Un interessante filmato che
ci rimanda il web, mostra una concentrazione di resti fossili di dinosauri
rinvenuti ammassati l’uno sull’altro in una sorta di fossa ubicata nel deserto
del Gobi in Cina. Qualcuno di questi predatori presentava il collo spezzato
probabilmente in seguito a un combattimento. Il mistero protrattosi per oltre
cento milioni di anni è stato spiegato analizzando i sedimenti che ricoprivano
le carcasse di questi carnivori. Tutti preda di una sorta di fango oltremodo
vischioso che li ha bloccati e poi inglobati. Oggi, grazie ai processi erosivi
naturali, sono ritornati alla luce del giorno sotto forma di fossili ben
conservati …
I formidabili dominatori del
Pianeta si ritrovarono a caccia di cibo in una rigogliosa palude, quando
incominciò a piovere copiosamente cenere sottilissima frutto di una eruzione
vulcanica. I finissimi prodotti piroclastici precipitati nell’acquitrino innescarono
la trappola del fango. Il primo predatore in difficoltà divenne vittima per gli
altri che a loro volta divennero prigionieri di una fatale poltiglia
incollante… Gli autori del documentario
o forse gli stessi paleontologi hanno intitolato il filmato: la
Pompei dei dinosauri…Intendendo un’istantanea tridimensionale di esseri
viventi bloccata per migliaia e migliaia di anni sulla “lastra fotografica” offerta dai prodotti di un vulcano in eruzione…
Professore
Mastrolorenzo, l’eruzione del Vesuvio di circa 3800 anni fa, meglio nota come
delle pomici di Avellino, ha conservato e restituito nel nolano un villaggio
preistorico dell’età del bronzo a distanza di migliaia di anni dal furioso
evento che sconvolse la plaga vesuviana. Una caratteristica dei prodotti
vulcanici questa propensione alla conservazione?
La deposizione di ceneri
vulcaniche a seguito di eventi esplosivi, in molti casi ha consentito la
perfetta conservazione di siti di interesse paleontologico, archeologico e
storico, grazie al rapido e progressivo accumulo di strati in grado di preservare ogni dettaglio della
superficie terrestre interessata; dal suolo, alle impronte, ai resti di fauna,
flora e insediamenti umani.
Pompei è l'esempio più noto
al mondo di come un'eruzione possa restituire alla stregua di un fermo immagine
scene di vita quotidiana datate centinaia di anni. Altri esempi analoghi
riguardano l'intera storia del Pianeta con casi anche recenti come l'eruzione
del monte Merapi, nel 2010, che ha
drammaticamente riproposto scene di morte e distruzione molto verosimilmente analoghe
a quelle di Pompei…
Oltre
al tasso di accumulo dei depositi piroclastici, che può essere decine di
migliaia di volte più elevato dei normali processi di sedimentazione e di
formazione dei suoli, altri fattori che influenzano le modalità di
conservazione dei siti sono i processi di modificazione chimico fisica e di
fossilizzazione, quali le temperature di deposizione, a volte elevate e
l'eventuale rilascio di fluidi dai
materiali vulcanici durante e dopo la
deposizione. In ogni caso, il rapido
seppellimento, sia da ceneri fredde che calde, di fatto isola il sito per un
lungo periodo consentendone spesso una migliore conservazione. In realtà, anche negli eventi più devastanti,
caratterizzati da flussi piroclastici ad alta temperatura e velocità, spesso
restano perfettamente conservati gli effetti della catastrofe anche per millenni.
Sempre
nel villaggio preistorico sono state rinvenute negli strati di cenere le orme
dei fuggitivi che tentarono di sfuggire all’ira del Vesuvio. Riuscirono a
mettersi in salvo?
I miei studi sulle due
eruzioni pliniane delle Pomici di Avellino e di Pompei, hanno rivelato per la
prima volta gli effetti catastrofici che ha subito il territorio e gli
insediamenti umani da nord a sud, in
seguito alle devastanti manifestazioni esplosive del Vesuvio.
G. Mastrolorenzo - Pnas 2006 Resti del villaggio preistorico (Bronzo Antico) - Nola |
Nel
caso dell'eruzione dell'età del Bronzo Antico, in uno scavo effettuato nel 1995
nelle campagne di S. Paolo Belsito, ritrovammo alla base di uno spesso strato
di Pomici i primi e unici due scheletri di vittime di quell’eruzione. Tra il
2001 ed il 2004 poi, ci fu la sensazionale
scoperta di un villaggio preistorico perfettamente conservato dal deposito
piroclastico, ed ancora migliaia di
impronte umane, segno che la comunità insediata
in quei luoghi si diede alla fuga nel corso dell'eruzione. Dallo studio di tali
evidenze con la collaborazione di archeologi e antropologi, ho potuto
ricostruire le varie fasi delle eruzioni e i suoi effetti. Mentre le uniche
vittime rinvenute nelle pomici indicano una morte riconducibile alla prima fase
dell'evento a causa dell'intensa pioggia di lapilli, tutti gli indizi e le evidenze
riscontrate nel villaggio, testimoniano un esodo di massa dall’inizio dell'eruzione.
D’altra parte le orme nei primi strati della cenere non lasciano dubbi. E'
probabile che molti individui riuscirono a mettersi in salvo, per poi tentare
successivamente ma senza successo, la
ricostruzione dei villaggi in quello che oramai era diventato un deserto
vulcanico, esteso migliaia di chilometri quadrati tutto intorno al vulcano.
Studiando
i resti umani restituitici dal Vesuvio nell’eruzione di Avellino e in quella
famosa di Pompei del 79 d. C. ci sono analogie tra le cause di morte?
L'assenza
di vittime nell'area interessata dai flussi piroclastici, impediva una
valutazione diretta degli effetti dell'eruzione sulle persone. D'altra parte le mie ricerche sulle vittime
dell'eruzione di Pompei, sconfessando definitivamente una
vecchia ipotesi di morte per asfissia, hanno dimostrato che la maggior parte dei
pompeiani che si erano attardati nella
fuga morirono all'istante per esposizione alle nubi piroclastiche con
temperature anche superiori ai 300 gradi centigradi.
Solo una parte degli
abitanti dell’epoca morì nella prima
fase dell'eruzione a seguito del crollo
dei tetti. Le evidenze di esposizione ad
altissima temperatura riscontrabili nelle ossa delle vittime e documentate
dalle loro posture (classificate come da cadaveric spasm), testimoniano
inconfutabilmente la morte istantanea e senza
agonia, analoga a quella causata dalle esplosioni nucleari o da altri
eventi estremi. Non è da escludere che gli stessi fenomeni interessarono le probabili
vittime dell'eruzione di Avellino che ancora non sono state rinvenute. Dopo
l'eruzione del Bronzo Antico si è avuto un arresto totale della facies
culturale di almeno due secoli, per poi avere una ripresa lenta ascrivibile al
periodo del Bronzo Medio.
La
qualità e la quantità dei prodotti eruttati dalle due eruzioni citate avevano
notevole differenze?
In termini vulcanologici, le due eruzioni
pliniane citate non sono molto
differenti tra loro, sia dal punto di vista dei volumi che dei meccanismi
eruttivi; cambia solo la direzione di propagazione dei flussi piroclastici, che
nell'eruzione del Bronzo Antico si
diffusero anche nell'area successivamente occupata dalla città di Napoli,
evidenziando l'estrema pericolosità di un possibile e analogo evento futuro.
Diversi
fuggitivi lì ad Ercolano nel 79 d.C., si ripararono sotto dei fornici in
prossimità del mare: morirono tutti…
Una
mia prima ricerca sugli effetti dell'eruzione del 79 A.D. sugli ercolanesi,
pubblicata nel 2001 sulla rivista scientifica Nature e poi ripresa dai mass media, ha dimostrato come i circa 300
rifugiati nei 12 fornici lungo l'antica spiaggia di Ercolano, morirono
all'istante in seguito al passaggio del primo flusso piroclastico, il surge S1, ad una temperatura superiore
ai 500 gradi centigradi.
Posture
naturali, connessioni anatomiche, modificazioni nella microstruttura delle
ossa, estese fratturazioni da contrazione termica ed esplosioni dei crani,
indicano come le vittime raggiunte dalla nube ardente, persero la vita in una
frazione di secondo. Pur senza soffrire, subirono la vaporizzazione delle parti
molli sostituite dalla cenere vulcanica che è valsa a preservarli per due
millenni. La posizione posturale di centinaia di donne, uomini e bambini, che
erano sopravvissuti alla prima fase della catastrofe vulcanica, è quella dell'ultimo
istante di vita ed è giunta fino a noi.
Le
vaste conoscenze delle quali disponiamo sui fenomeni vulcanici e sui loro micidiali
effetti, dovrebbero imporre senza indugi la necessità di tutela della popolazione
esposta al pericolo vulcanico. La mancanza di un piano di evacuazione nell’area
a maggior rischio del mondo, è veramente un fatto di assoluta gravità...
Ringraziamo il Professor Giuseppe Mastrolorenzo per
averci dedicato del tempo illustrandoci con chiarezza gli importanti fenomeni
che hanno riguardato la storia umana e geologica dei nostri territori. Il
protagonista centrale è il Vesuvio, che nonostante i millenni mantiene inalterato
una buona dose di fascino e tante altre di pericolo.
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