Il 9 ottobre 1999 una scossa di terremoto con una magnitudo 3,6 (Md)
localizzata nell’area craterica del Vesuvio a 3,8 chilometri di profondità dal
livello medio mare, fu nettamente avvertita dalla popolazione vesuviana che
rimase sgomenta, non solo per la sua evidente percettibilità, ma soprattutto
perché l’energia proveniva dal ventre del temuto monte vulcanico. L'11 ottobre
alle 4.35 una replica sismica da M 2.9 della scala Richter...
Il Comune di Portici, con cui eravamo in collegamento in ragione di
una stretta collaborazione in tema di rischio vulcanico, ci riferì che la
situazione era di ansia crescente tra i cittadini che chiamavano preoccupati al
numero verde (H24) dell’ufficio comunale di protezione civile. Un servizio
permanente che avevamo instaurato qualche anno prima perché le emergenze in
genere, ma anche quelle sismiche e vulcaniche, hanno la caratteristica di
potersi presentare con una certa rapidità, in qualsiasi giorno e a qualsiasi
ora…
Le richieste telefoniche
dell’utenza allarmata riguardavano prevalentemente un'unica e angosciosa e
fondamentale domanda: dobbiamo scappare? La risposta sulle prime non era
semplice e scontata, perché si trattava del terremoto più energetico dal
1944…ovvero dall'ultima eruzione del Vesuvio. Rispondemmo ai tanti appelli telefonici
che al momento non c’erano presupposti di allarme e che bisognava attendere un po’
di giorni per capire se quella scossa aveva un significato importante. Ci
rendemmo conto ben presto che anche all’Osservatorio Vesuviano erano dubbiosi e
preoccupati e solo col passare delle ore e dei giorni o forse dei mesi si
sarebbe potuto dare un significato alla spallata sismica che diede l’inaspettata
sveglia ai vesuviani.
Nel frattempo conoscendo la
localizzazione di qualche pozzo profondo in località Boscotrecase, cercammo di renderci utili partecipando a sondaggi
sulle temperature dell’acqua insieme a personale dell’Osservatorio Vesuviano.
Il comune di Portici aveva tra le attrezzature una sonda immergibile idonea a
questo scopo. Nei due pozzi monitorati la temperatura dell’acqua a 125 metri di
profondità superava di poco i 30° C. Trattandosi di siti non censiti in
precedenza, il valore non risultò particolarmente indicativo per la mancanza di
riferimenti passati. Passammo allora ad analizzare la temperatura nel pozzo
campione di Torre del Greco. In
questo caso scendemmo da una botola ubicata sul livello stradale e per alcuni
metri nel sottosuolo. Da qui c’era l’accesso alla canna di pozzo. La
temperatura che rilevammo dabbasso non si discostava dai valori base di
riferimento. Il dato che ci allarmò molto invece, ci fu dato dal sensore
elettrochimico collegato a un apparecchio portatile che avevamo per sicurezza
aggrappato alla cintura: dopo pochi secondi incominciò ad emettere un cicalio assordante,
intermittente e non tacitabile, perché l'apparecchio aveva rilevato
il superamento della soglia limite di sopravvivenza all’anidride carbonica
(CO2). Il locale era letteralmente invaso dal gas asfissiante proveniente dal
pozzo saturo, fatta eccezione per la parte alta del locale areato appena dalla botola aperta…
A distanza di qualche giorno
l’ex direttore dell'Osservatorio Vesuviano, Prof. Giuseppe Luongo, iniziò una querelle contro la Dott. Lucia Civetta, allora direttrice in
carica, perché a suo dire con quel terremoto bisognava passare a un livello di
attenzione vulcanica. Lo stesso livello di allerta che caratterizza oggi i Campi Flegrei…
Gli attuali livelli di allerta vulcanica |
Dall’Osservatorio invitarono
alla calma e soprattutto evidenziarono che il dato anomalo riguardava un solo
parametro e non gli altri. Risposta un po’ vera e un po’ governativa… Per
affrontare questa diatriba che aggiunse ansia ai cittadini, pubblicammo in
tutta fretta un numero speciale dell’informa
comune, un giornale locale edito dal comune porticese e distribuito nelle piazze, in cui cercammo di
spiegare come stavano i fatti aggiungendo elementi di tranquillità vertenti
tutti sulla gran mole di lavoro e sugli importanti risultati raggiunti nel
campo della prevenzione e dell’operatività a livello comunale. In quel periodo
al governo della città c’era il sindaco Leopoldo
Spedaliere, personaggio forse anche controverso, ma dal punto di vista
della protezione dei cittadini dal pericolo vulcanico, si distinse per ruolo e competenza.
L'edizione straordinaria dell'informa comune - Portici - . |
Della diatriba scientifica
possiamo aggiungere che in realtà Luongo aveva ragione, perché il livello di attenzione
implica semplicemente una maggiore attività di sorveglianza geochimica e
geofisica dei parametri del vulcano: non altro, ed era esattamente quello che
occorreva fare in quel momento. Con una spallata sismica di quel tipo non
bisognava aspettare il cambiamento di altri parametri per drizzare le orecchie,
soprattutto se questi valori non venivano acquisiti in tempo reale grazie a stazioni
automatiche. D’altra parte però, possiamo garantire che in quel contesto fatto di
ignoranza generalizzata anche da parte dei comuni a proposito dei livelli di
allerta vulcanica e delle fasi operative corrispondenti, dichiarare lo stato di
attenzione equivaleva ad accendere forse la miccia del panico, ma più ancora
del ridicolo perché si sarebbe messo in risalto la colpevole assenza dei piani
di evacuazione.
Più di qualcuno nel bailamme
delle notizie cambiò aria… La verità sull'intera faccenda fu che si passò nei
fatti a uno stato di attenzione vulcanica senza per questo dichiararlo. Una
soluzione veramente salomonica...
Oggi seguiamo con interesse
le dissertazioni e gli argomenti che propone l’avvocato Giuseppe D’Aniello da un apposito sito web, a proposito di un
sistema di monitoraggio vulcanico (Vesuvio) che presenta falle su molti lati,
soprattutto sull’acquisizione in tempo reale dei dati riguardanti la chimica
delle fumarole e i segnali sismici particolarmente disturbati dal passaggio dei
bus turistici all’interno della Riserva naturale statale Tirone Alto
Vesuvio. Un andrivieni meccanico tra l'altro in contrasto con le necessità dichiarate di equilibrio ambientale dell'oasi...
Dagli scritti dell’avvocato
ci sembra di capire che il presidente dell’INGV, Stefano Gresta, sia seccato da questo puntiglioso interesse scientifico di D’Aniello che segnala discrasie nel sistema di sorveglianza. Interesse centrato soprattutto sugli aspetti che riguardano
il monitoraggio dei parametri fisici e chimici del Vesuvio. Riteniamo che la
semplice appartenenza alla zona rossa Vesuvio,
quale area geografica dove non è garantito l’imprescindibile diritto
alla sicurezza, dia titolo per pretendere di sapere cosa accade all'interno delle strutture statali di monitoraggio, visto che la previsione dell’evento eruttivo rimane non
già l’arma, ma l’unica speranza per non essere investiti improvvisamente da una
colata piroclastica incandescente. Ne consegue che l’INGV deve rispondere nel
concreto agli interrogativi e alle segnalazioni dei cittadini a prescindere, perché solo dall'efficienza e dall'efficacia della pratica di monitoraggio in tempi reali dei parametri vulcanici,
si possono cogliere sul nascere i salvifici prodromi pre eruttivi.
La parte istituzionale
amministrativa (Dipartimento Protezione Civile e Comuni) hanno dalla loro il
secondo elemento della sicurezza. Infatti, se anche l’Osservatorio Vesuviano
riuscirà a cogliere sul nascere i sintomi di un possibile risveglio del
Vesuvio, sarà necessario rendere operativo un piano di evacuazione che oggi non
c'è! C’è l’obbligo si stilarli però, a cura dei Comuni vesuviani e flegrei
entro il 31 dicembre del 2015, pena la perdita dei finanziamenti europei stanziati ad
hoc. Staremo a vedere…
Se il vulcano avrà la bontà
di mantenere la sua pace geologica almeno fino a questa data e l’Osservatorio
Vesuviano metterà in secondo piano il geotermico e le trivellazioni concentrandosi sulla sorveglianza vulcanica con tutta l'efficacia possibile,
probabilmente incominceremo a mettere insieme i tasselli giusti della sicurezza areale dei tre distretti vulcanici napoletani, a tutto vantaggio del giuridico e superiore interesse pubblico.
Il presidente dell'INGV si rimbocchi le maniche e aguzzi l'ingegno organizzativo e operativo della struttura che dirige, in modo che si tenga alto il concetto che uno dei ruoli fondamentali della scienza consiste nell'evitare che un evento naturale come un'eruzione, possa trasformarsi in una immane catastrofe...
Il presidente dell'INGV si rimbocchi le maniche e aguzzi l'ingegno organizzativo e operativo della struttura che dirige, in modo che si tenga alto il concetto che uno dei ruoli fondamentali della scienza consiste nell'evitare che un evento naturale come un'eruzione, possa trasformarsi in una immane catastrofe...