Ercolano |
La città di Pompei rappresenta un caso interessante dal punto di vista del
rischio vulcanico, perché pur essendo la cittadina emblema della furia eruttiva
del Vesuvio, in realtà il suo territorio risulta poco coinvolgibile dai flussi
piroclastici di quella che gli esperti chiamano l’eruzione massima di
riferimento, cioè quella nell’odierno adottata per la stesura dei piani
d’emergenza. Trattasi di un evento sub pliniano dall’indice di
esplosività vulcanica VEI 4: un evento simile a quello che si
manifestò nel 1631. Sugli effetti di questo tipo di eruzione
dovrebbero forgiarsi le politiche di sicurezza delle popolazioni vesuviane.…
Per capire l’assunto, dobbiamo partire dal presupposto che il Vesuvio nella
sua ultra millenaria storia geologica annovera eruzioni a diversa intensità e
frequenza di accadimento, con fenomeni minimi che fungevano da attrattori
turistici, fino ad eventi rari ma immani come le eruzioni pliniane, che hanno
sconquassato nel 1850 a.C. i territori a nord del Vesuvio, costringendo a
precipitosa fuga gli abitanti dei villaggi dell’età del bronzo antico che hanno
lasciato nelle prime coltre di cenere le loro orme dei piedi. Nel 79 d.C.
invece, un’ulteriore esplosione pliniana colpì duramente i territori a sud del
vulcano, investendo le cittadine di Pompei, Ercolano e Oplonti che furono
completamente distrutte e sepolte.
Eruzioni tipo e indice di esplosività vulcanica (VEI) |
A optare per politiche di sicurezza areali basate sul presupposto già
accennato che la prossima eruzione sarà nella peggiore delle ipotesi di bassa -
media intensità e non quella massima conosciuta, è stato il Dipartimento
della Protezione Civile, organo decisore per il rischio Vesuvio, che ha fatto
proprie le congetture prospettate dall’Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia (INGV). D’altra parte premesso che la scelta dell’eruzione di
riferimento porta seco la perimetrazione della zona rossa, la condivisione è
stata concertata anche con la Regione Campania e poi con i comuni del
vesuviano più o meno interessati alla zonazione di pericolo.
Per meglio spiegare come si è giunti a questa decisione che contiene dal
punto di vista delle garanzie dei vulnus macroscopici, occorre
mettere in evidenza la statistica che ha presentato l’INGV, e che qui
riproponiamo riassuntivamente in tabella.
Indice probabilistico dello stile eruttivo che verrà |
La probabilità che si manifesti una certa tipologia eruttiva è presentata
su due differenti archi di tempo: nella tabella A l’intervallo comprende come
base di riferimento un periodo di quiescenza del Vesuvio di 60 anni, ma senza
un limite superiore. Nella Tabella B invece, la base di riferimento
prevede sempre un tempo di quiescenza minima di 60 anni, ma con un tetto
temporale massimo fissato a 200 anni. I risultati sono che nel caso A la
possibilità che si verifichi una pliniana è dell’11%, mentre nell’ipotesi B è
dell’1%.
La scelta proposta dal mondo scientifico è caduta sulla tabella B, anche
sulla scorta di alcune disgressioni a proposito della quantità di magma
contenuto nella camera magmatica superficiale del Vesuvio: secondo gli esperti
non c’è n’é a sufficienza per una pliniana… Secondo altri ricercatori invece,
l’eruzione di Pompei del 79 d.C. attinse magma direttamente dalla camera
magmatica più profonda. Questo significa che le eruzioni del Vesuvio possono
avvenire attraverso l’espulsione di magmi incamerati tanto superficialmente (~3 Km.) quanto nel sottosuolo a 8 – 10 km. di
profondità. In altre parole il magma non dovrebbe avere necessariamente un
comportamento da subacqueo, con obbligo di fermata sub
superficiale atta alla decompressione prima di dirompere all’aria… D’altra
parte non essendoci la possibilità di dare un valore tridimensionale alle
camere magmatiche, la stima della quantità di magma presente nel sottosuolo
vesuviano a prescindere dalla profondità è alquanto aleatoria e quindi
congetturalmente i valori non dovrebbero prestarsi a previsioni deterministiche.
Gli esperti dell’INGV hanno poi affermato che la loro indicazione
di un evento VEI4 similmente sub pliniano, come quello di riferimento per la
stesura dei piani di emergenza, rappresenta una mediazione di rischio
accettabile per le comunità locali…
In realtà non è un rischio accettabile ma un vero azzardo a cui
inconsapevolmente potrebbe essere sottoposta quella parte di popolazione
vesuviana che si ritiene al sicuro. La grande incognita è tutta racchiusa nel
dato statistico elaborato dall’INGV, secondo il quale per i prossimi 125 anni
non dovrebbe esserci un’eruzione pliniana. Ergo, solo tra 125 anni sapremo se
le congetture istituzionali si riveleranno fondate come ci auguriamo. In
assenza di eruzioni però, in ogni caso il giro di boa statistico imporrà di
prendere in considerazione anche gli eventi pliniani fin qui obliati.
Un ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano (INGV), ripeteva
che è inutile pianificare a fronte dell’eruzione massima conosciuta (pliniana),
perchè richiederebbe una pianificazione emergenziale ed evacuativa talmente
estesa da risultare praticamente inattuabile, mentre è preferibile pianificare
su eventi piccoli e medi, cioè quelli più gestibili e anche a maggiore
probabilità di accadimento. In pratica è lo stesso modus pensandi dell’ex
assessore alla protezione civile della Regione Campania, che amava ripetere che
se volessimo prendere come riferimento per i piani di emergenza i massimi
eventi conosciuti, nel caso delle alluvioni ci sarebbero grossi problemi per
tutti coloro che non si chiamano Noè… Certamente aggiungiamo noi, con le
pliniane ci sarebbe qualche problema anche per tutti coloro che non si chiamano
Efesto...
Le istituzioni pertinenti hanno quindi sposato questa filosofia operativa
sfociata poi di fatto nell’assunzione di un’eruzione di media intensità (VEI4)
come evento massimo di riferimento su cui basare i piani di emergenza.
L’eruzione massima conosciuta che è quella pliniana (VEI5), alla stregua di
quella verificatasi nel 79 d.C. è stata scartata dal calcolo delle probabilità
senza alcuna citazione per i media. Un evento quest’ultimo dieci volte superiore a una
VEI 4 e maggiore di cento volte un’eruzione VEI3. Ovviamente il fenomeno
maggiormente temibile che potrebbe svilupparsi in seno a eruzioni tanto VEI 4
quanto VEI 5 sono i flussi piroclastici.
Indice esplosività vulcanica (VEI) e fenomeni maggiormente pericolosi attesi |
I flussi o anche colate piroclastiche, sono costituiti da materiale
magmatico di svariate dimensioni, misto a gas e vapore acqueo ad
elevata temperatura, che si stacca dalla colonna eruttiva scorrendo lungo i
fianchi del vulcano per gravità, inoltrandosi poi nella plaga vesuviana per un
certo numero di chilometri dipendente dalla forza cinetica ancora posseduta
dall’ammasso surriscaldato e dagli ostacoli che si frapporrebbero durante il
travolgente cammino.
In base ai modelli utilizzati, lo spazio che si ipotizza che possano
percorrere le colate piroclastiche qualora si verifichi un'eruzione del Vesuvio
nei prossimi 125 anni, ha consentito di determinare i limiti della zona (rossa)
ad alta pericolosità vulcanica, intesa a questo punto come area invadibile
e quindi da evacuare prima dell’evento.
Nel nostro caso, premesso che l’eruzione massima di riferimento per i piani
di salvaguardia è di intensità media, cioè con indice di esplosività vulcanica
non eccedente VEI4, su input della Commissione Grandi Rischi si è utilizzato
un lavoro scientifico della ricercatrice Lucia Gurioli et
altri, che attraverso un lavoro campale ebbe a geo referenziare i limiti di
massimo scorrimento delle correnti piroclastiche ascrivibili ad eventi
VEI4. La linea nera riportata nella mappa che vi proponiamo più avanti circoscrive
la zona rossa scientifica ad alta pericolosità vulcanica, zona poi
ampliata fino ai confini della vecchia zona rossa (R1) attraverso
un’azione amministrativa evincibile nel disegno dal segmento chiuso di colore
rosso.
Ebbene, in questo perimetro (R1) vigono misure atte ad inibire la
realizzazione di manufatti ad uso residenziale (legge regionale Campania
21/2003) per non insediare altri esseri umani in un settore caratterizzato da
un rischio vulcanico di tutto rispetto assoggettabile a fenomeni assolutamente
letali. Questa legge risponde alle necessità della prevenzione delle
catastrofi, ma le incongruenze della
politica sempre a caccia di consensi, hanno ridisegnato nell’attualità una zona
rossa che non si offre pienamente a meccanismi di tutela, e pecca di nessuna
considerazione per i posteri.
Le discrasie nella zonazione della zona rossa rese operative dalle
precedenti amministrazioni dipartimentali e regionali, si notano lungo il
confine napoletano con le circoscrizioni di San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli,
e con le cittadine di Volla, Poggiomarino e Scafati,
dove a ridosso della linea nera Gurioli che impropriamente viene utilizzata
come limite di pericolo e non di deposito, è possibile edificare palazzi
addirittura con regolare licenza edilizia…
La zona R2 invece, quella asimmetrica a est (tratteggio
verde), è il settore dove a causa della massiva pioggia di cenere e lapilli, l’evacuazione
della popolazione in caso di allarme vulcanico è imprescindibile: eppure qui è
ancora possibile costruire case con licenza edilizia.
Occorre dire, a proposito della prevenzione della catastrofe vulcanica, che
nei Campi Flegrei dove è in vigore lo stato di attenzione vulcanica,
la situazione è peggiore dal punto di vista della prevenzione rispetto al
Vesuvio, perché non è stata varata alcuna norma che proibisca la costruzione di
insediamenti residenziali, come in parte è stato fatto pur con certi limiti nel
vesuviano…
E allora giocoforza e rifacendoci alle tabelle predittive dell’INGV, i
125 anni di azzardo vulcanico che caratterizzeranno la partita vitale da qui in
avanti tra uomo e natura, possono essere obtorto collo accettabili
solo se le popolazioni verranno informate dettagliatamente. Non è vero che non
c'è possibilità di difendersi da un evento pliniano che nessun scienziato al
mondo può escludere, perché domani ci si può spostare sull’antimeridiano in una
posizione diametralmente opposta al Vesuvio. E’ vero invece che a distanza di
alcuni decenni non ci sono piani di evacuazione e semmai si ultimeranno e
funzioneranno davvero grazie a una previsione utile dell’evento, ci sarà oltre
un milione di persone immobili e ignare protette solamente dalla statistica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Nel vesuviano occorrono serie politiche di prevenzione, soprattutto in
favore delle generazioni che verranno, i posteri, attraverso la riorganizzazione
dei territori che dovranno offrirsi alle politiche degli spazi migliorando le
difese passive degli edifici e ampliando in maniera debordante una viabilità
che dovrà essere capace di drenare dalla zona rossa e all'occorrenza, tutti gli
abitanti esposti alla furia del vulcano a prescindere dalla tipologia eruttiva.
Per ritornare al titolo dell’articolo, con le ipotesi introdotte dall’INGV a
proposito dell’eruzione massima attesa (VEI4), Pompei è meno esposta al
pericolo derivante dai flussi piroclastici anche grazie all’effetto barriera
garantito dall’edificato di Boscoreale. Non si può dire la stessa cosa di Portici, Ercolano e Torre
del Greco e Trecase e Boscotrecase, dove
anche in caso di evento sub pliniano, tutto il territorio pertinente può essere
interamente attraversato e distrutto dai flussi piroclastici che si spingeranno
in pochi minuti fino al mare. Con la situazione attuale degli alberi
pietrificati dagli incendi del 2017, eventuali flussi non avrebbero alcun freno, ma solo ulteriore materiale ligneo da rigettare con violenza a valle.
In altri comuni, come le tre municipalità di Napoli, Volla, Poggiomarino e
Scafati, non affannatevi a comprar casa a ridosso della linea nera Gurioli,
perché nell’attualità si è troppo vicini ai limiti di deposito dei flussi
piroclastici, e per il futuro vi ritrovereste ben all'interno del perimetro a
maggior rischio vulcanico per le eruzioni pliniane, che nessuno scienziato può cancellare dal calcolo delle
probabilità.
Certamente ci sono ottimi auspici che la futura eruzione del Vesuvio venga
colta in anticipo e in tempi utili per la salvaguardia delle popolazioni
esposte, ma non c’è certezza matematica circa la previsione dell’evento e
neanche sull’entità dello stesso. Quindi i problemi di tutela sono tuttora irrisolti...
La pianificazione delle emergenze è un elemento che richiede scelte molto
precise e coraggiose e forse impopolari: purtroppo esiste il non dichiarato
presupposto dei costi benefici mitigato dalle politiche del non allarmare; un
modus pensandi, vivendi e operandi, che caratterizza la nostra società del pensiero unico che lascia a casa, in nome dell’economia e del
consenso politico, qualche diritto fondamentale come quello di
accedere alla corretta informazione quale prodromo fondamentale di democrazia e
di libero arbitrio dei popoli nel rispetto delle regole.