Macellum Pozzuoli:simbolo del bradisismo flegreo |
“Campi Flegrei: il super vulcano napoletano, tra attenzione
scientifica e mediatica.” di MalKo
Entro il 30 novembre 2014
dovrebbe esserci una riunione tra il Dipartimento della Protezione Civile, la Regione
Campania e i sindaci i cui territori sono compresi nella nuovissima mappatura
della zona rossa dei Campi Flegrei. Un sedime a rischio allargato rispetto al
passato, i cui contorni ricalcano e inseguono i maggiori depositi di tufo grigio e giallo. Era
naturale quindi che la città di Napoli venisse in parte compresa in questa
zonazione, perché poggia per la quasi totalità sui suoli originatisi proprio
dai prodotti espulsi dai vulcani flegrei, sia sotto forma di depositi da nubi
ardenti che da foll out piroclastico.
I venti predominanti infatti, sono prevalentemente occidentali e indirizzarono e
indirizzerebbero il più delle volte verso il centro della metropoli le ceneri
asperse nell’atmosfera dai vulcani flegrei.
Rispetto al Vesuvio che ha un
condotto e una bocca sommitale che s’erge a 1281 metri di altezza, ed è quindi
ben visibile e riconoscibile a distanza, il super vulcano Campi Flegrei avendo caratteristiche da caldera non
ha un cono e neanche un condotto, ma poggia
direttamente su una camera magmatica. In più punti si riconosce l’orlo calderico
segnato da un rilievo ora digradante sul piano, a tratti depresso che
poi diventa sottomarino e invisibile, lasciando finanche qualche incertezza sui
reali confini calderici nascosti dalle profondità marine. Tant’è che se si conoscessero
bene questi limiti, sarebbe stato necessario tracciarli per motivi operativi e anche perché nell’ultimo
convegno sul rischio vulcanico tenutosi a Napoli, il Direttore dell'Osservatorio Vesuviano (INGV) ha accennato a una rivalutazione del rischio
vulcanico sub marino nel Golfo di Pozzuoli. All’interno di questa notevole
superficie calderica circolare di circa 12 chilometri di diametro, potrebbe
aprirsi la futura bocca eruttiva…Per il passato se ne sono contate circa 40
monogeniche.
Anche nei Campi Flegrei pensiamo
che verrà seguito un percorso di condivisione strategico dei settori a rischio con
i comuni, che in questo caso sono tutti new entry grazie a un atto ufficiale di
nomina in corso di perfezionamento. Alla
stregua di quanto è stato fatto con l’area vesuviana, le amministrazioni
comunali chiamate in causa dalla nuova mappatura, cioè Pozzuoli, Quarto, Bacoli, Monte di Procida, Marano,
Giugliano e Napoli con i quartieri di Bagnoli,
Fuorigrotta, Pianura, Soccavo, Posillipo, Arenella, Vomero, Chiaiano, Chiaia e San Ferdinando,
probabilmente vedranno i loro territori soggetti ai limiti di edificabilità
residenziale previsti dalla legge
regionale 21 del 2003. Ciò che vale per il Vesuvio infatti, dovrebbe valere
anche per i Campi Flegrei…
Campi Flegrei - Mappa della zona rossa |
Non
sappiamo le conclusioni del Dipartimento della Protezione Civile e della Regione
Campania a proposito delle aree a maggiore pericolosità. La cartina pubblicata forse
sarà rivisitata con maggiori dettagli in cui si identificheranno le zone a
invasione dei flussi piroclastici (rossa 1) e quelle di ricaduta della cenere
(rossa 2). In questo caso, ma procediamo sempre per ipotesi, si avrebbero due zone
distinte e da concordare anche politicamente, dove la prima conterrebbe norme come
detto contrarie a nuovi insediamenti abitativi e la seconda solo prescrizioni
evacuative e possibilità di adeguamento antisismico e anti cenere coi tetti a spiovente.
Sarà
interessante conoscere la classificazione che verrà data ai suoli di Bagnoli business che ricadono per intero nell’alveo
delle colate piroclastiche…
Una
volta ufficializzate le zone, si procederà con i gemellaggi e la ratifica da
parte del Presidente del Consiglio di quanto concordato per le necessarie
coperture economiche. Il Prefetto Franco Gabrielli a margine della riunione di
presentazione della zona rossa flegrea, ha chiarito che non è stato presentato
nulla a scatola chiusa.
Di seguito vogliamo riportare la stima della percentuale probabilistica che è
stata assegnata ai Campi Flegrei a proposito del (VEI) Volcanic Explosivity Index, ovvero dell’indice di esplosività vulcanica che potrebbe caratterizzare la
prossima eruzione nel medio termine. Di fianco le probabilità assegnate invece al
Vesuvio.
Indici probabilistici (VEI) eruttivi del Vesuvio e dei Campi Flegrei |
Occorre
precisare che nei piani d’emergenza generalmente, ed è norma comune, si
utilizza come base di riferimento l’evento massimo conosciuto e non quello
probabilistico ai fini della redazione dei piani di sicurezza. Purtuttavia è
anche vero che a fronte di eventi altamente energetici, la superficie e il valore esposto da
proteggere potrebbe diventare talmente grande da rendere vana qualsiasi forma di tutela.
L’esempio
classico è quello della nave e della scialuppa. Se il mezzo di salvataggio è
tarato per il galleggiamento di 100 persone, e noi ne imbarchiamo 500,
probabilmente periranno tutti. In questi casi si da precedenza a donne e
bambini perché il loro indice di autoprotezione in ambienti ostili è basso
rispetto agli uomini dalla maggiore prestanza fisica. Si opera quindi una scelta che comunque non può essere in
termini di peso e ingombro superiore alle capacità di galleggiamento e di
manovra dell’imbarcazione di salvataggio.
La
politica quindi, potrebbe assumere uno scenario di pericolo diverso da quello
massimo conosciuto, magari prendendo come hanno fatto per il Vesuvio quello
maggiormente probabile, sulla scorta di un’analisi strategica che tiene conto
innanzitutto delle scialuppe a
disposizione. Sarebbe strategia ad altissimo livello…ammirevole: in altre parole realpolitik.
L’altissimo
livello purtroppo non c’è e ci rimane solo una mediocrità casereccia perché un
profilo da governante illuminato non continuerebbe a ingrossare le file dei passeggeri del Titanic dopo aver contato
le scialuppe e assunto il pericolo probabile invece del massimo conosciuto come
base dei piani di salvataggio. Nell’area
vesuviana la storia dei condoni e del ripristino statico di ruderi e spiccati e
conosciuta da tutti. Così come le piccole furberie che decantano una zona rossa
Vesuvio ampliata che a conti fatti si è invece ristretta portando seco una
serie di strascichi di ordine amministrativo. Anche l’adozione della linea Gurioli che demarca impropriamente la zona rossa a invasione dei flussi
piroclastici, ha un piglio deterministico e non probabilistico, inducendo quindi
false sicurezze negli abitanti limitrofi e finanche nel giudizio delle corti. E intanto i comuni aspettano con ansia e pronti alla firma, la
decisione del Consiglio di Stato sulla riapertura dei termini di vaglio delle
domande di condono a tutto il 31 dicembre 2015...
Il
vero tallone di Achille della metropoli vulcanica allora è il valore esposto che
aumenta inesorabilmente. Il problema è politico e delle istituzioni che non
lanciano il grido d’allarme. Occorrerebbe una legge ad hoc: prima di pensare
all’ergastolo della patente, i ministeri
competenti dovrebbero pensare all’ergastolo del condono edilizio… ma voto non olet!
Un
evento probabilistico, ritornando alla tabella pubblicata, può essere il
prodotto di un calcolo oggettivo e soggettivo. Nel caso del Vesuvio ad esempio,
a seconda dell’arco temporale che si assume come base di calcolo, salta fuori
una probabilità dell’11% di pliniana se si prende in esame un intervallo di
quiescenza da 60 anni in poi, che scende all’1% se l’arco temporale di
riferimento è un range compreso tra i 60 e i 200 anni. Il dato da prendere in
esame quindi, con tutte le incertezze del caso doveva essere una media
ponderata tra i due periodi analizzati. E’ inutile dirvi che il Dipartimento
della Protezione Civile, sentita la commissione grandi rischi, ha optato per l’1% probabilistico…
Come
avrete intuito nessun calcolo statistico probabilistico può garantire la totale
sicurezza delle popolazioni esposte al rischio vulcanico, perché non c’è una
casistica molto lunga di dati a disposizione. Tra l’altro bisogna tenere in
debita considerazione che ogni evento eruttivo è un elemento di novità che non
ha nulla in comune con le altre eruzioni i cui contenuti di casualità sono assolutamente
sconosciuti e imponderabili.
La
classificazione del rischio è allora un elemento politico prima ancora che un
fattore scientifico… Lasciano veramente perplessi al riguardo disquisizioni
probabilistiche che accomunano un evento vulcanico catastrofico alla caduta di
un meteorite. Affermazioni di questo tipo devono preoccupare seriamente le
popolazioni, perché il politico che le adopera è pericoloso, in quanto non può
avocare a se una decisione che spetta unicamente al singolo cittadino ancorchè
se il medesimo ha un’alternativa.
L’autorità
democratica ha il dovere di fornire
informazioni complete e puntuali, poi sarà l’auto decisionismo del singolo uomo
o donna a valutare le notizie e scegliere liberamente quale sia la migliore
soluzione per il personalissimo universo che caratterizza ognuno di noi col suo
carico di paure e speranze. Nei consessi
scientifici e tecnici le autorità non stiano a dire che è più facile che ci piombi in testa
un meteorite che un’eruzione catastrofica, perché cala poco. Spifferino numeri e
statistiche e soprattutto quanto ci sono costati oltre 20 anni di commissioni,
sotto commissioni, e studi e incarichi per la stesura di piani d’emergenza
monchi e inconcludenti.
A
fronte di un meteorite, ci siamo stancati di dirlo, non c’è un luogo del
Pianeta esente dal rischio, perché tutta la Terra è a rischio meteorite. Non
c’è un sopra e un sotto, anche perché il nostro Pianeta non passa mai due volte
per lo stesso punto e ruota su se stesso e poi trasla ecc… Il vulcano invece,
trattandosi di un pericolo che ha delle precise referenze geografiche, consente
a chi non vuole condividere le probabilità statistiche assunte dalla politica, di spostarsi sull’antimeridiano opposto al vulcano, cioè al sicuro. Non dal meteorite però!