Vesuvio |
Il pericolo Vesuvio è un
problema che può cagionare danni collaterali di tutto rispetto a una quantità
di persone maggiore di quelle normalmente indicate nelle valutazioni ufficiali del
rischio. Viceversa una possibile eruzione potrebbe produrre un gran botto senza
nessuna conseguenza per gli abitanti allontanati per tempo grazie a una serie
di congiunture favorevoli, come ad esempio un regolare crescendo dei prodromi
eruttivi e un’infallibile previsione dell’evento contato a giorni sulle dita di
almeno una mano. In attesa che le istituzioni competenti stilino e pubblichino
i piani di evacuazione, bisogna notare che l’argomento tutele continua a essere
al nervo della questione nei dibattiti di pochi. La popolazione vesuviana generalizzando
ha un interesse superficiale su questi temi tra l’altro approcciati senza convinzione da una platea che gironzola su internet esclusivamente per
vedere se la loro indifferenza è minacciata da qualche novità dell’ultima ora.
In caso di percezione fisica del pericolo (terremoti), l’attenzione ovviamente
diventerebbe immediatamente viscerale e profonda…
Non sono pochi i cittadini
vesuviani che nei commenti alle pagine web rilasciano pillole di mistico fatalismo sul
Vesuvio: <<A’ muntagna è buona e noi la rispettiamo e lei non ci farà male...>>. Intanto non è vero che
la rispettiamo perché in molti angoli
del grigio monte pezze e televisori sfondati coronano non poche superfici tra
le macchie di robinie e ginestre odorose dove capeggia pure qualche orchidea.
Senza contare le discariche non ufficiali che marciscono nei lapilli e quelle
ufficiali che donano innaturali gobbe artificiali a un profilo vulcanico che racchiude
alla base ricchezze archeologiche in parte ancora da svelare. Indubbiamente il
Vesuvio è tra i vulcani il vulcano per antonomasia, quello più bello, ricco di
storia e superbo protagonista dell’immagine iconografica del Golfo di Napoli.
Come si fa a temere la bellezza…
Le eruzioni quando avvengono
sono come le guerre: passano… Si contano i danni umani e materiali; disagi e ristrettezze
e poi ricostruzione e rinascita secondo cicli che impongono la vita su tutto.
Le eruzioni come sapete sono un prodotto naturale dei dinamismi astenosferici,
con i loro movimenti lineari e ascendenti e discendenti all’interno del guscio
litosferico, con zolle che trascinano continenti che emergono e altri ancora che
affondano, perturbando un sistema che oltre certi limiti di tolleranza si
riaggiusta rilasciando onde elastiche (terremoti) o spruzzi di magma (eruzione),
col fine di ridurre le tensioni endogene, recuperando quindi una condizione di
equilibrio isostatico e dinamico che in verità non dura molto.
I fenomeni naturali violenti
muovono gli uomini come formiche all’interno di formicai stuzzicati da bastoni. Si generano nelle catastrofi frenesie che favoriscono in ogni uomo il
rilascio di sentimenti che possono essere il meglio o il peggio dell’animo
umano. Benefattori e sciacalli si muovono sullo stesso terreno, in una
condizione che vede nella povertà un aggravante della tragedia e nella
ricchezza un lenitivo alla sofferenza.
Noi siamo il prodotto di un attecchimento che si è avuto grazie ai tre
elementi fondamentali che ci circondano e che ci hanno animato: aria, acqua e
suolo. Elementi che dovremmo curare e che invece consumiamo e modifichiamo a un
ritmo troppo sostenuto, in nome del progresso e del business operato dalla longa manus degli speculatori che metteranno molto presto in azione le trivelle addirittura nelle
coltri di ghiaccio polare…
Se ben riflettiamo, noi
viviamo nel punto esatto dove aria, acqua e suolo, elementi a diversa densità,
si muovono interagendo a volte violentemente grazie alle energie che provengono
dal calore terrestre e solare. Elementi capaci
di rilasciare grandi forze quando se ne alterano gli equilibri, capaci di produrre
come conseguenza modificazioni del clima e del paesaggio. Processi che non sono
altro che una risposta operativa della stessa natura, che dobbiamo intenderla
come un sistema autosufficiente che punta a un solo obiettivo: garantire la vita ovunque
e comunque e senza alcun riconoscimento e sconto per il genere umano.
Noi stessi siamo animati da energia
e quindi campiamo tra elementi energetici. Le catastrofi non hanno niente di
punitivo e svolgono un ruolo esclusivamente riequilibrante con tempi talora
brevissimi e altre volte millenari. Quelle che noi chiamiamo catastrofi sono la
normalità per un sistema in evoluzione… Come ideogramma potremmo dire che ogni
catastrofe altro non è che il piombo preformato che il gommista pone sui lati
della ruota da riequilibrare che gira incessantemente …
Anche se non ce ne rendiamo
conto, il nostro vivere è un rischio e quindi si accettano compromessi di buon
senso con la natura in nome della radicazione sociale sul territorio. La
politica dovrebbe essere l’arte di comprendere i bisogni sociali e tutti i
fenomeni che regolano la vita sul Pianeta, con una particolare propensione e
interesse al futuro, che dovrebbe essere l’argomento più importante
dell’umanità. La politica dovrebbe tenere in evidenza la necessità di custodire
i tre elementi fondamentali prima citati e di cui abbiamo necessariamente
bisogno: d'altra parte lo scenario ambientale sarà il nostro lascito alle generazioni future. L’agire
di un politico si misura quindi su quanta parte del suo sapere e della sua
azione preventiva e programmatrice e strategica riserverà al futuro, che non può
essere solo money e banche e business. Senza futuro noi non siamo niente…
Le ipocrisie che si
nascondono dietro agli inviti a non allarmare le popolazioni a rischio, in realtà ledono il diritto all’informazione e al consenso informato sulle caratteristiche del territorio dove si vive, quale
atto di civiltà verso ogni cittadino che risiede nella nostra Penisola quale
titolare dell’imprescindibile diritto alla sicurezza.
Una recente interrogazione parlamentare, prima firmataria senatrice Paola De Pin, indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministro
dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, pone in evidenza interrogativi
di non poco conto circa gli accordi con clausole di esclusività a proposito di
alcuni servizi offerti dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) al Dipartimento della Protezione
Civile. Ed ancora, si chiede nell’atto parlamentare cofirmato anche
dall’esponente del Pd Senatrice Laura Puppato, i motivi alla base di
provvedimenti disciplinari giunti fino alla decurtazione dello stipendio in
danno del Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, primo
ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano
(INGV). Vorremmo escludere tra le motivazioni della multa quelle
inerenti la pubblicazione su autorevoli riviste scientifiche, tradotte in più
lingue, di teorie non in linea con quelle dell’istituto di appartenenza (INGV)
a proposito del rischio Vesuvio. In tal caso la libertà di ricerca sarebbe
gravemente compromessa.
Vogliamo far rilevare ancora
una volta, che nella determinazione degli scenari eruttivi il Dipartimento
della Protezione Civile ha completamente obliato la possibilità che possa
verificarsi un’eruzione del Vesuvio di
tipo VEI 5 simile a quella famosa di Pompei del 79 d.C.; ed ancora è stata assunto innaturalmente un limite di
deposito da flussi piroclastici (Linea Gurioli) come limite di pericolo; ed
ancora non è stata tranciata quella spirale contorta che vede l'edilizia continuamente in fiore in barba a qualsiasi regola di buon senso con lo Stato che addirittura è esso stesso produttore di rischio per non aver esercitato politiche di precauzione in questa plaga a rischio. Non si capisce poi, perché
in tanti anni (ventennio), nonostante le discrete risorse impegnate non si sia prodotta
alcuna pianificazione d’evacuazione, mentre è stata data enfasi all’ipocrisia
degli aggiornamenti e delle rimodulazioni degli scenari. Dulcis in fundo, il segreto di Stato sui dati geofisici e geochimici del Vesuvio...
Il politico non ha il dono
del sapere in assoluto e deve quindi avere a disposizione anche le istituzioni
scientifiche che hanno il dovere di illustrare i problemi del vivere fisico su
di un mondo dinamico, con una particolare attenzione alla prevenzione delle
catastrofi e agli indici di rischio accettabile in assenza di alternative. Le istituzioni però, devono essere luoghi aperti alla politica e ai
popoli in pari misura, senza omissioni e senza raccordi eccessivi con i poteri
forti che amano l’attualità e il breve periodo piuttosto che gli investimenti sul futuro. Se la scienza diventa
ipovedente e smette di essere imparziale, parteciperebbe anche col solo non aprir bocca, alle possibili
arroganze di un sistema di comando sociale, che potrebbe decidere in nome di
interessi vari, chi deve vivere e chi no.