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domenica 26 ottobre 2014

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: attenzione scientifica e mediatica...di Malko




Macellum Pozzuoli:simbolo del bradisismo flegreo


“Campi Flegrei: il super vulcano napoletano, tra attenzione
scientifica e mediatica.” di MalKo

Entro il 30 novembre 2014 dovrebbe esserci una riunione tra il Dipartimento della Protezione Civile, la Regione Campania e i sindaci i cui territori sono compresi nella nuovissima mappatura della zona rossa dei Campi Flegrei. Un sedime a rischio allargato rispetto al passato, i cui contorni ricalcano e inseguono i maggiori depositi di tufo grigio e giallo. Era naturale quindi che la città di Napoli venisse in parte compresa in questa zonazione, perché poggia per la quasi totalità sui suoli originatisi proprio dai prodotti espulsi dai vulcani flegrei, sia sotto forma di depositi da nubi ardenti che da foll out piroclastico. I venti predominanti infatti, sono prevalentemente occidentali e indirizzarono e indirizzerebbero il più delle volte verso il centro della metropoli le ceneri asperse nell’atmosfera dai vulcani flegrei.
Rispetto al Vesuvio che ha un condotto e una bocca sommitale che s’erge a 1281 metri di altezza, ed è quindi ben visibile e riconoscibile a distanza, il super vulcano Campi Flegrei avendo caratteristiche da caldera non ha un cono e neanche un condotto, ma poggia direttamente su una camera magmatica. In più punti si riconosce l’orlo calderico segnato da un rilievo ora digradante sul piano, a tratti depresso che poi diventa sottomarino e invisibile, lasciando finanche qualche incertezza sui reali confini calderici nascosti dalle profondità marine. Tant’è che se si conoscessero bene questi limiti, sarebbe stato necessario tracciarli per motivi operativi e anche perché nell’ultimo convegno sul rischio vulcanico tenutosi a Napoli, il Direttore dell'Osservatorio Vesuviano (INGV) ha accennato a una rivalutazione del rischio vulcanico sub marino nel Golfo di Pozzuoli. All’interno di questa notevole superficie calderica circolare di circa 12 chilometri di diametro, potrebbe aprirsi la futura bocca eruttiva…Per il passato se ne sono contate circa 40 monogeniche.
Anche nei Campi Flegrei pensiamo che verrà seguito un percorso di condivisione strategico dei settori a rischio con i comuni, che in questo caso sono tutti new entry grazie a un atto ufficiale di nomina in corso di perfezionamento. Alla stregua di quanto è stato fatto con l’area vesuviana, le amministrazioni comunali chiamate in causa dalla nuova mappatura, cioè Pozzuoli, Quarto, Bacoli, Monte di Procida, Marano, Giugliano e Napoli con i quartieri di Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura, Soccavo, Posillipo, Arenella, Vomero, Chiaiano, Chiaia e San Ferdinando, probabilmente vedranno i loro territori soggetti ai limiti di edificabilità residenziale previsti dalla legge regionale 21 del 2003. Ciò che vale per il Vesuvio infatti, dovrebbe valere anche per i Campi Flegrei…
Campi Flegrei - Mappa della zona rossa

Non sappiamo le conclusioni del Dipartimento della Protezione Civile e della Regione Campania a proposito delle aree a maggiore pericolosità. La cartina pubblicata forse sarà rivisitata con maggiori dettagli in cui si identificheranno le zone a invasione dei flussi piroclastici (rossa 1) e quelle di ricaduta della cenere (rossa 2). In questo caso, ma procediamo sempre per ipotesi, si avrebbero due zone distinte e da concordare anche politicamente, dove la prima conterrebbe norme come detto contrarie a nuovi insediamenti abitativi e la seconda solo prescrizioni evacuative e possibilità di adeguamento antisismico e anti cenere coi tetti a spiovente.
Sarà interessante conoscere la classificazione che verrà data ai suoli di Bagnoli business che ricadono per intero nell’alveo delle colate piroclastiche…

Una volta ufficializzate le zone, si procederà con i gemellaggi e la ratifica da parte del Presidente del Consiglio di quanto concordato per le necessarie coperture economiche. Il Prefetto Franco Gabrielli a margine della riunione di presentazione della zona rossa flegrea, ha chiarito che non è stato presentato nulla a scatola chiusa.  
Di seguito vogliamo riportare la stima della percentuale probabilistica che è stata assegnata ai Campi Flegrei a proposito del (VEI) Volcanic Explosivity Index, ovvero dell’indice di esplosività vulcanica che potrebbe caratterizzare la prossima eruzione nel medio termine. Di fianco le probabilità assegnate invece al Vesuvio.

Indici probabilistici (VEI)  eruttivi del  Vesuvio e dei Campi Flegrei
Occorre precisare che nei piani d’emergenza generalmente, ed è norma comune, si utilizza come base di riferimento l’evento massimo conosciuto e non quello probabilistico ai fini della redazione dei piani di sicurezza. Purtuttavia è anche vero che a fronte di eventi altamente energetici, la superficie e il valore esposto da proteggere potrebbe diventare talmente grande da rendere vana qualsiasi forma di tutela.
L’esempio classico è quello della nave e della scialuppa. Se il mezzo di salvataggio è tarato per il galleggiamento di 100 persone, e noi ne imbarchiamo 500, probabilmente periranno tutti. In questi casi si da precedenza a donne e bambini perché il loro indice di autoprotezione in ambienti ostili è basso rispetto agli uomini dalla maggiore prestanza fisica. Si opera quindi una scelta che comunque non può essere in termini di peso e ingombro superiore alle capacità di galleggiamento e di manovra dell’imbarcazione di salvataggio.
La politica quindi, potrebbe assumere uno scenario di pericolo diverso da quello massimo conosciuto, magari prendendo come hanno fatto per il Vesuvio quello maggiormente probabile, sulla scorta di un’analisi strategica che tiene conto innanzitutto delle scialuppe a disposizione. Sarebbe strategia ad altissimo livello…ammirevole:  in altre parole realpolitik.

L’altissimo livello purtroppo non c’è e ci rimane solo una mediocrità casereccia perché un profilo da governante illuminato non continuerebbe a ingrossare le file dei passeggeri del Titanic dopo aver contato le scialuppe e assunto il pericolo probabile invece del massimo conosciuto come base dei piani di salvataggio. Nell’area vesuviana la storia dei condoni e del ripristino statico di ruderi e spiccati e conosciuta da tutti. Così come le piccole furberie che decantano una zona rossa Vesuvio ampliata che a conti fatti si è invece ristretta portando seco una serie di strascichi di ordine amministrativo. Anche l’adozione della linea Gurioli che demarca impropriamente la zona rossa a invasione dei flussi piroclastici, ha un piglio deterministico e non probabilistico, inducendo quindi false sicurezze negli abitanti limitrofi e finanche nel giudizio delle corti. E intanto i comuni aspettano con ansia e pronti alla firma, la decisione del Consiglio di Stato sulla riapertura dei termini di vaglio delle domande di condono a tutto il 31 dicembre 2015...
Il vero tallone di Achille della metropoli vulcanica allora è il valore esposto che aumenta inesorabilmente. Il problema è politico e delle istituzioni che non lanciano il grido d’allarme. Occorrerebbe una legge ad hoc: prima di pensare all’ergastolo della patente, i  ministeri competenti dovrebbero pensare all’ergastolo del condono edilizio…  ma voto non olet!

Un evento probabilistico, ritornando alla tabella pubblicata, può essere il prodotto di un calcolo oggettivo e soggettivo. Nel caso del Vesuvio ad esempio, a seconda dell’arco temporale che si assume come base di calcolo, salta fuori una probabilità dell’11% di pliniana se si prende in esame un intervallo di quiescenza da 60 anni in poi, che scende all’1% se l’arco temporale di riferimento è un range compreso tra i 60 e i 200 anni. Il dato da prendere in esame quindi, con tutte le incertezze del caso doveva essere una media ponderata tra i due periodi analizzati. E’ inutile dirvi che il Dipartimento della Protezione Civile, sentita la commissione grandi rischi, ha optato per l’1% probabilistico…
Come avrete intuito nessun calcolo statistico probabilistico può garantire la totale sicurezza delle popolazioni esposte al rischio vulcanico, perché non c’è una casistica molto lunga di dati a disposizione. Tra l’altro bisogna tenere in debita considerazione che ogni evento eruttivo è un elemento di novità che non ha nulla in comune con le altre eruzioni i cui contenuti di casualità sono assolutamente sconosciuti e imponderabili.



La classificazione del rischio è allora un elemento politico prima ancora che un fattore scientifico… Lasciano veramente perplessi al riguardo disquisizioni probabilistiche che accomunano un evento vulcanico catastrofico alla caduta di un meteorite. Affermazioni di questo tipo devono preoccupare seriamente le popolazioni, perché il politico che le adopera è pericoloso, in quanto non può avocare a se una decisione che spetta unicamente al singolo cittadino ancorchè se il medesimo ha un’alternativa.
L’autorità democratica  ha il dovere di fornire informazioni complete e puntuali, poi sarà l’auto decisionismo del singolo uomo o donna a valutare le notizie e scegliere liberamente quale sia la migliore soluzione per il personalissimo universo che caratterizza ognuno di noi col suo carico di paure e speranze. Nei consessi scientifici e tecnici le autorità non stiano a dire che è più facile che ci piombi in testa un meteorite che un’eruzione catastrofica, perché cala poco. Spifferino numeri e statistiche e soprattutto quanto ci sono costati oltre 20 anni di commissioni, sotto commissioni, e studi e incarichi per la stesura di piani d’emergenza monchi e inconcludenti.

A fronte di un meteorite, ci siamo stancati di dirlo, non c’è un luogo del Pianeta esente dal rischio, perché tutta la Terra è a rischio meteorite. Non c’è un sopra e un sotto, anche perché il nostro Pianeta non passa mai due volte per lo stesso punto e ruota su se stesso e poi trasla ecc… Il vulcano invece, trattandosi di un pericolo che ha delle precise referenze geografiche, consente a chi non vuole condividere le probabilità statistiche assunte dalla politica, di spostarsi sull’antimeridiano opposto al vulcano, cioè al sicuro. Non dal meteorite però!
Aspettiamo cosa decideranno il 30 novembre 2014…


 

domenica 19 ottobre 2014

Rischio Vesuvio:caos...di Malko


“Rischio Vesuvio: il problema è politico,
istituzionale, giuridico o irrisolvibile?” di MalKo

Due prefetti ebbero sul loro tavolo istituzionale la notizia che non c’era nessun piano di evacuazione per l’area vesuviana. L’appello invitava a preparare un piano di emergenza per surrogare quello di emergenza inesistente a fronte del rischio dettato dal Vesuvio e dalla sua insondabilità geologica. L’appello cadde nel vuoto… In quel periodo tra l’altro regnava Bertolaso, in tema di protezione civile, e nessuno aveva voglia di andargli a chiedere conto del piano d’emergenza tanto pubblicizzato ma molto inconcludente, quasi da operazione mediatica… Nulla di strano perché anche nelle sedi giudiziarie la notizia che settecentomila cittadini non hanno una tutela che li protegga dai flussi piroclastici non ha prodotto ancora un risultato tangibile. La corte europea di Strasburgo chiamata in causa dal persistere di una certa indifferenza istituzionale tutta italiana e che mina qualche principio universale, intanto studia il caso…

All’INGV formulammo alcune domande sul vulcano Marsili a proposito delle frane e del Marsili Project e del prefigurato rischio maremoto. I cortesi uffici dell’Ente istituzionale scientifico preannunciarono a più riprese una risposta mai giunta. Stessa domanda al Ministero dell’Ambiente i cui uffici invece tergiversarono invitando a inoltrare una mail all’ufficio stampa, perché sono loro bla…bla…bla. Poi si è scritto ad altre istituzioni competenti come la Regione Campania, per sapere qualcosa di preciso sui condoni e i ruderi da riattare e i motivi per i quali è stato consentito l’utilizzo dei fondi per la ricostruzione post terremoto dell’80 in zona rossa Vesuvio. Buio oltre la siepe… La domanda per capire altrove cosa succede in tema di abusivismo edilizio la girammo all'USGS che ci invitò a scrivere allo Yellowstone National Park, immenso parco americano che comprende l’omonima caldera vulcanica. L’interrogativo ha prodotto stupore con la precisazione che se intendevamo qualche capanno di caccia era molto poco probabile a causa del clima rigido.
Nella nostra caldera vulcanica dei Campi Flegrei invece, pare addirittura che sia molto serio il rischio che sui terreni di Bagnoli, sede del Deep Drilling Projectvengano costruiti migliaia di vani a uso residenziale grazie a una cordata di provvidenziali tutori imprenditori misti a intellettuali che vogliono rimarcare il loro impegno per Napoli e per il litorale flegreo…

Nel recente convegno sul rischio Vulcanico organizzata dall’ordine dei geologi il 14 ottobre 2014 a Napoli (Castel dell’Ovo), l’assessore regionale Prof. Edoardo Cosenza ebbe a spiegare alcuni punti del piano d’emergenza Vesuvio e delle strategie del piano di evacuazione a iniziare da alcuni concetti: << un’eruzione superiore a quella presa come evento massimo di riferimento ha un ritorno di 23.000 anni. I terremoti distruttivi invece, ogni 475 anni. Ergo, rinforziamo le case!>>. Un’altra novità importante da introdurre nei piani d’emergenza -  riferisce l’assessore -  è la necessità di organizzare un servizio capace di ripulire subito il fiume Sarno dalle ceneri eruttate dal Vesuvio perché altrimenti gli alvei ricoperti determinerebbero fenomeni alluvionali delle acque...
L’ineffabile assessore nel suo intervento ricamò chiacchiere assegnandosi alla fine un 110 con lode per tutte le iniziative messe in campo dal suo ufficio, puntando poi il dito contro il teppismo scientifico con manie di protagonismo che denigra e allarma con previsioni catastrofiche. Pensavamo di porre molte domande all’assessore nello spazio successivo dedicato al dibattito in sala così come previsto dai lavori.  Invece l’ingegnere Cosenza al termine del suo intervento andò via senza nessuna possibilità di contraddittorio… Avremmo voluto chiedergli conto sul cambio dei proclami, ovvero da: <<non un abitante in più in zona rossa a un non un metro cubo in più di cemento in zona rossa…>>. La differenza? Col secondo editto si recupera il cemento esistente reso antisismico con migliaia di abitanti al seguito…
Il Presidente Ugo Leone commissario straordinario del Parco Vesuvio, non ha avuto dubbi sul definire connivente con il rischio chi non si oppone alla cementificazione nella zona rossa Vesuvio, sia in senso colposo dovuto presumibilmente all’ignoranza, sia in senso doloso dovuto magari a un mero calcolo elettorale. Più chiaro di così…
Nel merito dei fondi europei, Cosenza riferisce che su 550 comuni solo 20 non hanno fatto domanda per ricevere soldi finalizzati alla redazione dei piani d’emergenza tra cui alcuni retti da commissari prefettizi. Questi 20 avranno i soldi per forza e d’ufficio perché anche quei cittadini hanno diritto alla sicurezza. Solo 61 comuni devono perfezionare la domanda di ammissione mentre i restanti possono già lavorare attingendo i fondi.

Il Direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Giuseppe De Natale, contrariamente ad altre circostanze dibattimentali con previsioni eruttive contabili a mesi da passare alla politica, ha sostenuto questa volta che indicare data e ora di una ripresa eruttiva del Vesuvio, anche con tutti i precursori in corso che superano il punto di non ritorno è impresa difficilissima. De Natale ha poi chiarito che esiste uno strato di magma spesso tra 1 e 2 chilometri che si dirama dal Vesuvio ai Campi Flegrei a una profondità oscillante tra gli 8 e i 10 chilometri. Tra l’altro, ha aggiunto il direttore, sia al di sotto dei Campi Flegrei ma probabilmente anche al di sotto del Vesuvio, ci sono serbatoi di magma vecchi, più superficiali e più densi che sfuggono alle prospezioni sismiche. Trattandosi di magmi “rinsecchiti” ma caldissimi, potrebbero essere facilmente riattivabili dai magmi sottostanti. Gli studi attuali vertono su questa nuova e  interessante linea di ricerca.

Il Prof. Vincenzo Morra, Direttore DISTAR Università degli Studi di Napoli Federico II, nonché referente della Commissione Grandi Rischi per la parte vulcanica (CGR-RV), ha sottolineato una certa iperattività della commissione da lui presieduta che ha messo fine all’immobilismo preesistente. L’illustre coordinatore della grandi rischi vulcanica ha indicato una data in particolare a proposito del fare, esattamente il 14 dicembre 2012 in cui lui e il suo gruppo sono stati chiamati dal prefetto Franco Gabrielli per esprimere un parere sui Campi Flegrei. In quei frangenti, chiosa Morra, ci siamo assunti la responsabilità di suggerire al Dipartimento della Protezione Civile di passare, a proposito dei livelli di allerta, a uno stato di attenzione
In verità dalla nostra rivista sollecitammo questa macroscopica necessità in un articolo datato 25 novembre del 2012.  Siamo stati un tantino geomanti …

Il Prof. Stefano Tinti dell’università di Bologna ha sottolineato che i piani d’emergenza a fronte del rischio Vesuvio è bene che tengano in debito conto anche il rischio tsunami a carico delle comunità rivierasche oggi molto più numerose del passato. Il problema maremoto infatti, è ben presente nelle zone tirreniche meridionali per fatti sismici ma anche vulcanici.

La dott. Chiara Cardaci del Dipartimento della Protezione Civile ha preso atto del rischio maremoto ed ha chiarito, continuando, che l’evacuazione della popolazione dalla zona rossa avverrà all’occorrenza in anticipo rispetto ai tempi eruttivi, anche con il rischio di un falso allarme.

Il dato che anche in questo convegno è emerso lampante, è la discrasia tra la necessità di ridurre il valore esposto in quest'area a rischio favorendo la delocalizzazione delle famiglie in luoghi più sicuri, e il cemento che non c’è verso di spingerlo e respingerlo fuori dalla zona rossa. Per essere riassuntivi, purché non si costruisca un nuovo palazzo sotto al Vesuvio si può riattare qualsiasi cosa, anche se a livello di pietrame preesistente. Il Governo centrale ha chiamato in causa la Corte Costituzionale soprattutto per valutare quella parte della legge regionale che riguarda l’apertura dei termini del condono al 31 dicembre 2015. Vogliamo ricordare alle amministrazioni comunali interessate, che secondo alcuni autorevoli pareri e sentenze del Consiglio di Stato, non è sufficiente una dichiarazione sostitutiva di atto notorio per provare l'epoca di anteriore realizzazione dell'opera rispetto a un vincolo ed ancora che il trascorrere del tempo non modifica il concetto di abuso e di demolizione. 
In ultima analisi la Corte Costituzionale è l’unica che può calmierare l’audacia della Regione Campania che sembra spinta dall’ossessione cementizia. Dalla decisione di questo importantissimo organo dello Stato allora, capiremo probabilmente il futuro della zona rossa Vesuvio e della connotazione da dare al rischio vulcanico... 

L’assessore Cosenza durante l’intervento prima citato, ha avuto a dire che la popolazione nell’area vesuviana è calata e sta calando. In realtà l’unico comune che lascia registrare una inversione di tendenza in termini di calo è quello di Portici, le cui caratteristiche territoriali sono da formicaio. Il motivo del calo è da ricercarsi probabilmente nelle politiche di informazione che sono state fatte negli anni passati sul rischio Vesuvio, e a una buona dose di invivibilità ordinaria dettata dal superaffollamento di tipo asiatico.
Non risulterà difficile per i lettori accedere alle tabelle dei siti specializzati. Si noterà allora, che in realtà c’è stato un calo demografico in termini di numero di abitanti nel vesuviano, ma non del numero di famiglie che invece è in aumento. In alcuni comuni come Terzigno e Boscoreale, il dato di crescita è addirittura su entrambi i fronti, grazie allo spiccato fenomeno dell’abusivismo edilizio che ha contraddistinto in negativo la storia di questi territori nell'ultimo trentennio.

Il problema del rischio Vesuvio allora, è un problema che attiene innanzitutto alla sensibilità della classe politica e a quella istituzionale poco pungolata da un'informazione non sempre puntuale e corretta.

Su tutte le questioni avrebbe dovuto prendere il sopravvento e svettare il buonsenso dei cittadini, che in alcuni casi hanno preferito accettare il compromesso dell'oggi, adeguandosi a un sistema che in cambio chiedeva solo il consenso elettorale. Non si è guardato, non si è capito, e si è rinunciato al diritto alla sicurezza,  soprattutto in danno ai nostri figli e nipoti che erediteranno un territorio martoriato dal cemento e dalle discariche. La routine proseguirà tra imbonitori e business,  fino a quando un giorno magari lontanissimo, un evento da cigno nero resetterà il sistema girando la clessidra del rischio vulcanico, che inizierà a scorrere daccapo,senza enfasi, granello dopo granello...

venerdì 10 ottobre 2014

Rischio Vesuvio: Intervista al Prof. G. Mastrolorenzo...di MalKo

Napoli e il Vesuvio

 “Rischio Vesuvio: quale eruzione?
Intervista al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo.”
di MalKo

Uno degli assilli che arrovella o che dovrebbe arrovellare l’intellighenzia tecnica preposta alla redazione dei piani d’evacuazione dell’area vesuviana, è la impossibilità di stabilire i tempi che ci separano da una prossima eruzione del Vesuvio. Anche al comparire dei sintomi precursori infatti, è parimenti azzardato profondersi in una previsione corta del fenomeno eruttivo.
La sicurezza delle istituzioni scientifiche circa la possibilità che si colgano i sintomi del risveglio del Vesuvio in netto anticipo sugli eventi, in realtà è una speranza che non rappresenta però la svolta nella previsione dell’eruzione. La “vitalità” vulcanica infatti, è un insieme di valori fisici e chimici che possono portare una notevole dose di indeterminatezza nell’interpretare senza errori un fenomeno che, ricordiamo, si evolve nel sottosuolo e che può quindi irrompere all’aria o ricomporsi di nuovo nel profondo.
La verità mediata allora, è che le sentinelle vulcaniche coglieranno probabilmente e con un certo anticipo tutti gli sbadigli geologici del Vesuvio, ma non potranno affermare con certezza se questi rappresentano il preludio al risveglio o semplicemente una riossigenazione da stato soporifero che nulla toglie al sonno letargico. Pertanto, il problema vero sarà quello di riuscire a decifrare i segnali in modo da << non indurre un’evacuazione senza eruzione o essere colti da un’eruzione senza evacuazione…>>.

Nell’ultimo articolo abbiamo accennato alla coraggiosa previsione prospettata dal gruppo di lavoro incaricato di redigere gli scenari eruttivi del Vesuvio e dei Campi Flegrei, con l’avallo della Commissione Grandi Rischi (CGR-RV) che ha comunque condiviso le scelte insieme al Dipartimento della Protezione Civile.  Secondo le stime prospettate, per i prossimi 130 anni l’eruzione massima di riferimento attesa al Vesuvio è quella sub pliniana, mentre la più probabile è una stomboliana violenta. La differenza tra i due eventi consiste che nel secondo caso non sono preventivabili flussi piroclastici.
Il sistema di protezione civile nell’area vesuviana si sta quindi basando ed evolvendo proprio su queste due tipologie eruttive, con la prima che congloba la seconda.
La Commissione Grandi Rischi oltre a condividere gli scenari eruttivi ha introdotto la linea nera Gurioli come reale limite della zona rossa Vesuvio. Il Comune di Boscoreale ha preso molto sul serio la zonazione così operata dalla scienza, ricorrendo e con successo, addirittura al potere giuridico (TAR), per vedersi riconosciuto il diritto ad estrapolare quelle parti di territorio che si trovano oltre la linea nera, in modo da sfuggire al severo regime di inedificabilità assoluta (Legge regionale 21/2003) per gli usi residenziali.  Alle amministrazioni comunali infatti, interessa soprattutto il cemento, e intanto non risulta alcuna impugnazione della sentenza del TAR da parte della Regione Campania o del Dipartimento della Protezione Civile.

Al Professor Giuseppe Mastrolorenzo, esperto vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano - INGV, giriamo subito una domanda: Professore, è possibile prevedere in anticipo un’eruzione attraverso i precursori vulcanici che il mondo scientifico asserisce di poter cogliere mesi prima?

<< Non c’è una specifica teoria sui precursori, ovvero non abbiamo ancora adeguate conoscenze sui meccanismi che generano i precursori spesso osservati nelle aree vulcaniche prima di un’eruzione. Questo è il motivo per cui ancora oggi non è possibile definire e individuare una rigorosa correlazione deterministica tra precursori ed evento eruttivo. In particolare, anche durante le crisi pre eruttive, in cui si manifestano precursori geofisici e geochimici quali terremoti, deformazioni del suolo e modificazione della portata e della composizione dei gas fumarolici, non è possibile in alcun modo prevedere se l’evento si manifesterà, e ancora quando e con quale tipologia e intensità si presenterà l’eruzione. L’assenza di qualsiasi correlazione di tipo deterministico tra precursori ed eruzione, mista alla debolezza della previsione statistica in sistemi molto complessi come quelli vulcanici, rendono necessarie ai fini della tutela l’adozione di rapidissime procedure per garantire l’evacuazione di tutta la popolazione esposta all’evento>>. 

La comunità scientifica ha di fatto concordato una previsione di evento massimo atteso al Vesuvio, tarato su una tipologia eruttiva di tipo sub pliniana. E’ d’accordo?

<< Qualsiasi previsione sull’evoluzione dei precursori e sulla tipologia e intensità del possibile evento eruttivo, dato la forte dipendenza del risultato statistico dai modelli adottati costituisce un azzardo, e pertanto ogni previsione deve essere valutata come opinione e come tale può variare da ricercatore a ricercatore.
E’ chiaro che la sicurezza di una collettività a rischio non si può basare, come ho detto in più circostanze, sull’adozione di uno scenario sub pliniano che è del tutto arbitrario, dati i risultati contrastanti che emergono dalle diverse ricerche scientifiche degli ultimi anni, relativamente alla dinamica interna del sistema vulcanico, alla storia eruttiva e al confronto con altri vulcani analoghi.
Paradossalmente, gli stessi ricercatori che su base prettamente probabilistica hanno fornito un valore basso ma comunque assolutamente non trascurabile di probabilità di un evento pliniano, in studi comparativi con altri vulcani analoghi sono giunti alla conclusione di una assoluta imprevedibilità dell’evoluzione di vulcani a condotto chiuso come il Vesuvio, per i quali non c’è memoria del passato. In altre parole, per un vulcano a condotto chiuso non avrebbe alcuna rilevanza la durata del periodo di quiescenza ai fini della previsione dell’intensità massima della possibile eruzione futura.
E’ paradossale che nell’esercitazione Mesimex 2006, benché sulla base dei risultati scientifici del gruppo consulenti della Protezione Civile sia stato dichiarato l’11% come valore medio di probabilità di un evento pliniano al Vesuvio, si sia poi scelto uno scenario esercitativo sub pliniano. E’ evidente come l’11% di probabilità che si verifichi un evento catastrofico pliniano in un’area abitata da tre milioni di persone, renda l’eruzione pliniana un evento assolutamente non trascurabile e da assumere certamente come scenario di riferimento nei piani d’emergenza. D’altra parte, date le ampie differenze e incongruenze tra le evidenze vulcanologiche, le valutazioni statistiche e le opinioni scientifiche dei diversi ricercatori impegnati da decenni nello studio dell’area vulcanica napoletana, con ricerche di pari dignità pubblicate su autorevoli riviste scientifiche, la scelta da parte degli organi preposti di una specifica tesi come base operativa per la realizzazione del piano d’emergenza, dovrebbe essere dichiarata e presentata alla collettività evidenziando come tale tesi non sia condivisa da tutti i ricercatori. In altre parole, dovrebbero essere dichiarati i limiti e le potenziali conseguenze dovute alla scelta di scenari che potrebbero poi rivelarsi inadeguati.
Prof. Giuseppe Mastrolorenzo - Osservatorio Vesuviano - INGV

A tale proposito è interessante notare come in alcuni articoli scientifici da parte di ricercatori impegnati nelle valutazioni di pericolosità vulcanica per l’area napoletana, pur riconoscendo una probabilità non trascurabile di un evento di natura pliniana, in base a valutazioni di costi - benefici si suggerisca di optare per uno scenario di riferimento sub pliniano. È evidente come un criterio costi - benefici possa essere adottato ma per correttezza verso le collettività dovrebbe essere esplicitamente dichiarato. Una tale dichiarazione equivarrebbe ad affermare che benché si sia consapevoli che oltre 3 milioni di persone siano costantemente esposte a rischio catastrofe, per ragioni economiche si valuti di porne in salvo solo settecentomila.
In conclusione, specificando che comunque le mie opinioni derivano analogamente a quelle di altri colleghi, anche referenti delle autorità preposte, dai risultati delle mie ricerche scientifiche e dell’esperienza in ambito vulcanologico e pertanto non costituiscono posizioni di istituzioni ma esclusivamente scientifiche. Ricordo come i risultati delle mie ricerche condotte negli ultimi decenni sulle catastrofi del Vesuvio, hanno dimostrato che nel caso di un evento massimo pliniano, è a rischio tutta la popolazione della provincia di Napoli e parzialmente quella della provincia di Avellino e Salerno. Ho spesso ricordato che molti disastri avvenuti sul nostro pianeta negli ultimi decenni, sono derivati dalla combinazione di eventi naturali estremi e da una generale sottovalutazione del rischio. In eruzioni quali quella del Mt. St. Helens avvenuta nel 1980, del Pinatubo nel 1991 e del Merapi nel 2010, fu necessario estendere rapidamente la zona da evacuare in piena eruzione a causa di una drammatica sottovalutazione dell’evento atteso. Di fatto non esistono criteri standard di riferimento per la redazione di piani d’emergenza per le aree vulcaniche, contrariamente a quanto avviene in altri ambiti, pertanto, tutto il processo decisionale e le conseguenti responsabilità che possono derivarne, ricadono sugli organi e le istituzioni e sui soggetti incaricati della mitigazione del rischio vulcanico. E per tale motivo, le informazioni dettagliate dei criteri adottati per la messa in sicurezza delle popolazione e dei relativi limiti, devono essere elementi portati a conoscenza della collettività>>.

Ringraziamo il Prof. Giuseppe Mastrolorenzo per la preziosissima e cortese collaborazione che ci ha assicurato su un tema particolarmente attuale e complesso come il rischio Vesuvio, al centro delle nostre attenzioni e quelle dei nostri lettori.

Per concludere e come redazione, al di là delle disquisizioni che da più parti vengono sollevate in tema di rischio Vesuvio, vorremmo annoverare alcune cose che riguardano l’argomento appena trattato. Innanzitutto la scelta dello scenario eruttivo come sapete è propedeutico e come avete intuito nel caso Vesuvio è stato scelto quello un gradino in più del probabile e non quello massimo conosciuto. La commissione incaricata di effettuare quest’analisi del probabile si è basata su dati statistici che indicano differenti elementi appunto di probabilità. Ogni qualvolta un vulcano esplosivo si zittisce e a condotto chiuso ricomincia la quiescenza, pensiamo che con il passare dei decenni diventi insondabile, enigmatico, e ogni previsione sul divenire potrebbe essere un azzardo, soprattutto quando la calca che lo avvolge rifugge dal concetto stesso di rischio. Il vulcano Vesuvio non è quello del 79 d.C. e non è neanche quello del 1631 o del 1944... cosa sia lo scopriremo il giorno dopo che si sarà risvegliato. 

Il piano di emergenza, perché solo di quello possiamo parlare visto che non esiste ancora quello di evacuazione, non è frutto del garantismo ma figlio di un adeguamento cerchiobottista alle enormità che ci rimanda il territorio fortemente compromesso e dove ogni decisione e non solo di sicurezza si scontra con numeri inapprocciabili. Incapaci di inseguire la prevenzione allora, inseguiamo come sempre l’emergenza con piani basati appunto sul probabile. Non vorremmo però, che scienziati e organi d’informazione, così come hanno fatto all’Aquila col terremoto anch'esso improbabile, abbiano poi a dire che la colpa è delle case ubicate in zona rossa…

L’assessore regionale Edoardo Cosenza ha giubilato all’affermazione del capo dipartimento della protezione civile Franco Gabrielli circa gli interventi antisismici e anti lapillo in zona rossa che vanno fatti. Solo quelli aggiunge Cosenza promettendo: <<in zona rossa non si aggiungerà un solo metro cubo di cemento a uso residenziale…>>.
Se mettiamo insieme i ruderi però, i fabbricati diroccati e gli spiccati di palazzi a più piani consentendone il ripristino statico e l’ultimazione, che sarebbe gioco forza a uso abitativo, senza aggiungere un solo metro cubo di nuovo cemento, si aggiungerebbero migliaia di nuovi abitanti nella zona rossa: molti di questi poi, sarebbero stranieri, che non sempre risultano nei registri dell'anagrafe.
Il problema rimane il futuro. Anche i teorici del probabile come la commissione grandi rischi e quella incaricata degli scenari al Vesuvio e ai Campi Flegrei, dovrebbero riconoscere come dicono, che con il passare del tempo andremo sempre di più in una condizione di eruzione a maggiore intensità. Qual’è allora la politica che stiamo mettendo in campo per garantire la sicurezza ai nostri posteri? Quella dei condoni e del cemento ristoratore? Fateci sapere le architetture del territorio previste per la metropoli vulcanica

La commissione grandi rischi ha tra le sue funzioni (art.2) anche quella di fornire indicazioni per migliorare la capacità di valutazione, previsione e prevenzione dei diversi rischi. Allora, l'emanazione di una nota sul cemento sarebbe auspicabile, anche correndo il rischio,quello sì, di essere invisi a qualche politico. Il futuro ringrazierebbe…