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giovedì 22 febbraio 2018

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: il rischio vulcanico... di MalKo





Il rischio vulcanico è la possibilità potenziale in un arco di tempo probabilistico ma non deterministico, che possa manifestarsi un’eruzione capace di dare origine a fenomeni magari molto energetici e violenti e incontenibili che possano in una certa misura investire e danneggiare i valori esposti all’eruzione. Questi ultimi sono innanzitutto rappresentati dalla vita umana e poi da tutti i beni materiali che si trovano nel raggio d’azione del vulcano. Tale tipologia di rischio non esclude possibili ripercussioni anche sull’ambiente e sul clima.

Il rischio vulcanico dipende dall’ubicazione geografica del vulcano e dal tipo di eruzione da attendersi e che generalmente è possibile stimare analizzando la storia geologica dell’apparato in questione. Alcuni vulcani si caratterizzano per un'attività prevalentemente effusiva. Altri ancora potrebbero rompere la quiescenza con uno stile esplosivo, così come in altri casi l'attività vulcanica potrebbe avere un indirizzo intermedio tra l'effusivo e l'esplosivo (misto). I più pericolosi probabilmente sono quelli che nella loro storia eruttiva hanno prodotto imprevedibilmente tutti i tipi di eruzione, rimanendo così intatta la necessità della doppia previsione, cioè quando accadrà l’evento e con quale energia.

Le fenomenologie vulcaniche generalmente hanno una virulenza legata all’intensità eruttiva (VEI), con fenomeni energetici che si manifesterebbero con una diversa velocità di propagazione, e che andrebbero ad investire un territorio tecnicamente indicato come zona rossa.

Una lava ad esempio, pur essendo sostanzialmente inarrestabile, è poco pericolosa per la vita umana perché ha un incedere molto lento. I roventi flussi piroclastici invece, hanno una tale velocità di propagazione da essere annoverati tra i fenomeni vulcanici quelli più pericolosi in assoluto.

Nel concetto di rischio vulcanico ci sembra che ad occupare un posto di assoluta rilevanza sia la città di Napoli. Infatti, non ce ne sono moltissime di metropoli nel mondo, dove prendendo la classica ferrovia metropolitana si può passare da un distretto vulcanico all’altro, ovvero da una zona rossa come quella del super vulcano dei Campi Flegrei a un’altra famosissima zona rossa, non meno importante e pericolosa come quella che caratterizza il comprensorio dominato dal mitico Vesuvio. Da vulcano a super vulcano insomma, e viceversa…

La metro di Napoli per assicurare questo collegamento dal flegreo al vesuviano, attraversa in trentacinque minuti una tratta che si snoda in superficie e nel sottosuolo, in un territorio nelle cui profondità chilometriche si estende una unica ed enorme camera magmatica

Il metrò passa in gallerie o trincee che costeggiano estesi banchi di tufo giallo che rappresentano l’ossatura del sottosuolo napoletano prevalentemente di origine vulcanica. Un prodotto lapideo il tufo, generato circa 15.000 anni fa dall’attività esplosiva dei Campi Flegrei, che emisero colate piroclastiche trasformatesi in depositi sciolti poi diagenizzati, che hanno favorito col tempo la litificazione dei materiali. Questi prodotti litoidi sono stati carpiti a piene mani in tutte le epoche storiche per fini edilizi, così come i banchi di tufo sono stati spesso sottoposti a perforazioni ed estrazioni per realizzare cisterne e acquedotti.

Napoli: sottosuolo. Cavità tufacea adibita a cisterna. Si noti l'intonaco di base impermeabilizzante
Nel tufo giallo sferraglia quindi la metropolitana di Napoli, fino a raggiungere il grigio scuro dei lapilli e del basalto vesuviano: un percorso tutto vulcanico al modico prezzo di 1,30 euro… Il metrò comprende nella sua corsa anche una fermata a ridosso di via Diocleziano dove ha sede l’Osservatorio Vesuviano. Per ubicazione quindi, In caso di allarme vulcanico anche i vulcanologi e i tecnici dell’INGV dovranno lasciare la zona rossa flegrea per riparare altrove.
Boscotrecase - Blu Marlin - una colata basaltica  penetrò in questo casolare poi restaurato
Non si capisce la filosofia se non la strategia utilizzata per posizionare la struttura scientifica di sorveglianza (Osservatorio Vesuviano), in piena zona rossa flegrea. Intanto e alla stregua, ad est di Napoli nel vesuviano, si è realizzato l’Ospedale del Mare. Trattasi del più importante nosocomio del sud Italia che dovrà essere anch’esso evacuato qualora dovessero presentarsi le condizioni di preallarme vulcanico. In tal caso costituendo zavorra operativa piuttosto che risorsa strategica in frangenti emergenziali.

Non si capisce neanche a quale genere di prevenzione appartenga la preveggenza politica e scientifica appena descritta, che già negli anni ’80 e in seguito ai fenomeni bradisismici, favorì lo spostamento di parte della popolazione da Pozzuoli a… Monteruscello, cioè dalla zona centrale dell’abitato a quella periferica: in altre parole da zona rossa a zona rossa.

I Campi Flegrei dal 2012, stanno attraversando un periodo di irrequietezza che ha fatto innalzare il livello di allerta vulcanica da base ad attenzione. D’altra parte trattandosi di una zona dove permane una quiescenza quantificabile in circa mezzo millennio, non si può escludere una certa ricarica del sistema magmatico utile per qualsiasi colpo eruttivo. La blanda eruzione del Monte Nuovo nel 1538, avvenne dopo una quiescenza di 3000 anni. Un evento che forse difficilmente avrà riportato le condizioni di volumi e pressioni nella camera magmatica ai valori preesistenti tre millenni prima. La logica porterebbe quindi a ritenere l’evento del 1538 come un episodio di cedevolezza puntiforme rispetto a un bacino magmatico forse molto più esteso e sanguigno.

Nel flegreo intanto si registra una moderata fenomenologia di innalzamento dei suoli (bradisismo), dovuta forse agli effetti del calore sugli acquiferi dettati da intrusioni magmatiche insinuatesi fino a tre chilometri dalla superficie. In un trattato degli anni '60, alcuni scienziati già sancirono che nei Campi Flegrei c'era stata una corposa intrusione dalla notevole incidenza verticale...

A ridosso del vulcano Solfatara in località Pisciarelli, sono intanto aumentate pure le emanazioni gassose di anidride carbonica che hanno raggiunto la cifra record di 3000 tonnellate al giorno. Anche la temperatura delle fumarole ha toccato picchi massimi di tutto rilievo. E poi una certa attività sismica a tutt’oggi persiste anche a livello di sciami, con  la popolazione che non sempre avverte i moderati sussulti. 

Una caldera quella flegrea, così estesa da determinare una serie di problemi in ordine sia alla previsione utile del fenomeno eruttivo, sia alla bocca eruttiva che potrebbe non essere l’unica ad attivarsi nel recinto calderico.

Recentemente il mondo scientifico è diventato prudente a proposito della certezza del preavviso eruttivo, tant’è che l’ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano il Dott. Giuseppe De Natale, ha sottolineato che gestire un’emergenza nel flegreo è problematico, perché gli aspetti geologici da valutare sono tanti e particolarmente complessi al punto da poter richiedere tempi di responso sul pericolo, superiori alle necessità operative di tutela delle popolazioni. Nulla da obiettare...

Dall'altro lato invece, il Vesuvio pare sonnecchi con una certa tranquillità: l’allarme più rilevante si ebbe il 9 ottobre del 1999, per una scossa di terremoto con una magnitudo 3,6 (Md), localizzata nell’area craterica del Vesuvio a 3,8 chilometri di profondità.

L’evento fu chiaramente avvertito dalla popolazione vesuviana che rimase sgomenta, non solo per la diretta percezione dei sussulti, ma soprattutto perché l’energia proveniva dal ventre del temuto monte. L'11 ottobre alle 4.35 ci fu una replica sismica da M 2.9 della scala Richter...

In seguito a questa spallata sismica, non furono poche le persone che si allontanarono prudenzialmente dall’area vesuviana. In quel periodo ricordiamo che ci fu una diatriba scientifica fra l’ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano Giuseppe Luongo e la direttrice Lucia Civetta. Il primo ribadiva la necessità di dichiarare lo stato di attenzione vulcanica. La seconda tirava ad aspettare per decidere... Si finì a querele presso la procura della repubblica di Torre Annunziata. Trattandosi dell’evento sismico più potente dal 1944, qualche precauzione era forse più che giustificabile. La faccenda alla fine ebbe un risvolto salomonico: de facto si passò allo stato di attenzione vulcanica, ma senza dichiararla…

I recenti comunicati rilasciati dal dipartimento della protezione civile hanno fatto sapere molto garbatamente che per ogni vulcano il passaggio di livello di allerta può non avvenire necessariamente in modo sequenziale o graduale, essendo sempre possibili variazioni repentine o improvvise dell’attività, anche del tutto impreviste. 

Certamente in una condizione sociale dove persistono problematiche di ogni tipo, il rischio vulcanico a torto o a ragione in assenza di segnali percepibili di allarme non rientra nelle immediate attenzioni della popolazione esposta: figuriamoci nelle altre frange ubicate altrove. Ce ne rendiamo perfettamente conto...

Mentre possiamo trovare soluzioni alle nostre necessità giornaliere, il rischio vulcanico intanto non declasserà mai, se non in tempi geologici ma non per scomparire ma per ripresentarsi altrove. Come sapete, nonostante per il futuro si faranno passi in avanti nelle tecniche di previsione dell’evento eruttivo, bisogna cogliere il dato che la natura non ha pietà per alcuno, perchè non deve averne, e i suoi meccanismi energetici sono una incessante macchina da riciclo per garantire ovunque e comunque la vita sul Pianeta. C'è da chiedersi: per l'uomo o senza l'uomo?

L’inestricabile connubio tra uomo e vulcano nel napoletano, ha assunto valori di ineluttabilità e senza farci tante illusioni, piani di prevenzione non ce ne sono, ma in ogni caso difficilmente si riuscirebbero ad attuare, perché la percezione ingannevole non lascia intravedere e soppesare la reale pericolosità di vivere a ridosso di vulcani esplosivi.

L’unico strumento che oggi abbiamo per difenderci dalle eruzioni, è un ragionato piano di evacuazione. Un piano che serve ad azzerare il valore esposto prima che il fuoco magmatico irrompa in superficie. Forse con qualche legge che inibisca l’incremento abitativo in zona rossa insieme al varo e alla costruzione di qualche carreggiata dedicata all’evacuazione, si potrebbe tentare di migliorare all'occorrenza la gestione della fuga dal vulcano. Purtroppo cattura più attenzione il dibattito sul condono edilizio.

Uno dei principali temi su cui dover riflettere, è che l’intera organizzazione dell’evacuazione si basa su un semplice quanto enigmatico presupposto tutto sbilanciato sulla previsione della previsione dell’evento eruttivo…cioè della serie prevediamo di prevedere l'eruzione un certo tempo prima. Statisticamente non è confortante...

La situazione più drammatica che potrebbe prefigurarsi un domani? Il varo dello stato di attenzione anche per il Vesuvio: per Napoli sarebbe un thriller alla Hitchcock.




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