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domenica 26 ottobre 2014

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: attenzione scientifica e mediatica...di Malko




Macellum Pozzuoli:simbolo del bradisismo flegreo


“Campi Flegrei: il super vulcano napoletano, tra attenzione
scientifica e mediatica.” di MalKo

Entro il 30 novembre 2014 dovrebbe esserci una riunione tra il Dipartimento della Protezione Civile, la Regione Campania e i sindaci i cui territori sono compresi nella nuovissima mappatura della zona rossa dei Campi Flegrei. Un sedime a rischio allargato rispetto al passato, i cui contorni ricalcano e inseguono i maggiori depositi di tufo grigio e giallo. Era naturale quindi che la città di Napoli venisse in parte compresa in questa zonazione, perché poggia per la quasi totalità sui suoli originatisi proprio dai prodotti espulsi dai vulcani flegrei, sia sotto forma di depositi da nubi ardenti che da foll out piroclastico. I venti predominanti infatti, sono prevalentemente occidentali e indirizzarono e indirizzerebbero il più delle volte verso il centro della metropoli le ceneri asperse nell’atmosfera dai vulcani flegrei.
Rispetto al Vesuvio che ha un condotto e una bocca sommitale che s’erge a 1281 metri di altezza, ed è quindi ben visibile e riconoscibile a distanza, il super vulcano Campi Flegrei avendo caratteristiche da caldera non ha un cono e neanche un condotto, ma poggia direttamente su una camera magmatica. In più punti si riconosce l’orlo calderico segnato da un rilievo ora digradante sul piano, a tratti depresso che poi diventa sottomarino e invisibile, lasciando finanche qualche incertezza sui reali confini calderici nascosti dalle profondità marine. Tant’è che se si conoscessero bene questi limiti, sarebbe stato necessario tracciarli per motivi operativi e anche perché nell’ultimo convegno sul rischio vulcanico tenutosi a Napoli, il Direttore dell'Osservatorio Vesuviano (INGV) ha accennato a una rivalutazione del rischio vulcanico sub marino nel Golfo di Pozzuoli. All’interno di questa notevole superficie calderica circolare di circa 12 chilometri di diametro, potrebbe aprirsi la futura bocca eruttiva…Per il passato se ne sono contate circa 40 monogeniche.
Anche nei Campi Flegrei pensiamo che verrà seguito un percorso di condivisione strategico dei settori a rischio con i comuni, che in questo caso sono tutti new entry grazie a un atto ufficiale di nomina in corso di perfezionamento. Alla stregua di quanto è stato fatto con l’area vesuviana, le amministrazioni comunali chiamate in causa dalla nuova mappatura, cioè Pozzuoli, Quarto, Bacoli, Monte di Procida, Marano, Giugliano e Napoli con i quartieri di Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura, Soccavo, Posillipo, Arenella, Vomero, Chiaiano, Chiaia e San Ferdinando, probabilmente vedranno i loro territori soggetti ai limiti di edificabilità residenziale previsti dalla legge regionale 21 del 2003. Ciò che vale per il Vesuvio infatti, dovrebbe valere anche per i Campi Flegrei…
Campi Flegrei - Mappa della zona rossa

Non sappiamo le conclusioni del Dipartimento della Protezione Civile e della Regione Campania a proposito delle aree a maggiore pericolosità. La cartina pubblicata forse sarà rivisitata con maggiori dettagli in cui si identificheranno le zone a invasione dei flussi piroclastici (rossa 1) e quelle di ricaduta della cenere (rossa 2). In questo caso, ma procediamo sempre per ipotesi, si avrebbero due zone distinte e da concordare anche politicamente, dove la prima conterrebbe norme come detto contrarie a nuovi insediamenti abitativi e la seconda solo prescrizioni evacuative e possibilità di adeguamento antisismico e anti cenere coi tetti a spiovente.
Sarà interessante conoscere la classificazione che verrà data ai suoli di Bagnoli business che ricadono per intero nell’alveo delle colate piroclastiche…

Una volta ufficializzate le zone, si procederà con i gemellaggi e la ratifica da parte del Presidente del Consiglio di quanto concordato per le necessarie coperture economiche. Il Prefetto Franco Gabrielli a margine della riunione di presentazione della zona rossa flegrea, ha chiarito che non è stato presentato nulla a scatola chiusa.  
Di seguito vogliamo riportare la stima della percentuale probabilistica che è stata assegnata ai Campi Flegrei a proposito del (VEI) Volcanic Explosivity Index, ovvero dell’indice di esplosività vulcanica che potrebbe caratterizzare la prossima eruzione nel medio termine. Di fianco le probabilità assegnate invece al Vesuvio.

Indici probabilistici (VEI)  eruttivi del  Vesuvio e dei Campi Flegrei
Occorre precisare che nei piani d’emergenza generalmente, ed è norma comune, si utilizza come base di riferimento l’evento massimo conosciuto e non quello probabilistico ai fini della redazione dei piani di sicurezza. Purtuttavia è anche vero che a fronte di eventi altamente energetici, la superficie e il valore esposto da proteggere potrebbe diventare talmente grande da rendere vana qualsiasi forma di tutela.
L’esempio classico è quello della nave e della scialuppa. Se il mezzo di salvataggio è tarato per il galleggiamento di 100 persone, e noi ne imbarchiamo 500, probabilmente periranno tutti. In questi casi si da precedenza a donne e bambini perché il loro indice di autoprotezione in ambienti ostili è basso rispetto agli uomini dalla maggiore prestanza fisica. Si opera quindi una scelta che comunque non può essere in termini di peso e ingombro superiore alle capacità di galleggiamento e di manovra dell’imbarcazione di salvataggio.
La politica quindi, potrebbe assumere uno scenario di pericolo diverso da quello massimo conosciuto, magari prendendo come hanno fatto per il Vesuvio quello maggiormente probabile, sulla scorta di un’analisi strategica che tiene conto innanzitutto delle scialuppe a disposizione. Sarebbe strategia ad altissimo livello…ammirevole:  in altre parole realpolitik.

L’altissimo livello purtroppo non c’è e ci rimane solo una mediocrità casereccia perché un profilo da governante illuminato non continuerebbe a ingrossare le file dei passeggeri del Titanic dopo aver contato le scialuppe e assunto il pericolo probabile invece del massimo conosciuto come base dei piani di salvataggio. Nell’area vesuviana la storia dei condoni e del ripristino statico di ruderi e spiccati e conosciuta da tutti. Così come le piccole furberie che decantano una zona rossa Vesuvio ampliata che a conti fatti si è invece ristretta portando seco una serie di strascichi di ordine amministrativo. Anche l’adozione della linea Gurioli che demarca impropriamente la zona rossa a invasione dei flussi piroclastici, ha un piglio deterministico e non probabilistico, inducendo quindi false sicurezze negli abitanti limitrofi e finanche nel giudizio delle corti. E intanto i comuni aspettano con ansia e pronti alla firma, la decisione del Consiglio di Stato sulla riapertura dei termini di vaglio delle domande di condono a tutto il 31 dicembre 2015...
Il vero tallone di Achille della metropoli vulcanica allora è il valore esposto che aumenta inesorabilmente. Il problema è politico e delle istituzioni che non lanciano il grido d’allarme. Occorrerebbe una legge ad hoc: prima di pensare all’ergastolo della patente, i  ministeri competenti dovrebbero pensare all’ergastolo del condono edilizio…  ma voto non olet!

Un evento probabilistico, ritornando alla tabella pubblicata, può essere il prodotto di un calcolo oggettivo e soggettivo. Nel caso del Vesuvio ad esempio, a seconda dell’arco temporale che si assume come base di calcolo, salta fuori una probabilità dell’11% di pliniana se si prende in esame un intervallo di quiescenza da 60 anni in poi, che scende all’1% se l’arco temporale di riferimento è un range compreso tra i 60 e i 200 anni. Il dato da prendere in esame quindi, con tutte le incertezze del caso doveva essere una media ponderata tra i due periodi analizzati. E’ inutile dirvi che il Dipartimento della Protezione Civile, sentita la commissione grandi rischi, ha optato per l’1% probabilistico…
Come avrete intuito nessun calcolo statistico probabilistico può garantire la totale sicurezza delle popolazioni esposte al rischio vulcanico, perché non c’è una casistica molto lunga di dati a disposizione. Tra l’altro bisogna tenere in debita considerazione che ogni evento eruttivo è un elemento di novità che non ha nulla in comune con le altre eruzioni i cui contenuti di casualità sono assolutamente sconosciuti e imponderabili.



La classificazione del rischio è allora un elemento politico prima ancora che un fattore scientifico… Lasciano veramente perplessi al riguardo disquisizioni probabilistiche che accomunano un evento vulcanico catastrofico alla caduta di un meteorite. Affermazioni di questo tipo devono preoccupare seriamente le popolazioni, perché il politico che le adopera è pericoloso, in quanto non può avocare a se una decisione che spetta unicamente al singolo cittadino ancorchè se il medesimo ha un’alternativa.
L’autorità democratica  ha il dovere di fornire informazioni complete e puntuali, poi sarà l’auto decisionismo del singolo uomo o donna a valutare le notizie e scegliere liberamente quale sia la migliore soluzione per il personalissimo universo che caratterizza ognuno di noi col suo carico di paure e speranze. Nei consessi scientifici e tecnici le autorità non stiano a dire che è più facile che ci piombi in testa un meteorite che un’eruzione catastrofica, perché cala poco. Spifferino numeri e statistiche e soprattutto quanto ci sono costati oltre 20 anni di commissioni, sotto commissioni, e studi e incarichi per la stesura di piani d’emergenza monchi e inconcludenti.

A fronte di un meteorite, ci siamo stancati di dirlo, non c’è un luogo del Pianeta esente dal rischio, perché tutta la Terra è a rischio meteorite. Non c’è un sopra e un sotto, anche perché il nostro Pianeta non passa mai due volte per lo stesso punto e ruota su se stesso e poi trasla ecc… Il vulcano invece, trattandosi di un pericolo che ha delle precise referenze geografiche, consente a chi non vuole condividere le probabilità statistiche assunte dalla politica, di spostarsi sull’antimeridiano opposto al vulcano, cioè al sicuro. Non dal meteorite però!
Aspettiamo cosa decideranno il 30 novembre 2014…


 

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