Tempio di Serapide - Pozzuoli |
Le operazioni di trivellazione
del suolo e del sottosuolo, in mare e in terra, pare siano diventate il
business della nuova economia mondiale, con torri perforanti che s’innalzano e
s’innalzeranno dai deserti alle coltre polari, dalle tundre ai mari e finanche nelle
spianate vulcaniche. Tra un paio di secoli trivelleremo pure i pianeti…Si cerca
spasmodicamente petrolio o gas o fluidi caldi o chissà cosa da convertire in calore
ed energia sonante… Una necessità è
vero, ma non siamo ancora al punto da dover mollare tutte le garanzie
di sicurezza.
Il sottosuolo è un ambiente
sconosciuto, e in alcune località del mondo le perforazioni in qualche caso hanno
causato danni catastrofici, come quelle che nel 2010 caratterizzarono
l’inquinamento nel Golfo del Messico, con l’asfaltatura
dei fondali marini, o le inarrestabili fuoriuscite di fango bollente a Giava (Lusi 2006). Problemi si sono avuti pure alle Canarie e in Svizzera
e in California e in Emilia Romagna e in altri siti che contano gli effetti diretti
e indiretti delle sequenze sismiche provocate dalle trivellazioni e dalla
pratiche di reiniezione dei liquidi in profondità.
Anche nel napoletano si è rimesso
mano alle trivelle qualche anno fa con un progetto di perforazione profonda della
caldera flegrea, che in prima battuta si associava al geotermico, anche se
rapidamente e in corso d’opera si trasformò in pura ricerca scientifica. Forse
si trattò di un lapsus giornalistico della prima ora…
Stiamo parlando del famoso deep drilling project (CFDDP), che suscitò
non poche perplessità in alcuni ricercatori e proteste da parte di diversi movimenti
di cittadini che ritennero assurda un’operazione di scavo profondo all’interno
di un’area vulcanica e metropolitana come quella di Napoli. Così, il pozzo che
doveva avvicinarsi ai 4000 metri di profondità, raggiunta la quota pilota di
502 metri nel ventre tufaceo di Bagnoli, si è fermato per consentire l’analisi del
primo carotaggio, ma non si esclude una pausa più lunga del necessario dovuta a
un impasse di tipo giudiziario.
Il tentativo corrente offerto
anche da una conferenza stampa a tema, sembra quello di riavviare in qualche
modo la trivella, o comunque di magnificarne virtù e assenza di
controindicazioni, forse per dare forza a un nuovo progetto geotermico da attuarsi
nella zona fumarolica di Pisciarelli
a ridosso del vulcano Solfatara a
Pozzuoli. Praticamente nel punto più stressato del super vulcano flegreo… L’operazione
che si profila all’orizzonte si chiama progetto
Scarfoglio, e la consulenza
scientifica è offerta dall’amra, un
consorzio con nomi molto noti alla scienza e alle istituzioni statali.
I risultati scientifici conseguiti
con il pozzo pilota del deep drilling
project di Bagnoli (502 mt.), sono stati presentati a palazzo San Giacomo,
sede del Comune di Napoli, nel corso di una conferenza stampa dell’INGV
napoletano. Non sono pochi quelli che sperano che dallo scavo scientifico
emergano alibi sufficienti per spalmare
sui suoli contaminati dell’ex italsider palazzi di lusso con vista sul
Golfo calderico… Paradosso? Non
scherzava affatto l’assessore regionale Prof. Edoardo Cosenza, quando disse in un recente convegno che le
proibizioni edilizie a uso residenziale valevoli per la zona rossa Vesuvio non valgono
automaticamente per la zona rossa del
super vulcano dei Campi Flegrei: occorre una legge ad hoc…
Tra i dati offerti al
pubblico, è stato posto in rilievo la scoperta di materiale tufaceo ascrivibile
a un’eruzione di 45000 anni fa. Se, come viene scritto altrove, l’attività
vulcanica nell’area flegrea è iniziata 60000 anni fa, riteniamo che il minimo
che possa accadere carotando in giro per i Campi Flegrei, è di trovare tracce
di eruzioni antecedenti o successive a quella famosa dell’ignimbrite campana…Tra
l’altro, una buona parte della caldera flegrea è sommersa è non è da escludere
che sorprese verranno prima o poi anche dall’ambiente sottomarino.
Un
altro elemento che lascia dubbiosi ma probabilmente per difetto interpretativo della
stampa, riguarda la scoperta che il bradisismo flegreo dipende un po’ dai
fluidi e un po’ dal magma, al 50% dicono…
Emeriti
scienziati anche del passato accennavano già a questa caratteristica dei campi ardenti, anche se da una interessante disquisizione
del Prof. Giuseppe Luongo, ci è
sembrato di capire che non si possa esclude che le forze in gioco all’origine
del bradisismo ascendente lascino propendere per un intervento del magma
piuttosto che dei fluidi, ovvero con una prevalenza del primo sul secondo. Che
il contestatissimo Campi Flegrei deep
drilling project con il suo pozzo esplorativo a 502 metri di profondità
abbia
rivoluzionato, come tuona in questi giorni la stampa, le conoscenze
sulla caldera flegrea e sulle dinamiche del bradisismo, ci sembra un’affermazione
forse un po’ eccessiva. Leggiamo infatti, da una pubblicazione del 2009 del
Prof. Benedetto De Vivo, che il
bradisismo è un fenomeno ampiamente studiato… Su un’autorevole rivista
scientifica poi (amra – Giovanni Orsi – Aldo Zollo), si cita che
la caldera flegrea è stata indagata in dettaglio negli ultimi 30 anni
attraverso perforazioni profonde (1 - 3 Km.), studi tomografici basati su dati
di terremoti locali e telesismi, indagini gravimetriche e magnetiche, misure di
temperatura in profondità e di flussi di calore in superficie. Immagini ad alta
risoluzione della struttura calderica, sono state ottenute dall’analisi di dati
di sismica a riflessione acquisiti durante l’esperimento SERAPIS nel 2001, supportate dalla nave oceanografica Nadir dell’ifremer e dall’installazione di più di 60 sismometri da fondali
marini nelle baie di Napoli e Pozzuoli >>. Potremmo continuare con l’analisi
delle perforazioni profonde e meno profonde dell’AGIP e di ENEL che si
contano a diecine per poi passare ai satelliti e a tutte le altre tecnologie
applicate in loco…
Certamente le trivellazioni sono
un elemento pragmatico dello studio del sottosuolo della caldera flegrea con la
sua struttura particolarmente complessa e dinamica. Il carotaggio però, consente
di conoscere ciò che prospetticamente si vede dal buco della serratura ma non nelle stanze accanto come dimostra appunto
il ritrovamento di tufi mai prima censiti… La caldera flegrea racchiude diverse
decine di bocche eruttive e come dicevamo è in parte sommersa. La complessità
del sottosuolo in siffatta area richiede sicuramente uno studio continuo e
approfondito e quindi meritevole di finanziamenti mirati. Trattandosi di un
territorio densamente abitato e metropolitano però, sede anche di importanti
strutture viarie e ferroviarie, bisognerebbe privilegiare sistemi di
esplorazione necessariamente indiretti, non solo per tenere alto il famoso principio di precauzione, ma anche
perché lì dove ci sono agglomerati urbani
non è consentito dalla legge apportare modifiche artificiali a un
sistema naturale che racchiude pericoli imprecisabili dettati da un sottosuolo
sotto stress, con presenza di fluidi allo stato critico e supercritico.
Per quanto riguarda la
stazione avanzata di monitoraggio installata nel pozzo pilota ubicato lì nel
sottosuolo tufaceo di Bagnoli, questa coglie e coglierà anche i sommovimenti
micrometrici, probabilmente consentendo di avere elementi meno perturbati su
cui elaborare teorie endodinamiche. Difficilmente però, questi dati sui
microsismi potranno essere definiti concreti elementi di previsione delle
eruzioni flegree, perché nella zona i movimenti del suolo in realtà si contano
a metri, e le scosse sismiche a migliaia durante le fasi acute di sollevamento.
Segnali anche vistosi che potrebbero non approdare a un’eruzione, ma fenomeni certamente
capaci di minare nel concreto la statica dei fabbricati.
Il deep drilling project, ovvero
il progetto di perforazione profonda in zona calderica (Bagnoli), non ebbe il
nulla osta dal sindaco d’allora, Rosa
Russo Iervolino, e solo con l’avvento del successore è stato possibile
perforare almeno il pozzo pilota (502 metri).
Oggi in Campania il problema
delle perforazioni si pone in modo piuttosto serio, perché sono stati dati
permessi (iter in corso) per lo sfruttamento geotermico dei fluidi caldi sia
per l’isola d’Ischia, che per il
settore occidentale e orientale dei Campi
Flegrei con i progetti Forio, Cuma e Scarfoglio.
Certamente l’idea di
collocare una centrale geotermica a ridosso della Solfatara di Pozzuoli è interessante
in termini di strategia commerciale e rispetto del paesaggio. In questa zona ci
sono i fluidi più caldi, e ciò che potrebbe fuoriuscire dalla centrale
geotermica sarebbe sostanzialmente ciò che fuoriesce dalla Solfatara, il che
non farebbe temere impatti ambientali dalla direzione dei venti, così come la
eventuale sismicità indotta dalle trivelle e dalle rieiniezioni dei fluidi sul
fondo del cratere sarebbe difficilmente discriminabile dai normali microsismi
che interessano quella zona in particolare.
La Solfatara - Pozzuoli |
Il
problema principale è rappresentato dalle incertezze circa i possibili
squilibri che si causerebbero a un sistema complesso e stressato come quello
che caratterizza il sottosuolo flegreo, tra l’altro parliamo di un territorio
che vive una condizione di bradisismo
ascendente e un livello di allerta vulcanica in una fase di attenzione.
Con
questo non si vuole dire che si ha la certezza che le perforazioni creino
problemi di sicurezza diversi da quelli di cantiere; si vuole semplicemente
affermare che se sussistesse questa possibilità anche minima, non è possibile accrescere
artificialmente il rischio a un’area che di rischio sismico e vulcanico ne
somma a sufficienza, tra l’altro in una condizione oggettiva di urbanizzazione
spiccata e senza piani territoriali di protezione civile.
Nella valutazione del
rischio poi, visto che una centrale geotermica richiede come nel caso in esame
reiniezione dei fluidi con pratica non occasionale, il rischio di squilibrio
nel sottosuolo si manterrebbe nel tempo con una certa indeterminatezza dovuta
alle interazioni date da un sottosuolo in evoluzione. Soprattutto nella zona di
trivellazione dei pozzi che ricadono nella zona Solfatara – Pisciarelli, dove
dal 2006 si sono segnalati aumenti di temperatura e dei flussi delle emissioni
fumaroliche.
Nell’analisi del rischio
bisogna contemplare le caratteristiche territoriali per una misura in senso estensivo
almeno pari alla distanza ricopribile dagli effetti delle energie che
potrebbero rilasciarsi dalla sorgente emettitrice artificiale. In tutte le
disquisizioni sul rischio poi, un ruolo fondamentale lo giocano le alternative
che molte volte non vengono prese in considerazione perché più costose.
E’ chiaro che le uniche zone
dove i fluidi presenti nel sottosuolo hanno temperature significative al punto da
rendere interessante uno sfruttamento geotermico, sono quelle in Toscana,
Tirreno Meridionale, Ischia e Campi Flegrei e il Canale di Sicilia. E’
altrettanto chiaro che gli impianti di sfruttamento terrestre hanno meno costi di
esercizio rispetto a quelli ubicati in mare, così che l’Amiata, Ischia e i
Campi Flegrei, sono probabilmente le zone più appetitose per il geotermico
italiano.
L’area di Larderello è molto sfruttata e gli
abitanti sono in subbuglio e tutt’altro che convinti dell’impatto zero del
geotermico soprattutto con tecnologia non a circuito chiuso: rimane allora quella ischitana e
flegrea da esplorare. Purtroppo o per fortuna, nel nostro caso quelle
meridionali sono anche tra le zone più belle d’Italia e tra le più urbanizzate
e con un flusso turistico di tutto rispetto. Al momento alternative alla
produzione di energia elettrica ce ne sono e quindi dovrebbe essere preferibile
non correre alcun rischio tra l’altro in una zona (Campi Flegrei) che registra parametri di alterazione geochimica e geofisica con punte
localizzate soprattutto nella località Scarfoglio dove s’intende procedere con
le trivellazioni per la realizzazione di tre pozzi emungitori, e due di
reiniezione dei liquidi.
Il comune di Pozzuoli
ovviamente dovrebbe avere un ruolo di vigilanza in questa faccenda visto che il
progetto Scarfoglio dovrebbe attuarsi sui territori puteolani, e ci si
augura che oltre all’accordo collaborativo con l’INGV, sia garantito innanzitutto
il diritto all’informazione, pubblicizzando l’impegno geotermico in loco.
Nella relazione d’impatto
ambientale prodotta dall’amra a
firma del Prof. Paolo Gasparini, si
legge che:<< l’attività sismica
associata alle applicazioni geotermiche che è tipicamente di bassa energia
(M< 3), è la risultante di differenti effetti, come l’iniezione e
l’estrazione di fluidi che producono variazioni dello stress statico, sia per
l’effetto della pressione di poro che per l’effetto dello stress termico…>>.
Per quanto riguarda l’interferenza con il sistema vulcanico, Gasparini afferma
che << non ci sono osservazioni o
modelli collaudati in proposito e che, in linea teorica, poiché l’attività
geotermica sottrae energia al sistema vulcanico, potrebbe semmai essere
considerata stabilizzante allontanandola dal punto critico (eruzione)>>.
Gli aspetti delle
trivellazioni napoletane è possibile dividerli in due filoni. Uno riguarda la
zona (Bagnoli) dei Campi Flegrei, dove permane la possibilità che il progetto scientifico (deep
drilling project) di perforazione profonda riprenda vigore. Questo
progetto non è stato soggetto a valutazione d’impatto ambientale (VIA), che d’altra parte dovrebbe essere
un processo di garanzia e di sicurezza a prescindere dalle finalità della
trivellazione. E’ particolarmente interessante rilevare che proprio il
direttore del deep drilling project chiarisce che non c’è bisogno di
valutazione d’impatto ambientale perché il progetto è di semplice carotaggio, e
non comporta alcun prelievo o immissione di fluidi, quindi non può
assolutamente turbare gli equilibri idrologici e di sforzo nel sottosuolo. L’annotazione
è di rilievo… Nei documenti d’impatto
ambientale che riguardano il progetto Scarfoglio invece, ci sembra di cogliere
elementi di garanzia per considerazioni opposte, cioè le operazioni si
attuerebbero solo negli strati superficiali (1000 metri) sostanzialmente
asismici e non nel profondo...
Le
centrali geotermiche che sfruttano i fluidi caldi operando nell’ambito dei
mille metri di profondità con un ciclo binario, cioè chiuso, pare che siano
quelle più affidabili da un punto di vista dell’impatto ambientale di
superficie. Il problema rimane nelle profondità e nelle eventuali alterazioni
che si porterebbero agli equilibri presenti nel sottosuolo sotto forma di
tensioni e circolazione dei fluidi caldi. Se in una terra “normale” questo tipo
di attività richiede una certa attenzione, riteniamo che su terra bradisismica
intracalderica caratterizzata da suoli
ballerini e super vulcano latente, i benefici economici che mai
ritroveremo in bolletta, non valgono la candela di un rischio che difficilmente
potrà essere a livello zero.
Per
quanto riguarda la perforazione a uso non commerciale (CFDDP), questa riteniamo
fortemente che debba essere parimenti e alla stregua di altre soggetta a Valutazione d’Impatto Ambientale, soprattutto
per mantenere alto il concetto che non esistono attività che possano
autoescludersi dalle necessità di verifica, onde non aprire il campo a scorciatoie
scientifiche per analisi tutte commerciali.
Bagnoli ( Campi Flegrei) Quasi sul lungomare l'area del deep drilling project |
Perforazione scientifica piccolo diametro per indagare sulle cause del bradisismo sono per acquisire la possibilità della conoscenza, a mio parere, e appartengono alla ricerca.
RispondiEliminaMa prima di iniziare la perforazione, un'analisi dei rischi deve essere effettuata nei presupposti necessari (evacuazioni) devono essere trovati.
E poi deve essere evacuato prima foratura!
Che costa un sacco di nervi e un sacco di soldi.
Hans-Hermann Uffrecht
La nostra idea è che le perforazioni soprattutto profonde (3500 metri) non si possono effettuare nel bel mezzo di un tessuto urbanizzato (vedi foto Bagnoli), con la terra che si muove sotto i piedi in un contesto intracalderico con un sottosuolo che segna presenza di fluidi allo stato critico e supercritico in un’area dove vige tra l’altro uno stato di attenzione vulcanica. Il promotore del deep drilling project in una recente conferenza stampa ha dichiarato che per continuare il progetto occorre chiedere soldi all’estero… la nostra idea è inversa, cioè di trovare all’estero un sito calderico da perforare, magari meno urbanizzato, e chiedere soldi anche in Italia per dar corso alla tirvellazione scientifica. In ultima analisi, se il parere dei cittadini conta poco, perché in questo periodo conta poco, ci si appelli a un giudizio di fattibilità a cura della commissione grandi rischi (petizione popolare)...
EliminaQuesto è in gran parte la mia opinione:
RispondiEliminaDove sono l'analisi dei rischi?
Chi ha letto questo e
Chi ha notato nel suo lavoro?
Dove sono i divieti di costruzione?
Dov'è il divieto di insediamento e residenziale
per l'area dei Campi Flegrei in via di estinzione?
Perché no evacuazioni?
Come sono le persone inermi (bambini, persone con disabilità)
condotto dal campo e protetto?
Essere permesso a qualcuno di giocare Dio?
Distribuire uno di diritto alla vita?
Hans-Hermann Uffrecht
P.S. Mi scuso per la cattiva traduzione!
firmate questa petizione ! https://www.change.org/p/ministero-degli-interni-evacuazione-campi-flegrei
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