“Rischio
Vesuvio e lo strategico assessore regionale...”
Il primo problema per gli
strateghi del piano d’emergenza Vesuvio dovrebbe essere l’impossibilità di
definire con certezza il territorio su cui potrebbero abbattersi gli effetti di
una possibile eruzione vulcanica. La Commissione Grandi Rischi e il parterre della Protezione Civile
Nazionale guidata dal prefetto Franco Gabrielli, hanno ufficializzato la linea nera Gurioli come limite di
pericolo per marcare la zona a massima pericolosità corrispondente a quella invadibile
dai flussi piroclastici per eruzioni non eccedenti un indice energetico VEI 4. Ovviamente
queste certezze confluite nell’adozione di una linea geo referenziata sono
discutibili, perché un tale decisionismo non è supportato da elementi concreti
di valutazioni che consentano un fare deterministico. Parliamo di una struttura vulcanica emersa e sommersa che ad ogni eruzione
muore e risorge senza nessun rapporto gemellare
con la miscela magmatica precedente.
Le eruzioni pliniane (VEI 5)
di fatto sono state scartate nella scenografia del pericolo, perché secondo gli
esperti statistici e la commissione grandi rischi, la possibilità di una
siffatta tipologia eruttiva è solo dell’1%. L’assessore regionale alla protezione
civile, Ing. Edoardo Cosenza, ha aggiunto in alcune dotte disquisizioni che il
rischio di essere colpiti da un meteorite supera la possibilità che ci colga
una pliniana. Secondo la tabella statistica allo scopo adoperata, tra 130 anni la
probabilità che una futura eruzione del Vesuvio assuma carattere da pliniana salirà
secondo le stime all’11%, e forse bisognerà ridisegnare la nuova zona rossa
Vesuvio che oggi già ricade nei limiti per niente periferici della metropoli
partenopea.
L’assessore Ingegnere
Edoardo Cosenza è stato il vero protagonista del consesso di geologi riunitisi
a Napoli il 14 ottobre 2014 per discutere di rischio Vulcanico. Con fare deciso,
il responsabile della protezione civile regionale Campania ha spiegato alla
platea che i tempi di ritorno di un’eruzione pliniana sono di 23.000 anni, quelli sismici di 475 anni e quelli alluvionali legati al fiume Sarno di appena 100 anni.
Secondo il relatore, in zona rossa Vesuvio bisogna quindi occuparsi in
primis della robustezza delle case che vanno riattate, adeguate in senso antisismico
e dotate di tetto a spiovente per evitare pesanti accumuli di cenere e lapilli
sulle coperture. Questa posizione è condivisa anche dal Prefetto Franco
Gabrielli. Non ci hanno spiegato i due dirigenti però, i ruderi e gli spiccati
che non contemplano oggi e per degrado alcun abitante, una volta ripristinati con
quale legge se ne vieterà l’utilizzo a uso abitativo per non incrementare il
valore esposto nel sedime a rischio. Diversamente perchè spendere? Non c’è tempo per una risposta, perché
nelle attenzioni dell’ingegnere c’è già il fiume Sarno che dovrà essere dotato
di una procedura o di un sistema di rapida ripulitura degli alvei dagli
accumuli di piroclastiti per evitare fastidiosi alluvionamenti…
Il secondo elemento su cui
ugualmente non si possono riporre certezze è il numero di abitanti che deciderà
autonomamente di andare via, con o senza supporto economico
dell’amministrazione statale, dalle zone prossime a quelle rosse
ufficializzate, semplicemente per motivi precauzionali magari perché non si
condividono le meteoritiche certezze… Un caso potrebbe offrirlo la cittadina di
Striano che pur incastrata
geograficamente tra Palma Campania e Poggiomarino non è stata contemplata nel settore
da evacuare preventivamente in caso di allarme. In compenso però, nell’ultimo
consiglio comunale strianese sono state approvate le linee regionali per la
prevenzione del rischio sismico.
Zona rossa Vesuvio 1 e 2 |
Il
terzo elemento che è di riflessione, riguarda la possibilità offerta agli
abitanti ubicati a oriente del vulcano (Poggiomarino e Scafati), di continuare
a costruire con licenza edilizia saturando metro dopo metro un territorio che
con il passare degli anni ricadrà per intero nel settore dei flussi piroclastici
pliniani. Questi comuni fanno parte della zona rossa 2 (R2), quella cioè, dove
la ricaduta di prodotti piroclastici potrebbe creare fin dai primi momenti
eruttivi problemi seri alla respirazione. Inoltre, la statica dei solai di
copertura potrebbe essere compromessa dall’accumulo dei prodotti cinerei espulsi
dal vulcano. Una decisione miope la
mancata prevenzione in quest’area, con disposti normativi che non vietano l’implemento
della popolazione ma stabiliscono la fuga a gambe levate in caso di allarme
vulcanico. Non vogliono comprendere gli amministratori che i decenni non sono
eternità, e quindi non dovrebbero consentire ulteriori insediamenti nella plaga
vesuviana, con cittadini che possono ritrovarsi esposti come birilli su un
tracciato di bowling…
Il quarto elemento di
incertezza riguarda i tempi a disposizione per evacuare all’occorrenza l’area
vesuviana e che dovranno essere utili e di anticipo sull’evento eruttivo.
L’autorità scientifica ci ricorda che lo start lo dovrà dare l’autorità
politica su cui si faranno confluire tutti i dati rilevati dalle stazioni di
monitoraggio. Sarebbe interessante capire qual è la percentuale di rischio che
potrà essere assorbita dalle spalle
della Presidenza del Consiglio e dalla commissione grandi rischi riunita, in
caso di emergenza, in seno al dipartimento della protezione civile, e quale
valore percentuale invece dovrà dare origine inevitabilmente all’evacuazione
della plaga vesuviana. Ovviamente e condividiamo, in ultima analisi è
preferibile un falso allarme piuttosto che uno tardivo… L’indice probabilistico
eruttivo per far scattare l’evacuazione totale dovrebbe essere del 50% + 1.
Purtroppo c'è un'assenza di riferimenti utili per indicizzare trend e
percentuale statistica... La percezione degli scienziati allora, rimarrà quindi
di fondamentale importanza.
Il
quinto elemento di incertezza riguarda i Comuni che stanno lavorando con i
fondi europei ai piani di emergenza nel rispetto delle linee guide ricevute. Come
abbiamo accennato altre volte, speriamo che i municipi non affidino in toto ad
esperti esterni la redazione dei piani di protezione civile, perché verrebbe
meno il processo auto formativo degli addetti locali, particolarmente
importante per la gestione delle emergenze e per l’aggiornamento degli
elaborati tecnici.
Il
Vesuvio nel frattempo è pregato di mantenere il suo stato di quiete almeno fino
al 31 dicembre del 2015, che pare sia la data limite per la consegna e la
pubblicazione dei piani comunali di protezione civile anche online.
Nella tabella che segue sono riportati i livelli di allerta, le fasi operative e le autorità politiche che
decideranno i vari passaggi.
Il sesto elemento di
perplessità riguarda le affermazioni rilasciate dall’assessore regionale Edoardo
Cosenza a proposito dei tempi di ritorno delle eruzioni pliniane misurate a 23.000
anni. Trattasi di una colossale
inesattezza…I maggiori organismi scientifici infatti, e fra tutti l’Osservatorio
Vesuviano, rifuggono da una tale interpretazione perché non è possibile oggi
definire i tempi di ritorno di una qualsivoglia tipologia di eruzione per tutti
i vulcani in generale e in particolare per le eruzione pliniane del Vesuvio. C’è allora da riflettere sul perché di certe
affermazioni…
In realtà se fosse passato
il principio che i piani d’emergenza devono contemplare l’evento massimo
conosciuto e non quello maggiormente probabile, per prassi normativa all’intera
metropoli partenopea segnata da tre distretti vulcanici, bisognava applicare il
divieto di edificare in senso residenziale. Principi stabiliti dalla legge
regionale numero 21 del 2003. Con tale modus operandi si avrebbe avuto l’indiscutibile
vantaggio di una stabilizzazione del numero di abitanti della metropoli
vulcanica. Di conseguenza si sarebbe dovuto pianificare lo sviluppo sostenibile
in altre province campane che possono assorbire agilmente un certo numero di
abitanti e, quindi, partire dalla progettazione di nuove vie di comunicazioni
che si andrebbero a scostare da quelle tradizionali e parallele alla linea di
costa. I nastri d’asfalto e le linee ferrate punterebbero verso gli appennini… L’edificato
nascente comprenderebbe palazzi costruiti con criteri antisismici, in un contesto
urbanistico più equilibrato, con ampi spazi e a misura d'uomo. Nel frattempo e
auspicabilmente sarebbe iniziato il secolo del riordino territoriale, una sorta
di primavera napoletana, con ambiziosi traguardi di rivalutazione del
patrimonio paesaggistico e archeologico e storico della metropoli vulcanica, oggi
sopraffatta dalla politica e dal cemento quali elementi per niente disgiunti
fra di loro.
Vorremmo salutare al più
presto il primo piano d’emergenza pubblicato online da qualche virtuoso comune
campano per capire come si sta procedendo nel fronteggiare il rischio vulcanico
vesuviano, calderico flegreo e ischitano. Sono soldi europei tra l’altro spesi
su un argomento che dovrebbe essere nelle attenzioni della corte europea di Strasburgo sui diritti dell'uomo, a proposito
delle azioni volte a difendere i vesuviani dal rischio vulcanico. Una
problematica oggi nelle mani di un assessore talmente sicuro del fatto suo, che
non ha avuto difficoltà ad affermare che ricostruirebbe di nuovo e in zona
rossa il più grande e antisismico ospedale del sud Italia... Ipse dixit!
Ospedale del mare - Napoli - |
Thanks!
RispondiEliminaOnly a hint:
" ...
The results allowed
us to explore the hazard related to different scenarios from all possible eruptions,
ranked according to volcanic explosivity index (VEI) class,
in the Vesuvius area and its surroundings including Naples.
Particularly, eruptions with VEI ≤ 3 would produce
a fallout hazard within about 10 km mostly east of the volcano
and a PDC hazard within about 2 km from the crater.
Large‐scale events (4 ≤ VEI ≤ 5) would produce a fallout
hazard up to 80 km from the vent and a PDC hazard at distances exceeding 15 km.
Particularly, the territory northwest of Vesuvius,
including metropolitan Naples,
featuring a low hazard level for fallout accumulation,
is exposed to PDCs
also consistent with field evidence and archeological findings.
Both volcano flanks and surrounding plains, hills, and mountains
are exposed to a moderate–high level of hazard
for the passage of secondary mass flows.
With the present level of uncertainty in forecasting future eruption type
and size on the basis of statistical analysis as well as precursory activity,
our results indicate that the reference scenario
in the emergency plan should carefully match the worst‐case VEI 5 probabilistic scenario.
Citation: Mastrolorenzo, G., and L. Pappalardo (2010), Hazard assessment of explosive volcanism at Somma‐Vesuvius,
J. Geophys. Res., 115, B12212, doi:10.1029/2009JB006871."
Hans-Hermann Uffrecht
RISCHIO VESUVIO e CAMPI FLEGREI - Ricordiamo ai nostri lettori che i piani d'emergenza redatti da ogni singolo comune, devono contenere le procedure operative previste per ogni FASE. Ovviamente ogni Fase è comunque preparatoria per un eventuale passaggio alla fase successiva o di regresso a quella precedente. I Comuni ubicati nella zona rossa flegrea, compreso quello di Napoli per le municipalità interessate, dovrebbero pubblicare online cosa prevede il piano d'emergenza comunale per la fase di attenzione visto che è attualmente vigente questo livello operativo...
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