RISCHIO VESUVIO
C'è il
pericolo di una nuova eruzione?
Siamo preparati ad
affrontarla?
L'editoriale di MalKo...
Attenti al Vesuvio.
Non siamo pronti per
un’eruzione e fortunatamente neanche il Vesuvio lo è stato fino a oggi... Quanti lo sanno?
Nel 2011 katherine Barnes su Nature
definì il Vesuvio una bomba ad orologeria. A distanza di un paio di anni è
toccato al vulcanologo giapponese Nakada Setsuya riproporre la questione a margine di un seminario sui geoparchi nel Cilento.
Periodicamente gli organi di stampa amplificano o minimizzano il grido di
allarme degli esperti sul pericolo Vesuvio e sulla possibilità che possa
produrre improvvisamente un’eruzione esplosiva devastante. Ogni allarme è accompagnato dalla ferrea certezza che non siamo
preparati a una simile evenienza o anche che lo siamo. Affermazioni differenti che dipendono molto dalla
testata giornalistica o dal giornalista e soprattutto se il problema è affrontato da un
punto di vista scientifico o tecnico.
Dal dopoguerra a oggi, dopo l’eruzione del 1944, i paesi
vesuviani sono stati protagonisti e complici di uno scempio urbanistico senza
precedenti, regalandoci un sacco edilizio da
guinness dei primati con Portici
e San Giorgio a Cremano che vantano densità abitative da metropoli
asiatiche, con oltre 12.000 abitanti per chilometro quadrato. Altro che bomba... A voler compilare una lista delle
scelleratezze compiute in questi ultimi 70 anni di pace vulcanica, rischiamo di
mettere insieme più pagine dell’elenco telefonico.
Piuttosto è vero che siamo così impreparati a un’eruzione?
Sì! Molto di più di quanto si possa immaginare... Il Vesuvio fortunatamente è uno dei vulcani più monitorati al mondo insieme al Mauna
Kea e al monte Fuji. Il possibile risveglio di questi ultimi due è argomento
trattato di recente ma senza l’enfasi riservata al nostro Vesuvio. Forse perché questi vulcani d’0ltre oceano non hanno al loro attivo il “merito” di
aver sepolto con una sola eruzione intere città come Pompei ed Ercolano al
punto da cancellarle per secoli dalle carte geografiche.
A differenza dei terremoti le eruzioni vulcaniche potrebbero
essere prevedibili, almeno entro certi limiti (previsione corta del fenomeno), senza nessuna certezza matematica assoluta. Comunque non è possibile quantificare in anticipo l’intensità eruttiva. Se il Vesuvio dovesse eruttare, avremmo il
tempo di limitare i danni ma difficilmente di azzerarli per le incognite che caratterizzano una calca disorientata e in fuga.
Sì, ma i piani di emergenza?
Ci sono! Riguardano prevalentemente
la parte scientifica con scenari eruttivi e livelli di allerta. E’ anche
prevista l’organizzazione della catena di comando e le fasi operative. Un
contributo decisivo è stato dato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
(INGV), dal Dipartimento della Protezione Civile e dalla Regione Campania che negli ultimi anni è stata maggiormente investita dalle problematiche di quello che è un
piano nazionale, e che vede quindi nel dipartimento di Franco Gabrielli l’autorità centrale
(D.L. 225/1992) di riferimento. I comuni non hanno contribuito fino
ad oggi alla stesura del piano d’emergenza perché esula dalle loro dirette
competenze. Ai comuni toccherà invece l’arduo compito della redazione dei piani
di evacuazione, quando il comitato operativo della protezione civile avrà
finalmente varato la strategia operativa di allontanamento, che al momento è
ondivaga, e si basa su numeri e ipotesi per niente convincenti. Vedremo...
L’ex presidente del consiglio Enrico Letta ha firmato il 14 febbraio 2014 non
il nuovo piano d’emergenza nazionale Vesuvio, ma gli aggiornamenti sulle aree
da evacuare e i gemellaggi comuni - regioni per l'accoglienza delle popolazioni. Inoltre, nella direttiva in questione, si stabilisce anche la necessità di fornire, a cura del capo dipartimento, indicazioni alle strutture operative per l'aggiornamento dei rispettivi piani d'emergenza.
La popolazione vesuviana interessata dal piano Vesuvio ammonta a circa 700.000 mila persone dimoranti in 25 comuni prevalentemente del napoletano e
uno solo del salernitano (Scafati). L’evacuazione dovrà avvenire in caso di
necessità entro tre giorni (72 ore) dall'allarme.
Ultimamente la scena dell'informazione è stata occupata dalle polemiche per un ospedale chiamato
del mare progettato incredibilmente nella zona rossa, e che in caso di
necessità assorbirà soccorritori e mezzi piuttosto che erogare servizi di prima necessità. E poi è stata battuta grancassa sulla mappa che identifica la nuova zona rossa Vesuvio. Contrariamente a quanto si afferma su qualche rivista, l'informazione in questo caso è stata capillare, ma l'interesse suscitato molto basso. Probabilmente meritava tutta la pubblicità del caso la
parte assurda che è sfuggita a molti commentatori dell'attualità, consistente nella possibilità per alcuni comuni della zona rossa di
concedere licenze edilizie in barba al decreto regionale 21 del 2003 di
inedificabilità assoluta nelle aree a maggior rischio vulcanico. Decreto intanto pure “lesionato” dalla spallata (31 luglio 2014) offerta dall'approvazione in consiglio regionale Campania del maxi emendamento che riapre condoni e ristrutturazioni fortificanti con ampliamento volumetrico e
sottotetti termici finanche in zona rossa...
La pubblicità alla cartina della nuova zona rossa andava fatta
e, infatti, è stata assicurata come notizia da tutti i giornali e dal web. L'enfasi data alla novità ci è sembrata fumo negli occhi per garantire agli inadempienti del piano di evacuazione
una sorta di giustifica (alibi) per tentare di pianificare usando a
sproposito il termine aggiornamento. L’aggiornamento c’è stato ma solo della
superficie a rischio e non dei piani di evacuazione che sono tuttora inesistenti. Le prove di evacuazione andranno fatte ma
solo quando sarà stata varata una concreta strategia operativa, in modo da
offrire ai comuni maggiormente volenterosi la possibilità di produrre uno
straccio di piano da testare, da pubblicare online e poi da consegnare sotto
forma di vademecum a ogni cittadino amministrato.
A dirla tutta, la mappa contenente i percorsi
d’evacuazione dalla zona rossa andrebbe affissa nelle classi scolastiche di
ogni ordine e grado di fianco a quella obbligatoria d'istituto. Perché prima o poi un’eruzione ci sarà e dobbiamo limitare
i danni senza dar colpa a una mancata informazione. Ed ancora si faccia autocritica e si ammetta che nel
vesuviano si è un tantino distratti e indifferenti alle problematiche connesse
al rischio Vesuvio, e se le istituzioni risultano ancora inadempienti,
molta responsabilità è addossabile proprio ai cittadini, con l’unica attenuante che non hanno avuto buoni esempi da seguire, con amministrazioni locali un po' schizofreniche che non predicano neanche e razzolano invece malissimo.
Bisogna poi dire che la carta stampata a volte
allarma, celebra o edulcora, in una misura
tale da suscitare probabilmente
disorientamento, favorendo così quella disattenzione e indifferenza richiamata da Marco Cattaneo nell'editoriale della rivista Le Scienze.
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