L'ospedale del mare - Ponticelli (Napoli) - |
L’Ospedale del mare, il
grande nosocomio dell’Italia meridionale ubicato a Napoli nella zona rossa
Vesuvio, è stato al centro di notevoli polemiche perché ovviamente lo si poteva
costruire in un’area non soggetta all’invasione dei flussi piroclastici in caso
di eruzione vulcanica.
Alcune maestranze hanno
affermato che pur se ne avessero avuto la possibilità lo avrebbe comunque
ricollocato in quella precisa posizione, perché i cittadini del vesuviano hanno
diritto ad essere curati così come ad avere altri tipi di servizi quali scuole e
tribunali. Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda i vertici del dipartimento
della protezione civile…
Questa valutazione potrebbe
avere una logica politica ma non tecnica, perché chi opera nel campo della
sicurezza sa bene che ci sono strutture che hanno un ruolo particolarmente attivo
nelle emergenze e quindi rappresentano una risorsa rispetto ad altre che lo
sono meno o per niente.
In molti dicono che
l’ospedale del mare doveva essere costruito in via argine, nei pressi degli
uffici della motorizzazione civile. Non conosciamo le situazioni amministrative
e di edilizia che hanno spinto il comune di Napoli e la Regione Campania a
valutare una diversa collocazione del nosocomio costruito poi a Ponticelli in
piena zona rossa. Non escludiamo però, che una siffatta decisione sia scaturita
anche sulla base di tardive considerazioni circa la eccessiva contiguità che avrebbe
avuto il mega ospedale nella destinazione iniziale, con la parte industriale
orientale di Napoli, che in quei luoghi probabilmente prevedeva e prevede ancora
strutture di stoccaggio di carburanti e gas. D’altra parte però, se queste sono
le motivazioni per giustificare la posizione attuale dell’ospedale del mare,
dobbiamo annotare che indubbiamente in termini di strategia preventiva non è
stato fatto il possibile. Non saranno mancati gli strutturisti e i collaudatori
al progetto, ma è mancata una elementare valutazione complessiva di ingegneria o
architettura ambientale dando così seguito allo scellerato concetto che si dà
peso a quello che si costruisce piuttosto che al dove lo si costruisce.
Il complesso, vero bunker tutto cemento e ferro, purtroppo ricade in un contesto
territoriale poco sicuro perché le colate piroclastiche hanno una capacità insinuativa
e distruttiva di prim’ordine…
E’ opportuno precisare che scuole
e tribunali, e ancora supermercati e parchi e palestre e piscine e teatri e università
e biblioteche e cinema e parcheggi, possono anche costruirsi in zona rossa
Vesuvio, ma non si possono seguire tesi indifendibili a proposito di oculata
scelta di localizzazione del nosocomio, perché la sua ubicazione in zona ad
altissimo rischio non solo priva i soccorritori in caso di pericolo vulcanico di
una risorsa primaria, ma addirittura il complesso sanitario si rivelerebbe una pesante
zavorra operativa, senza contare le mille incertezze in una situazione di pre allarme. Qualche
alternativa del resto c’era…Ancora di più se si analizzano gli spazi da
rivalutare e riurbanizzare proprio nel settore orientale di Napoli, dove
esistono progettualità residenziali e di servizi molto ampie che si spingono fino ai limiti della
linea nera in un settore che è stato completamente avulso dal rischio colate che conta zero fino allo steccato Gurioli.
Il segmento obliquo è la linea nera Gurioli. A destra il Vesuvio e a sinistra la città di Napoli |
Fino
a quando non veniva perimetrato il settore vulcanico a maggiore pericolosità
attraverso l’adozione della linea nera Gurioli, segmento curviforme e geo
referenziato, si giocava spesso sull’equivoco della reale e precisa ubicazione
del presidio sanitario del mare: è fuori; è ai limiti; metà e metà; ecc… Il
dubbio è stato fugato e sulla cartografia ufficiale è possibile constatare che
la struttura ricade interamente nella zona rossa a maggior pericolo vulcanico
(figura a lato).
Le politiche di sicurezza
richiedono conoscenza e strategie e anche un minimo di fantasia creativa. Per
quello che stiamo appurando in termini di pericolosità vulcanica, con la
tardiva scoperta che Napoli è una metropoli stretta tra Vesuvio e Campi
Flegrei, bisognerà mettere insieme e al più presto, un’equipe di architetti nazionali
e magari internazionali, ed esperti di altri rami, per dare vita a un consesso
multidisciplinare (magari della comunità europea) capace di tracciare le future linee guida necessarie alla
rielaborazione dello sviluppo urbanistico e del riordino territoriale della
metropoli partenopea che dovrà attuarsi nei prossimi cento anni: pace geologica
permettendo. Non è un auspicio, ma una necessità improcrastinabile che dobbiamo
per onestà e umanità assicurare come lascito alle generazioni a venire.
Il
mega ospedale dovrebbe essere ricostruito a nord, lontano dai distretti
vulcanici, e quello attuale potrebbe essere magari adibito a polo universitario
così da strappare alcune facoltà da una eccessiva promiscuità con zone ad altissimo indice di malessere
sociale…Contemporaneamente e tra le
tante altre cose, bisognerebbe dare impulso alla creazione delle aree
atterraggio elicotteri nel vesuviano, per garantire interventi aerei di soccorso sanitario (eliambulanza) che andrebbero ad arricchire i servizi dei presidi stabili. Questo delle elisuperfici è un input sempre disatteso,
perché quasi tutti sono convinti che un campetto di calcio sterrato è per sua
natura una ideale area di atterraggio elicotteri. In realtà non è così, perché
le turbine aspirano e ingurgitano ciò che sollevano, e il rotore nel momento di
massima spinta cappotta baracche, panchine a volte veicoli leggeri e in altri
casi ancora divella il prato artificiale e lamiere dalle recinzioni. Tra l’altro molti non sanno che un elicottero
dovrebbe decollare e atterrare come gli aerei, perché se tali operazioni le
effettua in volo verticale, si pone in una condizione di fuori sicurezza.
Il sentiero di discesa per elicotteri dovrebbe avere questa incidenza per operare in sicurezza. |
Quindi, i campetti di calcio
con alte recinzioni e con il lato maggiore non in linea con i venti principali,
non sono l’ideale per le operazioni aeree, soprattutto se i velivoli operano a
pieno carico. D’altra parte non si può pianificare il soccorso indicando
genericamente aree non idonee che potrebbero essere usate solo come ultima
chances dagli equipaggi chiamati a intervenire in gravi situazioni…Distinguiamo allora aree occasionali da aree pianificate magari con segnale di località a lettura
verticale, utile in un contesto di edificato senza soluzione di continuità come quello vesuviano. L’elicottero, in sintesi, può anche atterrare su una cabina
telefonica, purché non abbia ostacoli rilevanti sulla direttrice di atterraggio
e decollo.
Un piano regionale di
elisuperfici multifunzioni dovrebbe essere varato. I comuni che riteniamo
debbano dotarsi di strutture d'atterraggio permanente dovrebbero essere innanzitutto quelli
che, per conurbazione e posizione e densità abitativa, presentano più di qualche
criticità. Rimanendo sulle tematiche di rischio Vesuvio, citiamo sicuramente San
Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano e Torre del Greco. Ovviamente la
problematica dovrebbe riguardare un po’ tutti i comuni che vogliono operare nel
senso della pianificazione e che possono intanto individuare e vincolare nei loro
piani urbanistici quelle aree che si presterebbero bene per i servizi aerei ad
ala rotante. Nel vesuviano si è in linea con i venti dominanti con l’asse
cardinale più o meno orientato 06° - 240°…
Portici partì molto bene
negli anni ’90 con l’individuazione di due elisuperfici: una sul mare e un’altra
a ridosso dell’autostrada in pieno centro. La prima ( ENEA) forse è rimasta agibile e la
seconda è stata fagocitata dalla costruzione del maxi casello autostradale
Portici - Ercolano. Se non è stato lasciato un serio varco d’emergenza per
l’ingresso in autostrada verso Napoli, i porticesi possono ben ascriversi una pianificazione da danno
e beffa…