillizzante soprattutto in assenza di piani di evacuazione.
I piani di evacuazione sono
oggi una misura fondamentale di salvaguardia perché i vulcani hanno
complessivamente ancora elementi di indeterminatezza anche sui tempi di risalita del
magma. La previsione è ancora un traguardo da raggiungere e quindi la prevenzione delle catastrofi deve essere la
disciplina su cui bisogna puntare per la sicurezza delle popolazioni esposte. La
statistica deve essere utilizzata come riferimento privilegiando alternative più garantiste,
così come bisogna evitare alchimie nella classificazione delle zone rosse con
linee deterministiche che valgono per un comune e non per l'altro: generano disorientamento... La ricerca nel campo della vulcanologia va
sostenuta, così come la formazione e l'informazione delle popolazioni a rischio.
Puntare su uno solo di questi elementi potrebbe essere riduttivo se non un
grosso azzardo...
Il litorale vesuviano verso Napoli |
Il Dipartimento della
Protezione Civile ha ribadito con forza che i piani d’emergenza a fronte del rischio Vesuvio esistono eccome. Senza dubbi esistono... Contengono scenari, livelli di allerta, fasi operative, classificazione
delle zone rosse e gialle, atti ufficiali a firma del presidente del Consiglio,
coperture economiche per gli sfollati, accordo sui gemellaggi regionali, ecc. C’è
tutto! Quelli che mancano sono i piani di evacuazione, per i quali sono
stati stanziati fondi soprattutto a favore delle municipalità che
ricadono in aree vulcaniche e che hanno l’obbligo di completare i lavori di pianificazione entro la
data limite del 31 dicembre 2015, dopodiché
gli inadempienti non dovrebbero ricevere alcun rimborso. Allora, corregga il tiro il
dipartimento: un piano d'emergenza che prevede una sola ipotesi di rischio - l'eruzione - con un solo comportamento - l'evacuazione - può considerarsi sostanzialmente inutile o inesistente se mancano appunto i piani di evacuazione. Quando pronti questi strumenti di protezione attiva, dovranno essere sintetizzati e illustrati e assemblati sotto forma di vademecum che dovranno essere consegnati a ogni famiglia residente nei distretti vulcanici napoletani. Piaccia o non piaccia quindi, l'importante dicastero romano ha la
responsabilità di un piano che si fregia unico nel suo genere del titolo di nazionale. Contiamo purtroppo oltre 20 anni di gestazione ma il documento sembra ancora prematuro e le doglie lungi dal venire... Ringraziamo quindi il buon Dio per la clemenza geologica accordataci fino ad (oggi), e un pò meno chi avrebbe dovuto garantire ai cittadini a rischio l'imprescindibile diritto alla sicurezza.
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