Con una certa
assiduità abbiamo rimembrato in molti articoli che il Vesuvio sarà anche il più
controllato e monitorato vulcano del sistema solare, ma non per questo possiamo
sottintendere in automatico che il pericolo eruttivo sia sotto controllo.
Il monitoraggio,
pure se effettuato con tecnologia spaziale, capace di misurare anche le
impercettibili variazioni prodotte dal battito delle ali della famosa farfalla,
può solo anticipare il livello di attenzione che a questo punto, e con
la spinta sempre più ultratecnologica che ci lascia giocare d’anticipo,
l’attenzione potrebbe diventare addirittura permanente. Non è certo però, che
la scienza tecnologica associata alle conoscenze attuali, sia giunta allo
stadio della risoluzione della previsione vulcanica, che, per molte ragioni, è
intricata assai...
La pratica
della previsione del rischio vulcanico ha ampi spazi di indeterminatezza, i cui
motivi sono tutti da ricercarsi nei limiti dell’orizzonte visibile dei terreni.
Certamente il sottosuolo profondo che è anche dinamico, può essere sondato
attraverso sistemi indiretti di esplorazione, ma con una forte interpolazione sui dati che non raggiungono definizioni tridimensionali e quindi non soddisfano in pieno i requisiti di attendibilità per una garanzia previsionale.
Gli stessi 4
livelli di allerta vulcanica riportati nella tabella sottostante, sono una indicazione
di massima di uno stato crescente d'inquietudine dell'apparato che si avvicina progressivamente all'eruzione. Purtroppo, tutte le energie e soprattutto quella vulcanica, hanno una loro progressione che solo il caso potrebbe rendere uniformemente accelerata.
Livelli di allerta vulcanica |
Occorre dire che sull’argomento previsione è sempre filtrata da alcuni ambienti vicini al
mondo scientifico e istituzionale, la notizia che le eruzioni sono prevedibili con
largo anticipo: addirittura mesi prima… Questo ha consentito a non pochi
amministratori di obliare completamente le pratiche di prevenzione del
rischio vulcanico, cavalcando la notizia che la salvezza delle
popolazioni esposte al pericolo è certamente assicurata dalla previsione dell’evento, mesi o comunque almeno alcune settimane prima che il fenomeno si manifesti.
Non vogliamo
né dissentire e né confermare questa interpretazione che rimane una speranza collettiva, però occorre rimanere sul dato reale
che è quello dell’indeterminatezza della previsione vulcanica, tanto nel lungo
che nel medio e nel breve termine. L'indeterminatezza potrebbe comportare falsi allarmi ma anche ritardati o mancati allarmi.
A questo
punto è interessante verificare quello che scrive il competente Dipartimento
della Protezione Civile:
Tra
i rischi di protezione civile, quello vulcanico viene spesso considerato un
rischio “prevedibile” perché si ritiene possano essere riconosciuti e misurati
i fenomeni che pre-annunciano la risalita del magma verso la superficie, per
questo detti “precursori” (terremoti, fratturazioni del terreno, deformazioni
dell’edificio vulcanico, variazioni nell’emissione dei gas e delle temperature
dei fluidi, ecc.). Si tratta però di una semplificazione che non tiene conto
della complessità e dell’estrema variabilità delle fenomenologie vulcaniche e
della difficoltà a valutarle e interpretarle…
…Tuttavia,
anche se questi fenomeni vengono studiati e monitorati puntualmente, non è
possibile prevedere con certezza, anche per le peculiarità che caratterizzano
ogni vulcano, quando e come potrà avvenire un’eruzione vulcanica. Allo stato
attuale delle conoscenze, non è infatti ipotizzabile alcuna forma di previsione
deterministica.
Ovviamente
questo limite predittivo soprattutto per una certa fascia di vulcani è di ordine mondiale e non nazionale, atteso che in questo come in altri campi, l'Italia vanta grandi competenze scientifiche.
Il limite previsionale influenza quindi anche i livelli di allerta vulcanica che trovano un loro posizionamento all'interno di un quadro più generale di incertezza legata alle dinamiche del sottosuolo con le sue innumerervoli variabili.
Vediamo come il Dipartimento della Protezione Civile affronta il discorso livelli di allerta:
Il limite previsionale influenza quindi anche i livelli di allerta vulcanica che trovano un loro posizionamento all'interno di un quadro più generale di incertezza legata alle dinamiche del sottosuolo con le sue innumerervoli variabili.
Vediamo come il Dipartimento della Protezione Civile affronta il discorso livelli di allerta:
I livelli di allerta sono dichiarati dal Dipartimento della
protezione civile, in stretto raccordo con le rispettive strutture di
protezione civile regionali, sentito il parere, se i tempi e le modalità di
evoluzione delle fenomenologie vulcaniche lo consentono, della Commissione
Grandi Rischi - Settore Rischio Vulcanico. La valutazione si basa sulle
segnalazioni delle fenomenologie e sulle valutazioni di pericolosità rese
disponibili dall’Ingv-Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e dagli
altri Centri di Competenza, con particolare riguardo, per i vulcani siciliani,
al Dipartimento di scienze della terra dell’Università di Firenze.
Per ogni vulcano, il passaggio da un livello di allerta al
successivo può avvenire in anticipo rispetto al verificarsi delle
fenomenologie, se le informazioni fornite dai Centri di Competenza lo
consentono. In caso contrario, il passaggio può essere decretato a fenomeno
osservato, quindi avvenuto o in corso. A questo proposito è utile sottolineare
che il passaggio di livello di allerta può non avvenire necessariamente in modo
sequenziale o graduale, essendo sempre possibili variazioni repentine o
improvvise dell’attività dei vulcani, anche del tutto impreviste.
tipo di eruzione e corrispondente VEI |
Anche
in questo caso facendo la somma delle indeterminatezze, arriviamo alle
perplessità legate alla scelta dell’eruzione di piano, cioè la tipologia
eruttiva adottata per definire la zona rossa VEI4. Sempre il Dipartimento
scrive:
...Le aree a rischio previste per un’eruzione sub-pliniana, assunta
come scenario di riferimento per il nuovo Piano Vesuvio, coprono anche quelle
previste per un’eruzione stromboliana, di minore energia.
Tuttavia, si sottolinea che nonostante sia stato individuato come
evento di riferimento un’eruzione sub-pliniana, allo stato attuale delle
conoscenze, qualora si presentassero fenomeni legati ad una probabile
riattivazione, non sarebbe possibile stabilire dall’analisi dei precursori di
quale tipo sarà l’eventuale eruzione.
A
fronte di questa situazione che è lo specchio di un’attualità scientifica che
tenta attraverso la strada della ricerca di dare risposte tanto per i vulcani quanto per i
terremoti, sussiste nell'attualità uno stato di incertezza, magari anche minima, che comunque
non garantisce in senso deterministico che il pericolo Vesuvio sia monitorabile
in tutte le sue fasi d’insorgenza energetica.
La
situazione è un pò più critica per i Campi Flegrei, dove alle difficoltà di
previsione anche sul breve del fenomeno eruttivo, si aggiungerebbe l’indeterminatezza
del punto dove potrebbe svilupparsi l’eruzione, che potrebbe essere più di uno e
in un qualsiasi luogo all’interno della caldera, anche se occorre aggiungere che il maggior
sollevamento del suolo (bradisismo) lo si riscontra nel sottosuolo puteolano che si affaccia al mare.
Se
da un lato è stata adottata come chiave temporale per un’eruzione pliniana un
arco di tempo minimo di 100 anni e massimo di 1000, nel flegreo l’ultima
eruzione avvenne circa 500 anni fa: a questo punto quei territori dovrebbero presentare
un gap pliniano medio per la posizione mediana che occupa il periodo di quiescenza all’interno della
scala che abbiamo menzionato. Le autorità stimano al 4% tale eventualità eruttiva...
Nel
discorso complessivo possono esserci d’aiuto i discorsi e le circostanze legate
al terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009. In quell’occasione la commissione
grandi rischi che poi in giudizio non fu considerata tale, asserì una settimana
prima del forte terremoto, che le scosse sismiche che si protraevano da mesi
non era certo che costituissero un campanello d’allarme predittivo per un evento più intenso. Purtroppo 309
morti e 1.600 feriti testimoniarono il contrario…
In
quell’occasione il Sindaco Cialente per il perdurare della fenomenologia
sismica, fu fortemente provato ancorchè pressato dalle domande dei cittadini
che chiedevano se c’era pericolo a rimanere nelle case. Il Sindaco ovviamente non
sapeva cosa rispondere… Nell'area vesuviana o flegrea se venissero percepiti gli eventi sismici incalzanti, verrebbe chiesto ai Sindaci se c'è pericolo a permanere nella zona rossa. Non a caso abbiamo parlato di terremoti perchè nella relazione Barberi del 1990 i sismi e la localizzazione degli ipocentri, pare che siano la discriminante per tentare una previsione sul medio breve termine dell'eruzione.
Teoricamente i sindaci non dovrebbero assumere alcuna iniziativa in questa pianificazione nazionale a proposito dell’evacuazione della zona rossa, che dovrebbe essere una decisione spettante alla Presidenza del Consiglio: ma se la situazione contingente legata al rischio, che è un fattore molto complesso, dovesse suggerire una tale determinazione prudenziale, il Sindaco potrebbe decidere da solo? Il problema è che se l'evacuazione la decide la Presidenza del Consiglio sono previsti per le famiglie che si allontanano dei contributi di autonoma sistemazione (CAS). Diversamente, in assenza di uno stato di preallarme, l'evacuazione diventerebbe spontanea ma fuori dal contesto operativo: quindi, teoricamente nessuno potrebbe vietare l'allontanamento ma nessun cittadino potrebbe chiedere l'aiuto economico.
Sarebbe da discuterne, perchè così come successe a Cialente, nel caso in cui il preallarme dovesse cogliersi grazie alla percezione dei sensi, magari in un contesto temporale esiguo per attendere le decisioni della Commissione Grandi Rischi, il Sindaco avrebbe margini di autonomia decisionale?
Teoricamente i sindaci non dovrebbero assumere alcuna iniziativa in questa pianificazione nazionale a proposito dell’evacuazione della zona rossa, che dovrebbe essere una decisione spettante alla Presidenza del Consiglio: ma se la situazione contingente legata al rischio, che è un fattore molto complesso, dovesse suggerire una tale determinazione prudenziale, il Sindaco potrebbe decidere da solo? Il problema è che se l'evacuazione la decide la Presidenza del Consiglio sono previsti per le famiglie che si allontanano dei contributi di autonoma sistemazione (CAS). Diversamente, in assenza di uno stato di preallarme, l'evacuazione diventerebbe spontanea ma fuori dal contesto operativo: quindi, teoricamente nessuno potrebbe vietare l'allontanamento ma nessun cittadino potrebbe chiedere l'aiuto economico.
Sarebbe da discuterne, perchè così come successe a Cialente, nel caso in cui il preallarme dovesse cogliersi grazie alla percezione dei sensi, magari in un contesto temporale esiguo per attendere le decisioni della Commissione Grandi Rischi, il Sindaco avrebbe margini di autonomia decisionale?