Il Vesuvio visto dal Torre del Greco |
Non pochi navigatori inseriscono nella finestra di
ricerca di Google, i termini Vesuvio e previsione...
Migliaia di titoli escono così dal fondo della rete. Dalle varie pagine visualizzate
emergono titoli classici dell’informazione giornalistica, istituzionale,
governativa e scientifica, e poi tanti blog con le più svariate analisi del
rischio vulcanico, che vanno dalla congiura del silenzio alle profezie di
Nostradamus.
Purtroppo da nessun sito si
riesce a estrapolare quando il vulcano più famoso del
mondo metterà fine alla sua quiescenza e con quanta energia. Gli
equilibri che regolano i moti del magma astenosferico infatti, giostrano su differenti
valori come temperature e densità e viscosità in un contesto di interazioni
continue e di mescola e metamorfosi dei prodotti incandescenti all’interno del
grande e inarrestabile giroscopio terrestre:
in siffatte condizioni, si riesce ben poco a prevedere.
Gli scienziati ripetono continuamente
che le eruzioni diversamente dai terremoti generalmente presentano una serie di
fenomeni pre eruttivi che consentono un margine utile di previsione
dell’eruzione: nel caso del Vesuvio questo margine è stato certificato in tre giorni. Questo non è un dato
buttato lì tanto per dire qualcosa: è il preavviso ufficiale di 72 ore su cui
dovranno ruotare e concludersi le operazioni di evacuazione dell’area vesuviana
in caso di necessità. Circa 10.000 persone da evacuare diuturnamente ogni ora…
D’altra parte gli esperti
affermano che il problema che potrebbe presentarsi è inverso, cioè le
fenomenologie vulcaniche che indicherebbero un cambiamento dello stato di
quiete del Vesuvio, comparirebbero molto tempo prima dell’eruzione. In tal caso
avremmo una crisi vulcanica dalla
durata imponderabile e aperta a tutte le forme di risoluzione.
Una crisi vulcanica può essere lunghissima e snervante, comportando col
passare del tempo una condizione di stallo, di rilassamento dei servizi di
soccorso e dell’attenzione della popolazione, ma anche un nervosismo crescente dei
cittadini vesuviani che rimarrebbero ingessati
in una situazione di incertezza che si ripercuoterebbe negativamente e in modo
crescente sulla vita quotidiana sociale e lavorativa.
Viceversa, la crisi potrebbe
essere talmente corta nella sua escalation, da rendere problematiche le
operazioni di evacuazione, soprattutto col crescere della percezione fisica del
fenomeno che condurrebbe molto rapidamente a una condizione pericolosissima di
panico diffuso. Sarebbe il caos…
Un’altra possibilità ancora,è che una crisi
vulcanica anche acuta si ridimensioni presto o tardi per poi riposizionarsi
su valori strumentali di assoluta quiete vulcanica. In questo caso, il ritorno
a un livello base di allerta non sarebbe automatico ma richiederebbe comunque
un bel po’ di tempo di permanenza nella fase di attenzione, che è una sorta di
quarantena scientifica…
Livelli di allerta vulcanica e l'autorità che lo dichiara. |
Con questo excursus vogliamo
dire che pure con le più importanti e sofisticate tecnologie atte a
carpire con un anticipo straordinario tutti i micro segnali che inducono a
ritenere che ci sia una variazione di uno o più parametri controllati del
Vesuvio, bisognerà necessariamente attendere un certo tempo per avere ragionevoli evidenze
scientifiche circa il fatto che le variazione geofisiche e geochimiche osservate
e registrate siano avvisaglie pre eruttive, piuttosto che segnali innocui di riequilibrio del sistema vulcanico.
Quindi, in un certo qual senso l’eccezionale sensibilità delle strumentazioni di monitoraggio vulcanico, potranno
solo anticipare i tempi della crisi vulcanica ma non potranno offrire
la previsione dell’evento vulcanico che richiede i suoi
imprevedibili tempi. Per arrivare a una diagnosi di previsione dell’evento
vulcanico, ovvero che siamo prossimi all’eruzione, bisognerà attendere il trend
al rialzo dei valori, così come le riflessioni e i confronti scientifici degli
scienziati che affolleranno le camere del dipartimento, il cui referente dovrà aggiornare
e avvertire il presidente del consiglio a cui spetta l’onere politico di
dichiarare lo stato di allarme vulcanico e il via alle operazioni di
evacuazione della popolazione.
In realtà la certezza
eruttiva la può dare solo l’eruzione che ovviamente non possiamo aspettare come
segnale incontrovertibile per evacuare il vesuviano. Ecco perché bisogna
comprendere che esiste la possibilità che si dia corso a un’evacuazione senza
eruzione…e anche su questa eventualità che sembra innocua bisogna andarci coi
piedi di piombo, perché sarebbe un evento tutt’altro che privo di conseguenze.
La cautela sull’evacuazione
è data dall’eccessivo numero di abitanti della zona rossa, specialmente della
fascia costiera che conta i due terzi del totale con densità abitative di tipo
asiatico, tra l’altro in una condizione di costipazione tra mare e vulcano con
un’unica via di esodo a disposizione.
Un’evacuazione non seguita
da un’eruzione allora, potrebbe comportare danni anche fisici agli evacuati non
giustificati dall’imminenza di un pericolo, e quindi, l’operazione sarebbe
fortemente criticata dalle masse e dai media con ripercussioni future
sull’obbedienza civile.
Per questo motivo la capacità della
scienza dovrà essere particolarmente equilibrata in modo da diffondere un pre
allarme nel momento in cui i parametri controllati del vulcano lasceranno ritenere
un’eruzione probabile magari prossima al 25%. L’allarme
invece, secondo le nostre congetture, dovrebbe essere diramato non oltre una percentuale
di probabilità eruttiva vicina o uguale al 50%. Attendere
oltre sarebbe un vero azzardo… Ovviamente queste percentuali possono oscillare
in modo inversamente proporzionale ai tempi di evacuazione. Le nostre però,
sono solo congetture argomentative e analitiche che servono per far notare che oggi sussiste
sia l’incognita percentuale sulla probabilità eruttiva (incognita naturale),
sia l’incognita sui tempi di evacuazione (incognita antropica), perché non ci
sono piani specifici. In queste condizioni il rischio è tecnicamente inaccettabile…
Il piano di emergenza messo
a punto dalle autorità competenti (Dipartimento Protezione Civile; Regione
Campania) sulla scorta di scenari offerti dall’Istituto Nazionale di Geofisica
e Vulcanologia (INGV) con il placet della Commissione Grandi Rischi (CGR-RV),
contiene tutti gli elementi per gestire la crisi
vulcanica, come ad esempio l’organizzazione da mettere in campo, la catena
di comando, gli enti coinvolti nelle varie fasi operative e le strutture di
coordinamento e controllo di quello che potrebbe essere il più grande piano di
evacuazione del mondo in tempo di pace. Un piano di evacuazione che oggi ancora non c'è,
nonostante siano passati dall'instaurazione di apposite commissioni e gruppi di lavoro, un numero di anni superiori a quelli che caratterizzarono
il mito omerico della tela di Penelope…
L’unico modo per mitigare un
po’ la situazione è quello di favorire l’allontanamento spontaneo del maggior
numero possibile di persone nella fase di preallarme: prevalentemente di chi ha
seconde case a disposizione. In tal caso le famiglie che si trasferirebbero altrove riceverebbero il contributo di autonoma
sistemazione (C.A.S). Occorre quindi che questa possibilità sia assicurata attraverso
atti governativi anche ai cittadini dei Campi Flegrei e di Ischia.
Le disquisizioni fatte in questo articolo circa la difficile
interpretazione da dare a una possibile crisi
vulcanica che non racchiude con certezza l’ineluttabilità di un’eruzione, serve
a mettere in evidenza quanto siano importanti le politiche di prevenzione e i piani di evacuazione e tutte le
opere capaci di favorire il flusso veicolare degli sfollati che sarebbe
particolarmente utile sfoltire come numero all’origine, attraverso politiche
serie di delocalizzazione e di vincoli di inedificabilità residenziale in tutti
quei territori che una legge dello Stato, e non noi, ha classificato zona rossa
da evacuare.
Anche sulla zona rossa la
politica comunque è stata capace di incredibili interpretazioni: nella figura sottostante
si vede appunto la red zone nella sua interezza. In alcuni di questi comuni (a est) ricadenti nel perimetro a rischio, si può ancora costruire con licenza edilizia sulla scorta di una logica offerta dalla Regione: è vero che devono scappare anche loro in caso di eruzione, ma per
fenomenologie gravi e non gravissime…
La zona rossa da evacuare in caso di allarme vulcanico. |
Al dirigente della
protezione civile regionale campana, ing. Italo
Giulivo, era stato chiesto quanti comuni hanno
utilizzato i fondi europei per appaltare a professionisti esterni la
redazione del piano comunale di protezione civile, notoriamente da consegnare entro il 31 dicembre 2015: nessuna risposta.
Secondo il nostro punto di vista, se la Regione Campania insieme al Dipartimento della Protezione Civile e all’Osservatorio Vesuviano ha varato qualche anno fa corsi ad hoc per la formazione del personale comunale anche dell'area flegrea e vesuviana da impiegare nella redazione dei piani di protezione civile, sarebbe intollerabile che alcune di queste municipalità destinasse soldi a privati o a società o a Enti terzi, per ottenere la compilazione di piani per i quali hanno ricevuto fondi europei e sapere nazionale...
Secondo il nostro punto di vista, se la Regione Campania insieme al Dipartimento della Protezione Civile e all’Osservatorio Vesuviano ha varato qualche anno fa corsi ad hoc per la formazione del personale comunale anche dell'area flegrea e vesuviana da impiegare nella redazione dei piani di protezione civile, sarebbe intollerabile che alcune di queste municipalità destinasse soldi a privati o a società o a Enti terzi, per ottenere la compilazione di piani per i quali hanno ricevuto fondi europei e sapere nazionale...