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lunedì 9 ottobre 2017

Rischio Vesuvio: zona rossa,abusi edilizi e il ddl Falanga... di MalKo





Napoli e il Vesuvio

Il fenomeno dell’abusivismo edilizio è sufficientemente esteso al punto da dare ad ogni cittadino che si propone di leggere minimamente il paesaggio che lo circonda, contezza diretta del fenomeno di fagocitazione del territorio da cemento residenziale.

In Campania il dato complessivo è numericamente impressionante, al punto da far profferire al governatore De Luca che non esistono cave a sufficienza per ospitare eventualmente i calcinacci delle demolizioni. Questa dismisura introduce alla riflessione che non ci sono stati neanche occhi a sufficienza per vedere e bloccare sul nascere la costruzione di migliaia di palazzi fuorilegge…

Nel vesuviano il fenomeno è talmente dilagante che in qualche paese la quantità di fabbricati abusivi sembra equivalere per numero i palazzi edificati con licenza edilizia. D’altro canto nella zona rossa Vesuvio classificata R1, vige la legge regionale 21/2003 che vieta la realizzazione di qualsiasi manufatto cementizio ad uso residenziale: misura assolutamente necessaria (come vedremo), per non aumentare il numero di abitanti nella plaga classificata a rischio eruttivo. Una sentenza del tribunale di Ottaviano non accordò a un ricorrente il diritto a edificare nonostante questi avesse una regolare licenza edilizia rilasciata antecedentemente al 2003. La motivazione fu chiara: in presenza di un rischio acclarato dalla scienza e dallo Stato non si può vantare alcun diritto retroattivo. Figuriamoci post 2003...

Il problema dei problemi in questo campo consiste proprio nell’ingente numero di abusi edilizi che costellano anche l’area vesuviana, con il dato tutt’altro marginale che le famiglie che si correlano ad ogni costruzione abusiva, alla fine costituiscono voti in abbondanza per garantire un grande risultato elettorale ai politici che reclamano una sanatoria premendo sulle direzioni partitiche e sui colleghi recalcitranti da indottrinare e convertire alla realpolitik: voto non olet!

Nessun sindaco oggi è nella condizione di abbattere “impunemente” un fabbricato abusivo a meno che l’immobile non appartenga a famiglie imbelli o l'opera cementizia fuorilegge è talmente appariscente o realizzata in un luogo veramente inaccettabile, che a lasciarla lì sarebbe controproducente per l'immagine di molti con sindaco in testa. Invero lo schiaffo è anche alla legalità che viene obliata sotto gli occhi delle letargiche autorità di polizia che non vedono neanche che sul Monte Somma incomincia a intravedersi a chilometri di distanza, qua e là qualche sbuffo di cemento che traspare tra la vegetazione in quota…

Sull’argomento abusivismo si registrano non pochi malumori, perché il decreto proposto dal senatore avv. Ciro Falanga, parlamentare che affonda il suo bacino di preferenze presumibilmente nel comprensorio torrese ubicato totalmente in zona rossa Vesuvio, prevede un certo indice di priorità degli abbattimenti delle costruzioni abusive, secondo logiche giuridiche  inveroconde che risparmierebbero alla fine i cosiddetti abusi di necessità.

In questo disegno di legge fortemente rimaneggiato dalle varie commissioni parlamentari perché improponibile nella sua stesura originale, è prevista la movimentazione delle poche ruspe che si riusciranno a finanziare, innanzitutto contro gli immobili di rilevante impatto ambientale o comunque costruiti su area demaniale o in zona soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico o a vincolo sismico o a vincolo idrogeologico o a vincolo archeologico o storico-artistico.

L’attenzione dei cingolati passerebbe poi agli immobili che per qualunque motivo costituiscono un pericolo per la pubblica e privata incolumità, con scelte prioritarie da concordare con le autorità amministrative preposte.

Il testo del disegno di legge si concentrerebbe alfine sugli immobili che sono nella disponibilità di soggetti condannati per i reati di associazione mafiosa o associazione criminale o di soggetti ai quali sono state applicate misure gravi di prevenzione personali, patrimoniali e amministrative.

Nell'ambito di ciascuna tipologia, pur tenendo conto delle caratteristiche territoriali dove sorge l’abuso, alcuni criteri decisionali dovranno privilegiare gli abbattimenti di immobili in corso di costruzione o comunque non ultimati alla data della sentenza di condanna di primo grado e agli immobili non stabilmente abitati. In altre parole, se l’abuso edilizio riguarda una magione ordinariamente occupata bisogna andarci coi piedi di piombo…

La notizia che rimbalza nelle cronache, è che la discussione alla camera del decreto Falanga è rimandata di due settimane. Il testo infatti, che si prefigurava inizialmente come un cinico e furbo e mascherato condono edilizio, ancora non trova grandissima sponda parlamentare, perché lo Stato con questa proposta preannuncia bandiera bianca.

Non sono pochi quei parlamentari stimolati dai sindaci che auspicano l'approvazione del DL Falanga per accaparrarsi voti a sufficienza intanto nella prossima e vicina tornata elettorale, per fare il colpaccio alle spalle del prossimo futuro che perde “terreno sotto i piedi”.  Ci sarà poi tempo e modo per buttarla sul Trump di turno per garantirsi un’aureola di ambientalismo…

Con i pochi fondi a disposizione dicevamo, le ruspe dovrebbero puntare le costruzioni illegali ricadenti in zone salvaguardate da vincoli importanti. I legislatori però, forse come atto di gentilezza nei riguardi del primo firmatario della proposta di legge C.1994-B, hanno dimenticato di inserire nel disposto e tra i vincoli anche quello certificato di alta pericolosità vulcanica che grava interamente sulla zona rossa Vesuvio, composta da oltre venti comuni tra cui alcune municipalità napoletane.

zona rossa 1 e 2 - la zona ombrata intorno al cratere invece, corrisponde al territorio del parco nazionale Vesuvio.
Per chi non ha dimestichezza con la materia, la zona rossa Vesuvio ad alta pericolosità vulcanica è quella classificata R1: zona quest’ultima dove un documento dello Stato certifica che, in caso di ripresa dell’attività eruttiva, la zona potrebbe essere invasa dalle micidiali colate piroclastiche diversamente dette nubi ardenti. Le stesse valanghe fumanti che nel 79 d.C. calarono su Pompei ed Ercolano, vaporizzando con la loro elevatissima temperatura tutti gli ercolanesi che non riuscirono a fuggire dall’eruzione, mentre dei pompeiani ci restano solo i calchi.

Sotto la spinta di questa minaccia, la Regione Campania dicevamo, varò nel 2003 il DL regionale numero 21, che vieta qualsiasi costruzione capace di aumentare il numero di residenti nell’area vesuviana maggiormente a rischio: il rischio però, non è una costante immutabile con il tempo.

Esiste una formula che nella sua misura concettuale focalizza in che modo si crea una condizione di rischio esplicitando alcuni concetti che ci aiutano a inquadrare anche le problematiche di origine vulcanica, abusivismo compreso. R= P x Ve.

Per avere un fattore di rischio (R), è necessario che un pericolo (P), incomba su di un valore esposto (Ve) rappresentato nella sua forma più importante dalla vita umana.  Il rischio Vesuvio quindi, è dato dal pericolo eruttivo esplosivo quantificato oggi con una intensità eruttiva VEI 4 (sub pliniano), che grava almeno su 700.000 abitanti della plaga vesuviana.
E’ bene ricordare che tutti e due i fattori (P e Ve), non sono stabili nel tempo. Il pericolo (P) tende al rialzo con la quiescenza (t), tant’è che col passare degli anni il pronostico eruttivo si avvicina sempre di più a un’eruzione pliniana (VEI 5). In altre parole, per i residenti della zona rossa attuale, i decenni di pace geologica determinano un aumento del rischio non solo per l’intensità eruttiva pronosticabile, quanto per la distanza da percorrere per porsi fuori dalla portata delle colate piroclastiche.

Il numero di abitanti della plaga vesuviana può aumentare o diminuire a seconda delle politiche che si adottano anche sul fronte dell'abusivismo edilizio. Bisogna dare merito al presidente Bassolino che ebbe il coraggio di varare la legge regionale 21/2003 finalizzata a non aumentare il numero di abitanti grazie al blocco dell'edilizia. La lotta all'abusivismo era implicito nella norma, ovvero se non posso rilasciare licenze come posso assegnare condoni?...

Il numero di abitanti in zona rossa ha registrato qualche calo negli ultimi decenni nella parte super antropizzata di Portici e San Giorgio a Cremano, mentre in altre località il dato abitativo è piuttosto stabile o in aumento come ad esempio a San Giuseppe Vesuviano, Palma Campania o Nola. In tutti i casi bisognerebbe accendere i riflettori anche sull’implementazione degli stranieri che risiedono nella plaga vesuviana e sovente sono affittuari delle magioni abusive.

Mediamente quindi, possiamo dire che il numero di residenti nella zona rossa 1 è stabile, ma la crescita del pericolo eruttivo che marcia come dicevamo verso una intensità eruttiva VEI 5, ingloberà anno dopo anno nuovo territorio che sarà pericolosamente compromesso sommandosi all’attuale zona rossa 1 (R1). Da questo dato incontrovertibile, se ne ricava che anche la zona rossa 2 (R2) doveva essere preservata attraverso politiche residenziali di prevenzione delle catastrofi. L’attualità invece, lascia registrare che nella zona rossa 2 non c’è alcun vincolo vulcanico e si costruisce ancora con regolare licenza edilizia: esattamente come succede all'interno del super vulcano flegreo.

Atteso il fallimento di qualsiasi politica di delocalizzazione della popolazione vesuviana dall’area a maggior pericolo (R1), e la impossibilità di disinnescare o proteggersi dal pericolo eruttivo, bisogna convenire che per rendere il rischio Vesuvio nullo occorre agire sull’unico fattore che la formula R= P x VE  ci consente di manipolare: il valore esposto. In questo caso bisogna ridurre questo elemento a zero attraverso l’applicazione di un piano di evacuazione capace di spostare l’intera popolazione vesuviana a un limite di almeno 15 Km. dal centro eruttivo, tra l'altro in un tempo utile per sottrarsi alla furia del vulcano e dei suoi flussi piroclastici, ovvero dal suo indice di esplosività valutato con non poche critiche in VEI 4 invece che VEI 5.

Purtroppo e nonostante un battage pubblicitario di tutto rispetto, il piano di evacuazione non è ancora una realtà operativa. La strategia messa in campo dal dipartimento della protezione civile e dalla regione Campania, con le aree d’attesa comunali e poi quelle d’incontro extra comunali, rispecchia per linearità il termine con il quale coerentemente è stato appellato: piano di allontanamento. 

Le incongruenze di questo piano sono messe in evidenza platealmente dal comune di Nocera Inferiore (SA), che vede la sua stazione ferroviaria classificata come punto d’incontro per tre comuni vesuviani: Boscoreale, Boscotrecase e Torre Annunziata. Come se il comune di Nocera non fosse inserito nella zona gialla e fossero certificate previsioni di eruzione con diecine di giorni di anticipo... In qualità di esperti riteniamo che le perplessità espresse dal comune di Nocera siano più che fondate.
L'argomento come si vede è vastissimo. Vogliamo semplicemente concludere segnalando che sarebbe opportuno che nel disegno di legge Falanga venga introdotto anche il vincolo vulcanico, perché i limiti del parco nazionale Vesuvio sono di gran lunga inferiori rispetto all' estensione della zona rossa Vesuvio. Quindi non si dia per scontato che un vincolo vale l'altro... Un vincolo che tutela le piante o lo scavo archeologico, tra l'altro e senza sminuirne l'importanza, è diverso da quello che tutela la salvaguardia fisica degli esseri umani...

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