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lunedì 2 dicembre 2024

Rischio Vesuvio: la prevenzione al ribasso...di Malko

Le zone pericolose al Vesuvio

Per poter meglio rappresentare i concetti ad oggetto la prevenzione della catastrofe vulcanica legata a una possibile eruzione del Vesuvio, una premessa che spieghi in che modo  è stato suddiviso il territorio della plaga vesuviana è necessaria per la comprensione della diversificazione del pericolo. Lo spaccato proposto in basso ci sembra adatto allo scopo.



La zona rossa 1 (R1) circoscrive il territorio invadibile da qualsiasi fenomenologia vulcanica, ma soprattutto dalle micidiali colate piroclastiche che andrebbero a formarsi prevalentemente  in seno ad eruzioni esplosive di tipo sub pliniane (VEI 4) e pliniane (VEI 5). Tale dirompente fenomeno in genere si presenta susseguentemente al collasso della colonna eruttiva, che può raggiungere altezze stratosferiche, per poi collassare sui pendii del vulcano scivolando e avanzando con violenza distruttiva sul terreno, ma anche sul mare, a una temperatura di diverse centinaia di gradi Celsius, sufficiente e in pochi secondi, a vaporizzare i liquidi corporei di chiunque venisse raggiunto dai flussi ardenti.

Per poter stabilire a che distanza dal Vesuvio ci si possa ritenere sufficientemente al sicuro da siffatta micidiale fenomenologia, occorre adottare un’eruzione di riferimento indagandone il passato rappresentato dai limiti di deposito del materiale veicolato dai flussi nella loro avanzata.

Nel merito del problema, gli strateghi hanno ritenuto di non pianificare sull’eruzione massima conosciuta al Vesuvio, bensì su quella che loro considerano l’evento massimo probabile. Con siffatta premessa, l’autorità scientifica ha indicato come eruzione di riferimento una sub pliniana, evento medio con indice di esplosività VEI 4. Con questo incipit è stata individuata la zona rossa 1 ad alta pericolosità vulcanica.



La zona rossa 2 (R2) invece, individuata a est del vulcano, è quella dove il sistema di protezione civile ritiene pericolose non già le colate piroclastiche, bensì la notevole pioggia di cenere e lapilli che renderebbe nel giro di qualche ora, la vivibilità anche in zona rossa 2 pericolosa o quantomeno problematica. Gli accumuli poi dei prodotti piroclastici sui tetti piani, causerebbero il crollo delle coperture meno resistenti, e a seguire dei solai sottostanti. Le ceneri sottili asperse in aria comporterebbero con il loro contenuto di silicio seri problemi alla respirazione e agli occhi. Il contesto sarebbe di oscurità, con disturbi alle telecomunicazioni e il blocco dei motori. Le zone rossa 1 e 2 hanno caratteristiche diverse, anche se il colore identifica e accomuna la stessa necessità dell’evacuazione preventiva in caso di allarme eruttivo. Stranamente, in zona rossa 1 sussiste l’inedificabilità ad uso abitativo (legge regionale 21/2003), mentre non ci sono limiti residenziali in zona rossa 2. 

La zona gialla è quella dove la ricaduta di cenere e lapilli dovrebbe essere di minore intensità. In ogni caso il fenomeno potrebbe cagionare molti disagi agli abitati che si trovano allineati  col cratere e col vento che generalmente spira verso est. Il piano di emergenza nazionale prevede di evacuare in corso d’eruzione quei settori gialli maggiormente colpiti.

C’è poi una zona blu a nord del vulcano, poco pubblicizzata dai media, che interessa la superficie depressa del nolano. I problemi in questo settore sarebbero quelli propri della zona gialla, a cui si aggiungerebbero quelli alluvionali dettati dalla gran quantità d’acqua espulsa dall’eruzione, in un contesto di terreni impermeabilizzati dalle ceneri fini. In passato il livello delle acque che si accumularono nella conca nolana, superarono largamente i due metri di altezza.



 Gli eventi estremi.

Sembrerà strano, ma grazie a stazioni di osservazioni astronomiche anche amatoriali, in genere si riesce a cogliere in anticipo il rischio di un impatto con un meteorite, pure mesi prima, stabilendo l’entità del pericolo dalle dimensioni dell’oggetto, dalla composizione chimica del corpo astrale, dalla sua velocità e dalle coordinate stimate di contatto con una precisione a mano a mano crescente.

Purtroppo, essendo il sottosuolo terrestre precluso alle indagini dirette, se non in un modo puntiforme e con profondità massime fin qui raggiunte di circa 12 chilometri, l’analisi dei dinamismi che agitano la litosfera, sono  affidate alle prospezioni indirette, e quindi inevitabilmente nella loro complessità sono generiche, e almeno per il momento senza una particolare utilità deterministica necessaria per la previsione delle catastrofi naturali ascrivibili ai terremoti e alle eruzioni vulcaniche.

In altre parole, non è possibile prevedere quando si manifesterà la prossima eruzione del Vesuvio, anche se molti esperti sono sicuri che l’eventuale progredire dei prodromi pre-eruttivi, fornirebbero elementi utili per definire in tempi corti e con buona approssimazione il momento dell’eruzione.

I piani di emergenza e di evacuazione sono tarati su settantadue ore, quale tempo che gli strateghi ritengono necessario per il rapido allontanamento dei settecentomila abitanti dalla plaga vesuviana. Quindi, una previsione per essere utile deve comprendere un allarme rosso diramato con sufficiente anticipo sull'evento, calcolando pure il tempo necessario per lanciare e rilanciare il segnale di rapido allertamento (it-alert) alla popolazione. I tempi dell'azione si abbreviano se ogni cittadino conosce bene il da farsi all'occorrenza, muovendosi secondo i dettami del piano di emergenza, e senza alcun tentennamento nell'assunzione delle decisioni che comprendono l’impossibilità di salvare i beni materiali.

L’espediente evacuativo consentirebbe di interporre entro 72 ore una distanza (d) tra il pericolo eruttivo (P) e il Valore esposto (VE). 


 

Le modalità evacuative sono state diversificate e sono state formalizzate secondo logiche aritmetiche come da palline sul pallottoliere, e quindi l’efficacia delle procedure di allontanamento rapido non sono matematicamente assicurate, così come non c'è certezza del disciplinato comportamento della popolazione, che è strettamente commisurato alla percezione fisica del pericolo. A tal proposito le autorità sperano in un massiccio allontanamento della popolazione già nella fase di preallarme, per avere numeri ridotti da mobilitare se si arriva al livello successivo di allarme. Tecnicamente però, anche qui non c’è certezza che si riesca a cogliere la soglia del preallarme, così come non c’è certezza sui tempi di durata di questa condizione geologica, se la si coglie, e che può dilungarsi oltre misura, o al contrario essere immediatamente surclassata o addirittura saltata dall’allarme generale rosso.

Il vulnus non è solo nella previsione d'eruzione assolutamente incerta, ma è anche sulla incognita della tipologia eruttiva. Infatti, non è dato sapere in anticipo quando e con quali caratteristiche le energie irromperanno in superficie, perché eventuali prodromi possono forse annunciare in tempo utile il momento eruttivo, ma non la tipologia dell’eruzione che rimane un dato qualificabile solo dopo l’eruzione. 

Questi due elementi di incertezza sono la spina nel fianco delle pianificazioni di emergenza, tanto nel vesuviano quanto nel flegreo. Quindi, nella formula semplificata del Rischio (R) R= P x VE che prima abbiamo schematizzato graficamente, occorre evidenziare che il rischio aumenta se aumentano uno o entrambi i fattori in formula. Il Pericolo (P), cioè la pericolosità vulcanica, è destinata ad aumentare col passare dei decenni, dei lustri e dei secoli. Purtroppo anche il valore esposto (VE), in assenza di regole urbanistiche che vietino gli insediamenti residenziali leciti o illeciti, è un dato destinato a crescere. L’aumento dei due fattori provoca l'aumento del rischio vulcanico, che già oggi ha raggiunto livelli di inaccettabilità, perché il territorio non è strutturato e la popolazione non è preparata al meglio per una possibile evacuazione massiva.

Nella plaga vesuviana gli scienziati e i tecnici del dipartimento della protezione civile e della Regione Campania, hanno deciso, come detto, di pianificare tenendo conto di uno scenario eruttivo medio di tipo sub pliniano (VEI4), che accorperebbe anche le esigenze protettive legate a un evento VEI3 al Vesuvio, che gli esperti dell'osservatorio vesuviano tra l’altro reputano il più probabile. Rimane il fatto che assumendo un’eruzione media (VEI4) come scenario di riferimento per i piani di emergenza, si esclude di fatto l’eruzione pliniana dal novero delle possibilità  di accadimento, assegnando alle decisioni così assunte forzate caratteristiche  deterministiche che deterministiche non sono. Lo dimostra il fatto che non è stato elaborato alcun piano d’emergenza capace di fronteggiare eruzioni a maggiore energia. Questo modus operandi legato all’assunzione del pericolo medio e non quello massimo conosciuto negli scenari eruttivi di riferimento, certamente agevola la stesura dei piani di emergenza perché riduce il territorio d’intervento, ma con esso si riducono pure le superfici che dovrebbero essere inedificabili o regolamentate per assicurare politiche strutturali di prevenzione della catastrofe vulcanica, soprattutto a favore dei posteri...

Lo schema sottostante riporta le tre tipologie eruttive che possono interessare il Vesuvio, partendo dal principio che esiste un valore probabilistico che diminuisce marcatamente in rapporto all'aumento dell'indice di esplosività vulcanica. Nel merito della pericolosità, occorre ricordare che qualsiasi di queste tre tipologie eruttive produce la pioggia di cenere e lapilli. Le eruzioni sub pliniane e pliniane invece, si caratterizzano per la formazione anche di colate piroclastiche oltre a tutti gli altri fenomeni che caratterizzano un'eruzione esplosiva.



Gli eventi come un’eruzione pliniana sono quelli da cigno nero, cioè sono quelli estremi che sfuggono in linea preventiva ai modelli teorici di pericolo ancorché esclusi e marginalizzati dalla chiave probabilistica, tant’è che poco o per niente se ne parla in pubblico, perché subentra un certo imbarazzo a sostenere quello che quasi tutti giudicano una vera iattura da esorcizzare… D’altro canto è difficile mettere in guardia da un evento calamitoso di grandissima portata, quando non c’è esperienza diretta o ravvicinata di questi scenari peggiori, sia da parte degli scienziati che della popolazione.

Il pericolo vulcanico al Vesuvio contiene in sé tre possibilità  che possono caratterizzare operativamente lo sviluppo del fenomeno eruttivo con grandissime differenze per la salvaguardia della vita umana. Infatti, le condizioni  operative che possono segnare il momento preeruttivo, possono essere diverse:

-        mancato allarme;

-        falso allarme;

-        successo previsionale con relativa evacuazione.

Una quarta possibilità che non viene mai citata o presa in considerazione, il famoso vulnus di fondo, è insita proprio nella tipologia eruttiva, perché qualora l’eruzione dovesse assurgere a dimensioni da pliniana o simil pliniana, cosa che nessuno può escludere, si verificherebbe nella migliore delle ipotesi un successo previsionale accompagnato da catastrofe vulcanica. Per quanto rara questa possibilità, il surplus energetico fuori piano andrebbe a interessare e invadere con i flussi piroclastici anche la zona contigua alla rossa 1 e 2, che noi chiamiamo zona rossa VEI5. In questa corona circolare schematizzata nel grafico sottostante, non c’è alcuna prevenzione strutturale e sussiste l’impreparazione totale della popolazione che non è destinataria di procedure evacuative e né tantomeno pone attenzione al problema del rischio vulcanico. In altre parole, i residenti della zona rossa VEI5, in caso di eruzione rimarrebbero fermi o si muoverebbero tardi e caoticamente per sfuggire alle ostilità vulcaniche lì mai previste.  



Nel territorio della provincia di Napoli e a ridosso delle plaghe vulcaniche, l’urbanizzazione è partita da lontano ancorché favorita dai vantaggi offerti dal territorio fertile e dalla contiguità col mare che è una importantissima risorsa economica e commerciale. L’urbanizzazione non è stata evitata in passato perché le eruzioni, almeno nel nostro caso,  non sono eventi annuali come i monsoni, e poi perché nessuno voleva rinunciare alle sue proprietà terriere: la terra non è traslocabile... Più di recente perché nessun politico o amministratore o istituzione ha inteso ricordare al popolo amministrato e che di fatto non vuole politiche di ansia e di rinunce, che in questi territori ameni e ricchi di storia, la pericolosità eruttiva è immanente e senza possibilità di disinnesco. La notizia che alleggerisce l’ansia di vivere in un territorio a rischio, è stata offerta dalla scienza che palesa la possibilità di prevedere per tempo un’eruzione, così come riportato nelle FAQ dell’osservatorio vesuviano che recita: Non è possibile prevedere a lungo termine quando ci sarà la prossima eruzione. Tuttavia, grazie alla sorveglianza del vulcano è possibile rilevare con ampio anticipo l'insorgenza di fenomeni precursori, che generalmente precedono un'eruzione, e procedere all'evacuazione prima che avvenga l'eruzione.

Con questa ottimistica premessa, i problemi di tutela vitale automaticamente risultano tutti risolti, al punto da non doversi prevedere necessariamente sostanziali e drastiche politiche di prevenzione.

Rimane il dato tutt’altro che incoraggiante però, che anche le moderne stazioni multi parametriche esibite dall'osservatorio vesuviano come la chiave di volta tecnologica della previsione d’eruzione e quindi della sicurezza areale, forniscono in realtà solo dati che dovranno essere analizzati “manualmente” dalla commissione grandi rischi,  perché la previsione è ancora oggi una procedura ricca di dati da interpretare, che dovranno scontrarsi inesorabilmente con  le incognite dettate da un sottosuolo inesplorato, le cui dinamiche sono parti di sistemi complessi che dovranno essere sottoposti nel nostro caso al vaglio di esperti e poi della commissione grandi rischi, ovvero tutti scienziati che non hanno mai vissuto l’esperienza eruttiva o pre eruttiva dei vulcani napoletani.

Bisognerebbe partire dal principio che la pianificazione urbanistica territoriale in area vulcanica vesuviana, dovrebbe includere anche la zona di massima estensione del pericolo (VEI5), magari attraverso regolamentazioni, secondo logiche preventive volte all'adeguamento strutturale del territorio alle necessità dei piani di emergenza… Allo stato dei fatti invece, si sta verificando esattamente  il contrario, cioè che i piani di emergenza e di evacuazione devono e dovranno correre dietro alle irrefrenabili modificazioni del territorio dettate dalla speculazione edilizia, dall'abusivismo, e prima ancora dalla miopia politica di cui abbiamo un fulgido esempio nel flegreo. Infatti, il recentissimo disposto regionale assevera rischio sismico e vulcanico nella zona d'intervento, lasciando il grosso della zona rossa senza regole di prevenzione della catastrofe vulcanica... 


Zona d'intervento (celeste e viola) dove vige
l'inedificabilità a uso residenziale











mercoledì 21 agosto 2024

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: siamo solo all'inizio... di Malko

Pozzuoli. Rione Terra

 

             

Il pensiero della commissione grandi rischi, riunitasi alcune settimane fa su invito del dipartimento della protezione civile, è quello che nella zona rossa dei Campi Flegrei, ovvero quella ad alta pericolosità vulcanica, l'allerta codificata per il momento rimane sui livelli di attenzione (gialla).

Per le zone bradisismiche invece (figura in basso), soggette a sollevamento dei suoli quale conseguenza del vulcanesimo locale che induce sismicità a volte incalzante con ipocentri poco profondi, non si utilizzano colori per classificare lo stato di pericolosità zonale, perché questo dipende da molti fattori anche imponderabili in via preventiva, come la magnitudo e la profondità ipocentrale dei terremoti. I sismi sopraggiungono improvvisi abbattendosi su fabbricati di diversissima fattura costruttiva, e quindi con una risposta statica e dinamica alle sollecitazioni crostali molto differente. A evento sismico avvenuto, si andrebbero a valutare gli eventuali danni subiti dall’edificato, dalle infrastrutture e dai sottoservizi nell’area colpita, classificando le criticità secondo una scala crescente da 1 a 3.



Probabilmente sarà proprio la notevole fratturazione degli ammassi litoidi che caratterizzano i primi chilometri di profondità della caldera flegrea, ad evitare accumuli di energia oltre misura. In ogni caso trattasi di una considerazione non deterministica, che può essere di minimo  conforto solo per chi vive in fabbricati robusti o antisismici, e che ad oggi non hanno presentato cenni di cedimento statico, nonostante le numerose sollecitazioni bradisismiche e sismiche.

Per coloro che dimorano in alloggi strutturalmente fatiscenti invece, occorre che tengano in debita considerazione anche livelli di sismicità modesti.  La magnitudo massima che potrebbe colpire le zone soggette al bradisismo, per le ragioni addotte in precedenza, difficilmente dovrebbe assurgere a livelli catastrofici; purtuttavia a fare la differenza è la bassa profondità degli ipocentri, che renderebbe temibile qualsiasi sussulto crostale. Quindi, ai Campi Flegrei non ci sono consolidate e definitive conclusioni geologiche da offrire al pubblico, tanto per il fenomeno del bradisismo quanto per i terremoti e per la pericolosità vulcanica in tutte le sue forme. Quest’area geografica è sede di rischi naturali, e anche se la crisi bradisismica attuale dovesse scemare o concludersi come del resto è successo pure nel recente passato, non è difficile ipotizzare che il fenomeno si ripresenterebbe col tempo, portando seco gli stessi fenomeni bradisismici e sismici con il pericolo vulcanico tra l’altro, permanentemente immanente.

Le popolazioni flegree cercano dai dettami della scienza e della tecnica, ma soprattutto dalla politica, elementi utili per corroborare la loro volontà di resilienza. Generalizzando, il cinismo o la sprovvedutezza  degli amministratori locali e regionali, che hanno negli anni consentito la nascita della calderopoli flegrea, si è rivelato un danno in termini di vivibilità non solo per la comunità  attuale, ma anche per i posteri. Questi ultimi tra l’altro, non hanno la possibilità di votare come gli italiani all’estero, e quindi, sono meri destinatari delle decisioni popolari o impopolari del nostro tempo.

Nei Campi Flegrei, a fronte dei multiformi pericoli naturali insiti nel vulcanesimo dell’area, sussiste un overbooking edilizio che espone a tutt’oggi gli oltre 500.000 residenti a un rischio serio ancorchè non limitato temporalmente, neanche col passare di decine di generazioni. Se l’antica cittadina romana di Baia era meta ambita dalle famiglie in vista dell’Urbe, ebbene ora l’abitato coi suoi peristili e mura e mosaici è sott'acqua. Questo vuol dire che nonostante siano passati decine di secoli, il fenomeno vulcanico è sempre in auge, e quindi nessuno può escludere che la Baia romana magari risorga dal mare nel corso degli anni... Il comprensorio ardente potrebbe essere dichiarato vulcanicamente estinto, se da qui all’anno 11.538 non dovesse verificarsi alcuna eruzione…

Come si vede dalla cartina sottostante, le due zone bradisismiche, quelle a colori celeste e viola, ricadono interamente all’interno della caldera flegrea, e quindi nella zona rossa ad elevato rischio vulcanico, occupando addirittura un posto centrale. Questo significa che in tutti i casi i settori bradisismici, fanno parte del più vasto distretto dove il rischio vulcanico è una costante e non una variabile ancorchè residuale del territorio.



Con queste premesse di multirischio infra calderico, non si capisce di quale resilienza parlano gli amministratori locali. Ogni  nuova casa che si aggiunge alla conurbazione esistente, comporta un aumento del rischio e una rendita negativa per lo Stato, ma soprattutto è un lascito ereditario ai posteri fatto di pericoli, incertezze del quotidiano, con la minaccia eruttiva che incombe a permanenza su proprietà e vite umane, a prescindere dalla qualità antisismica delle costruzioni che non incidono sulla sopravvivenza da eruzione esplosiva.

L’antropizzazione serrata della caldera flegrea, ha portato quest’area ad essere tra le più pericolose del mondo, alla stregua del distretto vulcanico vesuviano che non è da meno. Al Vesuvio, sono oltre venti anni che vige la legge regionale 21/2003, che vieta qualsiasi realizzazione di opere edilizie di taglio residenziale, anche se di recente gli stessi uffici regionali pertinenti per la programmazione urbanistica, pare che vogliano aprire spiragli per ridimensionare i divieti tuttora vigenti nella zona rossa Vesuvio.  

Il dato che ci sembra emergere a proposito della mancata prevenzione della catastrofe vulcanica, è quello di un mondo politico, generalizzando, miope o disattento. Un j’accuse che bisogna forse estenderlo pure al mondo scientifico, che poteva fare meglio la sua parte informativa, magari omettendo di lasciar trapelare a favore di telecamera, la quasi certezza della previsione del momento eruttivo, grazie a stazioni di monitoraggio multi parametriche, che in realtà ci sembra che siano multi strumenti ficcati all’interno di stazioni ubicate in vari punti della caldera flegrea. Certamente strumentazioni di buon livello tecnologico aiutano a monitorare il vulcano, ma non a garantire una previsione dell’eruzione che rimane ancora un procedimento “manuale” a cura della commissione grandi rischi e non dell’osservatorio vesuviano. Tra l’altro in una terra avvezza ai sommovimenti percepibili e visibili  addirittura a occhio nudo, coi fondali marini all'asciutto, con emanazioni gassose contate a tonnellate e deformazioni dei suoli decimetriche, un dato micrometrico sarebbe forse di difficile interpretazione previsionistica, soprattutto in assenza di dati pregressi preeruttivi…

Può darsi che non è stato neanche del tutto proficuo per la sicurezza, infondere l’idea che si possa monitorare con precisione l’ascesa del magma. Nel merito della previsione dell’evento vulcanico quindi, sembra che siamo ancora in una fase d’impasse, che forse andava sottolineata senza mitigazione, fornendo così elementi di deterrenza per quanti volevano sulla scorta della disinformazione, investire nel mattone nella calderopoli, 

Tra le tante cose da dire sull’argomento, c’è anche quella ad oggetto la pianificazione d’emergenza, che è nata su uno scenario eruttivo di riferimento di tipo sub pliniano dall’indice di esplosività vulcanica VEI4. Questo per dire che forse è stato ed è controproducente, che referenti scientifici istituzionali indichino l’eruzione tipo Montenuovo 1538, come quella attesa e più probabile. Innanzitutto perché ciò che si dice sullo stile eruttivo della futura eruzione è un pourparler tendente alla rassicurazione ma senza l’onere della responsabilità dell’affermazione. E lo si dice in presenza di una pianificazione VEI4, dalla quale sono derivati i limiti territoriali della zona rossa vulcanica, che comprende totalmente tutta l'area calderica. Bisognerebbe quindi evitare tutte quelle affermazioni che possono essere fuorvianti per l’opinione pubblica, anche perché non c’è un piano differenziato d’intervento basato sull’indice di esplosività vulcanica, che rimane, purtroppo, un dato appurabile solo dopo l’eruzione. Quindi, gli enti di monitoraggio si attengano ai fatti anche perché nei contratti di vigilanza e monitoraggio sussiste un certo dovere condivisibile o non condivisibile alla riservatezza, piuttosto che alle rassicurazioni. Se c’è da rassicurare rimandiamo l’onere a chi stabilisce le fasi operative e non i livelli di allerta. D’altra parte anche un’eruzione di bassa intensità rappresenta un problema serio se non si specifica il punto o i punti eruttivi dove possono presentarsi le dirompenze vulcaniche, che non è detto che debbano coincidere col punto di massimo sollevamento del suolo…

Un deputato pochi giorni fa ha avanzato la necessità di finanziare l’osservatorio vesuviano in modo da poter far assumere due tecnici e due ricercatori. Riteniamo che l’osservatorio vesuviano debba essere finanziato innanzitutto per spostare la sede di sorveglianza e ricerca fuori dalla zona rosse vulcanica e bradisismica dei Campi Flegrei, in modo da avere all’occorrenza e nei momenti topici, una struttura pienamente operativa e non impegnata a caricare i materassi sui camion.

Gli amministratori regionali della Campania, su input legislativo del Ministro della protezione civile, dovranno adottare strumenti legislativi assolutamente inibitori alla realizzazione di ulteriore edificato ad uso residenziale nell’area calderica dei Campi Flegrei.  In tempi brevi tra l’altro, per non rischiare la procedura di surroga da parte dello Stato. Ecco allora che questa importantissima iniziativa strutturale di prevenzione favorita dal Ministro, sta suscitando mugugni che si trasformeranno molto presto in serrato confronto, se non verranno trovate in sede regionale soluzioni, meglio dire escamotage, per estrapolare con alchimie amministrative almeno la spianata di Bagnoli dai vincoli inedificatori…

Già… la spianata di Bagnoli. Quelli bipartisan, generalizzando, studiano la mossa del cavallo in ambito regionale, e non è da escludere che faranno sentire la loro voce con tutte le armi disponibili, a iniziare dalla acclarata capacità tecnica di buttare giù super pilastri armati da poter essere utili addirittura al gigante Atlante nel sostentamento del suo fardello planetario. Gli astuti politici metropolitani e regionali, in sintonia con una certa componente politica nazionale d’estrazione campana,  da anni si coccolano la spianata di Bagnoli, specialmente ora che verrà finanziato a cura dello Stato, il risanamento ambientale dell’ex area industriale litorale compreso.

Con l’approssimarsi delle scadenze imposte dal decreto bis Campi Flegrei, che ha formalizzato la necessità di non costruire oltre nella zona rossa, è probabile che assisteremo a strenue battaglie politiche, popolari, sindacali, associative, laiche e religiose. Non è da escludere la formazione di un fronte di opposizione con bandiere e slogan anti governativi, che in barba a qualsiasi criterio di prevenzione del rischio vulcanico, chiederà che non sia frenato il piano di urbanizzazione di Bagnoli, comprendente pure appartamenti di pregio con vista mare. Per noi la migliore riconversione della spianata di Bagnoli è quella di destinarla ad  area strategica di protezione civile, con tanto di elisuperficie e di approdo rapido dei natanti veloci…

Tra le strutture che iniziano a sentirsi a disagio con le iniziative anti cemento del Ministro Musumeci, si annovera l’assessorato all’urbanistica regionale: ufficio mai depositario o ispiratore di iniziative volte alla prevenzione del rischio vulcanico. Siamo altresì sicuri che faranno sentire i loro borbottii pure taluni amministratori metropolitani, membri di rilievo del comitato partenoflegreo, in quanto particolarmente inclini a ritenere il rischio vulcanico neanche nominabile. Una legge anti cemento, piaccia o non piaccia invece, è l’unica misura di prevenzione seria per evitare il disastro vulcanico, anche in capo ai posteri, a cui non dobbiamo o non dovremmo tramandare un territorio trasformato in una calderopoli asfittica multirischio, la cui programmazione urbanistica è stata lasciata sotto varie forme in mano ai businessmen.

Pare che siano due parlamentari campani, quelli che hanno proposto lecitamente un emendamento al decreto Campi Flegrei bis, acchè la spianata di Bagnoli fosse estrapolata dai divieti di urbanizzazione. L’appello doveva essere rivolto alla natura e non a Musumeci, che non ha il potere di abolire i pericoli in modo puntiforme e per decreto… Del resto questa infelice proposta forse era nell’aria, come dimostra la prima cartina pubblicata sul web (in basso):  le zone bradisismiche stranamente aggirano la spianata di Bagnoli che non ha colorazioni di merito… 



La condizione per operare di prevenzione a fronte del pericolo vulcanico (P), è quella di tenere strutturalmente separato il valore esposto (VE), rappresentato dalla vita umana, a una distanza di sicurezza (d) dal distretto vulcanico che potrebbe dirompere con fenomeni molto pericolosi come le colate piroclastiche o eventi similari. Ecco: il limite della zona rossa vulcanica è dettato proprio dalle eruzioni passate e dai limiti di scorrimento dei flussi piroclastici rilevati sul campo dai geologi.

Il piano di evacuazione è una misura di ripiego dettata da due impossibilità: la prima è quella di spostare o ingabbiare il vulcano, cioè il pericolo; l’altra è quella di spostare dalla zona pericolosa e da subito gli oltre 500.000 abitanti della zona rossa flegrea per proteggerli preventivamente: il numero dei residenti è pari a quelli che si contano nella città di Genova…


Nella formula del rischio semplificata, è evidente che all’aumentare di uno dei due fattori (P e VE) il rischio aumenta. Se aumentano entrambi il rischio diventa insostenibile. In una tavola rotonda organizzata alla Regione Campania alcuni anni fa, presente il sistema di protezione civile, fu affermato che la pericolosità vulcanica non aumenta col passare dei secoli. Affermazione buttata lì per stroncare ogni critica che avanzavamo sull’operato del sistema in tema di prevenzione, quale disciplina che ritenevamo profondamente disattesa. Intanto e per inciso, le pubblicazioni scientifiche dicono tutt’altro sui tempi di quiescenza e sulla pericolosità vulcanica che aumenta... Continuando, in assenza di leggi anti cemento aumenta anche il valore esposto. Ne consegue che non potendo agire sul pericolo vulcanico, occorre concentrarsi necessariamente e strutturalmente sul valore esposto (residenti), che non deve più crescere numericamente, anzi deve diminuire col tempo, azzerandosi repentinamente nei momenti di estremo pericolo vulcanico, grazie a un piano di evacuazione susseguente la previsione d’evento, che al momento non è certa, pur essendo la chiave di volta attuale della sicurezza areale. Purtroppo e alla luce delle odierne conoscenze, la previsione d’eruzione potrà essere solo probabilistica e non deterministica. Ne consegue che non si potranno escludere  anche situazioni da falso allarme o peggio ancora di mancato allarme. Il mancato allarme è una probabilità catastrofica da evitare a ogni costo. Il falso allarme che in tutti i casi comprende l’evacuazione, sarebbe un problema, perché per dichiarare il cessato allarme poi, occorrerebbero tempi lungi di osservazione e monitoraggio geologico, fino a quando qualcuno non si assumerà la responsabilità del rientro dei cittadini nel flegreo. 

Nel 2003 il presidente regionale Antonio Bassolino, riuscì a far approvare la legge 21 che proibiva nella zona rossa Vesuvio, zona ad altissima pericolosità vulcanica, qualsiasi ulteriore urbanizzazione a scopo residenziale. Qualcuno ironizzò chiamando in causa anche la necessità allora di regolamentare le nascite...il mattacchione non calcolò che le morti superano le nascite. Qualcun altro chiamò in causa il TAR, per vedersi riconosciuto in ogni caso il diritto ad edificare in zona rossa, in forza del possesso di autorizzazioni e licenze antecedenti rispetto alla data d’instaurazione del divieto 21/2003. Il Tribunale regionale respinse questa tesi, perché nel momento in cui si appura un pericolo, questi prevale su qualsiasi retrodatazione degli atti amministrativi autorizzativi. Diversamente, sarebbe come dire faccio il pergolato con lastre di amianto perché ho l’autorizzazione a farlo con data antecedente ai disposti di legge che hanno sancito il pericolo cancerogeno del prodotto (asbesto)…

Il Ministro Musumeci si sta spendendo per arrivare a serie e logiche proposte di prevenzione del rischio vulcanico. Proibire la realizzazione di residenze nelle zone ad alta pericolosità vulcanica è una misura inoppugnabile di civiltà, che sarà riconosciuta da tutti, posteri compresi. Per quanto riguarda gli abusi edilizi perpetrati in area ad alta pericolosità vulcanica, abbiamo maturato l’idea che non dovrebbero essere condonati  perché il condono rende vendibile il manufatto, e con esso pure il fardello del rischio che dovrebbe  rimanere unicamente  in capo all’incauto costruttore.




sabato 29 giugno 2024

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: I resilienti del cemento... di MalKo

 

il ministro della protezione civile Nello Musumeci
           

Il pensiero della commissione grandi rischi riunitasi un po’ di giorni fa su invito del dipartimento della protezione civile, è quello che nel distretto vulcanico dei Campi Flegrei il livello di allerta per il momento può restare di un vigile giallo. Per le zone consorelle bradisismiche invece, non si utilizzano colori per classificare lo stato di pericolosità, perché questo dipende dalla magnitudo dei futuri terremoti, imponderabili in via preventiva e soprattutto improvvisi com’è nella natura del fenomeno. Premesso quindi che i sismi sono imprevedibili sia da un punto di vista temporale che energetico, il dato di pericolosità della zona bradisismica non può essere associato a un colore che definisce uno stato fisico e chimico, ma a una condizione successiva agli scuotimenti crostali, e agli effetti che si registreranno immediatamente dopo sull’edificato e sulle infrastrutture e sui servizi nell’area colpita.

I livelli di allerta vulcanica


Esistono delle indicazioni circa la magnitudo massima dei sismi che possono colpire il puteolano, zona geologicamente fratturata soprattutto negli spessori che separano il magma dalla superficie: condizione questa, che dovrebbe mitigare accumuli di energia oltre misura. In ogni caso trattasi di un dato non deterministico, che può essere di conforto solo per chi vive in stabili mediamente robusti o antisismici e che ad oggi non hanno presentato cenni di cedimento statico.  Per chi dimora in alloggi fatiscenti invece, soprattutto se interessati da quadri fessurativi importanti, occorre che si tenga in debito conto anche una sismicità moderata.  Il dato sulla magnitudo massima raggiungibile in zona bradisismica, in tutti i casi ha  un valore probabilistico, e l’unico elemento di conforto potrebbe provenire solo dalla storia del territorio che non annovera da alcune centinaia di anni rovinosi e micidiali crolli. Il dato storico però,  deve fare i conti con il divenire delle cose, principio ben inquadrato da Eraclito che affermava:  …che non si può discendere due volte nello stesso fiume… 

Il piano speditivo d’emergenza per la zona bradisismica, prevede a scossa avvenuta la conta dei danni e la valutazione di quanti cittadini dovranno eventualmente essere allontanati, anche se solo in una chiave prudenziale in attesa dei controlli. 

La zona bradisismica 

Come si vede dalla cartina soprastante, le due zone bradisismiche, quelle a colori, circoscritte da due diverse isoipse, ricadono interamente all’interno della caldera flegrea; questo significa che in tutti i casi i settori bradisismici fanno parte di un vasto distretto vulcanico, dove è immanente il rischio vulcanico che si annida in una quiescenza misurata in 486 anni.

Gli amministratori della zona bradisismica non amano molto l’utilizzo del termine eruzione, perché temono per analogia conseguenziale, il blocco di qualsiasi ulteriore urbanizzazione nell’area. Una legge anti cemento, piaccia o non piaccia, è l’unica misura di prevenzione seria per evitare la catastrofe vulcanica anche in capo ai posteri, verso cui abbiamo la responsabilità di tramandare un territorio che continuerà ad essere multirischio, ma che almeno si abbia la decenza di non trasformarlo in una calderopoli asfittica. 

Il Ministro Musumeci ha avuto il pregio di chiamare la situazione antropica esistente ai Campi Flegrei esattamente per quella che è: criminale. Occorre allora subito fare una premessa: se si è dovuto aspettare un Ministro che dichiarasse pochi giorni fa che le politiche di urbanizzazione e più in generale di antropizzazione della caldera del super vulcano flegreo sono state criminali, ebbene vuol dire che il sistema di protezione civile in tutte le sue diramazioni, osservatorio vesuviano (INGV) compreso, non hanno fatto il loro dovere di prevenzione della catastrofe vulcanica. Il dovere era quello di denunciare pubblicamente quello che ha dovuto poi dire il ministro:<< A mio giudizio la politica urbanistica che ha consentito le costruzioni così come le vediamo oggi nei Campi Flegrei è stata criminale. Lo ripeto perché possa restare agli atti e non sembrare una sorta di spinta emotiva, non si può giocare sulla pelle di migliaia e migliaia di persone. Le persone che abitano in quella zona non hanno mai avuto alcuna responsabilità. Per questo motivo, tra i provvedimenti del governo dovrebbe esserci "il divieto assoluto ad ogni altra realizzazione di cubatura per edifici abitativi nell'area. Del resto non si può elaborare un piano di evacuazione e dall'altro lato un piano di insediamento e sviluppo urbanistico".

Riteniamo la popolazione dimorante nella caldera del super vulcano, generalmente incolpevole, perché in questi luoghi si è insediato addirittura l’osservatorio vesuviano (INGV), che oggi cerca di trovare allocazione fuori dalla zona rossa probabilmente per non essere costretto alla fuga in caso di allarme vulcanico, con grave scaduta d’immagine e del servizio. Tra l’altro pure questa pregevole struttura di monitoraggio e ricerca ha iniziato troppo tardi a usare un tono maggiormente prudente sulle capacità di previsione dell’evento vulcanico. La pubblicità/progresso dell’INGV, tra l'altro magnificava e magnifica le miracolose stazioni multi parametriche: tecnologia avanzata, ma forse più che altro assemblata, che serve a fornire elementi micrometrici di misura dei parametri chimici e fisici del vulcano, in una terra che si solleva a decine di centimetri e che emana anidride carbonica in atmosfera in una misura più che industriale e propria dei vulcani attivi a condotto aperto. Purtuttavia cotanta precisione strumentale non basta per la previsione d’eruzione, che rimane ancora una procedura “manuale” affidata all’intellighenzia scientifica della commissione grandi rischi, arricchita da qualche eminenza straniera e dai rappresentanti dei centri di competenza. 

Il ministro Musumeci in tutto questo ha avuto pure il merito di non retrocedere neanche di fronte alle osservazioni che ci sembravano pretestuose, dei politici partecipanti alle commissioni parlamentari sul bradisismo, che avanzavano molte critiche a favore di telecamera. Il ministro pare che non abbia seguito neanche il filo della prudenza, forse maggiormente gradito al suo entourage nazionale e regionale. I collaboratori infatti, nelle varie sedute informative tenute sul territorio ardente, non si sono mai espressi chiaramente sulla necessità di bloccare la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali nella depressione calderica, che sarebbe stato un atto dovuto e da ripetere e argomentare continuamente, in ossequio ai principi della prevenzione della catastrofe vulcanica. 

I tecnici relatori di un'informazione che gli amministratori locali vogliono che sia solo la loro, hanno dimostrato addirittura comprensione verso quella politica che non vuole il blocco dell'edilizia residenziale, offrendo pure una foglia di fico discorsiva, chiamando in causa la necessità su certe decisioni di tenere in debito conto l'analisi dei costi benefici: esattamente quella che utilizzò a suo tempo Ponzio Pilato…

Vorremmo ricordare agli strateghi della mediazione tra sicurezza e politica e progresso, che il principio dei costi benefici si applica solo quando non ci sono alternative e occorre quindi fare una scelta che sia la meno gravosa, perché nella nostra civiltà dei valori occidentali, anche una sola vita umana ha diritto ad esistere e ad essere tutelata, ancor di più se in ballo ci sono mezzo milione di persone che corrono il rischio di essere vaporizzate dalle colate piroclastiche. 

Le responsabilità principali della politica, che ha pensato più a quello che si costruiva che al dove lo si costruiva, ricadono principalmente in capo alla regione Campania anche da un punto di vista dirigenziale. In regione si sentono inattaccabili e sicuri della protezione del presidente, con cui nessuno vuole cimentarsi troppo, per timore di cadere nella rete di uno sfottò ridicolizzante, amplificato poi da un comico televisivo…

Responsabilità, generalizzando, ne hanno pure i comuni dell’area vulcanica flegrea, che nell’attualità si agitano per avere fondi e super bonus o altre misure di sostentamento economico, senza per questo voler cedere sulla loro prerogativa di rilasciare licenze edilizie: il potere e il consenso è tutto lì in quella firma... Una firma applicata in questi ultimissimi giorni su molte sanatorie edilizie presentate al comune di Pozzuoli, per tentare di mettere a norma in zona Cesarini non pochi abusi passati inosservati ai "serratissimi controlli"... Nelle zone ad alta pericolosità vulcanica bisognerebbe installare sulle betoniere qualcosa di simile alle blue box che si usano sui pescherecci, per avere continuamente la loro posizione geografica...

Qualsiasi esigenza politica dovrebbe fare un passo indietro di fronte alle future necessità degli ignari posteri che erediteranno solo il nostro malgoverno. È necessario prima di qualsiasi opportunità  economica da dispensare nel super vulcano, che venga immediatamente varata la legge anti cemento. Una legge alla stregua di quella adottata per il Vesuvio nel 2003, e che sarebbe l’unica forma di autorità concreta, che lascerebbe capire alla popolazione aizzata dai businessmen sotto la falsa bandiera della resilienza, che nei Campi Flegrei sussistono rischi molto seri.  

Tra l’altro i Campi Flegrei hanno dirimpetto un vicino, l’isola d’ischia,  che ha la caratteristica di essere un’isola vulcanica, a cui mancano ancora gli scenari di pericolo, che sarebbe il caso di individuare e assegnare, perché solo dopo che sarà stata inquadrata l’eruzione massima attesa, si potranno trarre  elementi utili alla prevenzione e alla redazione di un piano di emergenza che salvaguardi gli isolani all’occorrenza. 

isole flegree viste da Ischia


Il comitato partenoflegreo  difficilmente rinuncerà alle colate di cemento su Bagnoli, Bacoli e poi potrebbe essere la volta di Licola, soprattutto se si avvallerà l'idea di abbattere e ricostruire altrove le case pericolanti di Pozzuoli. La ricostruzione dovrebbe avvenire secondo regole e principi della prevenzione, fuori dalla zona rossa: innanzitutto per motivi di tutela, ma anche perché diversamente l'immobile graverebbe come un'eredità passiva sulle casse pubbliche, visto che i multi rischi areali permangono...

La individuazione di un commissario per l’area flegrea è di fondamentale e strategica importanza:  dalla figura prescelta, che dovrebbe essere assolutamente fuori dalla cerchia dei responsabili a vario titolo dell'abnormità antropica fin qui perpetrata, si capirà se per il futuro sarà lecito sperare in un reale cambio di passo nel governo del territorio napoletano, e se sarà assicurato alla popolazione flegrea presente e futura, l’imprescindibile diritto alla sicurezza. 






lunedì 13 maggio 2024

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: sisma bonus o rivoluzione!... di MalKo

 

Pozzuoli: i traghetti trovano difficoltà a entrare in porto
per l'innalzamento dei fondali dovuti al bradisismo.

Nei Campi Flegrei il martello sismico generato dal bradisismo con valori di magnitudo fin qui rientranti in un range da basso a moderato, continua a destare perplessità tra la popolazione affastellata nella vibrante calderopoli flegrea, soprattutto nei tenimenti puteolani. Il motivo dell’apprensione collettiva è da ricercarsi sicuramente nei frequenti sommovimenti sismici, sovrastati però, dall’incertezza su quelli che potrebbero essere i futuri valori di magnitudo che si possono raggiungere nell’area calderica. La pericolosità di questo territorio bradisismico, centrale nella zona rossa flegrea, è soprattutto relativizzata al numero di cittadini esposti, e poi alla vulnerabilità dell'edificato esistente e alla superficialità degli ipocentri.

La geologia ardente e sotterranea è una materia da prendere con le molle, ma in tutti i casi gli esperti considerano improbabile che nei Campi Flegrei si manifestino fenomeni sismici con valori di magnitudo superiori al quinto grado Richter, tenendo presente che i sussulti che possono provocare danni importanti, dovrebbero superare questa soglia. La speranza che le energie che possono colpire nel futuro la zona bradisismica siano moderate, è riposta in profondità dove c’è il fronte plastico magmatico e negli strati crostali superficiali che sono fratturati. I due elementi si ritiene che non dovrebbero favorire accumuli di energia oltre misura rispetto a quelli storicamente registrati per l’area puteolana. Diversamente ci sarebbe di che preoccuparsi sulle dinamiche e gli equilibri che regolano il sottosuolo, anche da un punto di vista eruttivo. Le informazioni pervenuteci dagli archivi fin qui non annoverano negli ultimi secoli rovinosi crolli cagionati  dalla sismicità bradisismica, e nulla lascia pensare, almeno nella sfera delle probabilità, che le cose possano cambiare nel peggiore dei modi da qui innanzi. Ovviamente per chi dimora in edifici che stentano a sopportare il loro stesso peso o che sono maltenuti o minati nelle fondamenta al punto da presentare quadri fessurativi profondi, è bene che temano finanche il saltellio di un autotreno in una buca.

Nell’ultimo consesso informativo tenutosi il 6 maggio 2024 a Bacoli,  dedicato proprio all’informazione sul bradisismo, i rappresentanti delle istituzioni che compongono il sistema di protezione civile nazionale e regionale, nei loro interventi sono stati abbastanza precisi nel rappresentare ai convenuti la situazione geologica nella zona bradisismica, senza diffondere false certezze e neanche inutili aspettative, pesando le parole per evitare che i tribuni  locali gridassero all'allarmismo... 

Il summit è stato introdotto discorsivamente dalla premessa di base che i Campi Flegrei sono un distretto vulcanico, e il bradisismo è frutto diretto o indiretto del magma sottostante. Il rappresentante dell’INGV ha precisato che non ci sono ammassi magmatici nei primi tre - quattro chilometri, e che in tutti i casi stanno procedendo con le prospezioni e con l'analisi dei dati che richiedono tempo. Altri scienziati però, sostengono che il magma può assurgere direttamente dalle profondità senza avere alcuna necessità di formare prima una camera magmatica superficiale…

Che la zona rossa dei Campi Flegrei sia innanzitutto un’area sottoposta a rischio eruttivo dovrebbe essere di lapalissiana constatazione, eppure le amministrazioni locali titubano a precisarlo. Il motivo di fondo di questa amnesia discorsiva, potrebbe essere racchiuso in una certa strategia politica volta a dribblare l'affaire vulcanico con le sue logiche limitative sull'urbanizzazione. Meglio pubblicizzare e infervorare i cittadini sulla necessità di chiedere ad alta voce l'accesso a fondi pubblici per risanare i fabbricati privati attraverso il sisma bonus o altre agevolazioni fiscali.  Così, l'oratore di turno al di là del risultato finale, raccoglie comunque consensi e quindi preme per mettere faccia e cappello su queste pretese verbali di sicura presa popolare. Nessun amministratore del comitato partenoflegreo e nessun politico regionale e nazionale si è assunto l'onere di impegnarsi seriamente a procedere politicamente nella direzione di bloccare il rilascio di nuove licenze edilizie nella zona rossa flegrea. Quello che molti non capiscono, o che non vogliono capire, è il dato di fatto che se ancora s'innalzano palazzi nella caldera vulcanica, il rischio eruttivo, amministrativamente e scientificamente e tecnicamente e politicamente è come se non esistesse.

Purtroppo fortificare strutturalmente palazzi e palazzine, non è la panacea assoluta per garantirsi la resilienza sine die nell’ardente area geografica, così come la richiesta di risanamento di quei fabbricati fatiscenti bisognevoli di adeguamento antisismico strutturale e infrastrutturale, non può essere una misura generalizzata da estendere senza distinguo pure a palazzi divenuti fatiscenti per mancanza di manutenzione o peggio ancora per difformità costruttiva o per annosità esistenziale.

Il dato inconfutabile su cui gli amministratori pubblici dovrebbero riflettere, è quello che nell’area dei Campi Flegrei la vera potenziale catastrofe è racchiusa nel rischio vulcanico, e ogni aumento del numero di residenti comporta parimenti un aumento del rischio che potrebbe assurgere a un livello di inaccettabilità totale, stante i parametri della nostra civiltà occidentale. Per i numeri in gioco poi, già oggi è difficile salvaguardare la popolazione attraverso misure di evacuazione  massive, che necessitano, per ottenere un certo successo operativo, che si verifichi l'incastro di più variabili tanto scientifiche che tecniche. La prevenzione allora dovrebbe essere di fondamentale importanza, visto pure che la salvifica previsione è una disciplina ancora di taglio probabilistico, tra l’altro su fenomeni di cui non si ha nessuna esperienza diretta, soprattutto in termini di analisi dei prodromi pre eruttivi.

Per chi mira alla realizzazione di nuovo edificato rigorosamente antisismico pensando così di togliersi dal novero dei pericolanti puteolani, grazie alla realizzazione di strutture portanti orizzontali e verticali, robuste e spesse e infarcite di tondini d’acciaio rugato affogati nel cemento, deve rendersi conto che il passaggio di una colata piroclastica col suo dirompente potere distruttivo e le sue elevate temperature capaci di vaporizzare in un attimo la materia vivente, renderebbe impossibile la sopravvivenza, finanche in un bunker se munito di finestre. E nella zona rossa flegrea, il rischio principale sono appunto i flussi piroclastici e non il bradisismo, a prescindere dalle sorprese energetiche, che in ogni caso per quanto sismicamente potenti, non potrebbero colpire la integrità fisica di oltre mezzo milione di persone, cosa che invece potrebbe fare un’eruzione esplosiva in mancanza appunto di una previsione sicuramente utile, cioè deterministica. 

A rendere ulteriormente problematiche la resilienza nell'area calderica flegrea, sono pure le abbondanti emanazioni gassose provenienti dal sottosuolo, costituite prevalentemente oltre che dal vapore acqueo, anche dal biossido di carbonio e dall'idrogeno solforato. Questi gas, rispettivamente asfissianti e tossici, si diffondono soprattutto in aree come la Solfatara e Pisciarelli. D’altra parte la problematica storicamente era conosciuta in zona, dal fatto che gli uccelli che sfrecciavano sulla superficie del lago d’Averno (Pozzuoli), stramazzavano a causa dell’anidride carbonica respirata che ristagnava sulla superficie del lago. 

 

Pozzuoli: lago d'Averno


Generalmente per chi è vicino alle sorgenti emissive di un certo rilievo, potrebbe essere d'aiuto nei momenti topici, evitare di dormire al piano terra soprattutto con le finestre aperte. Occorre pure precauzione frequentando locali sotto il piano stradale: l’anidride carbonica e l’idrogeno solforato infatti, sono più pesanti dell’aria, anche se col calore diminuiscono la loro densità galleggiando. In ogni caso misure di prevenzione dovranno essere emanate esclusivamente dagli organi di protezione civile, che potrebbero nel merito segnare sulla carta tematica, come hanno fatto col bradisismo, le potenziali zone a maggior rischio condividendo le informazioni con la popolazione. 

In conclusione, i cittadini che dimorano nei Campi Flegrei, soprattutto nella zona rossa bradisismica, devono contemplare come rischi naturali dettati dall’antropizzazione dell’area, quello eruttivo magmatico, quello freatico, quello bradisismico, quello sismico e poi gassoso. Rinforzare gli edifici sicuramente può essere una misura che aiuterebbe la resilienza, ma in ogni caso bisognerà sempre vivere in una condizione dove l’evento bradisismico acuto non si sa mai se porta in coda un’eruzione o un terremoto o la rottura di una tubazione. 




martedì 23 aprile 2024

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: i politici del super vulcano...di MalKo

 

Campi Flegrei: Capo Miseno dal Monte Nuovo


L’11 aprile 2024, presso la sede della protezione civile del comune di Pozzuoli, si è tenuto un incontro pubblico per fornire informazioni sul rischio bradisismico ai cittadini convenuti, seguendo per argomentare, i disposti contenuti nel decreto legge 12 ottobre 2023, n. 140. I relatori  del dipartimento della protezione civile, dell’ufficio regionale Campania della sicurezza, dell’ufficio regionale protezione civile, dell’osservatorio vesuviano INGV, così come alcuni membri dei centri di competenza e il sindaco del comune di Pozzuoli, si sono alternati al microfono per aggiornare i cittadini sulle iniziative in corso anche di taglio operativo, senza lesinare appelli sulla necessità di accedere solo all'informazione controllata.

Il bradisismo è quel lento fenomeno di deformazione del suolo che può cagionare sollevamento o subsidenza delle zone interessate. Il processo richiede importanti energie per la parte ascendente, che vengono tratte dalla natura vulcanica del sottosuolo dei Campi Flegrei. Trattandosi della sede di un super vulcano, purtroppo ai disagi e ai pericoli insiti nel bradisismo, spesso accompagnato da attività sismica a bassissima, bassa e moderata magnitudo, bisogna contemplare anche il pericolo eruttivo, il più temuto, amplificato da non poche incognite, tra cui i limiti previsionali d'insorgenza del fenomeno. 

Nel discorso complessivo che riguarda il governo di questo territorio ardente, prima ancora che sismico, ci sono molti che si sbracciano per far passare il concetto che il bradisismo è una cosa, e il vulcanismo un'altra... L'affermazione corretta è che uno non esclude l'altro... Che siano due fenomeni separati è un concetto sostenuto con veemenza da alcuni protagonisti amministrativi locali inseriti nel più ampio comitato partenoflegreo,  per indirizzare la politica affinché l'azione e gli aiuti statali vadano nella sola direzione della prevenzione del rischio sismico. Il motivo di questa scelta del pericolo à la carte, è semplicemente racchiusa nelle diverse modalità di prevenzione dei rischi che racchiudono importanti dissimilitudini e qualche interesse: quello sismico infatti, si avvale di fondi mirati per l'adeguamento anti sismico dei fabbricati. Quello vulcanico invece, prevede innanzitutto il varo di una legge che vieti una ulteriore urbanizzazione a scopo residenziale e ogni altro intervento sull'edificato esistente capace di aumentare il numero dei residenti nel flegreo. Purtroppo né la classe scientifica e neanche quella tecnica nel suo insieme, si sono spesi per contestare o giustificare questa decisa presa di posizione dei politici.

La prevenzione anti sismica e bradisismica da operare sui fabbricati della zona rossa, richiede innanzitutto un'analisi delle condizioni statiche dell'edificato, individuando quello maggiormente bisognevole di interventi strutturali, e quindi stilare elenchi di priorità in ragione delle criticità individuate,  presentando allo Stato, secondo gli orientamenti attuali, il relativo fabbisogno di spesa. 

Per quei palazzi che dovessero risultare antieconomici da ristrutturare o da adeguare sismicamente perché magari tarati alle fondamenta, probabilmente si andrebbe a prevedere l'abbattimento e la ricostruzione ex novo: nella migliore delle ipotesi fuori dalla zona rossa, ma non è affatto scontato, perché non c'è appunto una legge limitativa in tal senso. Bisognerà capire poi, atteso che il diritto alla sicurezza vale per tutti, come si procederebbe per quelle costruzioni che sono abusive o con sigilli o difformi dai progetti iniziali. Con questi orizzonti un po' confusionari, probabilmente bisognerà avvisare anche i magistrati antiabusivismo edilizio, che quel palazzo o quelle case fuori regola, sono state oggetto magari di bonus, sisma bonus o altri sostegni economici, e quindi sarebbe preferibile evitare decreti di abbattimento per non aggiungere al danno la beffa.

Viceversa, se passa il concetto che il bradisismo è la diretta conseguenza del magma ubicato a profondità non ancora esplorabili ma non lontano dalla superficie, le cose obtorto collo dovrebbero cambiare completamente, innescando quei veri e auspicati processi di prevenzione della catastrofe vulcanica oggi inesistenti. Si tenga presente purtroppo, che difficilmente si riuscirà a monitorare la quota del magma: c'è chi lo stima a 3 - 4 chilometri e chi a 8 - 10 chilometri. Poco tempo fa, il Dipartimento, probabilmente allarmato dalla sismicità generata dal bradisismo che in tutti i casi è un fenomeno da ambito vulcanico, incaricò la commissione grandi rischi di esprimere un parere sul livello di allerta ai Campi Flegrei. Le conclusioni degli accademici furono piuttosto allarmanti, con grave disappunto dei sindaci, che pretendevano di essere informati in anteprima assoluta rispetto alla popolazione evidentemente per concordare il comunicato finale. Tra le polemiche e i fenomeni sismici che fortunatamente rientrarono, la commissione con qualche retromarcia decise una vigile attesa, nel mentre non si approfondisse con tutti i mezzi a disposizione a che profondità stazionasse il fatidico magma. 

Le politiche di prevenzione in questa zona classificata dallo Stato ad alta pericolosità vulcanica, dovrebbero  andare tutte nella direzione di congelare il livello antropico fin qui raggiunto con 500.000 residenti, cifra da metropoli nella metropoli, e procedere urgentemente con leggi capaci di bloccare l'edilizia residenziale, alla stregua di quanto è stato fatto per la zona rossa Vesuvio con la legge regionale  21/2003. 

Per pretendere sisma bonus e altri aiuti simili per agire di prevenzione sul rischio sismico fin qui moderato, bisogna avere la capacità politica e il coraggio istituzionale di dare innanzitutto segnali forti di buon senso, bloccando in primis l'abusivismo e il rilascio di nuove licenze edilizie soprattutto nella zona rossa bradisismica, secondo logiche da periculum in mora. Cristallizzando lo stato dei fatti, subito dopo si dovrebbe passare a un'analisi della zona rossa vulcanica nel suo complesso, e  valutare d'appieno in consessi multidisciplinari, le misure protettive e preventive da adottare per rendere più sicuro questo territorio, tenendo in debito conto la necessità morale di non lasciare eredità scomode ancorché pericolose ai posteri. 


La zona rossa vulcanica dei Campi Flegrei con
le due zone rosse bradisismiche a diversa pericolosità


Il già menzionato decreto legge n. 140, ha previsto all’art. 4 alcune misure di salvaguardia per fronteggiare il pericolo bradisismico attraverso una pianificazione speditiva d'emergenza. Le autorità dipartimentali nel merito hanno riferito che sono stati redatti i piani d'intervento che prevedono diversi scenari di pericolo: scenario 1, 2 e 3, che non fanno capo a un colore o a un livello di allerta, bensì a una situazione che dovrà essere oggettivamente valutata sul momento, dopo forti sussulti sismici o sciami perduranti o deformazioni talmente accentuate da minare in qualche caso i servizi essenziali e quelli tecnologici.

Diciamo pure che gli scenari bradisismici e sismici possono aggravarsi anche velocemente, in una misura che porterebbe la cosiddetta zona rossa ristretta, a una evacuazione degli oltre 33.000 residenti, che verrebbero allontanati e sistemati fuori dalla zona rossa flegrea, secondo le direttive della Direzione Comando e Controllo che s'insedierebbe poco a nord nella provincia di Caserta, probabilmente per essere pronta a coordinare pure le attività evacuative legate a una eventuale emergenza vulcanica. Spostare la popolazione per sismicità zonale, in ogni caso sarebbe problematico, e sarebbero in tanti in assenza del pericolo vulcanico dichiarato, a ritenere eccessiva la misura di abbandonare le case recandosi altrove. Il rischio eruttivo insito in questa zona, è orfano di prevenzione, e tutte le aspettative di tutela sono indirizzate sulla previsione del pericolo eruttivo, che sussurrano sia alla portata dell'ente preposto al monitoraggio. Non è così per la previsione dell'evento sismico, che ormai anche i più sprovveduti sanno che non è prevedibile. Su queste certezze, probabilmente si stanno basando i comitati che giustificano certe illogiche decisioni...

Sorge forte il dubbio che se fosse solo rischio sismico quello da fronteggiare nella zona rossa bradisismica, in linea generale non avrebbe tanto senso all'occorrenza l’evacuazione per quanto ristretta di questa zona, dopo eventi sussultori che si andrebbero a caratterizzare per intensità e centimetri di sollevamento e danni rilevati. Nella pratica si sa che a fronte del pericolo sismico, si può permanere anche a pochi passi dall’edificio purché non sovrastati da altri fabbricati e muri e cavi dell’alta tensione. Se questo piano bradisismico fosse finalizzato alla sola problematica sismica, col tempo bisognerebbe aspettarsi  a maggior ragione e per le energie in gioco, pure per la città dell’Aquila una pianificazione simile, visto che tempo fa questo capoluogo di regione fu tartassato per alcuni mesi e quotidianamente da continui terremoti di origine tettonica,  sempre più incalzanti e fino alla drammatica scossa del 6 Aprile del 2009. 

Diciamo che mettendo assieme alcuni tasselli, c’è da pensare che il sistema di protezione civile abbia prodotto col decreto 140 un piano d’emergenza bivalente, in modo da fronteggiare all’occorrenza sia le problematiche sismiche che quelle di bassa potenzialità eruttiva anche di taglio freatico, con un unico provvedimento prudenziale, basato sull'evacuazione preventiva della zona rossa ristretta bradisismica.  

Non sono pochi quelli del mondo scientifico accomunati al sistema di protezione civile, a ritenere un’eruzione simile a quella che accompagnò la nascita del Monte Nuovo nel 1538 come la più probabile. Per completezza informativa, occorre aggiungere che pochi mesi fa sempre l'organo scientifico riferì dell'impossibilità di determinare il punto di debolezza nella crosta terrestre flegrea, che possa suggerire ai sorveglianti un potenziale sito o siti di eruzione. Gli strumenti multi parametrici si dichiarò allora, per il momento non sono d’aiuto in questa direzione esplorativa. Quindi, il piano bradisismico apparentemente sembra che racchiuda senza pubblicità ed enfasi, anche una misura cautelativa per fronteggiare una possibile eruzione a bassa energia che potrebbe presentarsi in coda al bradisismo acuto. Rimane il fatto che, se il sistema ha varato norme di prevenzione sismica per fronteggiare il bradisismo, non si capisce per quale motivo la stessa organizzazione della protezione civile non si adoperi per divulgare i criteri di prevenzione del rischio vulcanico. Eppure la commissione grandi rischi, interlocutrice privilegiata del dipartimento della protezione civile, tra le sue competenze annovera anche quelle di dare indicazioni su come migliorare la capacità di valutazione e previsione e prevenzione dei diversi rischi.

Il bradisismo è un fenomeno ultra secolare di manifestazione del vulcanismo flegreo, quindi, nessuno può escludere che il bradisismo possa a un certo momento essere un prodromo pre eruttivo importante, come lo è stato nell'eruzione di Monte Nuovo nel 1538.  E' auspicabile allora, che il sistema della protezione civile dovrebbe prevedere all'occorrenza e alla dichiarazione d’ingresso nello scenario 3 del bradisismo, la contemporanea dichiarazione almeno dello stato di preallarme arancione nell’intera zona rossa vulcanica dei Campi Flegrei.

È interessante notare che nel vesuviano si stanno attrezzando politicamente e amministrativamente per chiedere modifiche alla legge 21 del 2003 che blocca l’edilizia residenziale e altre misure affini. Questi disposti sono ritenuti oppressivi dello sviluppo areale. I vesuviani vogliono allora mettersi alla pari con i vicini dei Campi Flegrei, ambendo a un vivere in un territorio senza regole edilizie speciali, salvo reclamare efficaci piani di evacuazione e super controlli da parte dell'autorità scientifica, per non essere colti di sorpresa da una eruzione esplosiva. 

L'ultima nota importantissima, è un invito, ai massimi organi di governo, a partire dal ministro Nello Musumeci, acché nelle prossime sessioni del sistema di protezione civile sul bradisismo ai Campi Flegrei, si presenti e ci metta la faccia pure il politico dirigente dell’ufficio governo del territorio e urbanistica della regione Campania. Non è possibile infatti, che nelle adunanze pubbliche che riguardano la sicurezza, non si possa trattare il tema della prevenzione della catastrofe vulcanica, perché i relatori ordinari si scrollano di dosso il problema, rimandandolo puntualmente alla politica che a sua volta è puntualmente e permanentemente assente a questi dibattiti.