Il Vesuvio visto da sud |
“Rischio
Vesuvio: vivere in zona rossa porta dei vantaggi?” di MalKo
L’assessore
alla protezione civile della regione Campania, Edoardo Cosenza, ha chiesto ai
sindaci dei comuni vesuviani di assumere ogni utile iniziativa per informare i
cittadini dei rischi a cui è sottoposto il territorio in caso di allarme
vulcanico.
L’iniziativa
del Prof. Cosenza è assolutamente condivisibile perché i sindaci troppo spesso
assumono un atteggiamento terzo rispetto ai grandi problemi di sicurezza,
dimenticando che la norma prevede per i primi cittadini il ruolo tutt’altro
marginale di autorità locale di protezione civile. Quello dell’assessore in
realtà è un ulteriore pungolo perché già esistono dei disposti legislativi
(Legge 3 agosto 1999, n. 265 art.12) che hanno da tempo passato l’onere
dell’informazione sui rischi territoriali dal prefetto al sindaco.
L’informazione
da dare ai cittadini sul rischio vulcanico deve essere chiara ed efficace in
modo che ogni singolo abitante possa decidere in piena autonomia se accettare o
meno un’esposizione a un pericolo non ancora mitigato dalle tecniche di
previsione e da quelle organizzative attraverso l’adozione di un piano di
evacuazione purtroppo ancora in itinere.
In
termini di previsione, anche se la nostra scienza avveniristica e super
tecnologica ci ha consentito di inviare un lander su di una cometa, ancora non
siamo in grado di prevedere un’eruzione, sia in termini di quando (t) si
verificherà l’evento sia con quanta energia (VEI) balzerà fuori dalle viscere
della Terra.
Il
dato che possiamo mettere sulla bilancia nel piatto dell’ottimismo, è che le
eruzioni catastrofiche non si verificano con una certa frequenza e quasi sempre
e in generale queste presentano sovente dei sintomi che lasciano presagire con
un certo anticipo l’evento. Ma non v’è certezza… Nessun ottimismo è possibile riporre nella
salvaguardia delle case invece, che a causa della loro inamovibilità sono
esposte alle manifestazioni energetiche e meno energetiche di un’eventuale
eruzione vulcanica, comprese quelle a bassa velocità di propagazione come le lave.
Il
mondo scientifico ha definito quattro livelli di allerta vulcanica
corrispondenti in termini operativi ad altrettanti fasi che dettano il da farsi
all’occorrenza. Le fasi potremmo quindi interpretarle come azioni codificate
che i cittadini e le istituzioni attuano ogni qualvolta si registrano
variazioni di rilievo dello stato di pericolo del vulcano sancite da un atto dipartimentale o governativo.
Ancora
una volta pubblichiamo i livelli di allerta:I livelli di allerta vulcanica |
Il
livello di allerta base è anche quello che caratterizza ad oggi lo stato di
quiete del complesso vulcanico del Somma Vesuvio. In sintesi significa che non
c’è nulla da temere o da segnalare nell’odierno a proposito del pericolo
eruttivo.
La
quiete del vulcano però, comporta non la passività operativa e programmatica
(il dolce far niente), ma l’elaborazione a cura delle istituzioni competenti di
progetti di difesa attiva e passiva per proteggere la comunità vesuviana da
un’eruzione quando questa verrà. L’informazione troverebbe spazio nelle logiche
di prevenzione…
Il
secondo livello di allerta vulcanica è quello di attenzione. Significa che uno
o più dati (fisici e chimici) presentano delle anomalie di cui non è chiaro il
trend, e quindi viene richiesta all’autorità scientifica e di vigilanza (Osservatorio
Vesuviano), un’accentuazione delle osservazioni e una maggiore frequenza nella
diramazione dei bollettini informativi. Se dovessero aumentare
quantitativamente e qualitativamente le anomalie rilevate dalle stazioni di
monitoraggio del vulcano si passerebbe a uno stato di pre-allarme. Il
superamento di certi parametri oltre una determinata soglia di rischio, anche
per effetto di una percezione valutativa a cura degli esperti della
commissione grandi rischi, segnerebbe una condizione sintomatica pre-eruttiva
del vulcano, che farebbe scattare lo stato di allarme eruzione in tutto il
comprensorio vulcanico.
Ovviamente
ad ognuna di queste allerte dovrebbe corrispondere una fase operativa di pari
grado. I piani comunali d’emergenza a fronte del rischio Vesuvio e flegreo,
servono appunto a riempire queste caselle che oggi sono irresponsabilmente vuote
(????).
Le fasi operative |
Per
capire appieno il senso di quanto appena detto, prendiamo l’esempio dei Campi
Flegrei. Nei Campi Flegrei è stato dichiarato lo stato di attenzione vulcanica
nel dicembre 2012: condizione che permane ancora… Sono passati due anni ma non
ci risulta che i comuni di Napoli, Pozzuoli, Quarto, Bacoli e Monte di Procida,
per rimanere nella prima classificazione della zona rossa flegrea, abbiano mai
riempito quelle caselle bianche a fronte del rischio eruzione nella caldera del
super vulcano flegreo. Ogni casella (fase), prevede tra le azioni da compiere
quelle necessarie e preparatorie per l’ingresso nella fase successiva. Il
Comune di Pozzuoli ha dichiarato lo stato di attenzione, ma non può rodare
l’organizzazione per la fase successiva (preallarme) perché non ha il piano
d’emergenza a fronte di una possibile escalation dei livelli di allerta
vulcanica, che prevedono nella fase 2 l’esodo spontaneo della popolazione verso
le regioni gemellate, ancora non definite per l’area flegrea, e che rientrano
in termini di competenza e risoluzione in capo all’autorità statale. Come si
vede allora, la responsabilità e i ritardi sono equamente divisi tra il
Dipartimento della Protezione Civile e i Comuni che non si sono mai presi la
briga di segnalare lo stallo del percorso strategico operativo. In assenza di
manifestazioni percepibili del pericolo infatti, l’allarmismo non rende
politicamente quanto il cemento ristoratore e i condoni edilizi e il recupero
statico di rustici e ruderi che portano voti e consensi…In questo modo però, è
lo Stato a produrre rischio.
L’urbanistica
territoriale dovrebbe seguire le necessità del piano d’emergenza e di
evacuazione e non viceversa come spesso accade. Il piano deve essere uno
strumento sicuramente aggiornabile, ma non deve rincorrere di continuo le
metamorfosi dettate dall’edilizia abusiva o gli stravolgimenti proposti da
concetti di sviluppo che non rispettano le logiche che ci pervengono da
un’attenta analisi territoriale, che nel caso della plaga vesuviana vanno tutte
in direzione della decrescenza
demografica. Da questo punto di vista le dichiarazioni novembrine del
Prefetto Gabrielli rilasciate all’inaugurazione del Centro Operativo Comunale
di Pozzuoli lasciano un tantino perplessi, ad iniziare da quella che :<<
vivere su di un territorio a rischio porta pure dei vantaggi…>> ed ancora
continuando : <<è vero che questi territori (vulcanici N.d.R.) non
possono avere ulteriori forme accentuate di antropizzazione, ma va seguita
comunque la logica di dare servizi e prospettive di sviluppo alla comunità
>>.
A
voler sintetizzare il pensiero, nel primo caso rifuggiamo dall’idea che il
vantaggio consisterebbe nel contributo di sfollamento... La seconda affermazione ci
sembra che vada nella direzione del consenso alla modica quantità cementizia in un territorio drogato dalla conurbazione selvaggia. Concentrasse la sua
attenzione il Prefetto Gabrielli sui ruoli precipui della protezione civile,
che attengono alle pratiche di previsione, prevenzione, interventistica e
superamento dell’emergenza. Gabrielli deve occuparsi di portare in salvo in
caso di necessità e fuori dalla zona rossa i settecentomila abitanti del
vesuviano e i circa cinquecentomila dell’area flegrea. Per quanto riguarda lo
sviluppo modicamente antropico del territorio, lasciamo i proclami al mondo
della politica maggiormente avvezzo alla propaganda. Il dipartimento della
protezione civile quale struttura di coordinamento dell’unico piano d’emergenza
di taglio nazionale che è appunto quello del Vesuvio, vigili e sia parte
diligente anche sulle attività di coordinamento dei piani comunali che ancora
non saltano fuori dai famosi cassetti incasellati nel “comò regionale” campano,
e al momento pieni solo di banconote provenienti dai fondi europei in attesa di
trasformazione in bond sulla sicurezza (piani d’emergenza).
I livelli di responsabilità decisionale |
Consigliamo
ai comuni interessati da massici piani di evacuazione della popolazione, come
quelli ricadenti in area vulcanica (Vesuvio e Campi Flegrei), di emanare a
scopo precauzionale, un decreto sindacale che vieti con la dichiarazione dello
stato di allarme (fase 3), la circolazione sul territorio comunale di
autoveicoli commerciali che superano le 3,5 tonnellate, per non intasare il
traffico e soprattutto per non correre il rischio che questi mezzi pesanti, per
avaria, incidente o altro, blocchino la viabilità comunale o le rampe d’accesso
in autostrada. Il piano d'emergenza Vesuvio non deve assolutamente prevedere il recupero di masserizie nella fase di evacuazione...
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