Il
rischio vulcanico è la possibilità
potenziale in un arco di tempo probabilistico ma non deterministico, che possa manifestarsi
un’eruzione capace di dare origine a fenomeni magari molto energetici e violenti
e incontenibili che possano in una certa misura investire e danneggiare i valori esposti all’eruzione. Questi ultimi
sono innanzitutto rappresentati dalla vita
umana e poi da tutti i beni materiali che si trovano nel raggio d’azione
del vulcano. Tale tipologia di rischio non esclude possibili ripercussioni
anche sull’ambiente e sul clima.
Il
rischio vulcanico dipende dall’ubicazione
geografica del vulcano e dal tipo di eruzione da attendersi e che generalmente è
possibile stimare analizzando la storia geologica dell’apparato in questione. Alcuni
vulcani si caratterizzano per un'attività prevalentemente effusiva. Altri ancora potrebbero rompere la quiescenza con uno
stile esplosivo, così come in altri
casi l'attività vulcanica potrebbe avere un indirizzo intermedio tra l'effusivo
e l'esplosivo (misto). I più
pericolosi probabilmente sono quelli che nella loro storia eruttiva hanno
prodotto imprevedibilmente tutti i tipi di eruzione, rimanendo così intatta la necessità
della doppia previsione, cioè quando accadrà l’evento e con quale energia.
Le
fenomenologie vulcaniche generalmente hanno una virulenza legata all’intensità
eruttiva (VEI), con fenomeni
energetici che si manifesterebbero con una diversa velocità di propagazione, e che andrebbero ad investire un
territorio tecnicamente indicato come zona rossa.
Una
lava ad esempio, pur essendo
sostanzialmente inarrestabile, è poco pericolosa per la vita umana perché ha un
incedere molto lento. I roventi flussi
piroclastici invece, hanno una tale velocità di propagazione da essere
annoverati tra i fenomeni vulcanici quelli più pericolosi in assoluto.
Nel
concetto di rischio vulcanico ci sembra che ad occupare un posto di assoluta
rilevanza sia la città di Napoli.
Infatti, non ce ne sono moltissime di metropoli nel mondo, dove prendendo la classica
ferrovia metropolitana si può passare da un distretto vulcanico all’altro,
ovvero da una zona rossa come quella del super vulcano dei Campi Flegrei a un’altra famosissima zona rossa, non meno
importante e pericolosa come quella che caratterizza il comprensorio dominato dal
mitico Vesuvio. Da vulcano a super
vulcano insomma, e viceversa…
La
metro di Napoli per assicurare questo collegamento dal flegreo al vesuviano,
attraversa in trentacinque minuti una tratta che si snoda in superficie e nel
sottosuolo, in un territorio nelle cui profondità chilometriche si estende una
unica ed enorme camera magmatica…
Il
metrò passa in gallerie o trincee che costeggiano estesi banchi di tufo giallo che rappresentano
l’ossatura del sottosuolo napoletano prevalentemente di origine vulcanica. Un
prodotto lapideo il tufo, generato circa 15.000 anni fa dall’attività esplosiva
dei Campi Flegrei, che emisero colate piroclastiche trasformatesi in depositi
sciolti poi diagenizzati, che hanno favorito col tempo la litificazione dei
materiali. Questi prodotti litoidi sono stati carpiti a piene mani in tutte le
epoche storiche per fini edilizi, così come i banchi di tufo sono stati spesso sottoposti
a perforazioni ed estrazioni per realizzare cisterne e acquedotti.
Napoli: sottosuolo. Cavità tufacea adibita a cisterna. Si noti l'intonaco di base impermeabilizzante |
Nel
tufo giallo sferraglia quindi la metropolitana di Napoli, fino a raggiungere il
grigio scuro dei lapilli e del basalto vesuviano: un percorso tutto vulcanico
al modico prezzo di 1,30 euro… Il metrò comprende nella sua corsa anche una
fermata a ridosso di via Diocleziano dove ha sede l’Osservatorio Vesuviano. Per
ubicazione quindi, In caso di allarme vulcanico anche i vulcanologi e i tecnici
dell’INGV dovranno lasciare la zona rossa flegrea per riparare altrove.
Boscotrecase - Blu Marlin - una colata basaltica penetrò in questo casolare poi restaurato |
Non
si capisce la filosofia se non la strategia utilizzata per posizionare la
struttura scientifica di sorveglianza (Osservatorio Vesuviano), in piena zona
rossa flegrea. Intanto e alla stregua, ad est di Napoli nel vesuviano, si è
realizzato l’Ospedale del Mare. Trattasi del più importante nosocomio del sud
Italia che dovrà essere anch’esso evacuato qualora dovessero presentarsi le
condizioni di preallarme vulcanico. In tal caso costituendo zavorra operativa
piuttosto che risorsa strategica in frangenti emergenziali.
Non
si capisce neanche a quale genere di prevenzione appartenga la preveggenza
politica e scientifica appena descritta, che già negli anni ’80 e in seguito ai
fenomeni bradisismici, favorì lo spostamento di parte della popolazione da Pozzuoli a… Monteruscello, cioè dalla zona centrale dell’abitato a quella
periferica: in altre parole da zona rossa a zona rossa.
I
Campi Flegrei dal 2012, stanno attraversando un periodo di irrequietezza che ha fatto innalzare il
livello di allerta vulcanica da base ad attenzione. D’altra parte trattandosi
di una zona dove permane una quiescenza quantificabile in circa mezzo
millennio, non si può escludere una certa ricarica del sistema magmatico utile
per qualsiasi colpo eruttivo. La
blanda eruzione del Monte Nuovo nel
1538, avvenne dopo una quiescenza di 3000 anni. Un evento che forse difficilmente
avrà riportato le condizioni di volumi e pressioni nella camera magmatica ai
valori preesistenti tre millenni prima. La logica porterebbe quindi a ritenere
l’evento del 1538 come un episodio di cedevolezza puntiforme rispetto a un
bacino magmatico forse molto più esteso e sanguigno.
Nel
flegreo intanto si registra una moderata fenomenologia di innalzamento dei
suoli (bradisismo), dovuta forse agli effetti del calore sugli acquiferi
dettati da intrusioni magmatiche insinuatesi fino a tre chilometri dalla
superficie. In un trattato degli anni '60, alcuni scienziati già sancirono che
nei Campi Flegrei c'era stata una corposa intrusione dalla notevole incidenza
verticale...
A
ridosso del vulcano Solfatara in località Pisciarelli, sono intanto aumentate pure
le emanazioni gassose di anidride carbonica che hanno raggiunto la
cifra record di 3000 tonnellate al giorno. Anche la temperatura delle fumarole
ha toccato picchi massimi di tutto rilievo. E poi una certa attività sismica a
tutt’oggi persiste anche a livello di sciami, con la popolazione che
non sempre avverte i moderati sussulti.
Una
caldera quella flegrea, così estesa da determinare una serie di problemi in
ordine sia alla previsione utile del fenomeno eruttivo, sia alla bocca
eruttiva che potrebbe non essere l’unica ad attivarsi nel recinto calderico.
Recentemente
il mondo scientifico è diventato prudente a proposito della certezza del
preavviso eruttivo, tant’è che l’ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano il
Dott. Giuseppe De Natale, ha
sottolineato che gestire un’emergenza nel flegreo è problematico, perché gli
aspetti geologici da valutare sono tanti e particolarmente complessi al punto
da poter richiedere tempi di responso sul pericolo, superiori alle necessità
operative di tutela delle popolazioni. Nulla da obiettare...
Dall'altro
lato invece, il Vesuvio pare sonnecchi
con una certa tranquillità: l’allarme più rilevante si ebbe il 9 ottobre del 1999,
per una scossa di terremoto con una magnitudo 3,6 (Md), localizzata nell’area
craterica del Vesuvio a 3,8 chilometri di profondità.
L’evento
fu chiaramente avvertito dalla popolazione vesuviana che rimase sgomenta, non
solo per la diretta percezione dei sussulti, ma soprattutto perché
l’energia proveniva dal ventre del temuto monte. L'11 ottobre alle 4.35 ci fu
una replica sismica da M 2.9 della scala Richter...
In
seguito a questa spallata sismica, non furono poche le persone che si
allontanarono prudenzialmente dall’area vesuviana. In quel periodo ricordiamo
che ci fu una diatriba scientifica fra l’ex direttore dell’Osservatorio
Vesuviano Giuseppe Luongo e la
direttrice Lucia Civetta. Il primo
ribadiva la necessità di dichiarare lo stato di attenzione vulcanica. La
seconda tirava ad aspettare per decidere... Si finì a querele presso la procura
della repubblica di Torre Annunziata. Trattandosi dell’evento sismico più
potente dal 1944, qualche precauzione era forse più che giustificabile. La faccenda
alla fine ebbe un risvolto salomonico: de facto si passò allo stato di
attenzione vulcanica, ma senza dichiararla…
I
recenti comunicati rilasciati dal dipartimento della protezione civile hanno
fatto sapere molto garbatamente che per ogni vulcano il passaggio di livello di
allerta può non avvenire necessariamente in modo sequenziale o graduale,
essendo sempre possibili variazioni repentine o improvvise dell’attività, anche
del tutto impreviste.
Certamente
in una condizione sociale dove persistono problematiche di ogni tipo, il
rischio vulcanico a torto o a ragione in assenza di segnali percepibili di
allarme non rientra nelle immediate attenzioni della popolazione esposta:
figuriamoci nelle altre frange ubicate altrove. Ce ne rendiamo perfettamente conto...
Mentre
possiamo trovare soluzioni alle nostre necessità giornaliere, il rischio
vulcanico intanto non declasserà mai, se non in tempi geologici ma non per
scomparire ma per ripresentarsi altrove. Come sapete, nonostante per il futuro
si faranno passi in avanti nelle tecniche di previsione dell’evento eruttivo, bisogna
cogliere il dato che la natura non ha pietà per alcuno, perchè non deve averne,
e i suoi meccanismi energetici sono una incessante macchina da riciclo per
garantire ovunque e comunque la vita sul Pianeta. C'è da chiedersi: per l'uomo o senza l'uomo?
L’inestricabile
connubio tra uomo e vulcano nel napoletano, ha assunto valori di ineluttabilità
e senza farci tante illusioni, piani di prevenzione non ce ne sono, ma in ogni caso difficilmente si riuscirebbero ad attuare, perché la percezione ingannevole non lascia
intravedere e soppesare la reale pericolosità di vivere a ridosso di vulcani
esplosivi.
L’unico
strumento che oggi abbiamo per difenderci dalle eruzioni, è un ragionato piano di evacuazione. Un piano che
serve ad azzerare il valore esposto prima che il fuoco magmatico irrompa in
superficie. Forse con qualche legge che inibisca l’incremento abitativo in zona
rossa insieme al varo e alla costruzione di qualche carreggiata dedicata all’evacuazione,
si potrebbe tentare di migliorare all'occorrenza la gestione della fuga dal vulcano.
Purtroppo cattura più attenzione il dibattito sul condono edilizio.
Uno
dei principali temi su cui dover riflettere, è che l’intera organizzazione dell’evacuazione
si basa su un semplice quanto enigmatico presupposto tutto sbilanciato sulla previsione
della previsione dell’evento eruttivo…cioè
della serie prevediamo di prevedere l'eruzione un certo tempo prima. Statisticamente non è confortante...
La
situazione più drammatica che potrebbe prefigurarsi un domani? Il varo dello stato
di attenzione anche per il Vesuvio: per Napoli sarebbe un thriller alla Hitchcock.
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