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sabato 23 dicembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: la somma delle zone a rischio... di MalKo

 

Il famoso Rione Terra di Pozzuoli: apice del bradisismo.

Di recente è stata realizzata la mappa (in basso) di quella che oggi viene chiamata zona rossa bradisismica. Si nota un settore circolare a colori su campo bianco, che sembra rimarcare anche visivamente una sostanziale differenza con la classica zona rossa vulcanica, molto più ampia, che vedremo più innanzi. L’osservatore potrebbe essere portato a ritenere per la novità del prodotto mappale e per i clamori mediatici, che il sollevamento del suolo e la sismicità zonale lieve e moderata, siano i principali pericoli della plaga flegrea, e da cui è possibile difendersi.


Zona rossa bradisismica

Secondo gli amministratori locali infatti, la zona rossa bradisismica ha potenzialità di resilienza se si investe nel recupero antisismico dei fabbricati, magari attraverso finanziamenti e altre agevolazioni statali. Ovviamente la convinzione che la resilienza nel flegreo possa basarsi sull’efficacia delle difese passive dei fabbricati vulnerabili ai sussulti è un falso scientifico, perché queste eventuali misure d’irrobustimento edilizio degli edifici, avrebbero una valenza che cesserebbe di essere tale, qualora nella plaga flegrea dovesse manifestarsi un’eruzione magmatica con la produzione di nubi ardenti. Non bisogna dimenticare infatti, il dato scientifico inoppugnabile, che la zona rossa bradisismica non è una zona a sé stante della plaga flegrea come racconta la propaganda pro bonus, bensì è una zona a rischio suppletivo circoscritta dal rigonfiamento dei suoli, ma ben all’interno della più ampia zona rossa a rischio vulcanico. Il bradisismo ricordiamolo, non è un problema tettonico... 

Zona rossa Campi Flegrei e zona rossa bradisismica circoscritta dal semicerchio rosso.


A rendere pericolose queste due zone che si sovrappongono infatti, è il famigerato magma, ubicato ad alcuni chilometri di profondità. Se il magma fisicamente dovesse spingersi in superficie dirompendo, genererebbe una eruzione che, secondo gli scenari di piano, potrebbe anche raggiungere livelli energetici da sub pliniana (VEI4), con colonna eruttiva, nubi ardenti e altri fenomeni deleteri come la pioggia di piroclastiti, che investirebbero i territori ubicati in un raggio di oltre 10 chilometri e più. Se invece il magma dovesse permanere nel sottosuolo senza avanzare, e quindi limitandosi a rilasciare sotto varie forme quel calore responsabile di trasformare i fluidi in vapore surriscaldato, permarrebbe il fenomeno del bradisismo, dei sismi e comunque rimarrebbe il rischio delle eruzioni freatiche. In quest’ultimo caso, l’eruzione freatica potrebbe generare un boato dirompente che aspergerebbe in un raggio di alcune centinaia di metri tutto quello che era contenuto nella sacca rocciosa  in sovrapressione: vapore, gas, acqua e fango. 

Il bradisismo puteolano non è chiaro in che misura possa essere inquadrato come un precursore preeruttivo piuttosto che un fenomeno legato esclusivamente alla degassazione della massa magmatica. Gli attuali promotori della resilienza però, pensavano di dribblare questa incognita cruciale, magnificando le potenzialità di monitoraggio dell’osservatorio vesuviano. L’INGV infatti, ha sentenziato che gli strumenti multi parametrici che utilizzano per sorvegliare il super vulcano, ad  oggi non evidenziano  magma in ascesa nel sottosuolo flegreo, ed eventuali e future ascensioni del prodotto incandescente, dicono che verrebbe colto con largo anticipo. La commissione grandi rischi invece, insieme ad altri accademici, pare che abbia manifestato dubbi sulla velocità di risalita del magma, che a loro dire potrebbe materializzarsi in superficie nel giro di poche ore o qualche giorno, inficiando le premesse operativa dei piani di emergenza. Saggiamente, la commissione  ha quindi ritenuto necessario che vengano effettuate tutte le indagini necessarie per stabilire concretamente a che profondità staziona il magma, probabilmente meravigliandosi pure che un siffatto e importantissimo approfondimento non sia già agli atti, atteso clamori e paure della popolazione, che hanno accompagnato negli ultimi mesi sommovimenti e innalzamenti dei suoli.

Intanto per definire i confini esterni del settore bradisismico cartografato  e riportato in figura, sono state utilizzate le isolinee di sollevamento dei suoli ai 10 centimetri. L’equidistanza tra le curve di livello presenta un andamento piuttosto regolare all'inizio, fino a raggiungere il picco altimetrico di oltre un metro con collocazione apicale a ridosso del Rione Terra. 

Il fenomeno del bradisismo che cagiona sismi di lieve e moderata magnitudo, è dovuto a spinte che si generano nel sottosuolo e che deformano gli strati superficiali crostali verso la parte più cedevole che è quella confinante con l’atmosfera. Questo dimostrerebbe che la problematica bradisismica e sismica è insita soprattutto nei primissimi chilometri. Che ci sia una pressione vigorosa e compulsiva nel puteolano è abbastanza certo, ma non è altrettanto chiaro il processo termico e poi meccanico che genera queste forze ascendenti responsabili della curvatura a campana dei terreni, che si registra circolarmente da qualche chilometro dal porto di Pozzuoli, e fino all’apice del Rione Terra.

Le principali teorie formulate per spiegare i fenomeni geo vulcanici che avvengono nei Campi Flegrei, rimandano a un sistema idrotermale diffuso che circola e si dirama nel sottosuolo, con l’acqua che si surriscalda per il contatto con altrettanti fluidi e gas ardenti che vengono rilasciati dal magma sottostante attraverso le numerose fratture presenti negli strati rocciosi: un magma che in tutti i casi non può essere lontanissimo. L’effetto conseguenziale dei fluidi surriscaldati a centinaia di gradi Celsius, è quello della trasformazione di stato e della forte espansione, similmente a quanto si osserva in un cilindro dopo la fase di scoppio col repentino spostamento del pistone. La dilatazione del vapore surriscaldato spinge gli strati litoidi che si gonfiano, e a volte si spaccano rilasciando energia sismica che, per masse implicate, difficilmente dovrebbe raggiungere magnitudo elevate, anche se la superficialità del fenomeno può determinare effetti sui fabbricati di un certo rilievo.

La spinta però, potrebbe provenire direttamente dal magma, così come suggerisce la commissione grandi rischi; un magma che potrebbe essersi insinuato negli strati di roccia con un andamento intrusivo irregolare, che più fonti lo attestano a circa 3 chilometri dalla superficie se non a una profondità minore. Atteso che c’è acqua e magma nel sottosuolo flegreo, non è neanche da scartare l’ipotesi che il bradisismo sia un processo combinato dei due elementi, talora con prevalenza dell’uno sull’altro e viceversa.

Per imbastire soluzioni capaci di calmare le preoccupazioni della popolazione  i cui animi si acchetano in tempo di pace geologica e si ridestano soprattutto a cavallo della sismicità frequente, le autorità dipartimentali trascinate dal comitato partenoflegreo, hanno alfine focalizzato il loro interesse preventivo sul fenomeno bradisismico e sismico, tralasciando il rischio eruttivo che nessuno evoca, probabilmente in attesa che vengano eseguiti accertamenti scientifici sulla localizzazione del magma. Nella fase acuta del bradisismo, era stata ventilata dal ministro Musumeci la possibilità di un passaggio di allerta vulcanica da giallo ad arancione (preallarme) poi rientrata.

Il pericolo preso in esame dalle autorità, è stato ridimensionato a quello bradisismico e sismico zonale, contemplando pure  il rischio potenziale di eruzioni freatiche e nella peggiore delle ipotesi a un’eruzione di taglia simile a quella del 1538. Anche sulla scorta di pressioni politiche con qualche reprimenda, si è quindi tralasciato alquanto il pericolo eruttivo vero e proprio, perché dicono dal comitato e dal dipartimento della protezione civile, che è già stato processato con l’elaborazione di scenari e piani e procedure operative dedicate. Appena saranno pronti anche in questo caso scenari e piani di evacuazione per la zona rossa bradisismica, il quadro delle tutele nei Campi Flegrei, a parere degli esperti dovrebbe essere completo.

Le problematiche bradisismiche sono insite maggiormente nel sottosuolo della zona rossa bradisismica, soprattutto a ridosso e nelle vicinanze delle zone che acquistano quota o degassano significativamente come quelle della Solfatara – Pisciarelli e dintorni. In tutti i casi però, trattandosi di fenomeni dinamici e quindi in itinere nel  sottosuolo flegreo, in tutta la zona rossa dei  Campi Flegrei  il rischio sismico e freatico e freatomagmatico ed eruttivo dovrebbe essere una costante immanente e generalizzata in tutta la plaga. 

Le eruzioni magmatiche possono manifestarsi pure con brevissimo anticipo, con dirompenze violente che espellerebbero prodotti piroclastici solidi, liquidi e gassosi che, nelle loro varie forme distruttive, possono raggiungere ogni punto della zona rossa vulcanica, soprattutto se dovessero aprirsi più bocche eruttive. Il fenomeno maggiormente temuto è quello dei flussi piroclastici: ammassi semi incandescenti che possono  scorrere velocemente sul terreno per non pochi chilometri, ad una temperatura di diverse centinaia di gradi Celsius, con una altissima capacità travolgente e distruttiva. Durante l’eruzione al Vesuvio del 79 d.C., le nubi ardenti che si formarono dai pendii del vulcano, raggiunsero con la parte più gassosa Capo Miseno, che fu avvolta dall’oscurità: fenomeno che creò grande spavento, e che fu puntualmente registrato da Plinio il Giovane nelle famose epistole...

I disposti legislativi che sono stati formalizzati dal dipartimento della protezione civile e dal comitato partenoflegreo, a brevissimo saranno resi operativi dall'elaborazione del piano di evacuazione della zona rossa bradisismica. Questo piano servirà a fronteggiare crisi bradisismiche gravi o super crisi bradisismiche come specificato dal sindaco ingegnere Manfredi. Le misure orientativamente dovrebbero essere simili a quelle adottate nell’ultima crisi bradisismica degli  anni 80’, e in ogni caso limitate alla sola zona a rischio bradisismico, in assenza del pericolo magmatico che qualcuno dovrà necessariamente escludere assumendosene la responsabilità. Anche per un piano evacuativo dettato dal bradisismo infatti, occorre  che l’autorità scientifica elabori scenari di pericolo con indicazione delle soglie numeriche strumentali di cui tener conto per far scattare all'occorrenza il piano dei trasferimenti. Non è da escludere che si tireranno in ballo i centimetri di sollevamento, la velocità di sollevamento o il numero e l’intensità dei terremoti o tutti questi elementi messi insieme e che possono mettere a rischio la pubblica incolumità. La risposta operativa potrebbe essere una evacuazione zonale che coinvolgerebbe circa  85.000 persone. Riteniamo che in ogni caso sarà all’occorrenza la commissione grandi rischi per il rischio vulcanico e sismico a dover offrire argomenti e notizie utili sullo stato delle cose, affinchè la parte politica con tutti gli elementi a disposizione, possa decidere o meno di dichiarare il massimo allarme nella zona rossa bradisismica.

In caso di accelerazione del fenomeno bradisismico a livello di decine di centimetri al mese e con la conta di migliaia di eventi sismici, probabile che scatterebbe l’evacuazione della zona rossa bradisismica. Il non coinvolgere nelle dinamiche di salvaguardia evacuativa tutti i comuni della zona rossa a rischio eruttivo però, sarebbe una procedura ardita in antitesi con i disposti dettati dal principio di precauzione. A meno che l’osservatorio vesuviano o altra autorità scientifica, non si assuma la responsabilità di certificare che nella zona rossa bradisismica le uniche eruzioni ipotizzabili sono quelle freatiche senza code magmatiche.

Qualora la zona rossa bradisismica dovesse gonfiarsi come un palloncino e il terreno fortemente shakerato dai terremoti, si sfollerebbero come detto  gli 85.000 residenti nei comuni extra flegrei. Gli altri 415.000 residenti della zona rossa flegrea invece, sarebbero spettatori e dovrebbero attendere gli sviluppi della situazione, sperando che la crisi acuta  bradisismica e sismica produca solo effetti locali, e non sia foriera di una grande eruzione.  

Non sono pochi gli esperti  che stimano che il rischio eruttivo insito nella zona rossa bradisismica, difficilmente possa superare la tipologia eruttiva che caratterizzò e accompagnò la nascita di Monte Nuovo nel 1538. Diciamo pure che le statistiche INGV riportano che l'eruzione più probabile in zona flegrea sia quella VEI3. L'impressione che se ne ricava però, è che senza dichiararlo, si voglia connotare una tipologia eruttiva tipo Monte Nuovo appunto, come un effetto collaterale del bradisismo, piuttosto che un'eruzione vulcanica vera e propria.

D’altra parte la sfera di incertezza che permarrebbe in ogni caso nella più ampia zona rossa vulcanica dopo un eventuale allarme evacuativo dalla zona rossa bradisismica, è probabile che non possa esimere le autorità dalla necessità di dichiarare in tutti i Campi Flegrei almeno la fase di preallarme vulcanico (arancione). Tale misura di tutela, soprattutto per le categorie fragili, consentirebbe di alleggerire il carico operativo massimo areale (numero di abitanti), ma anche di consentire a chi dovesse sentirne la necessità per vari motivi, di allontanarsi in prima battuta dal confine del perimetro bradisismico, e magari anche da quello più ampio vulcanico, utilizzando aiuti statali.

Il dato che emerge dalle disquisizioni fin qui fatte, è che probabilmente anche in vista delle prossime elezioni, nessun politico, anche tra i più puri e duri, ritiene il caso di proporre misure di vera prevenzione della catastrofe vulcanica,  partecipando attivamente a dibattiti sulla necessità di bloccare l'ulteriore urbanizzazione residenziale nella zona rossa vulcanica dei Campi Flegrei, a iniziare proprio dalla zona rossa bradisismica, che si connota come settore rosso sismico nel rosso vulcanico. Il comitato partenoflegreo raggruppante i sindaci del flegreo compreso quello metropolitano, ebbe a chiedere qualche mese fa, alla camera e al senato della Repubblica, l'elargizione del superbonus edilizio 110%: proposta bocciata. Mancò la logica operativa in questa richiesta economica: se si vuole che quel fabbricato sia destinatario di aiuti statali perchè lesionato dalla sismicità zonale,  occorre che il terreno a fianco di questo palazzo sia dichiarato inedificabile, altrimenti daremo corso a un sistema di aiuti sine die, e non a una soluzione a termine, senza contare il fatto tutt'altro trascurabile, che in ogni caso si andrebbe ad elevare il valore esposto al rischio vulcanico. 

Il bradisismo e i sismi oggi sono in una fase di stanca, ma i potenziali energetici sono ancora tutti lì nel sottosuolo flegreo, e quindi crisi e pace geologica si alterneranno ancora per mesi, decenni e secoli, così come resterà immutato e immanente l'indecifrabile e imprevedibile pericolo vulcanico...  




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