Gli allarmi di questi giorni
a proposito del Vesuvio e dell’imminenza di una eruzione, sono partiti presumibilmente
e involontariamente da una sbagliata associazione di idee che hanno seguito la
notizia concernente la scoperta fatta da alcuni ricercatori, tra cui dott. Luca D’Auria dell’INGV e dott.ssa Susi Pepe del CNR. La novità proposta
da questo studio consiste nell’aver individuato attraverso la precisione
millimetrica dei satelliti di nuova generazione, alcuni meccanismi all’origine del
bradisismo flegreo che dal 2012 al mese di giugno 2013 hanno caratterizzato il
sollevamento dell’area puteolana di circa 10 centimetri.
Campi Flegrei: la zona scura indica il picco bradisismico |
Secondo i dati dei due esperti
infatti, il bradisismo di questo periodo è stato causato non già da condizioni
fluidodinamiche ma da una intrusione di magma che da 8 – 10 chilometri di
profondità ha raggiunto i 3 chilometri dalla superficie, per poi espandersi in
senso orizzontale dando luogo a una sorta di scudo o lamina o lago o spessore per
rimanere nella sfera degli esempi adottati dalla stampa, largo alcuni chilometri.
Il Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, intervistato da
più organi di stampa sugli aspetti vulcanologici di questa recentissima scoperta,
ha sottolineato come in una precedente pubblicazione scientifica coprodotta
insieme alla dott.ssa Lucia Pappalardo,
oltre a confermare l’esistenza di un bacino magmatico superficiale e unico per
i Campi Flegrei e per il Vesuvio, metteva in risalto la possibilità che i tempi
di risalita del magma potevano essere ben più rapidi rispetto ad alcune
proiezioni ottimistiche del passato.
Col fine di portare un
contributo scientifico divulgativo alla faccenda, abbiamo chiesto al Professor
Giuseppe Mastrolorenzo di rilasciarci un’intervista sui punti più salienti che
riguardano l’area vulcanica napoletana, anche alla luce dei recenti fatti di
attualità legati alle trivellazioni e alle richieste di sfruttamento geotermico
nell’area calderica flegrea e quella insulare di Ischia. Poi c’è l’annoso
problema dei piani di evacuazione.
Schema del Deep Drilling Project (CFDDP) |
Professore,
un’unica grande camera magmatica quindi…
La prima evidenza di un’unica camera
magmatica comune a Vesuvio e Campi Flegrei è stata presentata da me e dalla Dott.ssa
Lucia Pappalardo sulla testata internazionale Scientific Reports del
gruppo Nature nell’ottobre del 2012. L’iniziativa ebbe un grosso
impatto mediatico perché confermava la presenza di una enorme riserva di magma
già differenziato e quindi pronto ad essere eruttato anche in tempi brevi. Sulla
base delle nostre ricerche magmatologiche, la sommità della camera magmatica ritenemmo
che poteva ben localizzarsi mediamente a 8 chilometri dalla superficie. Fu la
prima volta che grazie allo studio della composizione e dei rapporti isotopici
delle rocce eruttate dal Vesuvio e dai Campi Flegrei si poté individuare una
origine comune ai due vulcani napoletani.
Questa
scoperta del Dott. Luca D’Auria (INGV) ed altri, cosa aggiunge in termini di
conoscenza circa i processi vulcanici dell’area flegrea?
La recente pubblicazione di D’Auria ed altri ricercatori dell’INGV e del
CNR sulla stessa rivista Scientific Reports accennata in
precedenza, ha confermato le conclusioni riportate sulle nostre pubblicazioni.
In base ai loro studi sulla crisi bradisismica del 2012 – 2013, una massa
magmatica sarebbe risalita dalla camera superficiale e “fortunatamente”
si sarebbe espansa orizzontalmente alla profondità di 3 chilometri nell’area
puteolana formando un esteso sill senza causare eruzione.
I
vulcani hanno proprio questo tipo di funzionamento, con il magma che può
risalire dalla camera magmatica arrestandosi a varie profondità o raggiungere
la superficie producendo un’eruzione. Le nostre conoscenza sui sistemi
vulcanici non ci consentono di prevedere l’evoluzione di tali processi che
possiamo solo ipotizzarli. Quello che possiamo osservare direttamente invece è
l’eruzione: ma questa potrebbe essere una magra consolazione in un contesto
urbanizzato come il nostro. E’ grave invece, che pur sapendo della possibile
presenza di corpi magmatici attivi nella caldera dei Campi Flegrei, nel 2012
mentre il magma risaliva si trivellava il suolo di Bagnoli.
Questa
novità dell’iniezione di magma verso la superficie non sembra sia stata colta
in precedenza dalla catena di monitoraggio esistente…
I sistemi di monitoraggio
rilevano le variazione di parametri fisici e chimici mentre la determinazione
delle cause di tali variazioni è oggetto di speculazione scientifica. In
pratica anche con le metodologie più avanzate non è possibile definire con certezza
parametri geometrici fisici ed evolutivi di strutture profonde quali i sistemi
magmatici. Usiamo una serie di indirizzi e modelli generali per ipotizzare
quello che avviene in profondità, e da questo deriva l’intrinseca
imprevedibilità delle eruzioni vulcaniche. I sistemi magmatici non sono per
niente semplici e annoverano una moltitudine di variabili per lo più
sconosciute. Quindi, non ha alcun senso parlare di prevedibilità del fenomeno in
sistemi così complessi. I dati del monitoraggio forniscono solo indirizzi da
inserire in modelli del sottosuolo scarsamente definiti per formulare ipotesi.
Il
direttore dell’Osservatorio Vesuviano ha emanato precipitosamente un bollettino
per tranquillizzare quanti si sono allarmati a causa di alcuni articoli di
stampa ad oggetto il Vesuvio e una possibile ripresa eruttiva. Non sfugge
niente geologicamente parlando all’Osservatorio?
Una cosa è rilevare eventi
sismici anche molto deboli così come minime deformazioni del suolo e
modificazione dei flussi e della composizione chimica e della temperatura dei
gas fumarolici e un'altra e ben diversa è la previsione delle eruzioni. Il
monitoraggio ci consente di definire con accuratezza i cambiamenti che
avvengono in superficie o anche a modesta profondità e in alcuni punti, ma il
monitoraggio non consente alcuna previsione per il futuro. Il monitoraggio può
avere una sua importanza per confermare o rigettare modelli interpretativi ed
avrebbe un valore una volta scelte delle soglie di riferimento che sarebbero
comunque arbitrarie per l’attivazione di un piano di evacuazione. Tra l’altro
piani che al momento mancano esponendo oltre misura i 3 milioni di abitanti che
vivono nei distretti vulcanici napoletani.
Rione Terra Pozzuoli - (Campi Flegrei) |
Le
perforazioni in genere in un’area appunto come quella flegrea o ischitana
potrebbero portare elementi utili alla prevenzione delle catastrofi?
Come dimostrano i vari
disastri avvenuti a seguito di trivellazioni anche in zone per niente sismiche
e vulcaniche, è quanto mai opportuno impedire qualsiasi attività di
trivellazione superficiale o profonda, soprattutto nelle aree urbanizzate a
tutela della collettività.
Per la zona dei Campi Flegrei
e per quella di Ischia da tempo mi batto negli ambiti scientifici e
istituzionali e governativi per impedire l’effettuazione di perforazioni
soprattutto con estrazione e reiniezione dei fluidi sia per scopi scientifici
che industriali legati all’energia geotermica. Non si può non condannare la trivellazione
operata proprio nei suoli di Bagnoli nel 2012 con una crisi bradisismica in
atto in una condizione di misura dei parametri controllati che hanno poi
richiesto il passaggio alla fase di attenzione vulcanica come dai modelli di
allerta vigenti. La perforazione si è fermata a 520 metri, ma se continuava
avrebbe potuto attraversare l’esteso corpo magmatico ubicato a 3 chilometri di
profondità con conseguenze non prevedibili ma certamente contrarie a qualsiasi
principio di precauzione.
In
zone vulcaniche ad altissimo rischio come il Vesuvio e i Campi Flegrei, la
mancata redazione dei piani di evacuazione è come un pronto soccorso senza
medicinali…
Il piano di evacuazione è
l’unica difesa a fronte del rischio a cui sono sottoposte le popolazioni che
abitano in aree vulcaniche per l’imprevedibilità del fenomeno eruttivo. Piani
che da moltissimi anni ne invoco la disponibilità e che puntualmente viene
riferito che sono nella imminenza della pubblicazione ma che di fatto ancora
non esistono… Procedere con le rassicurazioni soprattutto da parte dei vertici
istituzionali può avere una valenza solo nell’immediato, all’atto
dell’affermazione, che potrebbe rivelarsi fallace già nei giorni successivi.
Con questo si vuole dire che oggi non c’è allarme, ma è bene sottolineare che
la previsione degli eventi vulcanici non è ancora alla nostra portata e che
l’unica difesa realmente concreta è la prevenzione delle catastrofi: una
disciplina poco o per niente applicata.
Ringraziamo per la cortese
attenzione e per il tempo che ci ha dedicato il Professor Giuseppe Mastrolorenzo, primo ricercatore presso il prestigioso
Osservatorio Vesuviano (INGV) di Napoli.
Al termine di questa
intervista occorre ribadire alcuni importanti concetti: innanzitutto che il
Vesuvio permane ad oggi in uno stato di quiescenza e chi ha responsabilità
istituzionali bene ha fatto a
puntualizzare l’assenza del rischio eruttivo a breve, ma avrebbe fatto ancora meglio se approfittando
del picco mediatico avesse puntato il dito contro le mancate politiche di
prevenzione che hanno reso le zone vulcaniche napoletane tra le più abitate al
mondo e per questo le più rischiose del Pianeta.
L’oggetto dell’attenzione
giornalistica doveva concentrarsi sui Campi Flegrei, dicevamo, e non solo per le
particolarità calderiche da super vulcano. All’interno dell’area puteolana
infatti, si è riscontrata un’intrusione magmatica che dovrà essere meglio
studiata per capire come si colloca il fenomeno in un contesto di conclamato
stato di attenzione vulcanica, che potrebbe essere forse pure rivisto al rialzo
qualora i dati geochimici e geofisici dovessero attestare una impennata
bradisismica indotta dal materiale magmatico.